Chiesa di Bologna Seconda Lettura per l’Ufficio delle letture nel Tempo Ordinario VI Da mercoledì 16 ottobre a domenica 10 novembre 2013 BOLOGNA 2013 PRESENTAZIONE In occasione dell’Anno della Fede il Cardinale Arcivescovo, tenendo presente la possibilità offerta dal n. 248 delle Premesse e norme per la Liturgia delle Ore, ha desiderato venisse offerta a sacerdoti, religiosi e laici che celebrano l’Ufficio delle Letture la possibilità di sostituire il testo patristico con una lettura alternativa di commento al Simbolo di fede, sempre dalla tradizione patristica. Si intende così aiutare la preghiera personale e comunitaria a sintonizzarsi e ad accompagnare il cammino ecclesiale, come già accaduto nell’Anno Paolino e dell’Anno Sacerdotale, con buoni frutti. La proposta prevede l’interruzione solo nelle memorie obbligatorie, feste e solennità, così come avviene nel calendario della Liturgia delle Ore. In questa sesta parte, vengono offerti brani dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino. Per chi lo desidera è possibile avere copia del fascicolo presso il C.S.G., al terzo piano della Curia. 2 Mercoledì 16 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo quinto La risurrezione di Cristo È necessario che gli uomini conoscano due cose: la gloria di Dio e la pena dell'inferno, perché essi, allettati dalla gloria e spaventati dalla pena, possano star lontani dal peccato ed evitarlo. Ma sono cose, queste, molto difficili da conoscere. Per cui, della gloria si dice: A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo? (Sap 9, 16). Ed è questa un'impresa difficile per chi è terreno, perché, come dice Giovanni (Gv 3, 31): Chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra; non è cosa invece difficile per chi è spirituale, perché chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Per questo il Signore è disceso dal cielo e si è incarnato: per insegnarci le cose celesti. Era anche difficile venire a conoscere le pene dell'inferno. Il Libro della Sapienza pone sulla bocca degli stolti queste parole: Non si è trovato alcuno che sia tornato dagli inferi (Sap 2, 1). Ma ora non si può più dire così, perché Cristo, com'è disceso dal cielo per insegnarci le cose celesti, così è risorto dai morti per insegnarci le cose degli inferi. È perciò necessario che noi crediamo non solo che egli si è fatto uomo ed è morto, ma anche che risuscitò dai morti. Perciò nel Simbolo viene detto: Il terzo giorno risuscitò dai morti. Sappiamo che molti sono risuscitati dai morti, come Lazzaro, il figlio della vedova e la figlia del capo della sinagoga. Ma la risurrezione di Cristo differisce da quella di costoro e degli altri per quattro motivi. Quanto alla causa. Gli altri risuscitati non risorsero per virtù propria, ma o per quella di Cristo o per le preghiere di qualche santo. Cristo, invece, risuscitò per virtù propria, perché egli non era soltanto uomo ma anche Dio, e la divinità non fu mai separata né dalla sua anima né dal suo corpo. Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse l'anima e l'anima il corpo. Lo affermò lui stesso: Io ho il potere di offrirla [la mia vita] e il potere di riprenderla di nuovo (Gv 10, 18). 3 E, pur avendo subito la morte, questa non avvenne per infermità o per necessità, ma per propria volontà, spontaneamente: il che risulta anche dal fatto che egli, nel momento di emettere lo spirito, gridò ad alta voce: Cosa che non possono fare gli altri che muoiono a causa della loro infermità. Fu questo il motivo che fece dire al centurione: Davvero costui era Figlio di Dio (Mt 27, 54). Pertanto, come per virtù propria depose l'anima, così per virtù propria la riprese, per cui giustamente si dice che egli "risuscitò" e non che "è stato risuscitato", come se ciò fosse avvenuto per intervento altrui. Egli può dire di sé quanto dice il salmista: Io mi corico e mi addormento, mi sveglio perché il Signore mi sostiene (Sal 3, 6). Né questo è in contraddizione con quanto si legge negli Atti: Questo Gesù Dio l’ha resuscitato (At 2, 32), perché il Padre lo risuscitò e il Figlio risuscitò se stesso, essendo unica la potenza del Padre e del Figlio. Quanto alla nuova vita del risorto. Cristo risuscitò a una vita gloriosa e incorruttibile. Lo afferma l'Apostolo quando dice: Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre (Rm 6, 4), mentre gli altri tornano alla medesima vita di prima, come sappiamo di Lazzaro e degli altri risorti. Quanto ai frutti che ne derivarono. Tutti gli altri risorgono in virtù della risurrezione di Cristo. Infatti, dice il Vangelo che, alla risurrezione di lui, molti corpi di santi morti risuscitarono (Mt 27, 52) e san Paolo afferma che Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti (1 Cor 15, 20). Non sfugga, però, che Cristo giunse alla gloria attraverso la passione, come egli stesso dichiarò ai suoi discepoli: Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? (Lc 24, 26). Così ci insegnò come anche noi potessimo giungere alla gloria, perché - come afferma san Paolo è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio (At 14, 22). Quanto al tempo. La risurrezione degli altri viene, infatti, differita alla fine del mondo, a meno che ad alcuni non sia stata anticipata per privilegio, come alla Beata Vergine e, come piamente si crede, al beato Giovanni Evangelista. Cristo, invece, risuscitò al terzo giorno. La ragione è che la nascita, la morte e la risurrezione di lui erano ordinate alla nostra salvezza, e pertanto egli volle risorgere appena la nostra 4 salvezza fu compiuta. Ma se fosse risorto subito dopo la morte, non si sarebbe creduto che egli fosse veramente morto. E se l'avesse differita di molto tempo, i suoi discepoli non avrebbero perseverato nella fede e di conseguenza la sua passione non sarebbe stata di alcuna utilità, come dice il Salmo: Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba? (Sal 30 [29], 10). Risuscitò perciò il terzo giorno affinché fosse creduto morto e i suoi discepoli non perdessero la fede. RESPONSORIO Cfr Gv 10, 18; Lc 24, 26 R. Le persone che sono risuscitate non risorsero per virtù propria, ma o per quella di Cristo o per le preghiere di qualche santo. Cristo, invece, risuscitò per virtù propria, perché egli non era soltanto uomo ma anche Dio, e la divinità non fu mai separata né dalla sua anima né dal suo corpo. * Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse l'anima e l'anima il corpo. Lo affermò lui stesso: Io ho il potere di offrirla [la mia vita] e il potere di riprenderla di nuovo. V. Non sfugga, però, che Cristo giunse alla gloria attraverso la passione, come egli stesso dichiarò ai suoi discepoli: Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? R. Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse l'anima e l'anima il corpo. Lo affermò lui stesso: Io ho il potere di offrirla [la mia vita] e il potere di riprenderla di nuovo. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Sabato 19 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo quinto Insegnamenti da ricavare dalla risurrezione di Cristo Da quanto si è detto della risurrezione di Cristo possiamo ricavare a nostra erudizione quattro insegnamenti. 5 Primo insegnamento: dobbiamo impegnarci per risorgere spiritualmente dalla morte dell'anima, in cui incorre l'uomo col peccato, alla vita di grazia che si riacquista mediante la penitenza. Dice infatti l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà (Ef 5, 14). È questa quella prima risurrezione cui allude l'Apocalisse quando dice: Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione (Ap 20, 6). Secondo insegnamento: non dobbiamo differire questa nostra risurrezione al momento della morte, ma dobbiamo attuarla subito, perché Cristo è risorto al terzo giorno. A tanto ci invita anche il Siracide: Non aspettare a convertirti al Signore, e non rimandare di giorno in giorno (Sir 5, 8). Come potresti, infatti, pensare alla salvezza dell'anima quando sarai oppresso dalla malattia? Inoltre, perché perseverando nel peccato, vorresti privarti della partecipazione di tanti beni che si fanno nella Chiesa e incorrere in tanti mali? Il diavolo, inoltre come dice Beda -, quanto più a lungo possiede un'anima, tanto più difficilmente la lascia. Terzo insegnamento: dobbiamo risorgere a una vita incorruttibile, per non morire di nuovo, cioè con il proposito di non peccare più, come Cristo che risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui (Rm 6, 9). Perciò, Anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri, non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti (Rm 6, 11-13). Quarto insegnamento: sforziamoci di risorgere a una vita nuova e gloriosa, tale cioè da evitare tutte quelle cose che prima ci erano state occasione e causa di morte e di peccato. Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, cosi anche noi possiamo camminare in una vita nuova (Rm 6, 4), e questa vita nuova è una vita di grazia che rinnova l'anima e porta alla vita di gloria. Alla quale dobbiamo tutti aspirare. RESPONSORIO Cfr Ef 5, 14; Sir 5, 8 R. Dobbiamo impegnarci per risorgere spiritualmente dalla morte dell'anima, in cui incorre l'uomo col peccato, alla vita di grazia che si 6 riacquista mediante la penitenza. * Dice infatti l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà. V. Tutti dobbiamo aspirare alla vita di grazia che rinnova l'anima e porta alla vita di gloria, secondo quanto ci invita anche il Siracide: Non aspettare a convertirti al Signore, e non rimandare di giorno in giorno. R. Dice infatti l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Domenica 20 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo sesto Cristo salì al cielo Dopo la risurrezione di Cristo, dobbiamo credere anche alla sua ascensione al cielo, perché Cristo vi salì quaranta giorni dopo. Perciò si dice nel Simbolo: Salì al cielo. Ma sulla sua ascensione vogliamo fare tre considerazioni: che fu un fatto eccezionale, ragionevole e utile. Prima considerazione: Fu un fatto eccezionale. Fu veramente un fatto eccezionale questo suo salire nei cieli. E ciò per tre motivi. Innanzitutto perché egli salì al di sopra dei cieli materiali, essendo salito come afferma l'Apostolo - al di sopra di tutti i cieli (Ef 4, 10) e fu il primo a compiere una tale ascensione, perché prima di lui un corpo terrestre era rimasto sempre sulla terra, tanto è vero che lo stesso Adamo era vissuto in un paradiso terrestre. Ma egli salì anche al di sopra dei cieli di natura spirituale, perché - come scrive san Paolo agli Efesini - il Padre lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sotto- messo ai suoi piedi (Ef 1, 20-22). Egli inoltre salì fino al trono di Dio Padre, come 7 profetizzò Daniele: Ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al Vegliardo e fu presentato a lui (Dan 7, 13); e Marco conferma che: Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio (Mc 16, 19). Quando però si dice che egli sedette alla destra del Padre, non dobbiamo intenderlo in senso materiale ma soltanto metaforico, perché questo è un modo umano di esprimersi. Egli come Dio siede alla destra del Padre nel senso che è partecipe dei beni più eccellenti di lui. Questo lo aveva preteso il diavolo, quando, al dire di Isaia, aveva pensato: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo (Is 14, 13-14). Ma a tali altezze non pervenne che il Cristo, del quale il Simbolo dice, appunto, che salì al cielo, siede alla destra del Padre e il Salmo dice: Oracolo del Signore al mio Signore: siedi alla mia destra (Sal 110 [109], 1). Seconda considerazione: fu un fatto ragionevole. Lo dimostriamo con tre motivi, il primo dei quali è che il cielo era dovuto a Cristo in forza della sua natura. È infatti conforme a natura che ogni cosa ritorni là da dove ha tratto origine. Orbene, l'origine di Cristo è da Dio, il quale è sopra ogni cosa, ed era perciò giusto che egli salisse sopra tutte le cose. Lo dice Gesù stesso: Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre (Gv 16, 28) e: nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo (Gv 3, 13). È vero che anche i santi salirono e salgono al cielo, ma in maniera diversa da quella di Cristo; perché, mentre egli vi salì per virtù propria, i santi vi salgono perché attratti da lui: Attirami dietro a te (Ct 1, 4). E si può anche dire che nessuno è salito al cielo tranne Cristo, perché i santi non vi salgono se non in quanto sono membra di lui, che è il capo della Chiesa (cfr Mt 24, 28). Ma il cielo era dovuto a Cristo anche per la sua vittoria. Egli era infatti stato mandato nel mondo per combattere contro il diavolo, e lo aveva sconfitto. Perciò si meritò di venire esaltato sopra tutte le cose. Ne dà conferma l'Apocalisse: Io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono (Ap 3, 21). Infine, il cielo gli era dovuto per la sua umiltà. Non c'è infatti umiltà più grande di quella di Cristo, il 8 quale, essendo Dio, volle diventare uomo, ed essendo il Signore, volle - come dice san Paolo - assumere la condizione di servo facendosi obbediente fino alla morte (Fil 2, 8) e discese fino agli inferi. Meritò, perciò, di venire esaltato fino al trono di Dio, dato che chi si umilia sarà esaltato (Lc 14, 11). E giustamente, quindi, l'Apostolo dice di lui: Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli (Ef 4, 10). Terza considerazione: fu un avvenimento utile. Lo fu per tre motivi, il primo dei quali è quello di essere guida per noi. Salì infatti al cielo, per guidarvi noi, alla stessa maniera che risorse per far risorgere noi. Non ne conoscevamo infatti la strada e Cristo ce la mostrò accessibile: Chi ha aperto la breccia li precederà ... e marcerà il loro re innanzi a loro (Mi 2, 13), assicurandoci in pari tempo della possibilità di possedere il regno celeste, perché egli disse: Vado a prepararvi un posto (Gv 14, 2). Rafforzò poi questa nostra speranza il fatto che egli vi salì per esservi nostro intercessore, perché così, come dice l'Apostolo, egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore (Eb 7, 25). E Giovanni aggiunge: Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo (1 Gv 2, 1). Fu utile, infine, per attrarre a sé i nostri cuori, dato che dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore (Mt 6, 21), e indurci a disprezzare le cose temporali: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3, 1-2). RESPONSORIO Cfr Dan 7, 13; Mc 16, 19; Mic 2, 13 R. Cristo salì fino al trono di Dio Padre, come profetizzò Daniele: Ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al Vegliardo e fu presentato a lui; e Marco conferma che: Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. * Orbene, l'origine di Cristo è da Dio, il quale è sopra ogni cosa, ed era perciò giusto che egli salisse sopra tutte le cose. V. Salì infatti al cielo, per guidare noi, alla stessa maniera che risorse per far risorgere noi. Non ne conoscevamo infatti la strada e Cristo ce 9 la mostrò accessibile: Chi ha aperto la breccia li precederà e marcerà il loro re innanzi a loro. R. Orbene, l'origine di Cristo è da Dio, il quale è sopra ogni cosa, ed era perciò giusto che egli salisse sopra tutte le cose. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Lunedì 21 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo settimo Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti Fa parte dell'ufficio di chi governa e del re il giudicare, perché il re che siede in tribunale dissipa ogni male con il suo sguardo (Pr 20, 8); sicché, siccome Cristo è salito al cielo e siede alla destra di Dio come Signore di tutti, è evidente che spetti a lui il giudicare. Perciò nella professione di fede della Chiesa cattolica noi dichiariamo che egli verrà a giudicare i vivi e i morti. Lo affermarono anche gli angeli: Questo Gesù che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare al cielo (At 1, 11). Quanto poi a questo giudizio, possiamo considerare tre cose: prima di tutto il suo svolgimento, poi il timore che di esso dobbiamo avere, e infine come dobbiamo prepararci ad esso. Allo svolgimento del processo concorrono tre realtà: il giudice, coloro che saranno giudicati e la materia sulla quale questi verranno giudicati. Il giudice è Cristo: egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio (At 10, 42), sia che intendiamo per vivi coloro che vivono rettamente e per morti i peccatori, sia che per vivi vogliamo intendere alla lettera coloro che alla sua venuta saranno ancora in vita e per morti tutti i trapassati. E di tutti egli sarà il giudice, non solo in quanto Dio, ma per tre motivi anche in quanto uomo. Primo: perché è necessario che coloro che devono venire giudicati vedano il giudice. D'altra parte la divinità è così beatificante, che nessuno può vederla senza go10 derne. Nessun dannato potrebbe perciò vederla, perché egli allora ne godrebbe. È perciò necessario che il giudice si mostri con il suo aspetto di uomo per poter essere visto da tutti. Ecco perché si dice che Dio gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo (Gv 5, 27). Secondo: perché fu lui stesso, come uomo, a meritare di avere quest'ufficio. Come uomo, egli fu infatti giudicato ingiustamente; e per questo Dio lo ha costituito giudice del mondo intero. Allude a ciò il testo di Giobbe: Se colmi la misura con giudizi da empio, giudizio e condanna ti seguiranno (Gb 36, 17). Terzo: perché gli uomini, vedendosi giudicati da un uomo, non cadano nella disperazione in cui cadrebbero se a giudicarli fosse soltanto Dio. Per questo egli stesso affermò davanti al sinedrio: vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo (Mt 26, 64). Coloro che saranno giudicati sono tutti gli uomini che furono e che saranno. Dice infatti l'Apostolo: Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa del-le opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male (2 Cor 5,10). Ma, come dice Gregorio Magno, tra coloro che dovranno venire giudicati si riscontra una differenza, perché essi saranno buoni o cattivi. Tra i cattivi, alcuni verranno condannati, ma non giudicati. Si tratta di coloro che non hanno creduto, della cui condotta non si discute. Per essi vale infatti quanto disse Gesù: Chi non crede è già stato condannato (Gv 3, 18). Altri, invece, verranno giudicati e condannati: si tratta di quelli che morirono in peccato mortale e ai quali si può applicare quanto dice san Paolo: Salario del peccato è la morte (Rm 6, 23). Essi, perciò, a motivo della fede che possedettero, non verranno esclusi dal giudizio. Anche tra i buoni ci saranno alcuni che saranno salvi senza dover sottostare al giudizio: si tratta di coloro che per amore di Dio si fecero poveri di spirito. Anzi, costoro, secondo la promessa di Gesù, giudicheranno gli altri: Voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele (Mt 19, 28). E questo non va infatti inteso come detto solo degli apostoli, ma anche di tutti i poveri, altrimenti Paolo non farebbe parte del loro numero. Eppure dice: Non 11 sapete che giudicheremo gli angeli? (1 Cor 6, 3); e Isaia dice: Il Signore inizia il giudizio con gli anziani e i capi del suo popolo (Is 3, 14). Sempre tra i buoni, altri si salveranno subendo il giudizio: sono coloro che muoiono in grazia. Benché siano morti in grazia, tuttavia nel servirsi delle cose materiali hanno mancato in qualche cosa. Verranno perciò sottomessi a giudizio, ma salvati. Sarà materia del giudizio tutto il bene e tutto il male che gli uomini hanno fatto. Dice infatti la Scrittura: Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio (Qo 11, 9) e: Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene e male (Qo 12, 14). Anche di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Mt 12, 36) e anche dei pensieri, perché si indagherà infatti sui propositi dell'empio (Sap 1, 9). Rimane così chiarito come si svolgerà il giudizio. RESPONSORIO Cfr At 10, 42 R. Sia che intendiamo per vivi coloro che vivono rettamente e per morti i peccatori, sia che per vivi vogliamo intendere alla lettera coloro che alla sua venuta saranno ancora in vita e per morti tutti i trapassati. * Il giudice è Cristo: egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. V. Sarà materia del giudizio tutto il bene e tutto il male che gli uomini hanno fatto. R. Il giudice è Cristo: egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. 12 Martedì 22 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo settimo Quale timore avere e come prepararsi al giudizio di Cristo Dobbiamo avere timore di questo giudizio per quattro motivi. Per la conoscenza del giudice. Egli, infatti, di noi conosce tutto: e anche se tutte le vie dell'uomo sembrano pure ai propri occhi, chi scruta gli spiriti è il Signore (Pr 16, 2). Egli conosce le nostre parole, perché un orecchio geloso ascolta ogni cosa, perfino il sussurro delle mormorazioni non gli resta segreto (Sap 1, 10). Conosce anche i nostri pensieri, perché, come dice Geremia: Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni (Ger 17, 10) e nella Lettera agli Ebrei si dice che tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto (Eb 4, 13). E vi saranno testimoni infallibili, cioè le coscienze di ciascun uomo, perché, come dice l'Apostolo: Quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo (Rm 2, 15-16). Per la potenza del giudice. Egli, infatti, è per sua natura onnipotente, e di lui dice Isaia: Ecco, il Signore Dio viene con potenza (Is 40, 10). Ma è onnipotente anche nei riguardi degli altri, perché allora con lui sarà ogni creatura e il mondo combatterà con lui contro gli insensati (Sap 5, 20). e Giobbe diceva: Nessuno mi può liberare dalla tua mano (Gb 10, 7), perché se salgo in cielo là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti (Sal 139 [138], 8). Per l'inflessibilità del giudice. Il tempo presente è il tempo della misericordia, ma quello futuro sarà solo il tempo della giustizia. Quello attuale è quindi il nostro tempo, mentre quello futuro sarà solo di Dio. Alludendo ad esso il salmista diceva: Nel tempo che avrò stabilito io giudicherò con giustizia (Sal 175 [174], 3). E il Libro dei 13 Proverbi diceva a proposito di un marito tradito: Non avrà pietà nel giorno della vendetta, non vorrà accettare alcun compenso (Pr 6, 3435). Per l'ira del giudice. Egli apparirà in maniera diversa ai giusti e ai cattivi. Ai primi apparirà dolce e affettuoso e lo vedranno nel suo splendore (Is 33, 17); ai secondi adirato e terribile, tanto che essi come si legge nell'Apocalisse - diranno ai monti: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello (Ap 6, 16). Parlando di questa ira non si intende però dire che in Dio ci sia un eccitamento d'animo, ma solo indicarne l'effetto, cioè la pena inflitta ai peccatori, che sarà eterna. Parlando di essa Origene scriveva: «Quanto anguste saranno in quel giudizio le vie dei peccatori! Lo presiederà un giudice adirato». Per eliminare questo timore abbiamo quattro rimedi. Il primo è l'agire bene: dice infatti l'Apostolo: Vuoi non avere da temere l'autorità? Fa' il bene e ne avrai lode (Rm 13, 3), e Giobbe avverte: Temete per voi la spada, poiché punitrice di iniquità è la spada, affinché sappiate che c'è un giudice (Gb 19, 29). Il secondo rimedio è la confessione e la penitenza dei propri peccati. E questo importa tre cose: il dolore nell'esaminarli, la vergogna nel confessarli, la severità nel ripararli. Cose queste che espiano la pena eterna. Il terzo rimedio è l'elemosina: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne (Lc 16, 9). il quarto rimedio è la carità, la quale, come dice san Pietro, copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8) e il Libro dei Proverbi conferma che l'amore ricopre ogni colpa (Pr 10, 12). RESPONSORIO Cfr Rm 2, 15-16 R. Vi saranno testimoni infallibili, cioè le coscienze di ciascun uomo, perché, come dice l'Apostolo: Quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo. * Quello attuale è quindi il nostro tempo, mentre quello futuro sarà solo di Dio. V. Il tempo presente è il tempo della misericordia, ma quello futuro sarà solo il tempo della giustizia. 14 R. Quello attuale è quindi il nostro tempo, mentre quello futuro sarà solo di Dio. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Giovedì 24 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo ottavo Credo nello Spirito Santo Come si è detto, il Verbo di Dio è Figlio di Dio, come, analogamente, il verbo dell'uomo viene detto concetto dell'intelletto. Ma talvolta l'uomo ha un verbo morto, come quando, ad esempio, pensa alle cose che deve fare, ma gli manca la volontà di farle; e come quando crede e non opera, per cui la sua fede, al dire di san Giacomo (Gc 2, 26), è morta. il Verbo di Dio è invece vivo, perché, come dice l'Apostolo: La parola di Dio è viva (Eb 4, 12). Perciò è necessario che Dio abbia in sé volontà e amore. Ne segue - come dice Agostino nel suo trattato Sulla Trinità - che «il Verbo, del quale vogliamo dare un'idea, è conoscenza accompagnata da amore». Ora, come il Verbo di Dio è Figlio di Dio, così l'amore di Dio è lo Spirito Santo. Ed è per questo che, quando l'uomo ama Dio, possiede lo Spirito Santo, come spiega l'Apostolo: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5). Siccome poi lo Spirito di Dio non è nient'altro che l'amore con il quale Dio ama se stesso e noi, così in noi c'è lo Spirito Santo quando amiamo Dio e il prossimo. Ci furono però alcuni che pensarono erroneamente che lo Spirito Santo fosse una creatura, e quindi inferiore al Padre e al Figlio e ministro di Dio. Fu per rimuovere questo errore che i santi padri aggiunsero nel secondo dei Simboli cinque precisazioni sulla natura dello Spirito Santo. La prima è che è Signore. È vero che esistono altri spiriti, cioè gli angeli, ma essi sono soltanto ministri di Dio, tutti incaricati - come 15 dice l'Apostolo - di un ministero (Eb 1, 14). Mentre lo Spirito Santo è Signore, perché - come dice san Paolo - Il Signore è lo Spirito, e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà (2 Cor 3,17). È questa la ragione per cui lo Spirito Santo elimina in noi il timore del mondo e ci fa amare Dio. Ecco perché nel Simbolo si dice: Credo nello Spirito Santo che è Signore. La seconda è che dà la vita. La vita dell'anima consiste nell'unione con Dio, perché, come l'anima è la vita del corpo, così Dio è la vita dell'anima. Ora, è lo Spirito Santo che ci unisce a Dio mediante l'amore, essendo egli l'amore di Dio. Perciò, come afferma Gesù nella sinagoga di Cafarnao, È lo Spirito che dà la vita (Gv 6, 63). Ecco perché nel Simbolo si dice che dà la vita. La terza è che procede dal Padre e dal Figlio. Lo Spirito Santo è della stessa sostanza del Padre e del Figlio. Come il Figlio è il Verbo del Padre, così lo Spirito Santo è l'Amore del Padre e del Figlio e pertanto procede da ambedue. E come il Verbo di Dio è della stessa sostanza del Padre, così l'Amore è della stessa sostanza del Padre e del Figlio. Ecco perché si dice che egli è dal Padre e dal Figlio. Dal che anche risulta chiaro che egli non è una creatura. La quarta e che con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato. Lo Spirito Santo è uguale al Padre e al Figlio: quindi gli spetta lo stesso culto. Dice infatti san Paolo: Siamo noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio, e ci gloriamo in Cristo Gesù, senza avere fiducia nella carne (Fil 3, 3). Pertanto si dice nel Simbolo: Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato. La quinta è che ha parlato per mezzo dei profeti. In questo si manifesta la sua uguaglianza con Dio, perché i profeti parlarono a nome di Dio. Dal che si deduce chiaramente che se lo Spirito Santo non fosse Dio, non si direbbe che i profeti abbiano parlato per sua ispirazione, come invece afferma di loro san Pietro quando dice: Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio (2 Pt 1, 21) e Isaia dice di sé: Il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo spirito (Is 48, 16). Perciò nel Simbolo si dice: Ha parlato per mezzo dei profeti. Da quanto il Simbolo afferma sullo Spirito Santo, vengono perciò eliminati due errori: quello dei Manichei, che sostenevano che l'Antico Testamento non proveniva dal Dio del bene: il che è falso, se è 16 stato lo Spirito Santo a parlare per mezzo dei profeti; e quello di Priscilla e di Montano, i quali sostenevano che i profeti non avessero parlato sotto ispirazione dello Spirito Santo, ma quasi in uno stato di delirio. RESPONSORIO Cfr 2 Cor 3, 17; 2 Pt 1, 21 R. Lo Spirito Santo è Signore, perché - come dice san Paolo - Il Signore è lo Spirito, e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà. È questa la ragione per cui lo Spirito Santo elimina in noi il timore del mondo e ci fa amare Dio. * Lo Spirito di Dio non è nient'altro che l'amore con il quale Dio ama se stesso e noi, così in noi c'è lo Spirito Santo quando amiamo Dio e il prossimo. V. In questo si manifesta la sua uguaglianza con Dio, perché i profeti parlarono a nome di Dio. Dal che si deduce chiaramente che se lo Spirito Santo non fosse Dio, non si direbbe che i profeti abbiano parlato per sua ispirazione, come invece afferma di loro san Pietro quando dice: Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio. R. Lo Spirito di Dio non è nient'altro che l'amore con il quale Dio ama se stesso e noi, così in noi c'è lo Spirito Santo quando amiamo Dio e il prossimo. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Venerdì 25 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo ottavo I frutti dello Spirito Santo Dallo Spirito Santo ci provengono molti frutti. Il primo: Ci purifica dai peccati. E questo ne è il motivo: chi ha fatto una cosa ha la capacità di rifarla. Ora, l'anima è stata creata dallo Spirito Santo, perché Dio fa tutto per mezzo suo, in quanto egli dà origine a tutte le cose, amando la propria bontà. Dice infatti il Libro della Sapienza: Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai 17 creato (Sap 9, 25). E Dionigi nel suo libro I nomi divini [cap. 4, 11] scrive: «L'amore di Dio non ha sopportato di rimanere sterile». E quindi è necessario che i cuori degli uomini distrutti dal peccato vengano rifatti dallo Spirito Santo, secondo quanto dice il Salmo: Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra (Sal 104 [103] , 30). Né fa meraviglia che lo Spirito Santo purifichi, poiché tutti i peccati vengono perdonati per amore. Infatti, Gesù disse alla peccatrice: Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato (Lc 7, 47); e nei Proverbi si legge che l'amore ricopre ogni colpa (Pr 10,12). E san Pietro ribadisce che la carità copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8). Il secondo: Illumina l'intelletto. Tutto quello che sappiamo lo abbiamo infatti appreso dallo Spirito Santo, conformemente alla promessa fattaci da Gesù: Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14, 26); e ancora: L'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri, ma la sua unzione vi insegna ogni cosa (1 Gv 2, 27). Il terzo: Ci aiuta a osservare i comandamenti. Nessuno, infatti, potrebbe osservare i comandamenti di Dio se non lo amasse, secondo quanto disse Gesù: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti ... Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14, 15.23). Ora, è lo Spirito Santo che ci fa amare Dio. Infatti profetizza Ezechiele: Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un Cuore di carne. Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi (Ez 36, 26-27). Il quarto: Ci conferma nella speranza della vita eterna. Lo Spirito Santo ne è infatti come il pegno, secondo quanto scrive l'Apostolo agli Efesini: Avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità (Ef 1, 13-14). È quasi una caparra della vita eterna, perché questa è dovuta all'uomo in quanto egli diviene figlio di Dio, e lo diventa se si fa simile a Cristo. Ma uno diventa simile a Cristo quando possiede lo spirito di lui, che è appunto lo Spirito Santo. Lo afferma l'Apostolo scrivendo a Romani: Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere 18 nella paura, ma avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo (Rm 8, 15-17). E lo ripete ai Galati: Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: “Abbà, Padre!". Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio (Gal 4, 6-7). Il quinto: Ci consiglia nei dubbi e ci insegna a riconoscere la volontà di Dio. L’Apocalisse infatti esorta: Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese (Ap 2, 7), e Isaia, riferendo la propria esperienza, assicura questa assistenza dello Spirito, dicendo di lui che ogni mattina fa attento il mio orecchio, perché io ascolti come gli iniziati (Is 50, 4). RESPONSORIO Cfr Sal 104 [103] ,30; Gv 14, 15.23 R. È necessario che i cuori degli uomini distrutti dal peccato vengano rifatti dallo Spirito Santo, secondo quanto dice il Salmo: Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. Né fa meraviglia che lo Spirito Santo purifichi, poiché tutti i peccati vengono perdonati per amore. * È quasi una caparra della vita eterna, perché questa è dovuta all'uomo in quanto egli diviene figlio di Dio, e lo diventa se si fa simile a Cristo. Ma uno diventa simile a Cristo quando possiede lo Spirito di lui. V. Nessuno, infatti, potrebbe osservare i comandamenti di Dio se non lo amasse, secondo quanto disse Gesù: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti ... Se uno mi ama, osserverà la mia parola. Ora, è lo Spirito Santo che ci fa amare Dio. R. È quasi una caparra della vita eterna, perché questa è dovuta all'uomo in quanto egli diviene figlio di Dio, e lo diventa se si fa simile a Cristo. Ma uno diventa simile a Cristo quando possiede lo Spirito di lui. 19 Sabato 26 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo nono Credo la Santa Chiesa Cattolica Analogamente a quanto vediamo nell'uomo, che ha un'anima sola e un solo corpo e tuttavia numerose membra, così la Chiesa cattolica è un solo corpo ma con diverse membra. Chi poi dà la vita a questo corpo è lo Spirito Santo. Perciò, dopo esserci stato richiesto di credere nello Spirito Santo, ora siamo tenuti a credere alla santa Chiesa cattolica. Perciò nel Simbolo si aggiunge: La santa Chiesa cattolica. Bisogna innanzitutto tenere presente che il termine "Chiesa" significa "assemblea"; sicché, quando parliamo della santa Chiesa, intendiamo l'insieme o assemblea dei fedeli, di cui ogni cristiano è come un membro. Ad essa si addicono le parole del Siracide: Avvicinatevi, voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia scuola (Sir 51, 31). Questa santa Chiesa ha poi quattro attributi: è una, è santa, è cattolica, cioè universale, ed è forte e stabile. È vero che molti eretici diedero origine a diverse sette, ma essi, perché divisi in parti, non appartengono alla Chiesa, la quale è una, come l'amata dello Sposo, di cui dice il Cantico: Unica è la mia colomba, la mia perfetta (Ct 6, 9). L’unità della Chiesa deriva da tre realtà. Primo: dall'unità della fede. Infatti, tutti i cristiani credono e professano le stesse verità, come esigeva san Paolo dai Corinzi: Siate tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi (1 Cor 1, 10), dato che, come egli dirà agli Efesini, c'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti (Ef 4, 5-6). Secondo: dall'unità della speranza. Tutti sono infatti ancorati ad un'unica speranza, quella di poter raggiungere la vita eterna. Per cui, dice l'Apostolo, c'è un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati (Ef 4,4). Terzo: dall'unità della carità. Tutti, infatti, sono uniti nell'amore di Dio e nel mutuo amore che li lega l'uno all' altro; sicché Gesù poteva 20 dire: La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola (Gv 17, 22). Questo amore, poi, si manifesta quando ciascun membro è sollecito dell'altro e tutti si compatiscono a vicenda. A tal proposito diceva san Paolo: Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità (Ef 4, 15-16). Ognuno, infatti, in forza del suo ufficio e della grazia ricevuta, deve rendersi utile al suo prossimo. Ne segue che nessuno deve tenere in poco conto e tollerare di essere fuori o di venire espulso da questa Chiesa, perché non c'è che, una sola Chiesa in cui gli uomini possano salvarsi, come nessuno poté salvarsi fuori dell'arca di Noè. A proposito di questo secondo attributo della Chiesa, la santità, dobbiamo tenere presente che esiste anche un'altra assemblea, quella dei cattivi, alla quale si possono applicare le parole del salmista: Odio l'alleanza dei malvagi, non mi associo con gli empi (Sal 26 [25], 5). Ma questa assemblea è malvagia, mentre la Chiesa di Cristo è santa, perché - come afferma 1'Apostolo - Santo è il tempio di Dio, che siete voi (1 Cor 3, 17). Perciò nel Simbolo si dice: Credo nella santa Chiesa. I fedeli della Chiesa vengono poi santificati in tre maniere. Primo: dalla loro consacrazione. Allo stesso modo che una chiesa, quando viene consacrata, viene lavata, così i fedeli sono lavati col sangue di Cristo, il quale, come dice l'Apocalisse: Ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue (Ap 1, 5), e la Lettera agli Ebrei ribadisce: Gesù per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città (Eb 13, 12). Secondo: dalla loro unzione. Come una chiesa, quando viene consacrata, viene unta, cosi anche i fedeli vengono unti con un'unzione spirituale, diversamente non sarebbero cristiani, perché il nome "Cristo" significa "unto". E l'unzione di cui stiamo dicendo è la grazia dello Spirito Santo. Dice infatti san Paolo che è Dio stesso che ci ha conferito funzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori (2 Cor 1, 21-22) e che siamo stati santificati 21 nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (1 Cor 6, 11). Terzo: dalla inabitazione in loro della Trinità. Difatti, qualunque sia il luogo dove Dio abita, esso diventa santo. Di qui l'esclamazione di Giacobbe, riferita dalla Genesi: Questo luogo è veramente santo (Gen 28, 16) e l'affermazione del salmista: La santità si addice alla tua casa (Sal 93 [92], 5). Quarto: Per l'invocazione di Dio. Tu sei in mezzo a noi, Signore, e noi siamo chiamati con il tuo nome (Ger 14, 9). Dopo essere stati così santificati, dobbiamo perciò cercare di non insozzare col peccato la nostra anima, che è il tempio di Dio, perché se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui (1 Cor 3, 17). RESPONSORIO Cfr Sir 51, 31; Ef 4, 15 R. Quando parliamo della santa Chiesa, intendiamo l'insieme o assemblea dei fedeli, di cui ogni cristiano è come un membro. Ad essa si addicono le parole del Siracide: Avvicinatevi, voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia scuola. * Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo. V. Ognuno, infatti, in forza del suo ufficio e della grazia ricevuta, deve rendersi utile al suo prossimo. R. Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Domenica 27 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo nono La Chiesa è Cattolica La Chiesa è cattolica, ossia universale. Primo: Quanto all'estensione. Essa, contrariamente a quanto sostenevano i Donatisti, è diffusa in tutto il mondo. La Chiesa è 22 infatti l'assemblea o l'insieme di tutti i fedeli, e questi sono in tutto il mondo. Perciò in tutto il mondo è anche la Chiesa. Lo testimoniava già Paolo scrivendo ai Romani: La fama della vostra fede si espande in tutto il mondo (Rm 1, 8), quale realizzazione del comando dato da Gesù agli apostoli: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura (Mc 16, 15). Nell'antichità Dio era conosciuto solo nella Giudea; ora invece in tutto il mondo. Inoltre, questa Chiesa ha tre stati: uno in terra, uno in cielo e un terzo in purgatorio. Secondo: Quanto alla condizione degli uomini. Nessuno, infatti, viene escluso dal farne parte: né il padrone, né lo schiavo, né l'uomo né la donna, perché non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù (Gal 3, 28). Terzo: Quanto al tempo. Alcuni dissero che la Chiesa deve durare per un certo tempo. Ma questo è falso, perché essa ebbe inizio dal tempo di Abele e durerà fino alla fine del mondo, perché il Signore promise: Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28, 20). E dopo la fine del mondo la Chiesa rimarrà in cielo. Per quanto riguarda la stabilità della Chiesa. Una cosa si dice stabile innanzitutto se ha delle buone fondamenta. Ora, il fondamento principale della Chiesa è Cristo, e - come dice san Paolo - nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo (1 Cor 3, 11). Fondamento poi secondario sono gli apostoli e la loro dottrina. La Chiesa risulta quindi stabile, perché è detto nell'Apocalisse che le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello (Ap 21, 14). Ed è per questo che essa viene detta apostolica. Ne segue anche, perché a rafforzare la solidità di questa Chiesa, sia stato scelto il beato Pietro come suo vertice. Secondo: la sua stabilità è provata, poi, dal fatto che la Chiesa non poté mai essere distrutta dai suoi persecutori. Anzi, durante le persecuzioni essa si sviluppò maggiormente, e coloro che la perseguitarono e contro i quali essa dovette lottare, vennero meno, avverandosi così la promessa di Gesù: chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà (Mt 21, 44). Non fu distrutta neppure dalle eresie; anzi, più ne sorsero e più servirono a 23 manifestare la verità, perché, come dice san Paolo: Coloro che si oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta e riprovati in materia di fede ... non progrediranno oltre, perché la loro stoltezza sarà manifestata a tutti (2 Tm 3, 8-9). Non ci sono riusciti neppure i demoni con le loro tentazioni, perché, anzi, la Chiesa è come una torre nella quale si rifugia chiunque combatte contro il diavolo, perché torre fortissima è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia ed è al sicuro (Pr 18, 10). Perciò il diavolo fa di tutto per distruggerla, ma non ci riesce, perché il Signore ha promesso che le porte degli inferi non prevarranno contro di essa (Mt 16, 18), quasi avesse detto: Ti combatteranno, ma non prevarranno. Ed è per questo che soltanto la Chiesa di Pietro - al quale toccò in eredità l'Italia quando gli apostoli furono mandati a predicare - fu sempre salda nella fede. Mentre nelle altre parti o non esiste o è inquinata da molti errori, la Chiesa di Pietro è invece fiorente per la sua fede ed immune da eresie. Né c'è da meravigliarsene, perché il Signore disse a Pietro: Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede (Lc 22, 32). RESPONSORIO Cfr Mt 28, 20; Pr 18, 10; Mt 21, 44 R. La Chiesa ebbe inizio dal tempo di Abele e durerà fino alla fine del mondo, perché il Signore promise: Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. E dopo la fine del mondo la Chiesa rimarrà in cielo. * Perché torre fortissima è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia ed è al sicuro. V. La Chiesa non poté mai essere distrutta dai suoi persecutori. Anzi, durante le persecuzioni essa si sviluppò maggiormente, e coloro che la perseguitarono e contro i quali essa dovette lottare, vennero meno, avverandosi così la promessa di Gesù: chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà. R. Perché torre fortissima è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia ed è al sicuro. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. 24 Martedì 29 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo decimo La comunione dei santi Come in un corpo animale l'attività di un membro torna a beneficio di tutto l'organismo, così avviene anche nel corpo spirituale che è la Chiesa. Siccome, perciò, tutti i credenti sono un unico corpo, il bene degli uni viene comunicato agli altri, perché - come dice l'Apostolo siamo membra gli uni degli altri (Rm 12, 5). Tra le altre verità trasmesseci dagli apostoli, dobbiamo perciò credere anche questa: che nella Chiesa esiste la comunione di beni. Ed è quello che professiamo dicendo: Credo nella comunione dei santi. Tra le altre membra della Chiesa, il membro più importante è Cristo, poiché ne è il capo: Dio lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo (Ef 1, 22-23). Pertanto il bene di Cristo è comunicato a tutti i cristiani, nello stesso modo che la virtù del capo si estende a tutte le membra. Questa sua comunicazione si effettua mediante i sacramenti della Chiesa, nei quali opera la virtù della passione di Cristo per conferire la grazia e per la remissione dei peccati. Il Battesimo è il primo sacramento. Il Battesimo è come una rinascita spirituale. Come, infatti, la vita fisica dell'uomo non si ha senza una nascita carnale, così la vita spirituale non si può avere se l'uomo non rinasce spiritualmente. Ora, questa rigenerazione viene operata dal battesimo. Lo disse Gesù a Nicodemo: Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio (Gv 3, 5). Come poi l'uomo non nasce corporalmente che una sola volta, così viene battezzato una volta sola. Per questo i padri aggiunsero nel Simbolo: Professo un solo Battesimo. L'efficacia del Battesimo è di purificare da tutti i peccati, sia quanto alla colpa che alla pena. Per questo ai battezzati, per quanto siano stati peccatori, non viene imposta alcuna penitenza; e, se morissero dopo il Battesimo, volerebbero immediatamente alla vita eterna. Ed è ancora per questo motivo che, sebbene 25 soltanto i sacerdoti battezzino in forza del loro ufficio, in caso di necessità è lecito a chiunque battezzare, purché si attenga alla forma del battesimo che è: «lo ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». A questo sacramento l'efficacia deriva dalla passione di Cristo, come dice san Paolo: Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte (Rm 6, 3). Ecco perché, a simboleggiare i tre giorni in cui Cristo rimase nel sepolcro, nel battesimo si fa una triplice immersione nell' acqua. La Confermazione è il secondo sacramento. Come, infatti, a coloro che nascono fisicamente sono necessarie le forze per agire, così ai rinati spiritualmente è necessaria la forza dello Spirito Santo. È questa la ragione per cui gli apostoli, per diventare forti, ricevettero dopo l'ascensione lo Spirito Santo, secondo quanto aveva loro ingiunto Gesù: Restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto (Lc 24, 49). Orbene, siccome questa forza viene conferita nel sacramento della confermazione, coloro che hanno la responsabilità dei fanciulli devono essere solleciti perché sia loro conferito questo sacramento, dato che per esso viene loro procurata una grande grazia. E in caso di morte consegue gloria maggiore chi ha ricevuto la confermazione, in paragone a chi non l'ha ricevuta, avendo egli ricevuto una grazia più abbondante. L'Eucaristia è il terzo sacramento. Come all'uomo, per la vita del corpo, dopo che egli è nato e ha ricevuto le forze per agire, è necessario un cibo per conservarsi in vita e sostentarsi, analogamente egli, per la sua vita spirituale, dopo essersi rafforzato, ha bisogno di un cibo spirituale: il corpo di Cristo. Egli disse, infatti: Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita (Gv 6, 53). Ed è per questo che, per disposizione della Chiesa, ogni cristiano deve ricevere almeno una volta all'anno il Corpo di Cristo. Deve però riceverlo degnamente e con coscienza monda, perché, come avverte san Paolo, chiunque in modo indegno, cioè avendo sulla coscienza un peccato mortale di cui non si è confessato o dal quale non si propone di astenersi, mangia il pane o beve il ca-lice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore ... mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11, 27-29). 26 La Penitenza è il quarto sacramento. Può capitare, nella vita fisica, che uno si ammali e, se non ha la medicina, muoia. Succede la stessa cosa nella vita spirituale all'uomo che si ammala per il peccato. Per ricuperare la salute ha bisogno di una medicina, cioè la grazia, che gli viene conferita nel sacramento della penitenza. È Dio che perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie (Sal 103 [102], 3). Per ottenere il perdono sono però richieste tre cose: la contrizione, ossia il dolore del peccato con il proposito di astenersene in seguito; la confessione integra di tutti peccati; e la soddisfazione mediante le opere buone. RESPONSORIO R. Il bene di Cristo è comunicato a tutti i cristiani, nello stesso modo che la virtù del capo si estende a tutte le membra. Questa sua comunicazione si effettua mediante i sacramenti della Chiesa, nei quali opera la virtù della passione di Cristo per conferire la grazia e per la remissione dei peccati. * Per questo ai battezzati, per quanto siano stati peccatori, non viene imposta alcuna penitenza; e, se morissero dopo il battesimo, volerebbero immediatamente alla vita eterna. V. Per disposizione della Chiesa, ogni cristiano deve ricevere almeno una volta all'anno il Corpo di Cristo. Deve però riceverlo degnamente e con coscienza monda. R. Per questo ai battezzati, per quanto siano stati peccatori, non viene imposta alcuna penitenza; e, se morissero dopo il battesimo, volerebbero immediatamente alla vita eterna. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. 27 Mercoledì 30 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo decimo La remissione dei peccati e i benefici che derivano dall’appartenere alla Chiesa L'unzione degli infermi è il quinto sacramento. Sono tante in questa vita le cause che impediscono all'uomo di purificarsi totalmente dai propri peccati mediante la penitenza. E, dato che nessuno può entrare nella vita eterna se non è perfettamente purificato, si rese necessario un altro sacramento per purificare l'uomo dai peccati, sanarlo dalle infermità e prepararlo all'ingresso nel regno dei cieli. Questo sacramento è l'unzione degli infermi. Se poi non sempre il corpo riacquista la salute fisica, questo può significare che in quel caso un prolungamento della vita terrena non gioverebbe alla salvezza dell'anima dell'ammalato. Gli effetti di questo sacramento sono enumerati da san Giacomo: Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati (Gc 5, 1415). L'ordine sacro è il sesto sacramento. È dunque chiaro che sono cinque i sacramenti mediante i quali si ottiene la perfezione della vita. Ma siccome è necessario che questi sacramenti siano conferiti da determinati ministri, fu perciò necessario il sacramento dell'ordine, per il cui ministero tali sacramenti sono dispensati. Non si deve perciò badare alla condotta di questi ministri, ma alla virtù di Cristo da cui i sacramenti traggono efficacia, secondo quanto dice san Paolo: Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio (1 Cor 4, 1). Questo è perciò il sesto sacramento. Il matrimonio è il settimo sacramento. Vivendo in esso castamente, i coniugi possono vivere senza commettere peccato mortale e quindi salvarsi. 28 Per mezzo dei suddetti sette sacramenti noi otteniamo la remissione dei peccati. Ecco perché nel Simbolo, subito dopo la professione di fede nella comunione dei santi, è stata aggiunta anche quella nella remissione dei peccati. Il potere di rimettere i peccati fu dato agli apostoli. Bisogna perciò credere che i ministri della Chiesa hanno il potere di assolvere e che nella Chiesa esiste questa piena potestà di rimettere i peccati. Dobbiamo inoltre ricordare che non ci viene comunicata soltanto l'efficacia della passione di Cristo, ma anche il merito della vita di lui; e che qualunque bene abbiano operato tutti i santi viene partecipato a coloro che vivono nella carità, perché tutti siamo una cosa sola. Lo dice anche il Salmo: lo sono partecipe di tutti coloro che hanno timore di te (Sal 119 [118], 63). Di conseguenza, chi vive nella carità è partecipe di tutto il bene che si fa in tutto il mondo; e ne sono partecipi in modo speciale coloro per i quali qualche bene viene loro applicato in modo particolare. Uno può infatti soddisfare per un altro, come avviene per i benefici spirituali dei quali molti Ordini religiosi rendono partecipi anche persone che di essi non fanno parte. Da questa comunione ricaviamo, così, due benefici: il primo, che il merito di Cristo viene partecipato a tutti; l'altro, che il bene di uno viene comunicato all'altro. Ne segue allora che gli scomunicati perdono questo beneficio e la partecipazione a tutto il bene che viene fatto; ed è questa una perdita peggiore di ogni altra di ordine materiale. Incorrono anche in un altro pericolo: siccome è evidente che le preghiere impediscono al diavolo di tentarci, chi viene escluso dalla partecipazione a tutte queste preghiere verrà più facilmente vinto da lui. Ed è per questo che nella Chiesa primitiva, quando uno veniva scomunicato, immediatamente il diavolo lo vessava. Preghiamo il Signore. RESPONSORIO R. Per mezzo dei sette sacramenti noi otteniamo la remissione dei peccati. Ecco perché nel Simbolo, subito dopo la professione di fede nella comunione dei santi, è stata aggiunta anche quella nella remissione dei peccati. Il potere di rimettere i peccati fu dato agli apostoli. * Dalla comunione dei santi ricaviamo due benefici: il 29 primo, che il merito di Cristo viene partecipato a tutti; l'altro, che il bene di uno viene comunicato all'altro. V. Dobbiamo ricordare che non ci viene comunicata soltanto l'efficacia della passione di Cristo, ma anche il merito della vita di lui; e che qualunque bene abbiano operato tutti i santi viene partecipato a coloro che vivono nella carità, perché tutti siamo una cosa sola. R. Dalla comunione dei santi ricaviamo due benefici: il primo, che il merito di Cristo viene partecipato a tutti; l'altro, che il bene di uno viene comunicato all'altro. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Giovedì 31 ottobre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo undicesimo Credo la risurrezione della carne Non solo lo Spirito Santo santifica spiritualmente la Chiesa, ma per la sua potenza anche i nostri corpi risorgeranno. Egli ha, infatti, risuscitato dai morti Gesù nostro Signore (Rm 4, 24), e, se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti (1 Cor 15, 21). In forza della nostra fede noi perciò crediamo anche la risurrezione dei morti. In merito ad essa ci sono quattro considerazioni da fare: l'utilità che ci deriva dalla fede nella risurrezione; la considerazione in generale dello stato di coloro che risorgeranno; la condizione sia dei buoni che dei cattivi in particolare. La fede e la speranza della risurrezione ci sono utili per quattro motivi. Il primo: ci toglie la tristezza che proviamo per i morti. Infatti, è impossibile che l'uomo non si addolori per la morte di un amico. Ma per il fatto che egli spera nella sua risurrezione, il dolore per la sua morte viene molto attenuato. Diceva al riguardo san Paolo: Non 30 vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza ... circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza (1 Ts 4, 13). Il secondo: ci toglie il timore della morte. Se infatti l'uomo non sperasse in un'altra vita migliore dopo la morte, non c'è dubbio che egli ne avrebbe grande timore e che sarebbe indotto a commettere qualsiasi male per sfuggirla. Ma siccome crediamo che dopo questa ci sarà un' altra vita migliore, è evidente che nessuno dovrà temere la morte, né per sfuggirla compiere qualche peccato. Gesù, infatti, ne è divenuto partecipe [della nostra natura] per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare cosi quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita (Eb 2, 14-15). Il terzo: ci rende solleciti e zelanti nel fare il bene. Se, infatti, la vita dell'uomo si limitasse alla realtà presente, non ci sarebbe negli uomini un grande impegno a compiere il bene, perché qualunque cosa essi facessero sarebbe ben poco rispetto al loro desiderio che ha per oggetto un bene non limitato nel tempo, ma eterno. Ma, siccome crediamo che per le cose che facciamo ora qui riceveremo beni eterni quando risorgeremo, ci sentiamo impegnati a bene operare. Dice al riguardo san Paolo: Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini (1 Cor 15, 19). Il quarto: ci distoglie dal male. Come, infatti, la speranza del premio ci è di stimolo a ben operare, così il timore del castigo, che noi crediamo riservato ai cattivi, ci ritrae dal male. Disse infatti Gesù che tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna (Gv 5, 28-29). RESPONSORIO Cfr Eb 2, 14 R. Siccome crediamo che dopo questa ci sarà un' altra vita migliore, è evidente che nessuno dovrà temere la morte, né per sfuggirla compiere qualche peccato. Gesù, infatti, ne è divenuto partecipe [della nostra natura] per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere. * Ma, siccome crediamo che per le cose 31 che facciamo ora qui riceveremo beni eterni quando risorgeremo, ci sentiamo impegnati a bene operare. V. Se la vita dell'uomo si limitasse alla presente, non ci sarebbe negli uomini un grande impegno a compiere il bene, perché qualunque cosa essi facessero sarebbe ben poco rispetto al loro desiderio che ha per oggetto un bene non limitato nel tempo, ma eterno. R. Ma, siccome crediamo che per le cose che facciamo ora qui riceveremo beni eterni quando risorgeremo, ci sentiamo impegnati a bene operare. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Domenica 3 novembre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo undicesimo Lo stato di coloro che risorgeranno Le condizioni in cui verranno a trovarsi in generale tutti i corpi dei risorti sono quattro. La prima riguarda l'identità dei corpi dei morti. A risorgere sarà lo stesso corpo, con la stessa carne e con le stesse ossa che ha ora, anche se alcuni hanno sostenuto che il corpo attuale si corromperà e non risorgerà. Ma questa affermazione contraddice quanto è detto nella Sacra Scrittura, che afferma invece che per virtù divina risorgerà alla vita il medesimo corpo che abbiamo ora. Dice infatti Giobbe: Di nuovo mi rivestirò della mia pelle e nella mia carne vedrò Dio (Gb 19, 26). La seconda riguarda la loro qualità. I corpi dei risorti saranno di una qualità diversa dall'attuale, perché, sia quelli dei beati che quelli dei dannati, saranno incorruttibili, in quanto i buoni saranno sempre nella gloria e i cattivi sempre nella pena. Lo conferma san Paolo nel testo sopra citato: È necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità (1 Cor 15, 53). E, dato che il corpo sarà incorruttibile e immortale, dopo la 32 risurrezione non avrà bisogno di cibo né di usare del sesso, come rivelò Gesù stesso: Alla risurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo (Mt 22, 30). Verità, questa, che va contro la credenza degli ebrei e dei musulmani, e ad essa allude anche Giobbe quando dice che chi scende agli inferi più non risale; né tornerà più nella sua casa (Gb 7, 9-10). La terza riguarda la loro integrità. Sia i buoni che i cattivi risorgeranno con quella integrità corporale che spetta alla perfezione del corpo umano. Allora non ci sarà più né cieco, né zoppo, né alcun altro difetto. L'Apostolo infatti dice che i morti risorgeranno incorrotti (1 Cor 15, 52). La quarta riguarda la loro età. Tutti risorgeranno come se avessero trentadue o trentatré anni, che è l'età perfetta. Il motivo è che coloro che non erano ancora giunti a tali anni non avevano l'età perfetta; e i vecchi l'avevano già persa. Di conseguenza, ai giovani e ai bambini verranno aggiunti gli anni che loro mancano per avere l'età perfetta; ai vecchi, invece, questa verrà restituita. Lo dice san Paolo quando afferma: Finché arriviamo tutti ... allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo (Ef 4, 13 ). Quanto ai buoni bisogna sapere che essi godranno di uno speciale stato di gloria perché i santi riavranno i corpi glorificati in quattro modi. Con lo splendore. Si legge infatti in Matteo: I giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro (Mt 13, 43). Con l'impassibilità, perché il corpo si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza (1 Cor 15, 43); e Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate (Ap 21, 4). Con l'agilità, perché risplenderanno come scintille nella stoppia, correranno qua e là (Sap 3, 7). Con la sottigliezza: Si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale (1 Cor 15, 43), non nel senso che esso sia totalmente spirito, ma perché sarà totalmente soggetto allo spirito. La condizione dei corpi dei dannati sarà contraria a quella dei beati, perché questi dovranno scontare una pena eterna. I loro corpi presen33 teranno perciò quattro caratteristiche. Saranno neri, perché i loro volti sono volti di fiamma (Is 13, 8); saranno soggetti a patire, perché sempre immersi nel fuoco, dato che il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà (Is 66, 24); diventeranno pesanti, perché la loro anima sarà quasi legata al luogo per stringere in catene i loro capi (Sal 149, 8). Infine, diventeranno carnali sia l'anima che il corpo, perché, al dire di Gioele, i giumenti sono marciti nel loro letame (Gl 1, 17). RESPONSORIO Cfr Gb 19, 26 R. La Sacra Scrittura, afferma che per virtù divina risorgerà alla vita il medesimo corpo che abbiamo ora. Dice infatti Giobbe: Di nuovo mi rivestirò della mia pelle e nella mia carne vedrò Dio. * Sia i buoni che i cattivi risorgeranno con quella integrità corporale che spetta alla perfezione del corpo umano. Allora non ci sarà più né cieco, né zoppo, né alcun altro difetto. V. I corpi dei risorti saranno di una qualità diversa dall'attuale, perché, sia quelli dei beati che quelli dei dannati, saranno incorruttibili, in quanto i buoni saranno sempre nella gloria e i cattivi sempre nella pena. R. Sia i buoni che i cattivi risorgeranno con quella integrità corporale che spetta alla perfezione del corpo umano. Allora non ci sarà più né cieco, né zoppo, né alcun altro difetto. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Mercoledì 6 novembre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo dodicesimo La felicità dei beati La vita eterna, in quanto meta finale di tutti i nostri desideri giustamente nel Simbolo viene posta al termine di tutte le altre verità da credere, quando vi si dice: Credo la vita eterna. Sono contrari a questa verità coloro che sostengono che l'anima muore col corpo. Ma 34 se ciò fosse vero, non ci sarebbe differenza tra l'uomo e i bruti. A costoro si potrebbe applicare quanto dice il salmo: L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono (Sal 49 [48] ,21). L'anima, invece, per la sua immortalità è simile a Dio, è simile ai bruti solo per la sua parte sensitiva. Per cui, chi crede che l'anima muoia con il corpo, si allontana dalla sua somiglianza con Dio e si mette alla pari con le bestie. Costui fa parte del numero di coloro di cui è detto: Non sperano salario per la santità, né credono alla ricompensa delle anime pure. Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità; lo fece a immagine della propria natura (Sap 2, 22-23). In questo articolo della nostra fede dobbiamo innanzitutto considerare che tipo di vita sia la vita eterna. Ora, essa consiste prima di tutto nell'unione con Dio. Premio e fine di tutte le nostre fatiche è infatti Dio in persona, come egli stesso ebbe a dire ad Abramo: Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande (Gen 15, 1). Questa unione consiste poi, innanzitutto, in una perfetta visione di lui: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (1 Cor 13, 12). Consiste poi anche in un amore molto fervente, perché più uno lo si conosce, e più lo si ama; e in una somma lode di lui. Dice infatti Agostino: «Vedremo, ameremo e loderemo» (La città di Dio, 22) e Isaia assicura che giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode (Is 51, 3). Poi, nell'appagamento totale e perfetto di ogni desiderio. Nella vita eterna ogni beato troverà l'appagamento di quanto ha desiderato e sperato. La ragione è che niente nella vita presente può appagare pienamente i desideri dell'uomo, né vi è alcunché di creato che possa soddisfare le sue aspirazioni. Soltanto Dio può saziarle e sorpassarle infinitamente, sicché Agostino poté affermare: «Ci hai fatto, o Signore, per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te» (Confessioni, I). E poiché i santi nella patria celeste possiederanno Dio perfettamente, essendo egli il nostro premio, è evidente che ogni nostro desiderio sarà saziato e la nostra felicità supererà ogni nostra aspettativa. Perciò il Signore dice al servo fedele: Prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt 25, 21). E sant'Agostino commenta: «non è che tutto il gaudio entrerà in coloro che godono, ma tutti coloro che godono entreranno nel gaudio». E il salmista diceva: Mi sazierò della 35 tua presenza (Sal 17 [16], 15), e ancora: Egli sazia di beni i tuoi giorni (Sal 103 [102], 5). Tutto ciò che può recare diletto si trova infatti nella vita eterna e in sovrabbondanza. Se si desiderano godimenti, là vi sarà il sommo e perfetto godimento, perché avrà come oggetto Dio che è il sommo bene. Dice infatti il Libro di Giobbe: Allora sì, nell'Onnipotente ti sazierai (Gb 22, 26); e il salmista: Gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra (Sal 16 [15], 11). Se si desiderano onori, là si avranno tutti. Gli uomini, infatti, se sono laici aspirano principalmente a essere re; se sono chierici a essere vescovi. Ebbene, là gli uni e gli altri saranno accontentati, perché dice l'Apocalisse: Li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti (Ap 5, 5), e ognuno ora è considerato tra i figli di Dio (Sap 5, 5). Se poi si desidera la scienza, là sarà perfetta, perché conosceremo la natura delle cose, ogni verità e tutto quello che vorremo sapere. E quanto vorremo avere, lo avremo con la vita eterna, perché, come dice il Libro della Sapienza: Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni (Sap 7, 11) e quello dei Proverbi aggiunge: Il desiderio dei giusti è soddisfatto (Pr 1, 24). Inoltre, nella perfetta sicurezza. Mentre, infatti, in questo mondo non c'è perfetta sicurezza, perché quante più ricchezze uno possiede e più onorifiche sono le sue cariche, tanto più ha paura di perderle e gli mancano inoltre tante altre cose, nella vita eterna non c'è invece alcuna tristezza, nessuna fatica, nessun timore, perché ognuno vi vivrà tranquillo e sicuro dal timore del male (Pr 1, 33). Da ultimo nella lieta compagnia dei beati. Trovarsi insieme a tutti i buoni sarà una compagnia massimamente piacevole, perché ciascuno avrà così tutti i beni in comune a tutti i loro e là ciascuno amerà l'altro come se stesso e godrà di quello altrui come del proprio bene. E ciò farà sì che, aumentando la gioia e la felicità di uno, aumenti la felicità di tutti, come dice il salmista: Quelli che sono in te, sono tutti lieti e festosi (Sal 87 [86], 7). RESPONSORIO Cfr Gen 15, 1 R. La vita eterna, in quanto meta finale di tutti i nostri desideri, giustamente nel Simbolo viene posta al termine di tutte le altre verità da credere, quando vi si dice: Credo la vita eterna. * Premio e fine di tutte le nostre fatiche è infatti Dio in persona, come egli stesso ebbe a 36 dire ad Abramo: Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande. V. Nella vita eterna ogni beato troverà l'appagamento di quanto ha desiderato e sperato. La ragione è che niente nella vita presente può appagare pienamente i desideri dell'uomo, né vi è alcunché di creato che possa soddisfare le sue aspirazioni. R. Premio e fine di tutte le nostre fatiche è infatti Dio in persona, come egli stesso ebbe a dire ad Abramo: Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. Giovedì 7 novembre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo dodicesimo Cosa comporta l’eternità per i dannati I beati nella vita eterna godranno, dunque, di tutti i beni dei quali abbiamo parlato. I cattivi, invece, condannati a una morte eterna, non avranno meno di dolore e di pena di quanto i buoni avranno di felicità e di gloria. La loro pena verrà poi accresciuta prima di tutto dalla separazione da Dio e da tutti i beni. È questa la cosiddetta pena del danno, che consiste nell' essere lontani da Dio; ed è pena ben peggiore della pena dei sensi. Di loro sentenzia il Signore: Il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre (Mt 25, 30). Nella vita terrena essi, infatti, furono nelle tenebre interiori, cioè nel peccato; ora avranno quelle esteriori. Poi, dal rimorso della coscienza. Ad essi può venire applicato quanto dice il salmista: Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati (Sal 50 [49], 21), e quanto dice il Libro della Sapienza: Gemeranno nello spirito tormentato (Sap 5, 3). Tuttavia questo loro pentirsi sarà inutile, perché non proviene dall'odio del peccato, ma è causato dal dolore della pena. 37 Ancora, dall'immensità della pena dei sensi. Si tratta della pena del fuoco dell'inferno, che tormenterà l'anima e il corpo e che, come dicono i santi, è la pena più atroce. Per essa i dannati saranno come se stessero sempre per morire, ma non morranno mai. Perciò viene detta morte eterna, perché, come il moribondo soffre i dolori dell'agonia, così li soffriranno in continuazione coloro che sono nell'inferno. Di loro si dice: Come pecore sono avviati agli inferi, sarà loro pastore la morte (Sal 49 [48], 15). Infine, dalla disperazione della salvezza. Se, infatti, fosse loro data la speranza di una futura liberazione dalla pena, questa risulterebbe mitigata. Togliendo invece loro ogni speranza, la pena diventa atrocissima. Dice Isaia: Il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà (Is 66, 24). RESPONSORIO Cfr Mt 25, 30; Is 66, 24 R. Dei cattivi sentenzia il Signore: Il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre. Nella vita terrena essi, infatti, furono nelle tenebre interiori, cioè nel peccato; ora avranno quelle esteriori. * I cattivi, condannati a una morte eterna, non avranno meno di dolore e di pena di quanto i buoni avranno di felicità e di gloria. V. Se, infatti, fosse loro data la speranza di una futura liberazione dalla pena, questa risulterebbe mitigata. Togliendo invece loro ogni speranza, la pena diventa atroce. Dice Isaia: Il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà. R. I cattivi, condannati a una morte eterna, non avranno meno di dolore e di pena di quanto i buoni avranno di felicità e di gloria. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. 38 Domenica 10 novembre SECONDA LETTURA Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa Articolo dodicesimo Ricordarsi il Credo spinge al bene Da quanto è stato detto appare dunque chiara la differenza tra l'operare il bene e fare il male: le opere buone conducono alla vita, quelle cattive trascinano alla morte. Gli uomini dovrebbero perciò richiamare alla memoria queste verità, che possono spingerli al bene e allontanarli dal male. Non a caso, ma giustamente, l'articolo sulla vita eterna è stato perciò posto al termine del Simbolo perché si imprima sempre più nella memoria. Al termine dobbiamo poi ricordare che, secondo alcuni, esso comprende sei articoli che trattano della divinità: cioè che Dio è uno per la sua natura ed è per questo che si afferma: Credo in un solo Dio; che è trino nelle Persone, e si dice perciò: Credo nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo; che è creatore di tutte le cose, e perciò si dice: Creatore del cielo e della terra; che da lui viene ogni grazia e la remissione dei peccati; che lui risusciterà i nostri corpi e darà ai buoni la vita eterna. Sei articoli riguardano poi la sua umanità: che cioè è stato concepito ed è nato, che è morto ed ha patito, che discese agli inferi, risuscitò il terzo giorno, sali al cielo da dove verrà per il giudizio. Voglia il Signor nostro Gesù Cristo, Dio benedetto, condurci a questa vita che durerà nei secoli dei secoli. Amen. RESPONSORIO R. Appare dunque chiara la differenza tra l'operare il bene e fare il male: le opere buone conducono alla vita, quelle cattive trascinano alla morte. * Gli uomini dovrebbero perciò richiamare alla memoria queste verità, che possono spingerli al bene e allontanarli dal male. V. Non a caso, ma giustamente, l'articolo sulla vita eterna è stato perciò posto al termine del Simbolo perché si imprima sempre più nella memoria. 39 R. Gli uomini dovrebbero perciò richiamare alla memoria queste verità, che possono spingerli al bene e allontanarli dal male. Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno. __________________________ Pro manuscripto a cura dell’Ufficio Liturgico Diocesano e del Centro Servizi Generali dell’Arcidiocesi Via Altabella, 6 - 40126 Bologna - tel. 051.64.80.777 - fax 051.235.207 posta elettronica: [email protected] 40