Aspetti politici e ideali della `memoria difensiva`

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Aspetti politici e ideali della ‘memoria difensiva’ di Eros Barone
in risposta alla denuncia per ‘diffamazione’ presentata da Vanessa Prat
Nel delineare gli aspetti caratterizzanti della polemica politico-ideologica intercorsa
tra Eros Barone e Vanessa Prat occorre, innanzitutto, riferirsi agli eventi verificatisi
nel periodo di tempo antecedente tale polemica: 1) nel giugno del 2005 la provincia
di Varese vede compiersi, a seguito dell’uccisione di un giovane autoctono da parte
di un immigrato albanese, prima un tentativo di linciaggio degli immigrati albanesi,
messo in opera, con modalità assai simili a quelle che contraddistinguono movimenti
razzisti come il Ku Klux Klan, da gruppi organizzati della destra nazifascista e
successivamente una manifestazione eversiva inscenata da questi ultimi a Varese:
tutto ciò avviene con la copertura e con l’appoggio di militanti ed esponenti della
Lega Nord; 2) nel novembre del 2006 un vigile urbano, a Binago (provincia di
Como), uccide uno zingaro sorpreso a rubare in un’abitazione e la Lega Nord
organizza una manifestazione per solidarizzare con il vigile.
Questa catena di eventi non solo definisce i contorni inquietanti di un clima che
richiama, anche se con altri bersagli e altre vittime, quello dei ‘pogrom’ antiebraici di
un passato che purtroppo sembra ‘non passare’, ma trova anche un puntuale riflesso
negli interventi ospitati dalla rubrica “Lettere al direttore” del quotidiano
“VareseNews”, che precedono e che seguono quelli che costituiscono l’oggetto
specifico delle presenti considerazioni (cfr. allegati n.1, 2, 3, 4, 5 e 6).
Al centro della disàmina condotta dallo scrivente, così come da altri attenti
osservatori della realtà del territorio varesino e lombardo, balza agli occhi, con
crescente nettezza di riscontri sia socio-politici che ideologico-culturali, il tema,
fortemente dibattuto su “VareseNews” e su altri organi di stampa, della natura,
dell’identità e del ‘modus operandi’ della Lega Nord. Emergono, in buona sostanza, a
giudizio dello scrivente  giudizio confortato e supportato, ad esempio, da A. Bihr,
autorevole studioso dei movimenti politici europei di estrema destra, xenofobi e
razzisti, nella monumentale ricerca comparativa L’avvenire di un passato1 , le
coordinate di una formazione politica, la Lega Nord, la natura, l’identità e il ‘modus
operandi’ della quale sono riconducibili “ad alcuni caratteri fondamentali della
‘Weltanschauung’ nazifascista”, come lo scrivente afferma ed esemplifica ‘ad
abundantiam’ nella lettera del 12 dicembre 2006 in cui analizza e smaschera i
presupposti e le conseguenze della logica politica e ideologica sottesa alle posizioni
formulate da Vanessa Prat nella sua lettera dell’11 dicembre 2006: lettera che ha
suscitato, non, come sarebbe stato corretto e opportuno, una risposta argomentata
Bihr, A., L’avvenire di un passato. L’estrema destra in Europa: il caso del Fronte
Nazionale Francese, BFS/Jaca Book, Pisa-Milano 1997.
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espressa magari in una forma critico-polemica vivace, ma una sproporzionata
reazione di carattere personale che si è tradotta in una denuncia sul piano legale.
Dal punto di vista metodologico, che ha, fra l’altro, importanti implicazioni eticocivili, Eros Barone si è sempre ispirato al modello di polemica letteraria e politicoculturale di Luigi Russo e ribadisce anche in questa sede la convinzione, che fu
propria di questo grande critico e saggista siciliano e che ha costantemente animato la
ormai lunga attività pubblicistica dello scrivente, secondo cui la battaglia delle idee,
per potersi dispiegare senza che su di essa gravi in alcun modo il sospetto
dell’acredine personale, ha la necessità, per così dire, di tipizzare nei propri
interlocutori (vicini, lontani e avversi) una determinata posizione (o morale o politica
o filosofica), sì da farne scaturire, assieme alla immanente confutazione logica, anche
lo storico e positivo superamento. Dunque, è semplicemente assurdo non solo
affermare, ma anche soltanto pensare, come si legge negli atti allegati dalla
denunciante, che Eros Barone possa nutrire nei confronti della signora Vanessa Prat,
in quanto “donna” o in quanto “elettrice leghista”, un sentimento personale di
avversione, essendo invece, questa sì assoluta, la contrarietà di chi scrive alle
posizioni xenofobe e razziste esposte nella lettera della suddetta signora: posizioni
che, sempre a giudizio di chi scrive, discendono da assunti ideologici nefasti e
conducono a conseguenze sociali altrettanto nefaste, iscrivibili, sia gli uni che le altre,
in una logica oggettivamente totalitaria, nella fattispecie nazifascista, che può anche
risultare indipendente, in tutto o in parte, dalle intenzioni di carattere soggettivo e
dalle opinioni di natura personale.
Pertanto, Eros Barone, pur riconoscendone il duplice carattere, che è da un lato
dialettico e quindi per principio oppugnabile e, dall’altro, epistemologicamente
falsificabile, non ritiene che le asserzioni e i giudizi contenuti nella sua ampia,
argomentata e vivace confutazione delle tesi esposte da Vanessa Prat siano in alcun
modo lesivi dell’onore, della reputazione e della rispettabilità di tale persona, poiché:
a) essi sono il frutto di un lavoro di inchiesta, di analisi e di riflessione iniziato, in
coincidenza con il sorgere e il manifestarsi del movimento politico delle Leghe, a
partire dagli anni Novanta del secolo scorso e confluito in articoli e saggi apparsi su
varie riviste ed esposti pubblicamente in varie sedi (senza che mai, nonostante
l’identità dei contenuti, del lessico e persino di certe figure retoriche, si sia
manifestata una reazione come quella posta in essere da Vanessa Prat); b) l’analisi del
fenomeno leghista è articolata e coglie in esso la compresenza, rilevabile anche in
altri fenomeni storici similari (dal nazismo al fascismo, dal qualunquismo al
poujadismo), di ‘valori’ eterogenei (ad esempio, di derivazione comunitari sta,
nazionalista e razzista), laddove vale la pena di osservare che la composita ideologia
populista su cui si fonda il movimento della Lega Nord è costituita essenzialmente da
un amalgama di ‘valori’ liberali e di ‘valori’ fascisti; c) le ipotiposi letterarie e il
gramsciano “sarcasmo appassionato”, cui lo scrivente ha fatto ricorso, non hanno
valore meramente polemico o retorico, ma, assumendo un significato descrittivo sul
piano empirico ed evocativo sul piano sociologico, hanno altresì valore cognitivo e,
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lungi dal voler essere denigratorie, sono invece rigorosamente funzionali all’analisi
scientifica degli aspetti economici, sociali, politici, ideologici e culturali del
fenomeno leghista, quale i è sviluppata nel suo intervento del 12 dicembre 2006..
Eros Barone si rende conto, peraltro, che la scarsa o nulla familiarità degli
interlocutori leghisti con il lessico e con l’apparato concettuale marxista determina un
rilevante problema di ‘traduzione’ dei linguaggi, che rende necessario precisare
l’esatto significato del complesso sarcasmo che conchiude la sua lettera, laddove
chiaramente il concetto di ‘estinzione’ connota (non la eliminazione fisica di certi
soggetti ma) un processo storico, di carattere economico e sociale, che segna,
secondo la previsione morfologica e teleologica formulata dalla teoria marxiana e
leniniana, la transizione dal capitalismo al comunismo: un processo, per un verso, di
radicale mutamento dei rapporti di produzione e, per un altro verso, di sviluppo delle
forze produttive e della cooperazione sociale che, superando sia i ristretti confini di
un modo di produzione, come quello capitalistico, fondato sullo sfruttamento del
lavoro salariato e sul conseguente prelievo di plusvalore in funzione
dell’accrescimento del profitto privato, sia i limiti ancora ìnsiti nello stesso modo di
produzione socialista e derivanti dai residui del precedente modo di produzione
capitalistico, realizza oggettivamente, sul piano strutturale e sovrastrutturale,
l’‘estinzione’, ossia il superamento ‘in rebus ipsis’ delle merci e del denaro, così
come dello Stato e delle classi (che sono, sia pure in forma socializzata e gestita dal
proletariato, ancora presenti nella fase intermedia della transizione), e recide pertanto
le radici materiali di quella concezione feticistica del denaro e delle merci, che trova
la sua sintesi e il suo simbolo, dal punto di vista dell’appropriazione privata della
ricchezza, nella valorizzazione dell’oro. Da Tommaso Moro, che la evoca in un passo
famoso della sua “Utopia”2, a Lenin, che la riprende in uno scritto sulla differente
funzione dell’oro nella società socialista e in quella comunista, il ‘topos’ della
utilizzazione dell’oro per la realizzazione dei gabinetti pubblici è parso dunque a chi
scrive un procedimento di icastica efficacia nella demistificazione, in chiave
feticistica, delle concezioni borghesi e piccolo-borghesi, egualmente basate sulla
forma astratta della ricchezza e sulla sfera della circolazione delle merci, che
costituiscono la matrice da cui traggono origine le posizioni sociali e politiche proprie
(anche se non esclusive) di movimenti, quali la Lega Nord, che esprimono con
maggiore ingenuità, senza mediazioni riflessive e finzioni sofisticate, questo
particolare rapporto con la ricchezza capitalistica. L’esperimento mentale sugli
addetti alla pulizia dei gabinetti pubblici è ovviamente un modo faceto di declinare la
prospettiva comunista dello sganciamento della tematica dell’‘estinzione’ o della
‘trasformazione’ dalla tematica dell’‘appropriazione privata della ricchezza’ e del
conseguente ‘feticismo’ del denaro e delle merci.
In conclusione, Eros Barone non ha nulla da modificare, rettificare o emendare,
nell’intervento oggetto di denuncia, riguardo alla tesi che egli ha sostenuto con vigore
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Moro, T., Utopia, tr. di Tommaso Fiore, Laterza, Bari 1970, pp. 94-96.
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e rigore, ispirandosi in primo luogo all’articolo 3 della Costituzione, oltre che
praticando correttamente l’articolo 21 della medesima, circa il carattere nazifascista
(anche se non solo nazifascista, come peraltro si desume con chiarezza dal contesto
stesso) dell’ideologia e della pratica leghiste. Eros Barone, pertanto, sottolinea che la
concezione stessa che postula l’esistenza, la differenza e l’identità irriducibili di un
mitico ‘popolo padano’, dotato di una “cultura millenaria, magari proprio barbara e
celtica” e non assimilabile al resto della nazione italiana, è intrinsecamente fascista e
si ritrova pari pari negli assunti sostenuti dalla signora Prat. Per converso, la
negazione dell’altro, il considerare lo straniero come un potenziale nemico è il
‘Leitmotiv’ che percorre l’intervento della suddetta signora e ne costituisce l’aspetto
più inquietante (si vedano i passi della lettera, questi, sì, meritevoli di incriminazione,
in cui la Prat inveisce contro extracomunitari, albanesi, marocchini, islamici, rom “ed
ogni altro”; esalta la frase sciagurata e ripugnante con cui il segretario varesino della
Lega Nord ha difeso l’operato del vigile di Binago: “Uno zingaro in meno”; rivendica
con orgoglio degno di miglior causa la qualifica di “razzista”; ribadisce e reclama, in
nome dell’‘identità padana’, non una politica democratica e progressiva di inclusione
sociale, ma una politica antidemocratica e discriminatoria di esclusione sociale,
protesa a colpire le componenti più deboli ed emarginate presenti nel tessuto civile
del nostro paese).
In realtà, su un simile atteggiamento, ad un tempo psicologico e ideologico, frutto
certamente del campo di tensioni connesso alla globalizzazione contemporanea, ma
anche di una ignobile speculazione politica sui sentimenti di insicurezza, paura e
disorientamento della popolazione, Primo Levi aveva già pronunciato, nella
Prefazione al suo libro Se questo è un uomo, parole che non possono essere
dimenticate da chiunque abbia a cuore i destini dell’uomo in una società democratica,
solidale ed egualitaria: «A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o
meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione
giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari
e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo
avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo,
allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del
mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione
sussiste, le conseguenze ci minacciano»3.
Eros Barone
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Levi, P., Se questo è un uomo – La tregua, Einaudi Tascabili, Torino 1989, p. 9.
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Mornago, 12 settembre 2008.