Comunicato stampa - Università di Trento

annuncio pubblicitario
UFFICIO STAMPA
Comunicazione del Rettorato
Comunicato stampa
Venerdì alle 9.15 a Palazzo Fedrigotti il workshop
Le lingue dei segni: un universo da scoprire
Alla frontiera della ricerca cognitiva lo studio sullo sviluppo e le potenzialità
di una vera e propria lingua. Le attività di ricerca cognitiva del CIMEC
Rovereto, 10 gennaio 2007 – La conosciamo grazie a film di grande
successo come "Figli di un Dio minore" o best seller come "Vedere Voci" di Oliver
Sacks. Ma la lingua dei segni è un universo complesso. Si tratta di un sistema di
comunicazione basato appunto su "segni" eseguiti con le braccia, le mani e il viso,
che si sviluppa e si tramanda naturalmente nelle comunità di persone affette da
sordità totale o avanzata. A differenza di quanto generalmente si suppone, non è
universale: esiste, ad esempio, una lingua dei segni italiana (LIS), una americana
(ASL) o una francese (LSF), ognuna con vari dialetti. In più, non esiste nessuna
relazione naturale tra la lingua parlata in un Paese e la sua lingua segnata: la
lingua dei segni italiana, ad esempio, mette il verbo alla fine delle frase come il
tedesco; le lingue dei segni britannica ed americana sono diversissime, e
quest'ultima è simile a quella francese, da cui deriva storicamente.
Alla lingua dei segni è dedicato un seminario organizzato dal nuovo Centro
interdipartimentale Mente/Cervello (CIMEC) dell’Università di Trento, che si terrà a
Rovereto, nella sala seminari di Palazzo Fedrigotti a partire dalle 9.15. Il
nuovo centro di ricerca comprende infatti un importante laboratorio per lo studio
delle funzioni cerebrali tramite la Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) e
raccoglie studiosi di neuroscienze, psicologia cognitiva, linguistica e modelli
computazionali delle funzioni cognitive. Lo studio delle lingue dei segni costituisce
un tema di particolare rilevanza per la ricerca cognitiva.
Le lingue dei segni e la ricerca cognitiva
Proprio come avviene per le lingue orali, le lingue dei segni possono essere
apprese dai bambini già nei primissimi anni di vita, ad esempio da genitori sordi. Si
caratterizzano per un lessico che associa in modo generalmente imprevedibile un
segno ad un concetto e per una complessa struttura grammaticale, del tutto
paragonabile a quella delle lingue orali. Contrariamente al semplice gesticolare,
con cui si tenta di farci capire alla meno peggio in un Paese straniero, le lingue dei
segni sono in grado di trasmettere con precisione contenuti generali.
I sistemi di comunicazione usati naturalmente tra sordi sono lingue a tutti gli effetti:
questo riconoscimento ha avuto importanti ripercussioni in linguistica, mostrando
Per maggiori informazioni: Alessandra Saletti – Responsabile Ufficio Stampa
Università degli Studi di Trento - Via Belenzani, 12 – 38100 Trento, Italy
Tel. +39 0461/881131, Fax +39 0461/881247 - e-mail: [email protected]
Comunicazione del Rettorato
UFFICIO STAMPA
che molti dei meccanismi del linguaggio non sono legati alla parola e all'udito, ma
sono per così dire "multimediali". Inoltre, lo sviluppo di una lingua dei segni
osservato in Nicaragua negli anni Ottanta è pressoché l'unico caso mai
documentato di genesi "da zero" di una lingua umana.
Naturalmente, le lingue dei segni hanno anche aspetti che le differenziano da
quelle parlate. Molti segni hanno alla base un collegamento "iconico" con il
concetto a cui si riferiscono (il segno per "fulmine" va a zig-zag, nel segno per
"leggere" una mano "imita" un libro, ecc.). Un importante tema nella ricerca attuale
è quanto questo aspetto influenzi la loro struttura. Sul fronte della percezione, vari
studi hanno dimostrato una maggiore capacità di visione periferica
(riconoscimento di oggetti e movimenti alla periferia del campo visivo) nei sordi
rispetto agli udenti, un probabile segno di riorganizzazione neurofunzionale che
viene studiato all'interno del CIMEC dal professor Francesco Pavani.
Lo sviluppo delle lingue dei segni e persino il riconoscimento della loro esistenza è
stato per anni osteggiato da quanti consideravano obiettivo dell’educazione di un
sordo la produzione (con un laborioso addestramento fonetico) e la comprensione
(con la lettura labiale) della lingua parlata del suo Paese, per tendere ad una pur
parziale integrazione nella comunità degli udenti. Spesso lo sviluppo di una lingua
dei segni veniva visto come un ostacolo verso questa meta. Un dilemma, quello
tra integrazione e comunità, che si è sviluppato parallelamente alla questione di
una giusta educazione dei non udenti.
Per maggiori informazioni sul workshop: http://www.cimec.unitn.it/lis/index.html
oppure
Roberto Zamparelli
Via M. del Ben 5b – Rovereto
Tel. +39 0461 883570
[email protected]
Per maggiori informazioni: Alessandra Saletti – Responsabile Ufficio Stampa
Università degli Studi di Trento - Via Belenzani, 12 – 38100 Trento, Italy
Tel. +39 0461/881131, Fax +39 0461/881247 - e-mail: [email protected]
Scarica