Il costo di acquisizione del contratto di leasing secondo una logica finanziaria Uno commento alla Norma di comportamento n. 141 dell’Associazione dottori commercialisti di Milano Giulio Tagliavini (*) Premessa L’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano ha rilasciato la norma di comportamento n. 141 sulle modalità di identificazione, contabilizzazione e trattamento fiscale delle componenti del prezzo di acquisto di un contratto di leasing. In precedenza questo tema era stato affrontato dalla Direzione regionale delle entrate della Lombardia (protocollo 28058 del 30 maggio 1995) e successivamente dalla Direzione Regionale dell’Emilia Romagna1. Il problema in questione riguarda il trattamento del prezzo pagato da parte dell’acquirente per subentrare in un contratto di leasing. Questo prezzo, in linea di base, potrebbe essere configurato: - come spesa relativa a più esercizi da ripartirsi, in linea di principio in quote costanti, sulla durata residua del contratto di leasing che il subentrante assume su di sé; - come onere accessorio del prezzo di riscatto del bene oggetto del contratto di leasing, in tale caso l’onere verrebbe aggiunto al costo del riscatto del bene e sarà sottoposto a successivo processo di ammortamento; - come onere da imputare subito, all’esercizio in cui si stipula la cessione del leasing; - in forma mista, sulla base di una imputazione pro quota agli elementi suddetti. La Direzione generale delle entrate dell’Emilia Romagna ha proprio sostenuto la tesi della ripartizione del prezzo sugli elementi prima citati, in modo da rispecchiare la natura effettiva dell’accordo. Se la cessione ha il fine di assumere il godimento del bene in vigenza di contratto, allora è prevalente l’imputazione al periodo antecedente alla fine del leasing; se invece la cessione ha l’obiettivo di assumere l’opzione di riscatto, ed è dunque finalizzata all’acquisto del bene oggetto del contratto finanziario, allora è opportuna l’imputazione incrementativa del prezzo di riscatto. Ne deriva che, se la cessione è effettuata nella prima fase del contratto di leasing, allora l’acquisto del diritto di godimento del bene produce un prevalente incremento della componente relativa; se invece il contratto è ceduto verso la fine della sua vita, allora il prezzo pagato sarà in via prioritaria imputato ad incremento del prezzo di riscatto. La metodologia di ripartizione del prezzo tra le componenti elencate è rimasta tuttavia indefinita ed una soluzione articolata è stata offerta dalla recente citata norma di comportamento n. 141. E’ opinione di chi scrive che la linea di ragionamento seguita dall’Associazione dei commercialisti di Milano possa in qualche caso produrre soluzioni non accettabili, anche se, in termini generali, ha parecchi aspetti di chiarezza e di adeguato approfondimento del tema, in (*) 1 Università di Parma, [email protected] In Il Fisco n. 35, 1999 pag. 11360 con commento di Flavio Dezzani. Pag. 1 particolare sotto il punto di vista tributario. Per le ragioni in seguito illustrate, appare però preferibile adottare una contabilizzazione attenta ai valori finanziari delle prestazioni i gioco. L’esempio di riferimento Per illustrare in modo sintetico la questione si farà riferimento all’esempio della tabella allegata. Si assuma un contratto di leasing immobiliare di durata novennale. Il contratto viene ceduto all’inizio dell’ottavo anno. Si semplifica il problema introducendo due elementi del tutto trascurabili: il contratto viene ceduto il 1 gennaio dell’ottavo anno, in modo che non sorgano problemi di valutazione dei ratei di canone; inoltre il tasso di interesse prevalente sul mercato non è variato rispetto al momento della stipula e rimane, nell’esempio, del 10%. Se il tasso fosse variato, occorrerebbe fare qualche ulteriore aggiustamento rispetto a quelli qui presentati ma il problema viene affrontato molto facilmente e non merita una discussione specifica. La norma 141 affronta in modo adeguato questo dettaglio. Si ipotizzi che il valore del bene, alla cessione del leasing, sia aumentato a 1,2 milioni di euro. Questa possibilità, riferita agli immobili, è del tutto normale. Il valore attuale delle prestazioni future richieste dal locatore è di circa 341 mila euro; ne consegue che il prezzo teorico del leasing è di circa 859 mila euro; le parti si accordano però per un pagamento di 890 mila euro. I pagamenti che il cessionario del leasing assume su di sé sono nel complesso 1,287 milioni di euro. Si deve risolvere il problema di identificare una opportuna appostazione contabile. La soluzione secondo la norma 141 è indicata nella parte finale della tabella. Si suggerisce di imputare 100 mila euro al riscatto, 351 mila circa a risconto da imputare alla fase di vigenza del leasing, 837 mila ad incremento del prezzo di riscatto. Questa soluzione, di cui la norma n. 141, a dire la verità, non fornisce una motivazione esplicita, ha in effetti l’obiettivo di rendere ammortizzabile all’acquirente del contratto, sul periodo rimanente di vigenza del leasing, quanto non era stato in precedenza ammortizzato; d’altra parte si suggerisce di capitalizzare sul riscatto quanto ammortizzato dal primo locatario. Tale soluzione finisce per imputare al riscatto del bene una cifra considerevole. Il bene doveva essere riscattato ed in seguito ammortizzato per 100 mila euro dall’originario locatario; il bene viene ora riscattato ed in seguito ammortizzato per circa 937 mila euro. A ben vedere, colpisce ancora di più il fatto che un bene con un valore di 1,2 milioni di euro sia spesato per ben 351 mila euro nei primi due anni. Una soluzione alternativa possibile, e che in seguito verrà qui sostenuta con forza, è la valutazione del prezzo equo dell’opzione di acquisto insita nel riscatto con le metodologie proprie dell’analisi finanziaria. Come è noto, il prezzo di una opzione è quantificabile avendo una stima del tempo alla scadenza, del prezzo del bene, del prezzo di esercizio dell’opzione, della variabilità dei prezzi di beni di quel tipo, del tasso di interesse. Esistono diverse soluzioni di stima tra cui la più famosa e conosciuta è il modello di Black & Scholes. Questa metodologia permette di stimare il diritto di opzione sull’immobile a esercizio postergato a 1,125 milioni di euro. Di questa somma, 1,1 milioni di euro corrispondono al “valore intrinseco” che è pari alla differenza tra valore del bene e costo del riscatto, a cui si aggiungono 25 mila euro che si spiegano per il fatto che il locatario ha il diritto di non esercitare l’opzione se l’evoluzione del valore del bene fosse sfavorevole. Questa possibilità, nell’arco dei due ultimi due anni del contratto di leasing, viene infatti valorizzata in questa somma. E’ corretto pensare che il valore intrinseco sia da capitalizzare sul prezzo di riscatto, il valore in eccesso (i 25 mila euro) sia da riscontare nel periodo di vigenza del leasing. Ciò dipende dal fatto che tale esborso è legato al profilo assicurativo del contratto di locazione finanziaria, riferito a tali due anni. Il profilo assicurativo si connette al fatto che, sotto opzione, l’acquirente è sicuro che il bene varrà almeno il prezzo di riscatto; se valesse meno non lo riscatterà e ciò gli produrrà un flusso finanziario differenziale pari al riscatto (che appunto non paga). Pag. 2 Si propone dunque di imputare 100 mila euro al riscatto, 1,1 milioni di euro ad incremento del prezzo di riscatto, 31 mila euro da spesare immediatamente in quanto minusvalenza rispetto ai valori acquisiti con la cessione, 82 mila euro complessivi da riscontare sul residuo periodo di vigenza del leasing. Questa soluzione ha il pregio di valutare correttamente l’opzione che è stata acquistata mediante l’assunzione del contratto di leasing; ha poi il pregio di imputare immediatamente a conto economico la spesa di 31 mila euro che non rispecchia un valore acquisito ed inoltre di imputare per ammortamento implicito del bene solo la somma di circa 82 mila euro rispetto ad un valore assunto di 1,2 milioni di euro. Quale alternativa è migliore ? Quale contabilizzazione tra le due alternative illustrate risulta preferibile ? Probabilmente la valorizzazione dell’opzione secondo la logica finanziaria ha motivi di forza molto netti. La parte seguente ha l’obiettivo di sottolinearne la superiorità. Immaginiamo dapprima un contratto alternativo che serva come riferimento concettuale. Immaginiamo dunque che il secondo locatario, invece del leasing, compri dal primo locatario la semplice opzione di acquisto del bene (che ha sempre un valore normale di 1,2 milioni di euro) al prezzo di esercizio di 100 mila euro. Quanto pagherà questa opzione ? Ovviamente 1,125 milioni di euro, un prezzo in linea con il valore elevato del bene. Il prezzo si forma con il valore intrinseco (1,1 milioni di euro) più la quota a fronte della flessibilità di potere rinunciare al riscatto. Si tratta di una opzione piuttosto particolare, pagata una somma considerevole in ragione del fatto che può essere esercitata ad un prezzo molto contenuto rispetto al valore atteso del bene. Si tratta di un contratto di opzione normalmente non diffuso nella pratica degli affari ma assolutamente lecito. Questo contratto differisce dal leasing per il fatto che non è previsto un piano di pagamento dilazionato del prezzo dell’opzione; in effetti sono due contratti molto vicini sotto il profilo dei rischi sopportati dalle parti. Come contabilizzerà l’opzione l’acquirente? Considererà 25 mila euro come costo del periodo fino alla scadenza dell’opzione e 1,1 milioni di euro come somma da aggiungere al riscatto per definire la base di ammortamento. E’ impossibile che esista un principio contabile difendibile che permetta di spesare (in tutto o in parte) in due anni il valore intrinseco dell’opzione. Se così fosse salterebbe ogni possibilità di normare i processi di ammortamento. Se questo indubbiamente avviene per l’acquisto della sola opzione, perché non dovrebbe avvenire anche nel caso del leasing, nel cui ambito la clausola di riscatto ha un rilievo notevolissimo ? Come si vede, la contabilizzazione del valore dell’opzione secondo una logica finanziaria è assolutamente necessaria. La soluzione della norma 141 dunque differisce, a ben vedere, in quanto consente al secondo locatario di ammortizzare prima della scadenza del leasing il valore residuo non ammortizzato dal primo locatario. Perché questo debba avvenire e perché in questi termini non è però chiaro. Pure ammesso che ciò possa essere fatto ai fini fiscali, non è evidente come un corretto principio contabile debba consentire un ammortamento definito in modo tanto peculiare. La soluzione della norma 141 “guarda indietro”, ossia definisce il valore del bene al riscatto aggiungendo ad esso le quote già precedentemente ammortizzate, di cui si consente il caricamento nel nuovo processo di ammortamento. La contabilizzazione del valore finanziario dell’opzione “guarda in avanti”, ossia definisce il valore del bene al riscatto sulla base di una corretta considerazione del cosiddetto valore intrinseco. E’ ovvio che ciò si applica in modo molto chiaro quando il bene si è apprezzato (come nell’esempio) ma si applica necessariamente anche quando il bene si è deprezzato, distinguendo tra valore intrinseco e valore temporale dell’opzione. La plusvalenza realizzata dal venditore del contratto di leasing è immediatamente imponibile e corrisponde, in linea di principio, alla quota in linea capitale da lui già dedotta dalle imposte sul reddito (meno la variazione del valore del bene). A questa quota corrisponde la parte del prezzo da capitalizzare sul riscatto secondo la norma 141. la quota ulteriore di prezzo di cui si propone la Pag. 3 capitalizzazione secondo la logica finanziaria è evidentemente composta da ammortamenti non ancora dedotti dal primo locatario. Siccome il primo locatario era nella condizione giuridica di poterli dedurre, la norma 141 suggerisce di trasferire la deducibilità all’acquirente del contratto. Dato atto che questa è indubbiamente la soluzione più conveniente sotto il profilo fiscale movendosi nell’area della ragionevole legittimità, rimane incerto il fatto che questo solo elemento possa giustificare il principio contabile. Il tema in oggetto è invero molto interessante e permette di chiarire che, forse, c’è qualche problema a monte, che poi si riverbera sulla norma 141. In effetti è la stessa contabilizzazione del prezzo di riscatto del primo leasing ad essere criticabile. Se le opzioni debbono essere contabilizzate al loro valore finanziario, ciò deve essere fatto anche dal primo e non solo dal secondo locatario. Per leasing particolari, come il leasing immobiliare, questo è un problema molto delicato. L’obiettivo che induce il locatario alla stipula di un leasing traslativo è l’acquisizione del bene con una assistenza finanziaria da parte del locatore, l’obiettivo non è il godimento temporaneo del bene e, in effetti, le società di leasing non caricano un costo specifico per il godimento. Le società di leasing fissano il piano di ammortamento con attenzione al solo prezzo del bene e al valore finanziario del tempo. Se questo elemento è corretto, e non dovrebbero esservi dubbi al proposito, il presupposto della norma 141 che vuole “scomporre, ai fini tributari, nella parte finalizzata a ottenere il godimento del bene nel periodo di durata del contratto e in quella pagata a fronte del diritto di acquisire la proprietà del bene alla scadenza del contratto” è errato, o almeno non ha rilievo di corretto principio contabile. Pag. 4 Anno Tasso leasing Importo del bene Macrocanone Importo da ammortizzare Canone Riscatto Flussi di cassa del leasing originario 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -148.912,43 € -100.000,00 € -248.912,43 € 900.000,00 € -58.912,43 € -90.000,00 € 841.087,57 € -64.803,67 € -84.108,76 € 776.283,89 € -71.284,04 € -77.628,39 € 704.999,85 € -78.412,45 € -70.499,99 € 626.587,41 € -86.253,69 € -62.658,74 € 540.333,72 € -94.879,06 € -54.033,37 € 445.454,66 € -104.366,97 € -44.545,47 € 341.087,69 € -114.803,66 € -34.108,77 € 226.284,03 € -126.284,03 € -22.628,40 € -135.374,94 € -123.068,13 € -82.644,63 € 10% 1.000.000,00 € -100.000,00 € 857.590,24 € 900.000,00 € Scomposizione dei canoni Importo da ammortizzare Quota capitale Quota interessi 10,00% IRR 100.000,00 € Ipotesi di cessione all'inizio del'ottavo anno Tasso vigente Valore attuale dei canoni residui Valore attuale del riscatto Valore attuale complessivo 10% -258.443,06 € Somma -82.644,63 € -341.087,69 € 1.200.000,00 € 858.912,31 € 890.000,00 € 31.087,69 € Valore normale del bene Prezzo teorico del contratto Prezzo concordato tra le parti Differenziale 310.000,00 € 341.087,69 € Flussi di cassa del compratore -148.912,43 € -148.912,43 € -248.912,43 € -248.912,43 € 16,79% IRR 10,00% IRR -1.287.824,86 € 1.125.000,00 € Sommatoria pagamenti Prezzo di equilibrio dell'opzione di riscatto 100.000,00 € 1.100.000,00 € 31.087,69 € 81.737,17 € Riscatto Da capitalizzare sul riscatto Da spesare immediatamente Da riscontare Norma 141 dell'Associazione dottori comercialisti di Milano Maxicanone pagato e non maturato alla data di acquisto Differenziale Canoni periodici Importo da riscontare 22.222,22 € 31.087,69 € 297.824,86 € Riscatto 100.000,00 € 351.134,78 € Differenza valore del bene Maxicanone pagato e maturato alla data di acquisto 7 canoni pagati (quota capitale) Da capitalizzare sul riscatto 200.000,00 € 77.777,78 € 558.912,31 € 836.690,09 € 1.287.824,86 € A pareggio Pag. 5