La Cicala
n. 4
Ottobre 2009
Storie di Roma - rubrica riservata a Romani noti (e meno noti) o
semplicemente meritevoli di essere ricordati
Con l’articolo che segue ha preso inizio una collaborazione tra “Pro Roma Mia” e
“la Farfalla”, una rivista di camperisti, e per l’occasione ho pensato di proporre un
itinerario artistico alla scoperta di alcuni capolavori realizzati da oscuri artigiani del
passato il cui nome non è stato consegnato nelle mani della Storia. Questi uomini si
specializzarono nella tecnica detta dell’opus sectile, una particolare modalità di
intagliare marmi e pietre pregiate per realizzare disegni e figure. Questa tecnica, che
si espresse come una evoluzione della abilità dei Romani di realizzare mosaici, fu poi
il fondamento per le varie opere decorative del Medioevo conosciute con il nome di
Cosmateschi.
Le maggiori opere di opus sectile restituite dalla Roma antica sono riconducibili a tre
siti principali :
1) La Basilica di Giunio Basso
2) La domus di Porta Marina di Ostia
3) La Villa di Lucio Vero all’Acqua Traversa
Con questo articolo verranno proposte , in sintesi, le decorazioni provenienti dalla
Basilica di Giunio Basso
La Basilica di Giunio Basso
Edificata da Giunio Annio Basso, console del 331, era situata sull'Esquilino dove
oggi è ubicato il Seminario Pontificio di Studi Orientali, in via Napoleone III, 3.
L’edificio, innalzato come basilica civile, venne trasformata nella chiesa di
Sant'Andrea Catabarbara nella seconda metà del V secolo, all'epoca di papa
Simplicio
Questa chiesa, oggi scomparsa, fu dedicata da Papa Simplicio (468-483) a S. Andrea
Apostolo, fratello di S.Pietro, che dopo aver evangelizzato l’Asia Minore e la Grecia,
morì a Costantinopoli. In quel luogo, fu costruita una prima chiesa dedicata al santo e
le sue reliquie furono trafugate da Costantinopoli nel 1210 per essere trasportate ad
Amalfi.
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Intorno al 476 l’edificio apparteneva a Flavius Theodobius Valila, di origine gota,
che, a differenza dei suoi commilitoni che erano ariani, sembra sia stato cattolico.
Egli avrebbe donato la basilica a Papa Simplicio che, secondo quanto è attestato dal
Liber Pontificalis, mantenne la struttura architettonica e la decorazione pagana
preesistente ed aggiunse soltanto l’abside con un mosaico cristiano. Nella vita di
Gregorio II (715-731), si legge che furono costruiti,accanto alla chiesa, un ospedale e
un monastero, dove si ritirò una certa Barbara, persona cara al papa a cui sarebbe
dedicata la chiesa.
La chiesa, indicata nella pianta del Bufalini del 1551, fu distrutta nel 1686; nel 1930
vennero riscoperti gli ultimi resti dell'edificio, che in quell'occasione vennero
definitivamente demoliti.
Decorazione in opus sectile
L'Opus sectile è considerata una delle tecniche di pavimentazione più raffinate e
prestigiose, sia per i materiali utilizzati (marmi tra i più rari) che per la difficoltà di
realizzazione. Le pavimentazioni in opus sectile decoravano sia strutture pubbliche
che gli ambienti privati più suntuosi ed erano a volte utilizzate anche come evidente
segno di agiatezza dalle classi sociali elevate.
Sebbene le prime tracce di questa tecnica si trovino in Egitto e in Asia minore, è
nell'epoca romana che questa trova maggiore impiego e diffusione. La
tecnica,utilizzata per tutto l'impero romano, troverà poi impiego nelle basiliche
Bizantine per approdare infine nei raffinati capolavori eseguiti dai Cosmati tra l'XII e
XIII secolo.
Le pareti della Basilica di Giunio Basso erano decorate da mosaici in opus sectile:
due di questi, oggi conservati nei Musei Capitolini, raffigurano due tigri che
azzannano rispettivamente un cerbiatto e un piccolo toro; altri due pannelli (ora nel
Museo di Palazzo Massimo), sono di carattere mitologico e rappresentano il primo,
un personaggio in piedi su una biga, forse il console Giunio Basso, scortato da
quattro cavalieri che sollevano delle cornucopie mentre il secondo, di maggior
impatto cromatico, rappresenta il mito di Hyla.
I marmi preziosi accostati nelle figure generano una policromia vivacissima, con la
capacità talvolta di riprodurre anche il chiaroscuro disponendo in maniera studiata le
screziature della pietra.
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Pannello parietale in opus sectile, in marmi colorati e madreperla, con scena del ratto
di Ila da parte delle Ninfe. Opera romana, prima metà del IV sec. d.C. Dalla Basilica
di Giunio Basso sull'Esquilino ( Ora nel Palazzo Massimo )
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Dettaglio del pannello relativo al mito di Ila – corteo di figure di gusto
orientaleggiante
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Scena del Processus consularis ora nel Palazzo Massimo - Giunio Basso è raffigurato
su un cocchio seguito da aurighi delle quattro fazioni circensi
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Dalla Basilica di Giunio Basso, ora nei Musei Capitolini
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Dalla Basilica di Giunio Basso, ora nei Musei Capitolini
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L’Angolo di Antonio (Antonio’s Corner)
Con questo numero prende inizio una serie di articoli dedicati ai “sacchi di Roma”
Sapete come si sono svolti ? Chi li ha commessi e soprattutto quanti sono stati i
Sacchi? Non gia’ quelli posseduti da ognuno di noi ai tempi della Lira (un sacco du
sacchi o il piu’ famoso mezzo sacco….. da spiegare ai consociati piu’ giovani)
Trattasi invece di eventi tragici che colpirono uno dei simboli del potere del tempo e
che incuteva timore e rispetto e per tale motivo doveva essere violato
Il Sacco di Roma del 390 a.C.
Brenno - Re dei Galli – in una antica incisione
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L’azione dei Galli su Roma, Talamone e verso la Magna Grecia
Il sacco di Roma del 390 a.C. da parte dei Galli Senoni guidati da Brenno è uno degli
episodi più traumatici della storia di Roma, tanto da essere riportata negli annali con
il nome di Clades Gallica, ossia sconfitta gallica. Ne danno testimonianza Polibio (II,
18, 2), Livio (V, 35-55), Diodoro Siculo (XIV, 113-117) e Plutarco (Camillo, 15, 32).
Eventi storici
Il tentativo romano di fermare i Galli a sole undici miglia da Roma, presso la
confluenza nel Tevere del fiume Allia (oggi noto col nome di "Fosso della Bettina"), un
corso d'acqua situato al 18º chilometro della via Salaria, si risolse in una grave
sconfitta delle truppe romane.
Il giorno dell'amara sconfitta, il dies Alliensis (18 luglio), divenne sinonimo di
sciagura e fu registrato nei calendari imperiali come dies nefastus (traducibile con
giorno non lecito) quindi uno di quei giorni in cui non era consentito fare alcune cose
come, ad esempio, seminare o partire per un viaggio.
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I superstiti, incalzati dai Galli, si ritirarono in ordine sparso entro le mura di Roma,
dimenticando di chiuderne le porte, come riportato dallo storico Livio. Molto più
probabilmente l'ingresso degli invasori nella città fu dovuto al crollo delle mura dopo
un assedio da parte dei Galli. Questi quindi misero a ferro e fuoco l'intera città, ivi
incluso l'archivio di stato, cosicché tutti gli avvenimenti antecedenti la battaglia
risultano in gran parte leggendari e di difficile ricostruzione storica.
L'irruzione dei Galli in Senato vide i senatori seduti composti sui propri scranni:
vennero tutti barbaramente massacrati. I Romani rimanenti si rinchiusero quindi sul
Campidoglio, un colle notevolmente fortificato, cosa che non impedì un ulteriore
assedio.
La leggenda narra che le oche sacre del tempio capitolino di Giunone avvisarono del
tentativo di ingresso da parte dei Galli assedianti il console Marco Manlio, facendo
così fallire il loro piano.
In realtà, sembra accertato che si venne ad un accordo tra i Romani, oramai allo
stremo per la fame, ed i Galli, colpiti da un'improvvisa epidemia. Quest'ultimi
sarebbero ripartiti senza arrecare ulteriori distruzioni in cambio di un riscatto pari a
1.000 libre d'oro puro.
In questo contesto si sarebbero verificati i famosi episodi della bilancia truccata da
parte dei Galli per ottenere più oro con Brenno che fa pesare anche la sua spada in
segno di spregio, urlando: "Vae victis!" ("Guai ai vinti!"), e del provvidenziale arrivo
di Marco Furio Camillo, conquistatore di Veio, che al grido: «Non con l'oro si
difende l'onore della patria, bensì col ferro delle armi!» avrebbe fatto fuggire i Galli
senza il bottino. In realtà sembra che i Galli si ritirarono per fronteggiare degli
attacchi di altri popoli italici, portando via il bottino di guerra.
Conseguenze politiche
Roma era stata rasa praticamente al suolo e la Lega Latina era pressoché in
frantumi: la fortuna per la città era stata di aver espugnato Veio qualche anno prima
della calata dei Galli, altrimenti difficilmente sarebbe divenuta la futura Caput mundi.
Ma il suo prestigio era definitivamente compromesso ed i Latini precedentemente
soggiogati avevano rialzato la testa.
Nel contempo, i Galli avevano inferto un colpo ancor più letale all'Etruria che teneva
la giovane repubblica romana sotto custodia: era stata devastata dai Galli di Brenno
Chiusi, il cui lucumone, Porsenna, aveva imposto la libertà condizionata a Roma
circa 120 anni prima, e che ora era impossibilitata a vincolarla nuovamente. Chiusi
aveva imposto l'abbattimento delle mura a Roma e la mancanza di mura aveva posto
la città alla mercé dei Galli. Ma ora Roma poteva aver mano libera nel regolare
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definitivamente i conti con l'Etruria, il che puntualmente si verificò nel corso dei
successivi 130 anni.
Conseguenze sociali
Roma ne usciva con un'economia a pezzi e con le riserve auree depauperate. La plebe
poteva ora imporre leggi a proprio vantaggio nei confronti dell'oligarchia senatoria
da sempre al potere.
I sette colli furono circondati da una potente cinta muraria (le cosiddette "Mura
Serviane", in quanto erroneamente ritenute erette dal penultimo re, Servio Tullio) e
l'opera fu terminata nel giro di 12 anni (378 a.C.). Nel contempo si stabilì quasi
sicuramente un piano di ricostruzione ed uno spirito di collaborazione reciproca tra
plebe e classe senatoria. Tali mura resistettero anche al tentativo di assedio da parte
di Annibale nel 215 a.C., durante il corso della seconda guerra punica ("Hannibal
ante portas") e la fusione delle classi sociali dell'Urbe divenne nota coll'acronimo
S.P.Q.R.
Conseguenze militari
Fu forgiato l'esercito romano che darà a Roma il monopolio su tutto il Mediterraneo
negli anni a venire: le armi e gli elmetti di bronzo vennero sostituiti con quelli
d'acciaio e così pure avvenne per gli scudi. Gli scudi da tondi, divennero rettangolari
e convessi all'esterno. Fu introdotto il più maneggevole e corto gladium al posto della
pesante e lunga spada. Fu introdotto un giavellotto molto potente, il pilum che, tra
l'altro, aveva il vantaggio di spezzarsi con il lancio, avesse o meno colpito il
bersaglio, rendendosi inutilizzabile al nemico che lo avesse raccolto.
Anche lo schema della legione romana venne modificato per ottenere maggiore
leggerezza, manovrabilità e velocità. Venne strutturata su tre linee poste una dietro
all'altra: la più avanzata composta da Hastati (meno esperti), la mediana composta
dai Principes e la terza e più arretrata che impediva gli accerchiamenti, composta dai
Triari (i veterani). La cavalleria venne disposta ai lati dello schieramento di fanteria legione. Questo esercito si getterà alla conquista del mondo portando Roma, nel 117
d.C., al tempo dell'imperatore Traiano, a dominare un territorio di oltre 8 milioni di
chilometri quadrati, dal Kuwait alla Scozia. Per ottocento anni esatti la città di Roma
non conoscerà altri saccheggi: soltanto due volte, durante il canto del cigno
dell'impero, prima della sua definitiva caduta, verrà saccheggiata: il 24 agosto 410
d.C. dai Visigoti di Alarico (sacco di Roma (410)) e il 28-31 maggio 455 d.C. dai
Vandali di Genserico (sacco di Roma (455)) .
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Tradizione/folclore
Piatti della tradizione romana – MACCHERONI CON LA RICOTTA
per 4 persone:
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400 g. di maccheroni
250 g. di ricotta romana
500 g. di pomodori pelati
qualche foglia di basilico
1 spicchio d’aglio
80 g. di parmigiano grattugiato
olio, sale e pepe quanto basta
Lava il basilico, asciugalo e spezzettalo. Tagliuzza (schiacciali con una forchetta) i
pelati in un piatto.
In un tegame, fai dorare lo spicchio d’aglio nell’olio, aggiungi il pomodoro, il
basilico e condisci con il sale.
Fai cuocere a fuoco basso per circa 20 minuti fino a quando la salsa diventa
abbastanza densa.
Cuoci la pasta in abbondante acqua salata. Ammorbidisci la ricotta romana con
due cucchiai di acqua di cottura della pasta.
Scola la pasta al dente e condiscila con la salsa di pomodoro, la ricotta, il
parmigiano e una manciata di pepe.
Proverbio romanesco
Sacco vôto nun s’aregge dritto
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Leggere l’arte – Percorso didattico per riconoscere i segni dell’arte
Secondo un alternanza di temi sacri con quelli profani, ho scelto per questo numero la
figura di S. Paolo, patrono – con S. Pietro – della nostra
città.
La spada e il libro sono i
simboli di S. Paolo
Paolo di Tarso è considerato il filosofo della cristianità e le prime
raffigurazioni di San Paolo risalgono al VI secolo,ma è dal V sec. che la
sua fisionomia è fissata in un volto nobile,con capelli radi e lunga barba
nera. Di solito è vestito secondo la tipologia dell'apostolo,con la tunica
e con i sandali ai piedi.A partire,erroneamente,dal nome Paolo,cioè
piccolo,o di "poco conto" egli era considerato di statura inferiore alla
media,di aspetto gracile,calvo,con gli occhi cisposi,un grande naso
arcuato,gambe storte e corte.
L'iconografia,però non ha tenuto conto di questi dati di fantasia:gli
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artisti ne hanno fatto un gigante maestoso ed è rimasta solo la sua
calvizie,ma anche questa caratteristica è stata spesso sacrificata al
bisogno di idealizzazione dell'arte classica, poichè Raffaello lo presenta
con una folta capigliatura. Tra gli attributi che aiutano a definire la
figura di Paolo,oltre all'inconfondibile fisionomia,il piu ricorrente è il
libro,nella forma di rotulo o codice,in riferimento alle epistole scritte
alle prime comunità cristiane.
Più tardi si aggiungono altri attributi come la fune,riferita alla sua
attività di tessitore,il canestro,di cui si servii per fuggire da Damasco e
soprattuto la spada,che appare nell'iconografia solo verso il XIII sec.
come l'emblema dello strumento del suo martirio avvenuto mediante
decapitazione .In quanto martire,in molti monumenti tiene con le mani
velate la corona triumphalis.
Più volte Paolo è stato inserito nelle raffigurazioni del gruppo dei
Dodici,in particolare di fianco a Pietro e ,anzi,la sua immagine fu
costruita in antitesi con quella di S.Pietro,che aveva un aspetto forte e
piuttosto rude.
Poesia romanesca
Questione di razza (Trilussa)
-Che cane buffo! E dove l' hai trovato? Er vecchio me rispose: -é brutto assai,
ma nun me lascia mai: s' é affezzionato.
L' unica compagnia che m' é rimasta,
fra tanti amichi, é ' sto lupetto nero:
nun é de razza, é vero,
ma m' é fedele e basta.
Io nun faccio questioni de colore:
l' azzioni bone e belle
vengheno su dar core
sotto qualunque pelle.
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Detti Romaneschi
Rubrica realizzata con il contributo di Mauro ed Ester
ESSE COME LA SORA CAMILLA, CHE TUTTI LA VÒNNO E
NISUNO SE LA PIJA
(Essere come la signora Camilla, che tutti la vogliono e nessuno se la
prende).
E' un detto che si basa su un fatto storico: donna Camilla, sorella di Felice
Peretti (Papa Sisto V), ebbe diversi pretendenti alla mano, ma poi finì con
l'entrare in convento. Di qui l'espressione, che ironizza sulla vicenda, e che
viene usata anche in altri contesti: per esempio, a chi riceve diverse
proposte di lavoro ma non viene mai assunto, si potrà ben dire che è come
la sora Camilla.
MORISSE DE PIZZICHI
Espressione idiomatica che corrisponde all'italiano "annoiarsi
mortalmente", sempre usata in forma riflessiva. È valida per bollare
qualunque attività, luogo, circostanza, ecc. che non offra stimoli, che non
sia di proprio interesse, e che susciti il proprio disappunto. Che a Ppasqua
séte annati fòra? No, ssémo rimasti a ccasa a mmorisse de pizzichi, oppure
...e sse sémo morti de pizzichi (cioè "Siete usciti per Pasqua? No, siamo
rimasti a casa a morire di noia", oppure "...e ci siamo annoiati
mortalmente")
ABBOZZA E FA MOSCA!!!
Sopporta con pazienza e stai zitto!!!
ABBITA' AR VICOLO DER BOVO!!!
Si riferisce ad un marito ingannato in amore..............insomma CORNUTO.
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ABBUSCACCE ER RESTO DER CARLINO!!!
Il Carlino era una moneta del valore di 7 baiocchi e mezzo del tempo di
Carlo I d'Angiò, Re di Napoli. Abbuscà significa guadagnare denaro.
ACCIACCA' L'OVA!!!
Camminare con difficoltà a piccoli passi.
ACCOMMIDA' UN PAR D'OVA NER TEGAMINO!!!
Dare la punizione che si merita.
AFFARI DE CIPOLLA E BIETA!!!
Affari che non hanno nessun tornaconto.
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Foro ProRomano– spazio (virtuale) dedicato ai ProRomani
 Auguri alla nostra associata Graziella per i suoi 50anni
 Un grazie speciale a Leda e Gianni per la bellissima passeggiata organizzata
sull’Acquedotto Vergine
Prossimi appuntamenti – date da definire :
Novembre - VIII Passeggiata – Relatori Stefano e Anna
Dicembre – IX Passeggiata – Relatori Grazia ed Ester
Pro Roma Mia è una associazione di persone amanti di Roma e desiderose
di approfondire la conoscenza dell’immenso patrimonio storico, artistico e
culturale della città. L’associazione promuove incontri mensili organizzati
su base volontaria dai singoli iscritti. L’obiettivo ultimo dell’associazione è
quello di sviluppare la consapevolezza della grandiosità di Roma ed
elevare, attraverso tale consapevolezza, la statura civica degli associati.
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