Chiesa di Bologna
Seconda Lettura per
l’Ufficio delle letture
nel Tempo Ordinario
VI
Da mercoledì 16 ottobre a domenica 10 novembre 2013
BOLOGNA 2013
PRESENTAZIONE
In occasione dell’Anno della Fede il Cardinale
Arcivescovo, tenendo presente la possibilità offerta dal n.
248 delle Premesse e norme per la Liturgia delle Ore, ha
desiderato venisse offerta a sacerdoti, religiosi e laici che
celebrano l’Ufficio delle Letture la possibilità di sostituire
il testo patristico con una lettura alternativa di commento al
Simbolo di fede, sempre dalla tradizione patristica.
Si intende così aiutare la preghiera personale e
comunitaria a sintonizzarsi e ad accompagnare il cammino
ecclesiale, come già accaduto nell’Anno Paolino e
dell’Anno Sacerdotale, con buoni frutti.
La proposta prevede l’interruzione solo nelle
memorie obbligatorie, feste e solennità, così come avviene
nel calendario della Liturgia delle Ore.
In questa sesta parte, vengono offerti brani dal
«Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso
d’Aquino.
Per chi lo desidera è possibile avere copia del
fascicolo presso il C.S.G., al terzo piano della Curia.
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Mercoledì 16 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo quinto
La risurrezione di Cristo
È necessario che gli uomini conoscano due cose: la gloria di Dio e la
pena dell'inferno, perché essi, allettati dalla gloria e spaventati dalla
pena, possano star lontani dal peccato ed evitarlo. Ma sono cose,
queste, molto difficili da conoscere. Per cui, della gloria si dice: A
stento ci raffiguriamo le cose terrestri, scopriamo con fatica quelle a
portata di mano; ma chi può rintracciare le cose del cielo? (Sap 9,
16). Ed è questa un'impresa difficile per chi è terreno, perché, come
dice Giovanni (Gv 3, 31): Chi viene dalla terra, appartiene alla terra e
parla della terra; non è cosa invece difficile per chi è spirituale, perché chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Per questo il Signore è
disceso dal cielo e si è incarnato: per insegnarci le cose celesti. Era
anche difficile venire a conoscere le pene dell'inferno. Il Libro della
Sapienza pone sulla bocca degli stolti queste parole: Non si è trovato
alcuno che sia tornato dagli inferi (Sap 2, 1). Ma ora non si può più
dire così, perché Cristo, com'è disceso dal cielo per insegnarci le cose
celesti, così è risorto dai morti per insegnarci le cose degli inferi. È
perciò necessario che noi crediamo non solo che egli si è fatto uomo
ed è morto, ma anche che risuscitò dai morti. Perciò nel Simbolo
viene detto: Il terzo giorno risuscitò dai morti.
Sappiamo che molti sono risuscitati dai morti, come Lazzaro, il figlio
della vedova e la figlia del capo della sinagoga. Ma la risurrezione di
Cristo differisce da quella di costoro e degli altri per quattro motivi.
Quanto alla causa. Gli altri risuscitati non risorsero per virtù propria,
ma o per quella di Cristo o per le preghiere di qualche santo. Cristo,
invece, risuscitò per virtù propria, perché egli non era soltanto uomo
ma anche Dio, e la divinità non fu mai separata né dalla sua anima né
dal suo corpo. Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse
l'anima e l'anima il corpo. Lo affermò lui stesso: Io ho il potere di
offrirla [la mia vita] e il potere di riprenderla di nuovo (Gv 10, 18).
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E, pur avendo subito la morte, questa non avvenne per infermità o
per necessità, ma per propria volontà, spontaneamente: il che risulta
anche dal fatto che egli, nel momento di emettere lo spirito, gridò ad
alta voce: Cosa che non possono fare gli altri che muoiono a causa
della loro infermità. Fu questo il motivo che fece dire al centurione:
Davvero costui era Figlio di Dio (Mt 27, 54). Pertanto, come per
virtù propria depose l'anima, così per virtù propria la riprese, per cui
giustamente si dice che egli "risuscitò" e non che "è stato risuscitato",
come se ciò fosse avvenuto per intervento altrui. Egli può dire di sé
quanto dice il salmista: Io mi corico e mi addormento, mi sveglio
perché il Signore mi sostiene (Sal 3, 6). Né questo è in contraddizione con quanto si legge negli Atti: Questo Gesù Dio l’ha
resuscitato (At 2, 32), perché il Padre lo risuscitò e il Figlio risuscitò
se stesso, essendo unica la potenza del Padre e del Figlio.
Quanto alla nuova vita del risorto. Cristo risuscitò a una vita gloriosa
e incorruttibile. Lo afferma l'Apostolo quando dice: Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre (Rm 6, 4), mentre gli
altri tornano alla medesima vita di prima, come sappiamo di Lazzaro
e degli altri risorti.
Quanto ai frutti che ne derivarono. Tutti gli altri risorgono in virtù
della risurrezione di Cristo. Infatti, dice il Vangelo che, alla risurrezione di lui, molti corpi di santi morti risuscitarono (Mt 27, 52) e san
Paolo afferma che Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro
che sono morti (1 Cor 15, 20). Non sfugga, però, che Cristo giunse
alla gloria attraverso la passione, come egli stesso dichiarò ai suoi
discepoli: Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze
per entrare nella sua gloria? (Lc 24, 26). Così ci insegnò come anche
noi potessimo giungere alla gloria, perché - come afferma san Paolo è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di
Dio (At 14, 22).
Quanto al tempo. La risurrezione degli altri viene, infatti, differita
alla fine del mondo, a meno che ad alcuni non sia stata anticipata per
privilegio, come alla Beata Vergine e, come piamente si crede, al beato Giovanni Evangelista. Cristo, invece, risuscitò al terzo giorno. La
ragione è che la nascita, la morte e la risurrezione di lui erano ordinate alla nostra salvezza, e pertanto egli volle risorgere appena la nostra
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salvezza fu compiuta. Ma se fosse risorto subito dopo la morte, non
si sarebbe creduto che egli fosse veramente morto. E se l'avesse differita di molto tempo, i suoi discepoli non avrebbero perseverato nella fede e di conseguenza la sua passione non sarebbe stata di alcuna
utilità, come dice il Salmo: Quale vantaggio dalla mia morte, dalla
mia discesa nella tomba? (Sal 30 [29], 10). Risuscitò perciò il terzo
giorno affinché fosse creduto morto e i suoi discepoli non perdessero
la fede.
RESPONSORIO
Cfr Gv 10, 18; Lc 24, 26
R. Le persone che sono risuscitate non risorsero per virtù propria, ma
o per quella di Cristo o per le preghiere di qualche santo. Cristo,
invece, risuscitò per virtù propria, perché egli non era soltanto uomo
ma anche Dio, e la divinità non fu mai separata né dalla sua anima né
dal suo corpo. * Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse
l'anima e l'anima il corpo. Lo affermò lui stesso: Io ho il potere di
offrirla [la mia vita] e il potere di riprenderla di nuovo.
V. Non sfugga, però, che Cristo giunse alla gloria attraverso la
passione, come egli stesso dichiarò ai suoi discepoli: Non bisognava
che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua
gloria?
R. Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse l'anima e l'anima
il corpo. Lo affermò lui stesso: Io ho il potere di offrirla [la mia vita]
e il potere di riprenderla di nuovo.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Sabato 19 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo quinto
Insegnamenti da ricavare dalla risurrezione di Cristo
Da quanto si è detto della risurrezione di Cristo possiamo ricavare a
nostra erudizione quattro insegnamenti.
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Primo insegnamento: dobbiamo impegnarci per risorgere
spiritualmente dalla morte dell'anima, in cui incorre l'uomo col
peccato, alla vita di grazia che si riacquista mediante la penitenza.
Dice infatti l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e
Cristo ti illuminerà (Ef 5, 14). È questa quella prima risurrezione cui
allude l'Apocalisse quando dice: Beati e santi coloro che prendono
parte alla prima risurrezione (Ap 20, 6).
Secondo insegnamento: non dobbiamo differire questa nostra risurrezione al momento della morte, ma dobbiamo attuarla subito, perché
Cristo è risorto al terzo giorno. A tanto ci invita anche il Siracide:
Non aspettare a convertirti al Signore, e non rimandare di giorno in
giorno (Sir 5, 8). Come potresti, infatti, pensare alla salvezza dell'anima quando sarai oppresso dalla malattia? Inoltre, perché perseverando nel peccato, vorresti privarti della partecipazione di tanti beni che
si fanno nella Chiesa e incorrere in tanti mali? Il diavolo, inoltre come dice Beda -, quanto più a lungo possiede un'anima, tanto più
difficilmente la lascia.
Terzo insegnamento: dobbiamo risorgere a una vita incorruttibile, per
non morire di nuovo, cioè con il proposito di non peccare più, come
Cristo che risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più
potere su di lui (Rm 6, 9). Perciò, Anche voi consideratevi morti al
peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Non regni più dunque il
peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri,
non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato,
ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti (Rm 6, 11-13).
Quarto insegnamento: sforziamoci di risorgere a una vita nuova e
gloriosa, tale cioè da evitare tutte quelle cose che prima ci erano state
occasione e causa di morte e di peccato. Come Cristo fu risuscitato
dai morti per mezzo della gloria del Padre, cosi anche noi possiamo
camminare in una vita nuova (Rm 6, 4), e questa vita nuova è una
vita di grazia che rinnova l'anima e porta alla vita di gloria. Alla quale dobbiamo tutti aspirare.
RESPONSORIO
Cfr Ef 5, 14; Sir 5, 8
R. Dobbiamo impegnarci per risorgere spiritualmente dalla morte
dell'anima, in cui incorre l'uomo col peccato, alla vita di grazia che si
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riacquista mediante la penitenza. * Dice infatti l'Apostolo: Svegliati,
o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà.
V. Tutti dobbiamo aspirare alla vita di grazia che rinnova l'anima e
porta alla vita di gloria, secondo quanto ci invita anche il Siracide:
Non aspettare a convertirti al Signore, e non rimandare di giorno in
giorno.
R. Dice infatti l'Apostolo: Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti
e Cristo ti illuminerà.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 20 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo sesto
Cristo salì al cielo
Dopo la risurrezione di Cristo, dobbiamo credere anche alla sua
ascensione al cielo, perché Cristo vi salì quaranta giorni dopo. Perciò
si dice nel Simbolo: Salì al cielo. Ma sulla sua ascensione vogliamo
fare tre considerazioni: che fu un fatto eccezionale, ragionevole e
utile.
Prima considerazione: Fu un fatto eccezionale. Fu veramente un fatto
eccezionale questo suo salire nei cieli. E ciò per tre motivi. Innanzitutto perché egli salì al di sopra dei cieli materiali, essendo salito come afferma l'Apostolo - al di sopra di tutti i cieli (Ef 4, 10) e fu il
primo a compiere una tale ascensione, perché prima di lui un corpo
terrestre era rimasto sempre sulla terra, tanto è vero che lo stesso
Adamo era vissuto in un paradiso terrestre. Ma egli salì anche al di
sopra dei cieli di natura spirituale, perché - come scrive san Paolo
agli Efesini - il Padre lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di
sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e
di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sotto- messo ai suoi piedi (Ef 1, 20-22). Egli inoltre salì fino al trono di Dio Padre, come
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profetizzò Daniele: Ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad
un figlio di uomo; giunse fino al Vegliardo e fu presentato a lui (Dan
7, 13); e Marco conferma che: Il Signore Gesù, dopo aver parlato con
loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio (Mc 16, 19).
Quando però si dice che egli sedette alla destra del Padre, non dobbiamo intenderlo in senso materiale ma soltanto metaforico, perché
questo è un modo umano di esprimersi. Egli come Dio siede alla
destra del Padre nel senso che è partecipe dei beni più eccellenti di
lui. Questo lo aveva preteso il diavolo, quando, al dire di Isaia, aveva
pensato: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote del
settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale
all'Altissimo (Is 14, 13-14). Ma a tali altezze non pervenne che il
Cristo, del quale il Simbolo dice, appunto, che salì al cielo, siede alla
destra del Padre e il Salmo dice: Oracolo del Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra (Sal 110 [109], 1).
Seconda considerazione: fu un fatto ragionevole. Lo dimostriamo
con tre motivi, il primo dei quali è che il cielo era dovuto a Cristo in
forza della sua natura. È infatti conforme a natura che ogni cosa ritorni là da dove ha tratto origine. Orbene, l'origine di Cristo è da Dio, il
quale è sopra ogni cosa, ed era perciò giusto che egli salisse sopra
tutte le cose. Lo dice Gesù stesso: Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre (Gv 16,
28) e: nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è
disceso dal cielo (Gv 3, 13). È vero che anche i santi salirono e salgono al cielo, ma in maniera diversa da quella di Cristo; perché,
mentre egli vi salì per virtù propria, i santi vi salgono perché attratti
da lui: Attirami dietro a te (Ct 1, 4). E si può anche dire che nessuno
è salito al cielo tranne Cristo, perché i santi non vi salgono se non in
quanto sono membra di lui, che è il capo della Chiesa (cfr Mt 24, 28).
Ma il cielo era dovuto a Cristo anche per la sua vittoria. Egli era infatti stato mandato nel mondo per combattere contro il diavolo, e lo
aveva sconfitto. Perciò si meritò di venire esaltato sopra tutte le cose.
Ne dà conferma l'Apocalisse: Io ho vinto e mi sono assiso presso il
Padre mio sul suo trono (Ap 3, 21). Infine, il cielo gli era dovuto per
la sua umiltà. Non c'è infatti umiltà più grande di quella di Cristo, il
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quale, essendo Dio, volle diventare uomo, ed essendo il Signore,
volle - come dice san Paolo - assumere la condizione di servo facendosi obbediente fino alla morte (Fil 2, 8) e discese fino agli inferi.
Meritò, perciò, di venire esaltato fino al trono di Dio, dato che chi si
umilia sarà esaltato (Lc 14, 11). E giustamente, quindi, l'Apostolo
dice di lui: Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra
di tutti i cieli (Ef 4, 10).
Terza considerazione: fu un avvenimento utile. Lo fu per tre motivi,
il primo dei quali è quello di essere guida per noi. Salì infatti al cielo,
per guidarvi noi, alla stessa maniera che risorse per far risorgere noi.
Non ne conoscevamo infatti la strada e Cristo ce la mostrò accessibile: Chi ha aperto la breccia li precederà ... e marcerà il loro re innanzi
a loro (Mi 2, 13), assicurandoci in pari tempo della possibilità di
possedere il regno celeste, perché egli disse: Vado a prepararvi un
posto (Gv 14, 2). Rafforzò poi questa nostra speranza il fatto che egli
vi salì per esservi nostro intercessore, perché così, come dice
l'Apostolo, egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui
si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro
favore (Eb 7, 25). E Giovanni aggiunge: Abbiamo un avvocato
presso il Padre: Gesù Cristo (1 Gv 2, 1). Fu utile, infine, per attrarre a
sé i nostri cuori, dato che dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore
(Mt 6, 21), e indurci a disprezzare le cose temporali: Se dunque siete
risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso
alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra
(Col 3, 1-2).
RESPONSORIO
Cfr Dan 7, 13; Mc 16, 19; Mic 2, 13
R. Cristo salì fino al trono di Dio Padre, come profetizzò Daniele:
Ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo;
giunse fino al Vegliardo e fu presentato a lui; e Marco conferma che:
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e
sedette alla destra di Dio. * Orbene, l'origine di Cristo è da Dio, il
quale è sopra ogni cosa, ed era perciò giusto che egli salisse sopra
tutte le cose.
V. Salì infatti al cielo, per guidare noi, alla stessa maniera che risorse
per far risorgere noi. Non ne conoscevamo infatti la strada e Cristo ce
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la mostrò accessibile: Chi ha aperto la breccia li precederà e marcerà
il loro re innanzi a loro.
R. Orbene, l'origine di Cristo è da Dio, il quale è sopra ogni cosa, ed
era perciò giusto che egli salisse sopra tutte le cose.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Lunedì 21 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo settimo
Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti
Fa parte dell'ufficio di chi governa e del re il giudicare, perché il re
che siede in tribunale dissipa ogni male con il suo sguardo (Pr 20, 8);
sicché, siccome Cristo è salito al cielo e siede alla destra di Dio come
Signore di tutti, è evidente che spetti a lui il giudicare. Perciò nella
professione di fede della Chiesa cattolica noi dichiariamo che egli
verrà a giudicare i vivi e i morti. Lo affermarono anche gli angeli:
Questo Gesù che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un
giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare al cielo (At 1, 11).
Quanto poi a questo giudizio, possiamo considerare tre cose: prima
di tutto il suo svolgimento, poi il timore che di esso dobbiamo avere,
e infine come dobbiamo prepararci ad esso.
Allo svolgimento del processo concorrono tre realtà: il giudice, coloro che saranno giudicati e la materia sulla quale questi verranno giudicati.
Il giudice è Cristo: egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da
Dio (At 10, 42), sia che intendiamo per vivi coloro che vivono rettamente e per morti i peccatori, sia che per vivi vogliamo intendere alla
lettera coloro che alla sua venuta saranno ancora in vita e per morti
tutti i trapassati. E di tutti egli sarà il giudice, non solo in quanto Dio,
ma per tre motivi anche in quanto uomo. Primo: perché è necessario
che coloro che devono venire giudicati vedano il giudice. D'altra parte la divinità è così beatificante, che nessuno può vederla senza go10
derne. Nessun dannato potrebbe perciò vederla, perché egli allora ne
godrebbe. È perciò necessario che il giudice si mostri con il suo
aspetto di uomo per poter essere visto da tutti. Ecco perché si dice
che Dio gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo
(Gv 5, 27). Secondo: perché fu lui stesso, come uomo, a meritare di
avere quest'ufficio. Come uomo, egli fu infatti giudicato ingiustamente; e per questo Dio lo ha costituito giudice del mondo intero.
Allude a ciò il testo di Giobbe: Se colmi la misura con giudizi da
empio, giudizio e condanna ti seguiranno (Gb 36, 17). Terzo: perché
gli uomini, vedendosi giudicati da un uomo, non cadano nella disperazione in cui cadrebbero se a giudicarli fosse soltanto Dio. Per
questo egli stesso affermò davanti al sinedrio: vedrete il Figlio
dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo (Mt
26, 64).
Coloro che saranno giudicati sono tutti gli uomini che furono e che
saranno. Dice infatti l'Apostolo: Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa del-le
opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male (2 Cor
5,10). Ma, come dice Gregorio Magno, tra coloro che dovranno venire giudicati si riscontra una differenza, perché essi saranno buoni o
cattivi. Tra i cattivi, alcuni verranno condannati, ma non giudicati. Si
tratta di coloro che non hanno creduto, della cui condotta non si
discute. Per essi vale infatti quanto disse Gesù: Chi non crede è già
stato condannato (Gv 3, 18). Altri, invece, verranno giudicati e
condannati: si tratta di quelli che morirono in peccato mortale e ai
quali si può applicare quanto dice san Paolo: Salario del peccato è la
morte (Rm 6, 23). Essi, perciò, a motivo della fede che possedettero,
non verranno esclusi dal giudizio. Anche tra i buoni ci saranno alcuni
che saranno salvi senza dover sottostare al giudizio: si tratta di coloro
che per amore di Dio si fecero poveri di spirito. Anzi, costoro, secondo la promessa di Gesù, giudicheranno gli altri: Voi che mi avete
seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele (Mt 19, 28). E questo non va infatti
inteso come detto solo degli apostoli, ma anche di tutti i poveri, altrimenti Paolo non farebbe parte del loro numero. Eppure dice: Non
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sapete che giudicheremo gli angeli? (1 Cor 6, 3); e Isaia dice: Il Signore inizia il giudizio con gli anziani e i capi del suo popolo (Is 3,
14). Sempre tra i buoni, altri si salveranno subendo il giudizio: sono
coloro che muoiono in grazia. Benché siano morti in grazia, tuttavia
nel servirsi delle cose materiali hanno mancato in qualche cosa. Verranno perciò sottomessi a giudizio, ma salvati.
Sarà materia del giudizio tutto il bene e tutto il male che gli uomini
hanno fatto. Dice infatti la Scrittura: Segui pure le vie del tuo cuore e
i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio (Qo 11, 9) e: Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene e male (Qo 12, 14). Anche di ogni parola
infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio (Mt
12, 36) e anche dei pensieri, perché si indagherà infatti sui propositi
dell'empio (Sap 1, 9). Rimane così chiarito come si svolgerà il
giudizio.
RESPONSORIO
Cfr At 10, 42
R. Sia che intendiamo per vivi coloro che vivono rettamente e per
morti i peccatori, sia che per vivi vogliamo intendere alla lettera
coloro che alla sua venuta saranno ancora in vita e per morti tutti i
trapassati. * Il giudice è Cristo: egli è il giudice dei vivi e dei morti
costituito da Dio.
V. Sarà materia del giudizio tutto il bene e tutto il male che gli
uomini hanno fatto.
R. Il giudice è Cristo: egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito
da Dio.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
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Martedì 22 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo settimo
Quale timore avere e come prepararsi al giudizio di Cristo
Dobbiamo avere timore di questo giudizio per quattro motivi.
Per la conoscenza del giudice. Egli, infatti, di noi conosce tutto: e
anche se tutte le vie dell'uomo sembrano pure ai propri occhi, chi
scruta gli spiriti è il Signore (Pr 16, 2). Egli conosce le nostre parole,
perché un orecchio geloso ascolta ogni cosa, perfino il sussurro delle
mormorazioni non gli resta segreto (Sap 1, 10). Conosce anche i
nostri pensieri, perché, come dice Geremia: Io, il Signore, scruto la
mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni (Ger 17, 10) e nella Lettera
agli Ebrei si dice che tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui
noi dobbiamo rendere conto (Eb 4, 13). E vi saranno testimoni infallibili, cioè le coscienze di ciascun uomo, perché, come dice
l'Apostolo: Quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta
dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono. Così avverrà nel giorno in
cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo
(Rm 2, 15-16).
Per la potenza del giudice. Egli, infatti, è per sua natura onnipotente,
e di lui dice Isaia: Ecco, il Signore Dio viene con potenza (Is 40, 10).
Ma è onnipotente anche nei riguardi degli altri, perché allora con lui
sarà ogni creatura e il mondo combatterà con lui contro gli insensati
(Sap 5, 20). e Giobbe diceva: Nessuno mi può liberare dalla tua mano (Gb 10, 7), perché se salgo in cielo là tu sei, se scendo negli inferi,
eccoti (Sal 139 [138], 8).
Per l'inflessibilità del giudice. Il tempo presente è il tempo della misericordia, ma quello futuro sarà solo il tempo della giustizia. Quello
attuale è quindi il nostro tempo, mentre quello futuro sarà solo di
Dio. Alludendo ad esso il salmista diceva: Nel tempo che avrò stabilito io giudicherò con giustizia (Sal 175 [174], 3). E il Libro dei
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Proverbi diceva a proposito di un marito tradito: Non avrà pietà nel
giorno della vendetta, non vorrà accettare alcun compenso (Pr 6, 3435).
Per l'ira del giudice. Egli apparirà in maniera diversa ai giusti e ai
cattivi. Ai primi apparirà dolce e affettuoso e lo vedranno nel suo
splendore (Is 33, 17); ai secondi adirato e terribile, tanto che essi come si legge nell'Apocalisse - diranno ai monti: Cadete sopra di noi
e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira
dell'Agnello (Ap 6, 16). Parlando di questa ira non si intende però
dire che in Dio ci sia un eccitamento d'animo, ma solo indicarne
l'effetto, cioè la pena inflitta ai peccatori, che sarà eterna. Parlando di
essa Origene scriveva: «Quanto anguste saranno in quel giudizio le
vie dei peccatori! Lo presiederà un giudice adirato».
Per eliminare questo timore abbiamo quattro rimedi. Il primo è l'agire
bene: dice infatti l'Apostolo: Vuoi non avere da temere l'autorità? Fa'
il bene e ne avrai lode (Rm 13, 3), e Giobbe avverte: Temete per voi
la spada, poiché punitrice di iniquità è la spada, affinché sappiate che
c'è un giudice (Gb 19, 29). Il secondo rimedio è la confessione e la
penitenza dei propri peccati. E questo importa tre cose: il dolore
nell'esaminarli, la vergogna nel confessarli, la severità nel ripararli.
Cose queste che espiano la pena eterna. Il terzo rimedio è l'elemosina: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quand'essa
verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne (Lc 16, 9). il quarto rimedio è la carità, la quale, come dice san Pietro, copre una
moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8) e il Libro dei Proverbi conferma che
l'amore ricopre ogni colpa (Pr 10, 12).
RESPONSORIO
Cfr Rm 2, 15-16
R. Vi saranno testimoni infallibili, cioè le coscienze di ciascun uomo,
perché, come dice l'Apostolo: Quanto la legge esige è scritto nei loro
cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro
stessi ragionamenti, che ora li accusano, ora li difendono. Così
avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per
mezzo di Gesù Cristo. * Quello attuale è quindi il nostro tempo,
mentre quello futuro sarà solo di Dio.
V. Il tempo presente è il tempo della misericordia, ma quello futuro
sarà solo il tempo della giustizia.
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R. Quello attuale è quindi il nostro tempo, mentre quello futuro sarà
solo di Dio.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Giovedì 24 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo ottavo
Credo nello Spirito Santo
Come si è detto, il Verbo di Dio è Figlio di Dio, come, analogamente, il verbo dell'uomo viene detto concetto dell'intelletto. Ma talvolta
l'uomo ha un verbo morto, come quando, ad esempio, pensa alle cose
che deve fare, ma gli manca la volontà di farle; e come quando crede
e non opera, per cui la sua fede, al dire di san Giacomo (Gc 2, 26), è
morta. il Verbo di Dio è invece vivo, perché, come dice l'Apostolo:
La parola di Dio è viva (Eb 4, 12). Perciò è necessario che Dio abbia
in sé volontà e amore. Ne segue - come dice Agostino nel suo trattato
Sulla Trinità - che «il Verbo, del quale vogliamo dare un'idea, è
conoscenza accompagnata da amore». Ora, come il Verbo di Dio è
Figlio di Dio, così l'amore di Dio è lo Spirito Santo. Ed è per questo
che, quando l'uomo ama Dio, possiede lo Spirito Santo, come spiega
l'Apostolo: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5). Siccome poi lo
Spirito di Dio non è nient'altro che l'amore con il quale Dio ama se
stesso e noi, così in noi c'è lo Spirito Santo quando amiamo Dio e il
prossimo.
Ci furono però alcuni che pensarono erroneamente che lo Spirito
Santo fosse una creatura, e quindi inferiore al Padre e al Figlio e
ministro di Dio. Fu per rimuovere questo errore che i santi padri
aggiunsero nel secondo dei Simboli cinque precisazioni sulla natura
dello Spirito Santo.
La prima è che è Signore. È vero che esistono altri spiriti, cioè gli
angeli, ma essi sono soltanto ministri di Dio, tutti incaricati - come
15
dice l'Apostolo - di un ministero (Eb 1, 14). Mentre lo Spirito Santo è
Signore, perché - come dice san Paolo - Il Signore è lo Spirito, e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà (2 Cor 3,17). È questa la ragione per cui lo Spirito Santo elimina in noi il timore del mondo e ci
fa amare Dio. Ecco perché nel Simbolo si dice: Credo nello Spirito
Santo che è Signore.
La seconda è che dà la vita. La vita dell'anima consiste nell'unione
con Dio, perché, come l'anima è la vita del corpo, così Dio è la vita
dell'anima. Ora, è lo Spirito Santo che ci unisce a Dio mediante
l'amore, essendo egli l'amore di Dio. Perciò, come afferma Gesù
nella sinagoga di Cafarnao, È lo Spirito che dà la vita (Gv 6, 63).
Ecco perché nel Simbolo si dice che dà la vita.
La terza è che procede dal Padre e dal Figlio. Lo Spirito Santo è della
stessa sostanza del Padre e del Figlio. Come il Figlio è il Verbo del
Padre, così lo Spirito Santo è l'Amore del Padre e del Figlio e pertanto procede da ambedue. E come il Verbo di Dio è della stessa sostanza del Padre, così l'Amore è della stessa sostanza del Padre e del Figlio. Ecco perché si dice che egli è dal Padre e dal Figlio. Dal che
anche risulta chiaro che egli non è una creatura.
La quarta e che con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato. Lo
Spirito Santo è uguale al Padre e al Figlio: quindi gli spetta lo stesso
culto. Dice infatti san Paolo: Siamo noi i veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio, e ci gloriamo in Cristo
Gesù, senza avere fiducia nella carne (Fil 3, 3). Pertanto si dice nel
Simbolo: Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato.
La quinta è che ha parlato per mezzo dei profeti. In questo si manifesta la sua uguaglianza con Dio, perché i profeti parlarono a nome di
Dio. Dal che si deduce chiaramente che se lo Spirito Santo non fosse
Dio, non si direbbe che i profeti abbiano parlato per sua ispirazione,
come invece afferma di loro san Pietro quando dice: Mossi da Spirito
Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio (2 Pt 1, 21) e Isaia dice di sé: Il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo spirito (Is
48, 16). Perciò nel Simbolo si dice: Ha parlato per mezzo dei profeti.
Da quanto il Simbolo afferma sullo Spirito Santo, vengono perciò
eliminati due errori: quello dei Manichei, che sostenevano che l'Antico Testamento non proveniva dal Dio del bene: il che è falso, se è
16
stato lo Spirito Santo a parlare per mezzo dei profeti; e quello di
Priscilla e di Montano, i quali sostenevano che i profeti non avessero
parlato sotto ispirazione dello Spirito Santo, ma quasi in uno stato di
delirio.
RESPONSORIO
Cfr 2 Cor 3, 17; 2 Pt 1, 21
R. Lo Spirito Santo è Signore, perché - come dice san Paolo - Il
Signore è lo Spirito, e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà. È
questa la ragione per cui lo Spirito Santo elimina in noi il timore del
mondo e ci fa amare Dio. * Lo Spirito di Dio non è nient'altro che
l'amore con il quale Dio ama se stesso e noi, così in noi c'è lo Spirito
Santo quando amiamo Dio e il prossimo.
V. In questo si manifesta la sua uguaglianza con Dio, perché i profeti
parlarono a nome di Dio. Dal che si deduce chiaramente che se lo
Spirito Santo non fosse Dio, non si direbbe che i profeti abbiano
parlato per sua ispirazione, come invece afferma di loro san Pietro
quando dice: Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da
parte di Dio.
R. Lo Spirito di Dio non è nient'altro che l'amore con il quale Dio
ama se stesso e noi, così in noi c'è lo Spirito Santo quando amiamo
Dio e il prossimo.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Venerdì 25 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo ottavo
I frutti dello Spirito Santo
Dallo Spirito Santo ci provengono molti frutti.
Il primo: Ci purifica dai peccati. E questo ne è il motivo: chi ha fatto
una cosa ha la capacità di rifarla. Ora, l'anima è stata creata dallo Spirito Santo, perché Dio fa tutto per mezzo suo, in quanto egli dà origine a tutte le cose, amando la propria bontà. Dice infatti il Libro della
Sapienza: Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai
17
creato (Sap 9, 25). E Dionigi nel suo libro I nomi divini [cap. 4, 11]
scrive: «L'amore di Dio non ha sopportato di rimanere sterile». E
quindi è necessario che i cuori degli uomini distrutti dal peccato
vengano rifatti dallo Spirito Santo, secondo quanto dice il Salmo:
Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra (Sal
104 [103] , 30). Né fa meraviglia che lo Spirito Santo purifichi,
poiché tutti i peccati vengono perdonati per amore. Infatti, Gesù disse alla peccatrice: Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha
molto amato (Lc 7, 47); e nei Proverbi si legge che l'amore ricopre
ogni colpa (Pr 10,12). E san Pietro ribadisce che la carità copre una
moltitudine di peccati (1 Pt 4, 8).
Il secondo: Illumina l'intelletto. Tutto quello che sappiamo lo abbiamo infatti appreso dallo Spirito Santo, conformemente alla promessa
fattaci da Gesù: Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto (Gv 14, 26); e ancora: L'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri, ma la sua unzione vi insegna ogni cosa (1 Gv 2, 27).
Il terzo: Ci aiuta a osservare i comandamenti. Nessuno, infatti, potrebbe osservare i comandamenti di Dio se non lo amasse, secondo
quanto disse Gesù: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti ...
Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14, 15.23). Ora, è lo
Spirito Santo che ci fa amare Dio. Infatti profetizza Ezechiele: Vi
darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno Spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un Cuore di carne. Porrò il
mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi
farò osservare e mettere in pratica le mie leggi (Ez 36, 26-27).
Il quarto: Ci conferma nella speranza della vita eterna. Lo Spirito
Santo ne è infatti come il pegno, secondo quanto scrive l'Apostolo
agli Efesini: Avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era
stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità (Ef 1, 13-14). È
quasi una caparra della vita eterna, perché questa è dovuta all'uomo
in quanto egli diviene figlio di Dio, e lo diventa se si fa simile a
Cristo. Ma uno diventa simile a Cristo quando possiede lo spirito di
lui, che è appunto lo Spirito Santo. Lo afferma l'Apostolo scrivendo a
Romani: Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere
18
nella paura, ma avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo
del quale gridiamo: “Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al
nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche
eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo (Rm 8, 15-17). E lo ripete ai
Galati: Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei
nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: “Abbà, Padre!".
Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per
volontà di Dio (Gal 4, 6-7).
Il quinto: Ci consiglia nei dubbi e ci insegna a riconoscere la volontà
di Dio. L’Apocalisse infatti esorta: Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo
Spirito dice alle Chiese (Ap 2, 7), e Isaia, riferendo la propria esperienza, assicura questa assistenza dello Spirito, dicendo di lui che
ogni mattina fa attento il mio orecchio, perché io ascolti come gli
iniziati (Is 50, 4).
RESPONSORIO
Cfr Sal 104 [103] ,30; Gv 14, 15.23
R. È necessario che i cuori degli uomini distrutti dal peccato vengano
rifatti dallo Spirito Santo, secondo quanto dice il Salmo: Mandi il tuo
spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. Né fa meraviglia
che lo Spirito Santo purifichi, poiché tutti i peccati vengono
perdonati per amore. * È quasi una caparra della vita eterna, perché
questa è dovuta all'uomo in quanto egli diviene figlio di Dio, e lo
diventa se si fa simile a Cristo. Ma uno diventa simile a Cristo
quando possiede lo Spirito di lui.
V. Nessuno, infatti, potrebbe osservare i comandamenti di Dio se non
lo amasse, secondo quanto disse Gesù: Se mi amate, osserverete i
miei comandamenti ... Se uno mi ama, osserverà la mia parola. Ora, è
lo Spirito Santo che ci fa amare Dio.
R. È quasi una caparra della vita eterna, perché questa è dovuta
all'uomo in quanto egli diviene figlio di Dio, e lo diventa se si fa
simile a Cristo. Ma uno diventa simile a Cristo quando possiede lo
Spirito di lui.
19
Sabato 26 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo nono
Credo la Santa Chiesa Cattolica
Analogamente a quanto vediamo nell'uomo, che ha un'anima sola e
un solo corpo e tuttavia numerose membra, così la Chiesa cattolica è
un solo corpo ma con diverse membra. Chi poi dà la vita a questo
corpo è lo Spirito Santo. Perciò, dopo esserci stato richiesto di
credere nello Spirito Santo, ora siamo tenuti a credere alla santa
Chiesa cattolica. Perciò nel Simbolo si aggiunge: La santa Chiesa
cattolica. Bisogna innanzitutto tenere presente che il termine
"Chiesa" significa "assemblea"; sicché, quando parliamo della santa
Chiesa, intendiamo l'insieme o assemblea dei fedeli, di cui ogni
cristiano è come un membro. Ad essa si addicono le parole del
Siracide: Avvicinatevi, voi che siete senza istruzione, prendete
dimora nella mia scuola (Sir 51, 31). Questa santa Chiesa ha poi
quattro attributi: è una, è santa, è cattolica, cioè universale, ed è forte
e stabile.
È vero che molti eretici diedero origine a diverse sette, ma essi, perché divisi in parti, non appartengono alla Chiesa, la quale è una, come l'amata dello Sposo, di cui dice il Cantico: Unica è la mia colomba, la mia perfetta (Ct 6, 9). L’unità della Chiesa deriva da tre realtà.
Primo: dall'unità della fede. Infatti, tutti i cristiani credono e professano le stesse verità, come esigeva san Paolo dai Corinzi: Siate tutti
unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi (1 Cor 1,
10), dato che, come egli dirà agli Efesini, c'è un solo Signore, una
sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti (Ef 4, 5-6).
Secondo: dall'unità della speranza. Tutti sono infatti ancorati ad
un'unica speranza, quella di poter raggiungere la vita eterna. Per cui,
dice l'Apostolo, c'è un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la
speranza alla quale siete stati chiamati (Ef 4,4).
Terzo: dall'unità della carità. Tutti, infatti, sono uniti nell'amore di
Dio e nel mutuo amore che li lega l'uno all' altro; sicché Gesù poteva
20
dire: La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano
come noi una cosa sola (Gv 17, 22). Questo amore, poi, si manifesta
quando ciascun membro è sollecito dell'altro e tutti si compatiscono a
vicenda. A tal proposito diceva san Paolo: Vivendo secondo la verità
nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il
capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso,
mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia
propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da
edificare se stesso nella carità (Ef 4, 15-16). Ognuno, infatti, in forza
del suo ufficio e della grazia ricevuta, deve rendersi utile al suo
prossimo. Ne segue che nessuno deve tenere in poco conto e tollerare
di essere fuori o di venire espulso da questa Chiesa, perché non c'è
che, una sola Chiesa in cui gli uomini possano salvarsi, come nessuno poté salvarsi fuori dell'arca di Noè.
A proposito di questo secondo attributo della Chiesa, la santità, dobbiamo tenere presente che esiste anche un'altra assemblea, quella dei
cattivi, alla quale si possono applicare le parole del salmista: Odio
l'alleanza dei malvagi, non mi associo con gli empi (Sal 26 [25], 5).
Ma questa assemblea è malvagia, mentre la Chiesa di Cristo è santa,
perché - come afferma 1'Apostolo - Santo è il tempio di Dio, che
siete voi (1 Cor 3, 17). Perciò nel Simbolo si dice: Credo nella santa
Chiesa.
I fedeli della Chiesa vengono poi santificati in tre maniere.
Primo: dalla loro consacrazione. Allo stesso modo che una chiesa,
quando viene consacrata, viene lavata, così i fedeli sono lavati col
sangue di Cristo, il quale, come dice l'Apocalisse: Ci ha liberati dai
nostri peccati con il suo sangue (Ap 1, 5), e la Lettera agli Ebrei ribadisce: Gesù per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori
della porta della città (Eb 13, 12).
Secondo: dalla loro unzione. Come una chiesa, quando viene consacrata, viene unta, cosi anche i fedeli vengono unti con un'unzione spirituale, diversamente non sarebbero cristiani, perché il nome "Cristo"
significa "unto". E l'unzione di cui stiamo dicendo è la grazia dello
Spirito Santo. Dice infatti san Paolo che è Dio stesso che ci ha conferito funzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello
Spirito nei nostri cuori (2 Cor 1, 21-22) e che siamo stati santificati
21
nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (1
Cor 6, 11).
Terzo: dalla inabitazione in loro della Trinità. Difatti, qualunque sia
il luogo dove Dio abita, esso diventa santo. Di qui l'esclamazione di
Giacobbe, riferita dalla Genesi: Questo luogo è veramente santo
(Gen 28, 16) e l'affermazione del salmista: La santità si addice alla
tua casa (Sal 93 [92], 5).
Quarto: Per l'invocazione di Dio. Tu sei in mezzo a noi, Signore, e
noi siamo chiamati con il tuo nome (Ger 14, 9). Dopo essere stati così santificati, dobbiamo perciò cercare di non insozzare col peccato la
nostra anima, che è il tempio di Dio, perché se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui (1 Cor 3, 17).
RESPONSORIO
Cfr Sir 51, 31; Ef 4, 15
R. Quando parliamo della santa Chiesa, intendiamo l'insieme o
assemblea dei fedeli, di cui ogni cristiano è come un membro. Ad
essa si addicono le parole del Siracide: Avvicinatevi, voi che siete
senza istruzione, prendete dimora nella mia scuola. * Vivendo
secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa
verso di lui, che è il capo, Cristo.
V. Ognuno, infatti, in forza del suo ufficio e della grazia ricevuta,
deve rendersi utile al suo prossimo.
R. Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in
ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 27 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo nono
La Chiesa è Cattolica
La Chiesa è cattolica, ossia universale.
Primo: Quanto all'estensione. Essa, contrariamente a quanto
sostenevano i Donatisti, è diffusa in tutto il mondo. La Chiesa è
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infatti l'assemblea o l'insieme di tutti i fedeli, e questi sono in tutto il
mondo. Perciò in tutto il mondo è anche la Chiesa. Lo testimoniava
già Paolo scrivendo ai Romani: La fama della vostra fede si espande
in tutto il mondo (Rm 1, 8), quale realizzazione del comando dato da
Gesù agli apostoli: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad
ogni creatura (Mc 16, 15). Nell'antichità Dio era conosciuto solo nella Giudea; ora invece in tutto il mondo. Inoltre, questa Chiesa ha tre
stati: uno in terra, uno in cielo e un terzo in purgatorio.
Secondo: Quanto alla condizione degli uomini. Nessuno, infatti, viene escluso dal farne parte: né il padrone, né lo schiavo, né l'uomo né
la donna, perché non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né
libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo
Gesù (Gal 3, 28).
Terzo: Quanto al tempo. Alcuni dissero che la Chiesa deve durare
per un certo tempo. Ma questo è falso, perché essa ebbe inizio dal
tempo di Abele e durerà fino alla fine del mondo, perché il Signore
promise: Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo
(Mt 28, 20). E dopo la fine del mondo la Chiesa rimarrà in cielo.
Per quanto riguarda la stabilità della Chiesa. Una cosa si dice stabile
innanzitutto se ha delle buone fondamenta. Ora, il fondamento principale della Chiesa è Cristo, e - come dice san Paolo - nessuno può
porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù
Cristo (1 Cor 3, 11). Fondamento poi secondario sono gli apostoli e
la loro dottrina. La Chiesa risulta quindi stabile, perché è detto
nell'Apocalisse che le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli
dell'Agnello (Ap 21, 14). Ed è per questo che essa viene detta
apostolica. Ne segue anche, perché a rafforzare la solidità di questa
Chiesa, sia stato scelto il beato Pietro come suo vertice.
Secondo: la sua stabilità è provata, poi, dal fatto che la Chiesa non
poté mai essere distrutta dai suoi persecutori. Anzi, durante le persecuzioni essa si sviluppò maggiormente, e coloro che la perseguitarono e contro i quali essa dovette lottare, vennero meno, avverandosi
così la promessa di Gesù: chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà (Mt 21, 44). Non
fu distrutta neppure dalle eresie; anzi, più ne sorsero e più servirono a
23
manifestare la verità, perché, come dice san Paolo: Coloro che si oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta e riprovati in materia di fede ... non progrediranno oltre, perché la loro stoltezza sarà
manifestata a tutti (2 Tm 3, 8-9). Non ci sono riusciti neppure i demoni con le loro tentazioni, perché, anzi, la Chiesa è come una torre
nella quale si rifugia chiunque combatte contro il diavolo, perché
torre fortissima è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia ed è al
sicuro (Pr 18, 10). Perciò il diavolo fa di tutto per distruggerla, ma
non ci riesce, perché il Signore ha promesso che le porte degli inferi
non prevarranno contro di essa (Mt 16, 18), quasi avesse detto: Ti
combatteranno, ma non prevarranno. Ed è per questo che soltanto la
Chiesa di Pietro - al quale toccò in eredità l'Italia quando gli apostoli
furono mandati a predicare - fu sempre salda nella fede. Mentre nelle
altre parti o non esiste o è inquinata da molti errori, la Chiesa di
Pietro è invece fiorente per la sua fede ed immune da eresie. Né c'è
da meravigliarsene, perché il Signore disse a Pietro: Io ho pregato
per te, che non venga meno la tua fede (Lc 22, 32).
RESPONSORIO
Cfr Mt 28, 20; Pr 18, 10; Mt 21, 44
R. La Chiesa ebbe inizio dal tempo di Abele e durerà fino alla fine
del mondo, perché il Signore promise: Ecco, io sono con voi tutti i
giorni fino alla fine del mondo. E dopo la fine del mondo la Chiesa
rimarrà in cielo. * Perché torre fortissima è il nome del Signore: il
giusto vi si rifugia ed è al sicuro.
V. La Chiesa non poté mai essere distrutta dai suoi persecutori. Anzi,
durante le persecuzioni essa si sviluppò maggiormente, e coloro che
la perseguitarono e contro i quali essa dovette lottare, vennero meno,
avverandosi così la promessa di Gesù: chi cadrà sopra questa pietra
sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà.
R. Perché torre fortissima è il nome del Signore: il giusto vi si rifugia
ed è al sicuro.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
24
Martedì 29 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo decimo
La comunione dei santi
Come in un corpo animale l'attività di un membro torna a beneficio
di tutto l'organismo, così avviene anche nel corpo spirituale che è la
Chiesa. Siccome, perciò, tutti i credenti sono un unico corpo, il bene
degli uni viene comunicato agli altri, perché - come dice l'Apostolo siamo membra gli uni degli altri (Rm 12, 5). Tra le altre verità
trasmesseci dagli apostoli, dobbiamo perciò credere anche questa:
che nella Chiesa esiste la comunione di beni. Ed è quello che
professiamo dicendo: Credo nella comunione dei santi. Tra le altre
membra della Chiesa, il membro più importante è Cristo, poiché ne è
il capo: Dio lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la
quale è il suo corpo (Ef 1, 22-23). Pertanto il bene di Cristo è
comunicato a tutti i cristiani, nello stesso modo che la virtù del capo
si estende a tutte le membra. Questa sua comunicazione si effettua
mediante i sacramenti della Chiesa, nei quali opera la virtù della
passione di Cristo per conferire la grazia e per la remissione dei
peccati.
Il Battesimo è il primo sacramento. Il Battesimo è come una rinascita
spirituale. Come, infatti, la vita fisica dell'uomo non si ha senza una
nascita carnale, così la vita spirituale non si può avere se l'uomo non
rinasce spiritualmente. Ora, questa rigenerazione viene operata dal
battesimo. Lo disse Gesù a Nicodemo: Se uno non nasce da acqua e
da Spirito, non può entrare nel regno di Dio (Gv 3, 5). Come poi
l'uomo non nasce corporalmente che una sola volta, così viene
battezzato una volta sola. Per questo i padri aggiunsero nel Simbolo:
Professo un solo Battesimo. L'efficacia del Battesimo è di purificare
da tutti i peccati, sia quanto alla colpa che alla pena. Per questo ai
battezzati, per quanto siano stati peccatori, non viene imposta alcuna
penitenza; e, se morissero dopo il Battesimo, volerebbero immediatamente alla vita eterna. Ed è ancora per questo motivo che, sebbene
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soltanto i sacerdoti battezzino in forza del loro ufficio, in caso di
necessità è lecito a chiunque battezzare, purché si attenga alla forma
del battesimo che è: «lo ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo». A questo sacramento l'efficacia deriva dalla
passione di Cristo, come dice san Paolo: Quanti siamo stati battezzati
in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte (Rm 6, 3). Ecco
perché, a simboleggiare i tre giorni in cui Cristo rimase nel sepolcro,
nel battesimo si fa una triplice immersione nell' acqua.
La Confermazione è il secondo sacramento. Come, infatti, a coloro
che nascono fisicamente sono necessarie le forze per agire, così ai
rinati spiritualmente è necessaria la forza dello Spirito Santo. È
questa la ragione per cui gli apostoli, per diventare forti, ricevettero
dopo l'ascensione lo Spirito Santo, secondo quanto aveva loro
ingiunto Gesù: Restate in città, finché non siate rivestiti di potenza
dall'alto (Lc 24, 49). Orbene, siccome questa forza viene conferita
nel sacramento della confermazione, coloro che hanno la responsabilità dei fanciulli devono essere solleciti perché sia loro conferito
questo sacramento, dato che per esso viene loro procurata una grande
grazia. E in caso di morte consegue gloria maggiore chi ha ricevuto
la confermazione, in paragone a chi non l'ha ricevuta, avendo egli
ricevuto una grazia più abbondante.
L'Eucaristia è il terzo sacramento. Come all'uomo, per la vita del corpo, dopo che egli è nato e ha ricevuto le forze per agire, è necessario
un cibo per conservarsi in vita e sostentarsi, analogamente egli, per la
sua vita spirituale, dopo essersi rafforzato, ha bisogno di un cibo spirituale: il corpo di Cristo. Egli disse, infatti: Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi
la vita (Gv 6, 53). Ed è per questo che, per disposizione della Chiesa,
ogni cristiano deve ricevere almeno una volta all'anno il Corpo di
Cristo. Deve però riceverlo degnamente e con coscienza monda, perché, come avverte san Paolo, chiunque in modo indegno, cioè avendo
sulla coscienza un peccato mortale di cui non si è confessato o dal
quale non si propone di astenersi, mangia il pane o beve il ca-lice del
Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore ... mangia e beve
la propria condanna (1 Cor 11, 27-29).
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La Penitenza è il quarto sacramento. Può capitare, nella vita fisica,
che uno si ammali e, se non ha la medicina, muoia. Succede la stessa
cosa nella vita spirituale all'uomo che si ammala per il peccato. Per
ricuperare la salute ha bisogno di una medicina, cioè la grazia, che
gli viene conferita nel sacramento della penitenza. È Dio che perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie (Sal 103 [102], 3).
Per ottenere il perdono sono però richieste tre cose: la contrizione,
ossia il dolore del peccato con il proposito di astenersene in seguito;
la confessione integra di tutti peccati; e la soddisfazione mediante le
opere buone.
RESPONSORIO
R. Il bene di Cristo è comunicato a tutti i cristiani, nello stesso modo
che la virtù del capo si estende a tutte le membra. Questa sua
comunicazione si effettua mediante i sacramenti della Chiesa, nei
quali opera la virtù della passione di Cristo per conferire la grazia e
per la remissione dei peccati. * Per questo ai battezzati, per quanto
siano stati peccatori, non viene imposta alcuna penitenza; e, se
morissero dopo il battesimo, volerebbero immediatamente alla vita
eterna.
V. Per disposizione della Chiesa, ogni cristiano deve ricevere almeno
una volta all'anno il Corpo di Cristo. Deve però riceverlo degnamente
e con coscienza monda.
R. Per questo ai battezzati, per quanto siano stati peccatori, non viene
imposta alcuna penitenza; e, se morissero dopo il battesimo,
volerebbero immediatamente alla vita eterna.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
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Mercoledì 30 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo decimo
La remissione dei peccati e i benefici che derivano
dall’appartenere alla Chiesa
L'unzione degli infermi è il quinto sacramento. Sono tante in questa
vita le cause che impediscono all'uomo di purificarsi totalmente dai
propri peccati mediante la penitenza. E, dato che nessuno può entrare
nella vita eterna se non è perfettamente purificato, si rese necessario
un altro sacramento per purificare l'uomo dai peccati, sanarlo dalle
infermità e prepararlo all'ingresso nel regno dei cieli. Questo sacramento è l'unzione degli infermi. Se poi non sempre il corpo riacquista la salute fisica, questo può significare che in quel caso un
prolungamento della vita terrena non gioverebbe alla salvezza
dell'anima dell'ammalato. Gli effetti di questo sacramento sono
enumerati da san Giacomo: Chi è malato, chiami a sé i presbiteri
della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome
del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore
lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati (Gc 5, 1415).
L'ordine sacro è il sesto sacramento. È dunque chiaro che sono
cinque i sacramenti mediante i quali si ottiene la perfezione della
vita. Ma siccome è necessario che questi sacramenti siano conferiti
da determinati ministri, fu perciò necessario il sacramento
dell'ordine, per il cui ministero tali sacramenti sono dispensati. Non
si deve perciò badare alla condotta di questi ministri, ma alla virtù di
Cristo da cui i sacramenti traggono efficacia, secondo quanto dice
san Paolo: Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e
amministratori dei misteri di Dio (1 Cor 4, 1). Questo è perciò il
sesto sacramento.
Il matrimonio è il settimo sacramento. Vivendo in esso castamente, i
coniugi possono vivere senza commettere peccato mortale e quindi
salvarsi.
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Per mezzo dei suddetti sette sacramenti noi otteniamo la remissione
dei peccati. Ecco perché nel Simbolo, subito dopo la professione di
fede nella comunione dei santi, è stata aggiunta anche quella nella
remissione dei peccati. Il potere di rimettere i peccati fu dato agli
apostoli. Bisogna perciò credere che i ministri della Chiesa hanno il
potere di assolvere e che nella Chiesa esiste questa piena potestà di
rimettere i peccati.
Dobbiamo inoltre ricordare che non ci viene comunicata soltanto
l'efficacia della passione di Cristo, ma anche il merito della vita di
lui; e che qualunque bene abbiano operato tutti i santi viene partecipato a coloro che vivono nella carità, perché tutti siamo una cosa
sola. Lo dice anche il Salmo: lo sono partecipe di tutti coloro che
hanno timore di te (Sal 119 [118], 63). Di conseguenza, chi vive
nella carità è partecipe di tutto il bene che si fa in tutto il mondo; e ne
sono partecipi in modo speciale coloro per i quali qualche bene viene
loro applicato in modo particolare. Uno può infatti soddisfare per un
altro, come avviene per i benefici spirituali dei quali molti Ordini
religiosi rendono partecipi anche persone che di essi non fanno parte.
Da questa comunione ricaviamo, così, due benefici: il primo, che il
merito di Cristo viene partecipato a tutti; l'altro, che il bene di uno
viene comunicato all'altro. Ne segue allora che gli scomunicati
perdono questo beneficio e la partecipazione a tutto il bene che viene
fatto; ed è questa una perdita peggiore di ogni altra di ordine materiale. Incorrono anche in un altro pericolo: siccome è evidente che le
preghiere impediscono al diavolo di tentarci, chi viene escluso dalla
partecipazione a tutte queste preghiere verrà più facilmente vinto da
lui. Ed è per questo che nella Chiesa primitiva, quando uno veniva
scomunicato, immediatamente il diavolo lo vessava. Preghiamo il
Signore.
RESPONSORIO
R. Per mezzo dei sette sacramenti noi otteniamo la remissione dei
peccati. Ecco perché nel Simbolo, subito dopo la professione di fede
nella comunione dei santi, è stata aggiunta anche quella nella
remissione dei peccati. Il potere di rimettere i peccati fu dato agli
apostoli. * Dalla comunione dei santi ricaviamo due benefici: il
29
primo, che il merito di Cristo viene partecipato a tutti; l'altro, che il
bene di uno viene comunicato all'altro.
V. Dobbiamo ricordare che non ci viene comunicata soltanto
l'efficacia della passione di Cristo, ma anche il merito della vita di
lui; e che qualunque bene abbiano operato tutti i santi viene
partecipato a coloro che vivono nella carità, perché tutti siamo una
cosa sola.
R. Dalla comunione dei santi ricaviamo due benefici: il primo, che il
merito di Cristo viene partecipato a tutti; l'altro, che il bene di uno
viene comunicato all'altro.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Giovedì 31 ottobre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo undicesimo
Credo la risurrezione della carne
Non solo lo Spirito Santo santifica spiritualmente la Chiesa, ma per
la sua potenza anche i nostri corpi risorgeranno. Egli ha, infatti,
risuscitato dai morti Gesù nostro Signore (Rm 4, 24), e, se a causa di
un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti (1 Cor 15, 21). In forza della nostra fede noi perciò
crediamo anche la risurrezione dei morti. In merito ad essa ci sono
quattro considerazioni da fare: l'utilità che ci deriva dalla fede nella
risurrezione; la considerazione in generale dello stato di coloro che
risorgeranno; la condizione sia dei buoni che dei cattivi in
particolare.
La fede e la speranza della risurrezione ci sono utili per quattro
motivi.
Il primo: ci toglie la tristezza che proviamo per i morti. Infatti, è
impossibile che l'uomo non si addolori per la morte di un amico. Ma
per il fatto che egli spera nella sua risurrezione, il dolore per la sua
morte viene molto attenuato. Diceva al riguardo san Paolo: Non
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vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza ... circa quelli che sono morti,
perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno
speranza (1 Ts 4, 13).
Il secondo: ci toglie il timore della morte. Se infatti l'uomo non
sperasse in un'altra vita migliore dopo la morte, non c'è dubbio che
egli ne avrebbe grande timore e che sarebbe indotto a commettere
qualsiasi male per sfuggirla. Ma siccome crediamo che dopo questa
ci sarà un' altra vita migliore, è evidente che nessuno dovrà temere la
morte, né per sfuggirla compiere qualche peccato. Gesù, infatti, ne è
divenuto partecipe [della nostra natura] per ridurre all'impotenza
mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e
liberare cosi quelli che per timore della morte erano soggetti a
schiavitù per tutta la vita (Eb 2, 14-15).
Il terzo: ci rende solleciti e zelanti nel fare il bene. Se, infatti, la vita
dell'uomo si limitasse alla realtà presente, non ci sarebbe negli
uomini un grande impegno a compiere il bene, perché qualunque
cosa essi facessero sarebbe ben poco rispetto al loro desiderio che ha
per oggetto un bene non limitato nel tempo, ma eterno. Ma, siccome
crediamo che per le cose che facciamo ora qui riceveremo beni eterni
quando risorgeremo, ci sentiamo impegnati a bene operare. Dice al
riguardo san Paolo: Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto
in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini (1 Cor
15, 19).
Il quarto: ci distoglie dal male. Come, infatti, la speranza del premio
ci è di stimolo a ben operare, così il timore del castigo, che noi crediamo riservato ai cattivi, ci ritrae dal male. Disse infatti Gesù che
tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti
fecero il male per una risurrezione di condanna (Gv 5, 28-29).
RESPONSORIO
Cfr Eb 2, 14
R. Siccome crediamo che dopo questa ci sarà un' altra vita migliore, è
evidente che nessuno dovrà temere la morte, né per sfuggirla
compiere qualche peccato. Gesù, infatti, ne è divenuto partecipe
[della nostra natura] per ridurre all'impotenza mediante la morte colui
che della morte ha il potere. * Ma, siccome crediamo che per le cose
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che facciamo ora qui riceveremo beni eterni quando risorgeremo, ci
sentiamo impegnati a bene operare.
V. Se la vita dell'uomo si limitasse alla presente, non ci sarebbe negli
uomini un grande impegno a compiere il bene, perché qualunque
cosa essi facessero sarebbe ben poco rispetto al loro desiderio che ha
per oggetto un bene non limitato nel tempo, ma eterno.
R. Ma, siccome crediamo che per le cose che facciamo ora qui
riceveremo beni eterni quando risorgeremo, ci sentiamo impegnati a
bene operare.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Domenica 3 novembre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo undicesimo
Lo stato di coloro che risorgeranno
Le condizioni in cui verranno a trovarsi in generale tutti i corpi dei
risorti sono quattro.
La prima riguarda l'identità dei corpi dei morti. A risorgere sarà lo
stesso corpo, con la stessa carne e con le stesse ossa che ha ora, anche se alcuni hanno sostenuto che il corpo attuale si corromperà e
non risorgerà. Ma questa affermazione contraddice quanto è detto
nella Sacra Scrittura, che afferma invece che per virtù divina risorgerà alla vita il medesimo corpo che abbiamo ora. Dice infatti
Giobbe: Di nuovo mi rivestirò della mia pelle e nella mia carne vedrò
Dio (Gb 19, 26).
La seconda riguarda la loro qualità. I corpi dei risorti saranno di una
qualità diversa dall'attuale, perché, sia quelli dei beati che quelli dei
dannati, saranno incorruttibili, in quanto i buoni saranno sempre nella
gloria e i cattivi sempre nella pena. Lo conferma san Paolo nel testo
sopra citato: È necessario che questo corpo corruttibile si vesta di
incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità (1 Cor
15, 53). E, dato che il corpo sarà incorruttibile e immortale, dopo la
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risurrezione non avrà bisogno di cibo né di usare del sesso, come rivelò Gesù stesso: Alla risurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo (Mt 22, 30). Verità, questa, che va
contro la credenza degli ebrei e dei musulmani, e ad essa allude anche Giobbe quando dice che chi scende agli inferi più non risale; né
tornerà più nella sua casa (Gb 7, 9-10).
La terza riguarda la loro integrità. Sia i buoni che i cattivi risorgeranno con quella integrità corporale che spetta alla perfezione del
corpo umano. Allora non ci sarà più né cieco, né zoppo, né alcun
altro difetto. L'Apostolo infatti dice che i morti risorgeranno
incorrotti (1 Cor 15, 52).
La quarta riguarda la loro età. Tutti risorgeranno come se avessero
trentadue o trentatré anni, che è l'età perfetta. Il motivo è che coloro
che non erano ancora giunti a tali anni non avevano l'età perfetta; e i
vecchi l'avevano già persa. Di conseguenza, ai giovani e ai bambini
verranno aggiunti gli anni che loro mancano per avere l'età perfetta;
ai vecchi, invece, questa verrà restituita. Lo dice san Paolo quando
afferma: Finché arriviamo tutti ... allo stato di uomo perfetto, nella
misura che conviene alla piena maturità di Cristo (Ef 4, 13 ).
Quanto ai buoni bisogna sapere che essi godranno di uno speciale
stato di gloria perché i santi riavranno i corpi glorificati in quattro
modi.
Con lo splendore. Si legge infatti in Matteo: I giusti splenderanno
come il sole nel regno del Padre loro (Mt 13, 43).
Con l'impassibilità, perché il corpo si semina ignobile e risorge
glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza (1 Cor 15, 43); e
Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né
lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate
(Ap 21, 4).
Con l'agilità, perché risplenderanno come scintille nella stoppia,
correranno qua e là (Sap 3, 7).
Con la sottigliezza: Si semina un corpo animale, risorge un corpo
spirituale (1 Cor 15, 43), non nel senso che esso sia totalmente
spirito, ma perché sarà totalmente soggetto allo spirito.
La condizione dei corpi dei dannati sarà contraria a quella dei beati,
perché questi dovranno scontare una pena eterna. I loro corpi presen33
teranno perciò quattro caratteristiche. Saranno neri, perché i loro
volti sono volti di fiamma (Is 13, 8); saranno soggetti a patire, perché
sempre immersi nel fuoco, dato che il loro verme non morirà, il loro
fuoco non si spegnerà (Is 66, 24); diventeranno pesanti, perché la
loro anima sarà quasi legata al luogo per stringere in catene i loro
capi (Sal 149, 8). Infine, diventeranno carnali sia l'anima che il
corpo, perché, al dire di Gioele, i giumenti sono marciti nel loro
letame (Gl 1, 17).
RESPONSORIO
Cfr Gb 19, 26
R. La Sacra Scrittura, afferma che per virtù divina risorgerà alla vita
il medesimo corpo che abbiamo ora. Dice infatti Giobbe: Di nuovo
mi rivestirò della mia pelle e nella mia carne vedrò Dio. * Sia i buoni
che i cattivi risorgeranno con quella integrità corporale che spetta
alla perfezione del corpo umano. Allora non ci sarà più né cieco, né
zoppo, né alcun altro difetto.
V. I corpi dei risorti saranno di una qualità diversa dall'attuale,
perché, sia quelli dei beati che quelli dei dannati, saranno
incorruttibili, in quanto i buoni saranno sempre nella gloria e i cattivi
sempre nella pena.
R. Sia i buoni che i cattivi risorgeranno con quella integrità corporale
che spetta alla perfezione del corpo umano. Allora non ci sarà più né
cieco, né zoppo, né alcun altro difetto.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Mercoledì 6 novembre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo dodicesimo
La felicità dei beati
La vita eterna, in quanto meta finale di tutti i nostri desideri
giustamente nel Simbolo viene posta al termine di tutte le altre verità
da credere, quando vi si dice: Credo la vita eterna. Sono contrari a
questa verità coloro che sostengono che l'anima muore col corpo. Ma
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se ciò fosse vero, non ci sarebbe differenza tra l'uomo e i bruti. A
costoro si potrebbe applicare quanto dice il salmo: L’uomo nella
prosperità non comprende, è come gli animali che periscono (Sal 49
[48] ,21). L'anima, invece, per la sua immortalità è simile a Dio, è
simile ai bruti solo per la sua parte sensitiva. Per cui, chi crede che
l'anima muoia con il corpo, si allontana dalla sua somiglianza con
Dio e si mette alla pari con le bestie. Costui fa parte del numero di
coloro di cui è detto: Non sperano salario per la santità, né credono
alla ricompensa delle anime pure. Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità; lo fece a immagine della propria natura (Sap 2, 22-23).
In questo articolo della nostra fede dobbiamo innanzitutto considerare che tipo di vita sia la vita eterna. Ora, essa consiste prima di
tutto nell'unione con Dio. Premio e fine di tutte le nostre fatiche è
infatti Dio in persona, come egli stesso ebbe a dire ad Abramo: Io
sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande (Gen 15, 1).
Questa unione consiste poi, innanzitutto, in una perfetta visione di
lui: Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma
allora vedremo faccia a faccia (1 Cor 13, 12). Consiste poi anche in
un amore molto fervente, perché più uno lo si conosce, e più lo si
ama; e in una somma lode di lui. Dice infatti Agostino: «Vedremo,
ameremo e loderemo» (La città di Dio, 22) e Isaia assicura che giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e inni di lode (Is 51, 3).
Poi, nell'appagamento totale e perfetto di ogni desiderio. Nella vita
eterna ogni beato troverà l'appagamento di quanto ha desiderato e
sperato. La ragione è che niente nella vita presente può appagare
pienamente i desideri dell'uomo, né vi è alcunché di creato che possa
soddisfare le sue aspirazioni. Soltanto Dio può saziarle e sorpassarle
infinitamente, sicché Agostino poté affermare: «Ci hai fatto, o Signore, per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te»
(Confessioni, I). E poiché i santi nella patria celeste possiederanno
Dio perfettamente, essendo egli il nostro premio, è evidente che ogni
nostro desiderio sarà saziato e la nostra felicità supererà ogni nostra
aspettativa. Perciò il Signore dice al servo fedele: Prendi parte alla
gioia del tuo padrone (Mt 25, 21). E sant'Agostino commenta: «non è
che tutto il gaudio entrerà in coloro che godono, ma tutti coloro che
godono entreranno nel gaudio». E il salmista diceva: Mi sazierò della
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tua presenza (Sal 17 [16], 15), e ancora: Egli sazia di beni i tuoi
giorni (Sal 103 [102], 5). Tutto ciò che può recare diletto si trova
infatti nella vita eterna e in sovrabbondanza. Se si desiderano
godimenti, là vi sarà il sommo e perfetto godimento, perché avrà
come oggetto Dio che è il sommo bene. Dice infatti il Libro di
Giobbe: Allora sì, nell'Onnipotente ti sazierai (Gb 22, 26); e il
salmista: Gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua
destra (Sal 16 [15], 11). Se si desiderano onori, là si avranno tutti. Gli
uomini, infatti, se sono laici aspirano principalmente a essere re; se
sono chierici a essere vescovi. Ebbene, là gli uni e gli altri saranno
accontentati, perché dice l'Apocalisse: Li hai costituiti per il nostro
Dio un regno di sacerdoti (Ap 5, 5), e ognuno ora è considerato tra i
figli di Dio (Sap 5, 5). Se poi si desidera la scienza, là sarà perfetta,
perché conosceremo la natura delle cose, ogni verità e tutto quello
che vorremo sapere. E quanto vorremo avere, lo avremo con la vita
eterna, perché, come dice il Libro della Sapienza: Insieme con essa
mi sono venuti tutti i beni (Sap 7, 11) e quello dei Proverbi aggiunge:
Il desiderio dei giusti è soddisfatto (Pr 1, 24).
Inoltre, nella perfetta sicurezza. Mentre, infatti, in questo mondo non
c'è perfetta sicurezza, perché quante più ricchezze uno possiede e più
onorifiche sono le sue cariche, tanto più ha paura di perderle e gli
mancano inoltre tante altre cose, nella vita eterna non c'è invece
alcuna tristezza, nessuna fatica, nessun timore, perché ognuno vi
vivrà tranquillo e sicuro dal timore del male (Pr 1, 33).
Da ultimo nella lieta compagnia dei beati. Trovarsi insieme a tutti i
buoni sarà una compagnia massimamente piacevole, perché ciascuno
avrà così tutti i beni in comune a tutti i loro e là ciascuno amerà l'altro come se stesso e godrà di quello altrui come del proprio bene. E
ciò farà sì che, aumentando la gioia e la felicità di uno, aumenti la felicità di tutti, come dice il salmista: Quelli che sono in te, sono tutti
lieti e festosi (Sal 87 [86], 7).
RESPONSORIO
Cfr Gen 15, 1
R. La vita eterna, in quanto meta finale di tutti i nostri desideri,
giustamente nel Simbolo viene posta al termine di tutte le altre verità
da credere, quando vi si dice: Credo la vita eterna. * Premio e fine di
tutte le nostre fatiche è infatti Dio in persona, come egli stesso ebbe a
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dire ad Abramo: Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto
grande.
V. Nella vita eterna ogni beato troverà l'appagamento di quanto ha
desiderato e sperato. La ragione è che niente nella vita presente può
appagare pienamente i desideri dell'uomo, né vi è alcunché di creato
che possa soddisfare le sue aspirazioni.
R. Premio e fine di tutte le nostre fatiche è infatti Dio in persona,
come egli stesso ebbe a dire ad Abramo: Io sono il tuo scudo; la tua
ricompensa sarà molto grande.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
Giovedì 7 novembre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo dodicesimo
Cosa comporta l’eternità per i dannati
I beati nella vita eterna godranno, dunque, di tutti i beni dei quali
abbiamo parlato. I cattivi, invece, condannati a una morte eterna, non
avranno meno di dolore e di pena di quanto i buoni avranno di
felicità e di gloria. La loro pena verrà poi accresciuta prima di tutto
dalla separazione da Dio e da tutti i beni. È questa la cosiddetta pena
del danno, che consiste nell' essere lontani da Dio; ed è pena ben
peggiore della pena dei sensi. Di loro sentenzia il Signore: Il servo
fannullone gettatelo fuori nelle tenebre (Mt 25, 30). Nella vita terrena
essi, infatti, furono nelle tenebre interiori, cioè nel peccato; ora
avranno quelle esteriori.
Poi, dal rimorso della coscienza. Ad essi può venire applicato quanto
dice il salmista: Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati (Sal 50
[49], 21), e quanto dice il Libro della Sapienza: Gemeranno nello
spirito tormentato (Sap 5, 3). Tuttavia questo loro pentirsi sarà
inutile, perché non proviene dall'odio del peccato, ma è causato dal
dolore della pena.
37
Ancora, dall'immensità della pena dei sensi. Si tratta della pena del
fuoco dell'inferno, che tormenterà l'anima e il corpo e che, come
dicono i santi, è la pena più atroce. Per essa i dannati saranno come
se stessero sempre per morire, ma non morranno mai. Perciò viene
detta morte eterna, perché, come il moribondo soffre i dolori
dell'agonia, così li soffriranno in continuazione coloro che sono
nell'inferno. Di loro si dice: Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte (Sal 49 [48], 15).
Infine, dalla disperazione della salvezza. Se, infatti, fosse loro data la
speranza di una futura liberazione dalla pena, questa risulterebbe
mitigata. Togliendo invece loro ogni speranza, la pena diventa
atrocissima. Dice Isaia: Il loro verme non morirà, il loro fuoco non si
spegnerà (Is 66, 24).
RESPONSORIO
Cfr Mt 25, 30; Is 66, 24
R. Dei cattivi sentenzia il Signore: Il servo fannullone gettatelo fuori
nelle tenebre. Nella vita terrena essi, infatti, furono nelle tenebre
interiori, cioè nel peccato; ora avranno quelle esteriori. * I cattivi,
condannati a una morte eterna, non avranno meno di dolore e di pena
di quanto i buoni avranno di felicità e di gloria.
V. Se, infatti, fosse loro data la speranza di una futura liberazione
dalla pena, questa risulterebbe mitigata. Togliendo invece loro ogni
speranza, la pena diventa atroce. Dice Isaia: Il loro verme non
morirà, il loro fuoco non si spegnerà.
R. I cattivi, condannati a una morte eterna, non avranno meno di
dolore e di pena di quanto i buoni avranno di felicità e di gloria.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
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Domenica 10 novembre
SECONDA LETTURA
Dal «Commento al Simbolo Apostolico» di san Tommaso d’Aquino,
dottore della Chiesa
Articolo dodicesimo
Ricordarsi il Credo spinge al bene
Da quanto è stato detto appare dunque chiara la differenza tra
l'operare il bene e fare il male: le opere buone conducono alla vita,
quelle cattive trascinano alla morte. Gli uomini dovrebbero perciò
richiamare alla memoria queste verità, che possono spingerli al bene
e allontanarli dal male. Non a caso, ma giustamente, l'articolo sulla
vita eterna è stato perciò posto al termine del Simbolo perché si
imprima sempre più nella memoria. Al termine dobbiamo poi
ricordare che, secondo alcuni, esso comprende sei articoli che
trattano della divinità: cioè che Dio è uno per la sua natura ed è per
questo che si afferma: Credo in un solo Dio; che è trino nelle
Persone, e si dice perciò: Credo nel Padre e nel Figlio e nello Spirito
Santo; che è creatore di tutte le cose, e perciò si dice: Creatore del
cielo e della terra; che da lui viene ogni grazia e la remissione dei
peccati; che lui risusciterà i nostri corpi e darà ai buoni la vita eterna.
Sei articoli riguardano poi la sua umanità: che cioè è stato concepito
ed è nato, che è morto ed ha patito, che discese agli inferi, risuscitò il
terzo giorno, sali al cielo da dove verrà per il giudizio. Voglia il
Signor nostro Gesù Cristo, Dio benedetto, condurci a questa vita che
durerà nei secoli dei secoli. Amen.
RESPONSORIO
R. Appare dunque chiara la differenza tra l'operare il bene e fare il
male: le opere buone conducono alla vita, quelle cattive trascinano
alla morte. * Gli uomini dovrebbero perciò richiamare alla memoria
queste verità, che possono spingerli al bene e allontanarli dal male.
V. Non a caso, ma giustamente, l'articolo sulla vita eterna è stato
perciò posto al termine del Simbolo perché si imprima sempre più
nella memoria.
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R. Gli uomini dovrebbero perciò richiamare alla memoria queste
verità, che possono spingerli al bene e allontanarli dal male.
Tutto prosegue come nella Liturgia delle Ore del giorno.
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Pro manuscripto
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