la costituzione di uno stato morale: la chiesa

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LA COSTITUZIONE DI UNO STATO MORALE: LA CHIESA
In principio l’uomo vive in uno stato di natura in cui dominava il principio anarchico
della completa libertà. Hobbes, Rousseau, Kant ed altri pensatori dichiararono tale
ipotesi come punto di partenza da cui poter costruire la teoria riguardo la fondazione
dello stato civile. Lo stato di natura è uno stato di ostilità in cui tutti gli uomini sono
nemici e si fanno la guerra spinti dall’interesse privato. Per evitare che le continue
guerre sanguinose portassero al completo annientamento della razza umana, tutti gli
uomini di comune accordo decisero di deporre le armi e di fissare le leggi che
garantissero la pace pubblica. Il deporre le armi ha come conseguenza la perdita della
libertà; la decisione presa in comune fu il primo momento sociale che segnò la fine di
un’epoca e l’inizio di una nuova era: lo stato politico civile in cui tutti devono
contribuire al benessere sociale abbandonando una volta per tutte l’interesse privato.
<< Si chiama stato giuridico - civile (o politico) quel rapporto reciproco fra gli
uomini in virtù del quale sottostanno collettivamente a leggi pubbliche giuridiche
(che sono tutte leggi costrittive)>>.1
Quanto detto serve da incipit al discorso che segue con lo scopo di dimostrare come
la Chiesa ha costruito il suo potere religioso servendosi delle debolezze degli uomini.
C’è un punto da chiarire prima di intraprendere il discorso: la fede non rientra
assolutamente in questo discorso, poiché fede e Chiesa sono due cose ben distinte.
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Immanuel Kant, “Critica del ragion pratica e altri suoi scritti”, a.c. Pietro Chiodi, UTET, p.420
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 KANT E LA PURA FEDE RAZIONALE
In “La religione nei limiti della ragione” Kant ha cercato di esporre apertamente
il modo in cui egli crede di intendere la possibilità dell’unione della religione
cristiana con la più pura ragione pratica. La razionalità sarà il metro di giudizio
della religione e soprattutto del Cristianesimo che è ritenuta da Kant la più perfetta
delle credenze, la più pura e la più vicina al modello di religione ideale della
ragione. Nel pensiero kantiano è la morale a fondare la religione e non viceversa e
ciò riconduce la religione entro i confini di quella pura razionalità etica. Kant
avrebbe perciò segnato i limiti della ragione per affermarne il diritto a vagliare la
religione, scartandone i contenuti irrazionali. Ben delle quattro part in cui è
suddiviso lo scritto kantiano sono dedicate al tema della Chiesa, inserito nel
contesto in cui si presenta la Chiesa come strumento che la religione cristiana
offre agli uomini per liberarsi dal male. La prima parte dello scritto è dedicata alla
riflessione sul dominio del male sul bene, ovvero “Della compresenza del
principio del male accanto a quello del bene o del male radicale della natura
umana” : secondo Kant vi è nell’uomo una tendenza innata e naturale verso il
male, che spinge l’uomo a soddisfare i propri impulsi sensibili e i propri desideri
egoistici. Questo male radicale è ineliminabile e l’uomo non possiede le forze
necessarie per cancellarlo, cosicché la sua estirpazione ha richiesto l’intervento
diretto di Dio (essere di suprema potenza rispetto all’uomo, da cui ne derivano gli
appellativi di Onnipotente e Onnisciente), che si è realizzato nell’incarnazione e
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nella venuta sulla terra di Gesù Cristo. L’origine del male e l’incarnazione di Dio
in Gesù Cristo segnano i limiti stessi della ragione, che, come non è in grado di
spiegare l’origine del male, non è neppure capace di comprendere un evento,
quale è l’esistenza di Cristo. Il male può essere sconfitto solo attraverso la pura
moralità, ovvero la retta condotta morale. L’uomo è un essere morale di natura
poiché sottopone se stesso mediante ragione a leggi incondizionate in quanto non
ha bisogno di nessun essere fisico e invisibile superiore all’uomo per conoscere il
proprio dovere e né di altre leggi, ma è autosufficiente grazie alla ragione pratica
pura. Il discorso del male radicale viene esteso anche alla vita associata in cui vive
e si muove l’uomo: come la corruzione morale avviene all’interno e a causa della
vita associata, così, per sconfiggere tale corruzione, si rende necessaria la
realizzazione di un’autentica comunità etica. Questa comunità etica è la Chiesa
invisibile:
<< una comunità etica è dunque pensabile soltanto come un popolo sottostante a
comandi divini, cioè come un popolo di Dio, retto secondo le leggi della virtù>>;2
<<una comunità etica basata sulla legislazione morale divina è una chiesa che,
non essendo oggetto di esperienza possibile, prende il nome di Chiesa
invisibile>>.3
In una comunità etica-religiosa, dunque, non ci dovrebbero essere leggi statutarie,
se così fosse e lo è purtroppo, si avrebbe una società giuridica di cui Dio è il
legislatore, e gli uomini in qualità di preti, riceverebbero da Dio i comandamenti
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Ibidem
Ibidem
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impartiti e comanderebbero il popolo di fedele in nome di Dio. Per coloro che non
rispettano le leggi divine, gli infedeli, è previsto un castigo. La formazione della
Chiesa invisibile (insieme degli uomini ritenuti “figli di Dio”) sovverte la fede
pura in fede rivelata.
<< La Chiesa visibile è l’unione effettiva degli uomini (…). Siccome ogni società
sottoposta a leggi pubbliche presuppone una subordinazione dei suoi membri,
l’insieme degli uomini riuniti in quel tutto (ossia la Chiesa) è la comunità dei
fedeli sottomessa a capi che si limitano alla amministrazione degli affari del capo
invisibile e che, per questo riguardo, sono detti nel loro insieme servitori della
Chiesa>>. 4
Nella storia però è successo tutto il contrario: la Chiesa cristiana si è servita delle
debolezze degli stessi uomini per poter costruire un potere politico-religioso, fatto
di leggi statutarie, dicesi mandate da Dio tramite Mosè, da seguire alla lettera per
chi volesse garantirsi una vita beata dopo la morte altrimenti si finirà all’inferno a
scontare le pene per le colpe commesse sulla terra. Da questo momento in poi la
vita che è un dono naturale e perfetto viene considerato un peccato, l’uomo
anch’esso un peccato insieme a tutti gli impulsi naturali, perché la fede rivelata è
testimone del più terribile dei peccati commesso dall’uomo: aver disubbidito a Dio
mangiando la mela, il frutto del peccato, che altro non è il frutto della conoscenza.
Poiché all’uomo non è concesso conoscere la verità, in quanto essere finito, la
religione è riuscita ad assoggettare a sé un esercito di uomini privi di proprio
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Ibidem
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pensiero ma succubi e spaventati da questo rabbioso Dio che punisce e castiga
tutti coloro che non lo obbediscono. Il potere della Chiesa è cresciuto nei secoli
grazie a lotte e persecuzioni in nome di Dio e dato che nel suo nome tutto è giusto,
risulta essere giusta e santa una guerra in suo nome. Come sostiene anche Kant,
questa non è da reputarsi pura fede, poiché essa non è priva di scopi politici e
soprattutto l’uomo come essere singolo e distinto non ha la possibilità di scoprire e
riconoscere in sé Dio.
Allora, dove andarono a finire i principi morali puri e razionali?
Essi furono il materiale di cui gli uomini della Chiesa se ne servirono per creare i
dogmi con i quali comandare e dominare il gregge di fedeli. La parola “gregge” è
quella che meglio descrive la condizione dei fedeli: il gregge si muove non per
conto proprio ma con la forza del bastone del loro bastone, così anche i fedeli,
paurosi del bastone di Dio, seguono i padri della Chiesa per timore di offendere
Dio ma soprattutto per la paura di subire un castigo. Questo tipo di fede non
unisce gli uomini, ma li rende simili alle bestie, privandoli della propria ragione.
Mentre la pura fede unisce gli uomini volontariamente perché sono essi a
riconoscere per via razionale la volontà di Dio nelle loro azioni morali.
<< Ma se si ammettono leggi statutarie e si fa consistere la religione
nell’osservanza di tali leggi, non è più possibile conoscere per mezzo della nostra
ragione, bensì esclusivamente per mezzo di una rivelazione annunziata
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pubblicamente affinché sia diffusa fra gli uomini attraverso la tradizione o la
scrittura, è sempre una fede storica e non una fede razionale pura>>.5
Kant prosegue, spiegando il motivo per cui la Chiesa è riuscita a diventare
potente:
<< l’adorazione di esseri potenti e invisibili a cui l’uomo, abbandonato a se
stesso, fu costretto dal timore naturale ispiratogli dalla coscienza della propria
impotenza, non produsse all’inizio una religione ma un culto servile di Dio>>.6
Poiché la religione naturale è una sola ne risulta che quando la vita religiosa si
allontana dalla fede razionale pura si determinano delle degenerazioni: il
feticismo, che consiste nell’adorazione di un oggetto al posto del Dio invisibile, e
la superstizione, che è il comportamento di chi crede che la buona condotta
consista nelle pratiche di culto. Per Kant la religione si contraddistingue per il
primato della coscienza, quindi vanno abbandonate tutte le degenerazioni di tipo
feticistico o superstizioso che costituiscono la base della religiosità dell’uomo
comune. Per concludere, i punti fondamentali della religiosità di Kant sono:
1. non è la religione a fondare la morale ma l’opposto, perché Dio è un
postulato della morale;
2. bisogna eliminare dalla religione gli aspetti irrazionali, poiché la religione
autentica è quella che coincide con la religione naturale;
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3. gli uomini che lottano contro il male radicale costituiscono una Chiesa
invisibile, e la Chiesa visibile è uno strumento perché gli uomini
necessitano di una guida.
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