
I gas: le loro leggi e la respirazione.
Termodinamica e calore: temperatura, scambi di calore e
termoregolazione.
II1^
lezione
LE DOMANDE
- Che cos’è un gas ?
+ Ripresa della definizione
-
Quali sono le grandezze e le leggi che permettono una descrizione completa
del gas ?
+ Ancora su pressione, volume e temperatura
+ Le leggi di Boyle e Gay-Lussac e l’ equazione di stato
+ Numeri significativi: il numero di Avogadro e la costante di Boltzmann
-
Ma sono proprio così necessarie queste leggi ?
+ Il funzionamento del termometro a mercurio
+ La respirazione
-
Di che cosa si occupa la termodinamica ?
+ Della definizione del concetto di calore e lavoro
+ Di come si scambia calore
 conduzione e irraggiamento (convezione)
 passaggi di stato (fase)
+ Dell’energia interna come serbatoio di energia
-
Il primo principio della termodinamica
-
Come fa il corpo umano a mantenere la propria temperatura ?
+ La modalità della termoregolazione
GAS: è un fluido, che quando viene sottoposta a forme che tendono a
deformarla, oltre a non mantenere una forma propria, occupa tutto il
volume che ha a disposizione.
Il nostro modello di gas, già introdotto nel precorso, prevede un grande
numero di molecole che si muovono in tutte le direzioni con velocità diverse in
modulo, mantenendo in tal modo una pressione costante sulle pareti del
contenitore e tenendo un livello di agitazione condizionato dalla temperatura cui
si trova il contenitore e, conseguentemente, il gas.
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Le grandezze che permettono di descrivere da un punto di vista
termodinamico, e, quindi, macroscopico, il sistema gas sono temperatura, quale
supporto allo stato di agitazione, volume, occupato interamente dal gas, e pressione,
che è la modalità con la quale il gas interagisce con l’esterno o con le pareti del
contenitore. Le unità di misura delle tre grandezze sono già state più volte
introdotte ( Pa., atm. e mm.HG per la pressione, K . e oC per la temperatura, m.3 , dm.3 e l.
per il volume).
Le leggi che descrivono in termodinamica i gas ideali, che sono quelli lontani
dalle condizioni di liquefazione (… ricordiamo per inciso che il vapore non è altro
che uno stato, una fase di una sostanza dalla quale si può tornare, alla temperatura
in cui ci si trova, allo stato di liquido per sola compressione; invece il gas è la
medesima fase della sostanza, senza però la
possibilità potenziale di poter recuperare la
fase liquida per sola compressione, come si può
ricostruire dalla figura, osservando la curve di
fase dell’acqua, al variare delle condizioni di
volume, pressione e temperatura) sono state
ottenute per via sperimentale già alla fine del
diciottesimo secolo e sono le seguenti:
per T  cost ant e, p V  cost ant e , legge di Boyle
V

 cost ant e

T
 leggi di Gayp
per V  cost ant e,
 cost ant e

T
Lussac
Tali leggi descrivono il comportamento del gas, mantenendo costante una
delle tre grandezze e facendo variare le altre due:
nella prima si sostiene che, a temperatura costante, pressione e volume sono
inversamente proporzionali (esempio: senza cambiare la temperatura, la
compressione, e quindi la diminuzione di volume, di un palloncino produce un
aumento di pressione verso l’esterno);
nella seconda e terza, invece, mantenendo costante o pressione o volume, la
restante grandezza risulta direttamente proporzionale alla temperatura (esempi:
riscaldando una pentola con un coperchio sopra, e quindi a pressione costante, il
volume aumenta; riscaldando una pentola a pressione, e quindi a volume costante,
la temperatura all’interno della pentola tende ad aumentare).
Sotto il nome di equazione di stato, relativa ai gas ideali, va invece quella
relazione che riassume la contemporanea influenza delle tre grandezze sullo stato
del sistema termodinamico gas:
per p  cost ant e,
p V  n  R  T
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In questa equazione è anche contenuta la grandezza n , che caratterizza il
numero di moli (si ricorda che la grammo-mole o mole rappresenta l‘ equivalente in
grammi del peso atomico di una sostanza e contiene, per ogni sostanza, lo stesso
numero di molecole/atomi, pari al numero di Avogadro di molecole/atomi:
N A  6.02 x1023 ) di gas contenute nel campione. Si può notare come imponendo la
costanza di una delle tre grandezze, si possa ottenere la determinazione di
ciascuna delle tre leggi proposte sopra.
All’interno dell’equazione è contenuta anche la costante dei gas R , la quale nel
sistema Internazionale ha il seguente valore:
R  8.31 Joule / K .(mol.)
Da questa si può dedurre anche l’importante costante di Boltzmann k B ,
secondo la:
R
8.31
kB 

J ./ K .  1.38 x1023 J ./ K . .
N A 6.02 x1023
Le leggi appena introdotte e poco elaborate nei loro aspetti più
caratteristici sembrano piuttosto insignificanti ai nostri occhi: il caso del
termometro a mercurio e della respirazione ce le renderanno più familiari.
La dilatazione volumetrica è fenomeno che discende dalla prima delle leggi
di Gay-Lussac che abbiamo appena presentato, quella secondo la quale, a
pressione costante, il volume è destinato ad aumentare linearmente con la
temperatura; sviluppando le formule:
V f Vi
V T
  V f  i f ; "f" st a per finale e "i" per iniziale
T f Ti
Ti
se: T f  Ti , allora: V f  Vi e posso ot t enere:
Vi f  V f  Vi  0
e cioè il nostro gas si dilata. Possiamo adattare questa conclusione, in modo
meno consistente però, anche al caso di un liquido, quale il mercurio presente
all’interno del vecchio termometro a bulbo: poco prima di essere inserito sotto
l’ascella il mercurio è contenuto nel suo deposito a bulbo, nella parte bassa del
termometro; soggetto poi all’aumento di temperatura prodotto per contatto con
l’organismo, vede aumentare il suo volume in modo molto più accentuato del suo
contenitore vetroso, che pur si dilata; perciò risale nella colonnina, che ha la
funzione di quantificare corrispondentemente la variazione di temperatura. Una
volta tolto dall’ascella, anche se la temperatura tutt’intorno è scesa, dobbiamo
“spingere” verso il basso il mercurio ritornato al suo volume normale a causa del
fatto che esso è contenuto in un capillare, all’interno del quale lo scorrimento del
liquido avviene con difficoltà.
L’altro caso notevole che affrontiamo è quello della respirazione.
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Partiamo dall’osservazione della figura, seguendo i grafici a fianco:
partendo dalla scala inferiore possiamo dedurre che inspirazione ed espirazione si
sviluppano , globalmente in 4 secondi:
nei primi 2 l’inspirazione e nei secondi 2 l’espirazione.
Guadiamo al primo intervallo di tempo (inspirazione): vi sono nei polmoni due
micro-diminuzioni di pressione: una, più accentuata ( 6mm.HG ), riguarda la zona
intrapleurica e l’altra, meno accentuata ( 1mm.HG ca. ), riguarda invece la zona
intrapolmonare: entrambe sono affiancate (si osservi il terzo grafico) da un
aumento globale di volume ( 0.2 0.4 l. ) leggermente sfasato nel tempo.
Interpretiamo: l’aumento di volume è associato all’abbassamento del diaframma
polmonare; tale aumento di volume, a parità di temperatura (quella del corpo
umano), induce all’interno della sacca polmonare una diminuzione di volume, più
accentuata nella zona intrapleurica, che deve permettere l’espansione della zona
polmonare vera e propria, che infatti vede diminuire la propria pressione un po’ di
meno; la diminuzione risultante della pressione intrapolmonare permette l’afflusso
di aria dall’esterno, grazie al gradino di pressione favorevole all’aria esterna: e cioè
la pressione intrapolmonare diventa più bassa di quella esterna permettendo il
flusso di gas-aria verso l’interno.
Nell’altra fase, quella della espirazione, succede esattamente il contrario: si
parte dalla salita del diaframma e si conclude con l’innalzamento della pressione
intrapolmonare, passando per la contrazione delle zone intrapleurica e
intrapolmonare.
Che differenza c’è tra temperatura e calore ? Come si definisce il lavoro, ancora
inteso come variazione di energia, all’interno della termodinamica ?
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Temperatura di un sistema e calore scambiato da un sistema sono grandezze
completamente diverse: la prima rappresenta il grado di agitazione del sistema e ne
qualifica lo “stato” termodinamico; il secondo, invece, l’aspetto dinamico
evolutivo: rappresenta la quantità di energia che arriva o se ne va grazie ad una
variazione di movimento interno al sistema. In ogni caso assumere calore significa
far muovere di più particelle interne, cedere calore invece significa diminuire lo
stato di agitazione medio. Le due grandezze
sono legate dal fatto che il flusso di calore si
sviluppa tra due sistemi quando hanno
temperature diverse e da ciò la facilità a
confondere i due livelli descrittivi.
L’assorbimento e la cessione di calore, in
generale lo scambio di calore, avvengono
secondo le seguenti modalità:
+ conduzione;
+ convezione;
+ irraggiamento.
Ciascuna di queste modalità si attiva grazie alla differenza di temperatura
tra sistema emettitore di calore e ambiente/sistema
che lo circonda.
La conduzione rappresenta la modalità più
intuitiva, dato che avviene grazie al contatto tra
sistemi che si trovano inizialmente a temperatura
diversa: il calore fluisce dal più caldo al più freddo
fino al raggiungimento di ugual temperatura tra
emettitore e assorbitore di calore.
La convezione è invece quel processo che
interessa i fluidi secondo il quale la diffusione di
elementi di fluido produce un movimento verso
zone di minore/maggiore densità: tutti sono a
conoscenza del fatto che “il caldo va verso l’alto”,
con l’esempio che viene riportato in figura che lo
testimonia: nella pratica i gruppi di molecole più
veloci diffondono verso le parti più alte, mentre
invece i gruppi di molecole più lente tendono a subire maggiormente l’effetto della
gravità a vanno ad addensarsi verso le zone più basse, che saranno anche le zone a
più alta densità.
L’ultimo dei meccanismi è invece l’irraggiamento, sul quale non diremo più di
tanto, se non che si tratta di un’emissione di onde elettromagnetiche (tipicamente raggi
infrarossi) da parte di un corpo caldo. Un esempio classico è il sole, che ci riscalda
a distanza.
Ricordiamo che anche nei cambiamenti di fase di una sostanza è coinvolto
lo scambio di calore: il ghiaccio per fondere ha bisogno che gli venga fornito del
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calore; l’acqua, ghiacciando, libera invece calore, dato che si tratta del passaggio
inverso. Così nella evaporazione, che è il passaggio che ci interesserà
successivamente: far evaporare acqua costa energia, calore che arriva
dall’esterno; ma per un sistema quale ad esempio la cute, evaporazione delle
goccioline d’acqua significherà perdita di energia e quindi raffreddamento.
Riprendendo come spunto gli esempi già introdotti sul riscaldamento da
parte di un fornello di una pentola con un coperchio normale e di una pentola a
pressione, ci si può rendere conto che il trasferimento di calore dal fornello alla
pentola non produce unicamente variazione (aumento) di temperatura, ma anche,
nel primo caso aumento di pressione, che possiamo notare per il fatto che il
coperchio non bloccato si alza continuamente.
L’innalzamento del coperchio, in questo ultimo caso, è la manifestazione di
quello che è il lavoro in termodinamica: esso è nella sostanza variazione di volume,
secondo le formule:
L  f  s  p  A  s  p  vol
Come si può vedere in figura il riscaldamento produce, oltre al
riscaldamento, anche innalzamento del coperchio e questo si configura come
lavoro, poiché tale sollevamento potrebbe, ad esempio alzare un peso e variare
dunque la sua energia potenziale.
La relazione che mette insieme tutti questi aspetti di scambio energetico è
il primo principio della termodinamica:
Q  L  U  U f  U i
Questo principio sancisce che, in ogni processo di trasformazione
termodinamica, la differenza tra calore scambiato dal sistema e lavoro fatto dal o
sul sistema è costante, indipendente dalle modalità utilizzate per andare dallo
stato termodinamico di partenza a quello di arrivo e legato solo agli stati di
partenza e arrivo: tale “costante” è la variazione di energia interna U ; l’energia
interna del sistema dipende solo dalla temperatura T e, nel caso del nostro sistema
gas è rappresentata dalla somma delle energie cinetiche delle molecole/atomi
costituenti il sistema. L’energia interna va vista
come energia termica e cioè come serbatoio di
energia disponibile allo scambio, al flusso.
Per completare il quadro di riferimento
che definisce il primo principio della
termodinamica, si deve dire che esistono delle
convezioni che stabiliscono quali segni algebrici
debbano essere assegnati alle quantità
coinvolte: per il calore Q il segno è positivo
quando fluisce all’interno del sistema, mentre è
da considerare negativo quando viene ceduto
dal sistema; per il lavoro L il segno è positivo
quando il sistema fa lavoro verso l’esterno (il
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sistema aumenta di volume), negativo quando il sistema subisce lavoro (viene
compresso).
Applicando le relazioni più utilizzate in termodinamica, il primo principio
della termodinamica diventa: m  c  T  p  Vol  U  U f  U i .
In quest’ultima relazione si è utilizzato per lo scambio di calore la relazione:
Q  m  c  T
m rappresent a la massa del sist ema che scambia calore
c il suo calore specifico
T la sua variazione di t emperat ura
Il calore specifico rappresenta il
modo di scambiare calore da parte della
sostanza e varia con la temperatura.
Nella tabella a fianco vengono riportati
dei valori di calore specifico per diverse
sostanze.
Passiamo infine a considerare la termoregolazione e cioè la/le modalità con
le quali il nostro organismo riesce a mantenere costante la temperatura.
Il corpo umano, come ogni
sistema, tende a disperdere energia
sotto forma di calore verso l’esterno,
proporzionalmente alla sua estensione
superficiale:
la
sua
temperatura
interiore e di sopravvivenza si colloca
sui 37 o C circa, per cui, guardando alle
nostre latitudini, è quasi sempre nelle
condizioni di emettere calore verso
l’esterno; lo fa secondo dei meccanismi
che abbiamo descritto in questa lezione: irraggiamento ed evaporazione sono i
meccanismi dominanti, come si può notare dalla tabella riportata.
La dispersione del calore, come tutte le altre situazioni in cui l’organismo
produce energia, ha bisogno di una continua reintegrazione di energia, la quale,
come riprodotto in tabella, avviene secondo modalità note. In una stagione come
quella invernale è chiaro che, essendo la
temperatura
all’esterno
più
bassa, la
dispersione di calore verso l’esterno sarà più
accentuata e da ciò la necessità di
provvedere con maggior sollecitudine alla
reintegrazione delle riserve energetiche e
quindi, nella sostanza, maggior appetito!
Con risposte di tipo endocrino e
soprattutto neuro-vegetativo il corpo umano
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è poi in grado di gestire variazioni della temperatura ambientale
E’ interessante osservare anche l’ultimo grafico, nel quale il grado di
mantenimento della temperatura dei vari organi in funzione di quella che è la
temperatura esterna, indicata come temperatura del calorimetro nel grafico.
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Acustica: onde longitudinali; propagazione di energia con
 l’onda, definizione di intensità sonora; lo stetoscopio; onde
stazionarie; scala della sensibilità sonora.
IV^
lezione
LE DOMANDE
- Di che cosa si occupa l’acustica ?
+ Definizione e ripresa del concetto di onda
-
Qual è la struttura di un’onda acustica ?
+ Onde meccaniche, onde longitudinali
+ L’onda acustica quale onda di pressione
-
Che cosa porta con se un’onda acustica ?
+ Energia che si propaga con l’onda: definizione di intensità
-
Come viene prodotta e come si può intercettare un’onda acustica ?
+ Le onde stazionarie
+ L’emissione e la ricezione di un segnale acustico
+ Le tre caratteristiche dell’onda sonora: intensità, altezza e timbro
+ La bocca come altoparlante e l’orecchio come microfono
+ Lo stetoscopio
-
Qual è la nostra sensibilità all’onda sonora ?
+ La scala delle sensazioni sonore: la definizione del Bel (Decibel)
L’acustica è quella parte della fisica che si occupa di studiare le
caratteristiche di quella onda particolare che è il
suono.
Il suono è un’onda meccanica longitudinale:
meccanica significa che nella sua propagazione ha
bisogno di essere sostenuta da un mezzo attraverso il
quale si propaga la perturbazione: è la materia da cui è
formato il mezzo che garantisce la vibrazione
meccanica, appunto; longitudinale invece significa lo
scostamento dalla posizione di equilibrio avviene lungo
la direzione di propagazione dell’onda stessa.
Osservando la figura a fianco, si può notare
come l’onda sonora in aria sia composta nella direzione
di propagazione da una successione di strati a
maggiore e a minore compressione, rispetto ad
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un’ipotetica situazione di equilibrio.
Si consideri che la y p sta ad indicare la variazione di pressione (densità)
rispetto alla condizione di equilibrio.
La pressione va considerata come la grandezza che condiziona lo stato
dell’aria, mentre invece la densità rappresenta la grandezza descrittiva dell’aria
che subisce l’effetto di pressione: dunque, entrambe le grandezze sono in grado di
descrivere la perturbazione che si sviluppa all’interno dell’aria. L’onda acustica si
può dunque pensare come un’onda di pressione e cioè come una trasmissione di una
ventata di pressione che porta con se compressione ed espansione dell’aria,
attraverso cui passa. Nei materiali più rigidi invece il suono si propaga ad una
velocità più consistente e costringe il materiale attraverso cui si propaga ad una
successione di avvicinamenti e allontanamenti di strati atomici (molecolari): è
corretto mantenere anche in tal caso, quali descrittori, pressione e densità.
La creazione di un’onda è fenomeno di trasformazione di energia: quando il
sasso entra in acqua, rallentando, trasmette alle molecole d’acqua uno stato di
moto, di agitazione e questo è all’origine dell’onda; tale stato di agitazione si
riproduce nel mezzo circostante, in tutte le direzioni, dando luogo a quella che
noi chiamiamo perturbazione. La perturbazione è energia (quantità di moto) che si
trasmette: non è materia, ma energia.
Nel caso dell’onda acustica l’energia della
sorgente è data, ad esempio da un altoparlante
che, vibrando grazie ad un collegamento
elettrico (… la fonte è dunque energia elettrica)
spostano avanti e indietro ad una frequenza
prestabilita la membrana che, estroflettendosi
e ritirandosi, schiaccia l’aria che la circonda,
producendo con legge nota compressione e
decompressioni (aumenti e diminuzioni di
pressione).
La legge che descrive la propagazione dell’onda, sonora e non, lungo la
direzione x è:
 x t 

y  yM  sen  2      
  T 

nel caso dell'onda sonora:
 x t
p  po  sen  2  
  T
in tale relazione:


 


 è la lunghezza d'onda, T il periodo dell'onda e  la fase ; nel
secondo caso  p rappresenta lo sbalzo di pressione dovuto alla propagazione della
perturbazione sonora, lungo la direzione x. Il valore della variazione di pressione
dipende dal punto in cui ci si trova (coordinata x) e dall’istante di tempo (coordinata t).
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Pensiamo ora ad un altoparlante: l’energia che si propaga, nell’istante iniziale
t o si trova nella sorgente e poi comincia a distribuirsi su un fronte d’onda sferico,
occupando, come si vede in figura, sfera
concentriche a raggio sempre maggiore negli
istanti successivi t1 e t2 e quindi distribuendosi
nello spazio; la legge che descrive la
propagazione del fronte energetico deve tener
conto della modalità espansiva: se consideriamo
come Eo l’energia concentrata nella sorgente
all’istante
t o , questa sarà sulla superficie
sferica di raggio R1 all’istante t1 e la stessa su
quella di raggio R2 all’istante t2 ; dunque,
ricordando che la superficie di una sfera di
raggio R è data dalla formula: Ssfera  4  R2 ,
possiamo dire che sussiste tale relazione:
Eo
Eo

essendo: R1  R2
2
4  R1 4  R22
la grandezza che si confronta nella prima disuguaglianza potrebbe essere
definita come una densità superficiale di energia; tale grandezza, man mano che si
va verso l’esterno, tende a diventare via via sempre meno consistente e ciò
corrisponde alla nostra esperienza, che ci dice allontanandoci da una sorgente
sonora sentiamo il rumore che si affievolisce: l’orecchio, che ha una superficie
sensibile costante in ampiezza, riceverà sempre meno energia sonora.
Nella pratica si usa però un’altra grandezza a quantificare l’espansione
energetica: tale grandezza è l’intensità. Per definirla si passa attraverso la potenza:
E
1Joule
P
; la sua unit à di misura è il Watt : 1 Watt 
t
1 sec
la potenza esprime la quantità di energia sviluppata nell’unità di tempo.
Grazie alla potenza possiamo dire introdurre l’intensità I : essa è definita
come l’energia che fluisce attraverso l’unità di superficie nell’unità di tempo:
E
E 1
P
P
I ( R) 




S  t t S S 4  R 2 ,
la sua unit à di misura è il Watt / m.2
con P che rappresenta la potenza della sorgente. Tale potenza si
distribuisce su superfici sempre più vaste, producendo intensità sempre più
ridotte.
Il suono è solitamente definito da tre
caratteristiche:
- intensità, appena definita;
- altezza, che rappresenta la frequenza delle
vibrazioni sinusoidali;
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-
timbro, che all’interno della medesima frequenza, struttura la forma
dell’onda.
Per allargare la nostra panoramica sulle sorgenti delle onde sonore e inserire
all’interno della nostra valutazione anche la bocca, che è il nostro altoparlante,
introduciamo le onde stazionarie: si tratta di una tipologia di
onde, non necessariamente sonore, che si sviluppano
all’interno di strutture con caratteristiche comuni
particolari, quali corde di chitarre, organi, vasche d’acqua,
…
Come esempio di riferimento pensiamo ad una corda
che vibra tra due estremi che sono bloccati, come
segnalato in figura: la particolarità di tale situazione risiede
nel fatto che gli estremi della corda restano sempre
bloccati (nodi) e la forma dell’onda, sinusoidale, è sempre
vincolata (stazionaria) a restare ferma in quei nodi; dunque
le lunghezze d’onda assumibili dall’onda sono infinite, ma
con una forma vincolata ad una configurazione
fondamentale. Le relazioni che definisce sia le forme
fondamentale che le frequenze che ne derivano, sono le
seguenti:

2L
L  n
e 
, con n  o
2
n
il legame t ra frequenza e lunghezza d'onda é:   f  vonda
vonda
v
v
 n  onda  n  f o , con f o  onda

2L / n
2L
2L
f o è detta frequenza (armonica) fondamentale: tutte le frequenze possibili
sulla corda sono multiple della frequenza fondamentale.
Se pensiamo allora ad una corda di chitarra, anch’essa in quanto corda
bloccata può dare luogo solo a certe frequenze (altezze) sonore: la cassa acustica
che si sviluppa all’interno ha la funzione di amplificare il suono prodotto dalle
corde. Anche le canne d’organo, vedi figura, producono suoni di frequenze
stabilite, diversi a seconda che siano aperte o chiuse.
Il principio di funzionamento della nostra
bocca è il medesimo: le corde vocali controllano il
flusso d’aria che sale dai polmoni attraverso la
trachea, generando i singoli suoni, e tutta la
cavità orale funge da cassa armonica con il grande
vantaggio che può cambiare forma e quindi
definire di volta in volta nuove gamme di
frequenze.
Dunque sarà: f 
vonda

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Il meccanismo di ricezione, di ricevimento del segnale acustico rispetta la
struttura della produzione dello stesso: il fatto che l’onda acustica consista nella
successione di strati a bassa e ad alta pressione,
fa sì che una membrana sensibile sia in grado di
ricevere sollecitazioni, reagendo come un
fazzoletto mosso dal vento; se la modificazione
della superficie della membrana viene tradotta
(più corretto sarebbe dire trasdotta) in un segnale
diverso allora si ha la decodificazione del suono:
nel microfono il segnale diverso è costituito da
un segnale elettrico, nel caso dell’orecchio,
invece, il timpano costituisce la membrana e la sua
vibrazione viene trasmessa alla coclea da un
sistema meccanico costituito dai tre ossicini; la coclea traduce poi il segnale in
impulsi nervosi che vengono inoltrati al competente settore cerebrale.
Nello stetoscopio il convogliamento del suono
viene protetto da una guaina avvolgente, che lo isola dai
rumori ambientali, e nella parte terminale vicina alla
zona da auscultare è presente una membrana metallica
molto sensibile.
Non sempre, però sentiamo il suono e quando
viene sentito c’è anche il rischio che possa provocare
dei danni al nostro apparato di senso uditivo: infatti
l’orecchio è “programmato” per ricevere frequenze
sonore che vanno dai 20 ai 20000 Hz. circa; il circa va
inserito poiché ogni persona ha sensibilità sonore
diverse. In questo ambito di frequenze (altezze) più o meno alte, la sensibilità al
suono è variabile come si può dedurre dal grafico.
Nonostante questa variabilità si possono indicare dei livelli di riferimento di
udibilità del suono e di pericolosità dello stesso. E’ fondamentale anticipare le
valutazioni su udibilità e pericolosità con una considerazione sulla sensibilità degli
organi di senso occhio e orecchio alle stimolazioni esterne di tipo luminoso e
sonoro: in entrambe i casi la reazione è la stessa. Infatti reagiamo con una scala
ben precisa alle variazioni in intensità nei due casi: ad una variazione di un fattore
10 nell’intensità dentro di noi la reazione è di una sola unità (1): ciò significa, nella
sostanza, che l’apprezzamento di variazione fisiologico è meno sensibile a quella
che è la variazione della grandezza fisica corrispondente; reagiamo, tecnicamente
parlando, con una scala logaritmica ad una scala lineare di sollecitazioni esterne
(luce e suono, onde).
La grandezza che traduce infatti la scala delle sensazioni sonore è definita
così:
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I 
S  log   , quando S si esprime in Bel
 Io 
e divent a:
I 
S  10  log   , quando S si esprime in deci Bel
 Io 
In queste espressioni
S rappresenta la sensazione
sonora che noi riceviamo se
al nostro orecchio arriva
una suono di intensità I ,
mentre I o è l’intensità alla
soglia di udibilità, che varia
con la frequenza, ma che
può essere fissata ad un
livello
medio
corrispondente
a
12
2
I o  10 W ./ m. ;
se
ad
esempio stiamo ascoltando
musica da un altoparlante
che emette ad una potenza di 100 W . ad una distanza di 10 m. , sarà:
 100 
 Psorgente 


 4  R 2 
4  (10) 2 
1



S  10  log 

10

log
 10  log 1011   110dBel.
  10  log 
12

12



I
10
4


10


o








Se l’intensità di un suono,
quando
arriva
al
nostro
orecchio, arriva ad 1 W ./ m.2 o
più siamo giunti al livello oltre al
quale rischiamo di produrre
effetti
permanentemente
dannosi all’orecchio, dato che,
salendo la scala della sensazioni
e corrispondenti pericolosità ,
siamo giunti al punto più alto.
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Corso di FISICA – Laurea per Infermieri
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