BIBLIOGRAFIA DI MARISA FORCINA VOLUMI DI MARISA FORCINA: v.1) Rivoluzione permanente e populismo. Ipotesi su Trockij, Messapica, Lecce 1976, pp.82. v.2) I diritti dell'esistente. La filosofia dell'"Encyclopédie Nouvelle" (1833-1847), Milella, Lecce 1987, pp.230. ISBN 88-7048-138-7 v.3) Dalla ragione non totalitaria al pensiero della differenza. Interventi sul dibattito etico contemporaneo, Capone editore, Cavallino di Lecce 1990, pp.224 . v.4) Ironia e saperi femminili. Relazioni nella differenza, Franco Angeli, Milano 1995, pp.140; v.5) M.FORCINA-F.COLLIN, La differenza dei sessi nella filosofia. Nodi teorici e problemi politici, Millella, Lecce1997, pp.63; v.6) Ironia e saperi femminili. Relazioni nella differenza, II edizione, FrancoAngeli, Milano 1998, pp.140; L’ironia è presente negli scritti maschili, basti pensare a Socrate, Kierkegaard, Schlegel, ma è un presenza funzionale più ad essere teorizzata che praticata. Nella scrittura femminile, invece, e in maniera particolare nella teoresi filosofica-politica delle autrici degli ultimi secoli, l’ironia è presente con straordinaria frequenza e con valenza politica. Nel volume è mostrato come essa diventa modalità atta a costruire positivamente relazioni, alleanze, segni che non dividono, ma uniscono, e anche come essa sia strumento seduttivo che si pone all’origine di un potenziamento della comunicazione. Partendo dal riso della biblica Sara l’autrice indaga la modalità profondamente politica dell’ironia che si radica nell’esperienza che pone il proprio soggetto oltre le suggestioni del potere, oltre le dominazioni delle norme e oltre ogni esilio culturale. v. 7) Soggette. Corpo, politica filosofia, percorsi nella differenza, FrancoAngeli, Milano 2000, pp.176; Volutamente ambiguo il termine soggette, scelto come titolo, riprende il tema del soggetto su cui si snoda gran parte del dibattito filosofico-politico contemporaneo e lo assume come sfondo che pone ancora molti interrogativi. La questione della soggettività non è assunta come costruzione metafisica o principio originario di ogni divenire e di ogni pratica, ma come un percorso attraverso il quale emergono strategie significanti. Si è soggetti in base e in quanto si è in grado di stabilire relazioni significanti, costitutive e costruttive con gli altri e con noi stessi. Emerge una prospettiva politica che va ben oltre il paradigma dei diritti e si apre in direzione di un cambiamento radicale del mondo comune dove i benefici possono essere fruiti da tutti e da tutte. v. 8) Una cittadinanza di altro genere. Discorso su un’idea politica e la sua storia, Franco Angeli, Milano 2003, pp. 219. La cittadinanza femminile è vista non come estensione territoriale dell’esercizio di diritti o come possesso formale di requisiti e poteri storicamente negati, ma come l’introduzione di pratiche civili incluse in una fenomenologia nuova della stessa democrazia. Il discorso si allarga per interrogare quale pratica di cittadinanza sia possibile in contesti fisici o socio-culturali di degrado. Ne segue la proposta di una cittadinanza delle pratiche e non più solo delle norme, nel rispetto e valorizzazione delle differenze. v. 9 ) Rappresentazioni politiche della differenza, FrancoAngeli, Milano 2009, pp. 138; ISBN 978-88-568-0548-2 La monografia analizza varie modalità di rappresentazione e ne mette in luce il contenuto sempre fortemente politico. Viene evidenziata la sua efficacia performativa e di dispositivo di potere che ha quasi sempre un effetto di inferiorizzazione del soggetto rappresentato: a cominciare dal femminile. Così, le figure femminili del mito non corrispondono alla realtà, ma danno esistenza a una realtà costruita dalla rappresentazione. Dall’analisi di lemmi come identità, genere e differenza, la considerazione delle varie forme di rappresentazione del femminile passa dalla pratica della cittadinanza, alla divisione tra pubblico e privato e al lavoro inteso come elemento di trasformazione del reale. Monografia\edizione critica 10) CH. PÈGUY, Grazie a un semichiaro mattino…Socialismo e totalitarismo nell’Europa di Primo Novecento, premessa, introduzione, (pp7-32 ) a cura di M. F., Milella, Lecce 2005, pp. 149 Nell’introduzione è ricostruita la data della stesura del testo di Péguy che poi rimase incompiuto. Sono i primi giorni del 1905 e Péguy descrive “il terrore non ancora immaginato” che sta per abbattersi sull’Europa. Forcina evidenzia nel saggio introduttivo come il pensatore francese avesse già opposto le modalità violente e anche sanguinarie della tirannia alle nuove forme totalitarie che stavano affacciandosi nella storia. Si trattava, come nella denuncia di Péguy, di nuove forme di indottrinamento dove risucchi di demagogia avrebbero comportato una nuova barbarie e di un nuovo potere senza volto che poneva la politica di fronte all’estremo. ISBN 11) DANIEL STERN, Storia della rivoluzione del 1848, collana “Percorsi”, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 870, 9788858105825 Il saggio di Forcina Marie d’Agoult. IL privilegio di vivere la storia nelle 98 pagine che introducono il volume presenta la figura poco conosciuta di Daniel Stern (pseudonimo di M.me Marie d’Agoult), testimone privilegiata che condivise con i maggiori intellettuali del suo tempo, insieme all’amicizia e alla partecipazione alle idee democratiche, anche scelte private di libertà. Dopo la separazione del marito, ebbe da Franz Liszt tre figli, tra cui Cosima, più nota per essere stata moglie di Wagner e per aver ideato per lui il famoso teatro di Bayreuth. Il testo presentato in traduzione italiana, traduzione revisionata completamente dalla curatrice, è un documento storico di grande valore, scritto nel clamore di una rivoluzione che dapprima sembrò non violenta e simbolicamente efficace, ma che si trasformò ben presto in altro, narra la storia di un paese tormentato dalla crisi economica, con un debito pubblico insostenibile, stretto tra svalutazione e cadute delle borse, ma dove, contro ogni attesa, la pazienza del popolo aveva sopportato ogni nuova prova e ogni sacrificio imposto. Nonostante un impoverimento che vedeva su 35 milioni di uomini 8 milioni di mendicanti e 4 milioni di operai dal salario incerto,quel popolo nutriva ancora un grande amore per la politica, ma il governo e le classi superiori non volevano chiamarlo alla vita nazionale, mentre i politici di professione si arricchivano in nome degli operai, portavano capitali all’estero o mangiavano sottocosto ostriche e pernici nei ristoranti convenzionati con il Governo. Nell’opera sono analizzati i progetti che promettevano un rinnovamento radicale della società attraverso il diritto al lavoro che, come sottolinea l’autrice, richiesto dal popolo e sollecitato da teorie filosofiche e interventi politici da parte degli intellettuali del tempo: da Saint-Simon a Fourier, da Proudhon, a Cabet, a Leroux ecc., era stato però sostituto dal diritto all’assistenza, che non era nient’altro che la formula ringiovanita dell’elemosina e una sorta di costituzione legale del pauperismo. Il libro ripercorre le principali tappe della rivoluzione, mettendo al centro i protagonisti: Luigi Bonaparte, Buchez, Thiers, Lamartine, Girardin ecc. ma anche gli uomini e le donne del popolo di Parigi e di altre nazioni tra cui l’Italia, dove emerge la figura di Mazzini, amico e corrispondente dell’autrice. Si va, dai giorni lenti e rigidi della formazione dell’opposizione al governo, pieni di discussioni politiche e di “banchetti” (singolare esperienza che caratterizzò la partecipazione politica in quel periodo, e che il testo consente di conoscere e seguire nei dettagli) a quelli impegnati e veloci delle barricate ancora senza violenza, sino allo spargimento di sangue incontrollato. L’autrice si inserisce nella discussione pubblica sull’economia e della politica, cita i giornali e la stampa dell’epoca, ma soprattutto è al suo sguardo e alla conoscenza personale dei protagonisti che si affida, per raccontare come avviene che il controllo su chi governa da parte dell’opinione pubblica possa diventare decisivo, e poi come tutto ciò possa essere annientato. VOLUMI A CURA DI MARISA FORCINA con saggio introduttivo o saggio all’interno del vol. c1) Filosofia, religione, politica, "Quaderno filosofico", a c. di M. Forcina, n.16-17, 19871988, pp.192; Presentazione di M.F., pp.7-11. c2) CH.PÉGUY, Lo spirito di sistema, trad., introd. e note a c. di M.Forcina, Milella, Lecce1988, pp.330. c3) E.LEGOUVÉ, La libertà voluta: "Femmes" (1846). La storia di istituzioni e donne, trad., introduzione e note a c. di M.F., Capone, Cavallino di Lecce 1992, pp.236. c4) M.FORCINA, A. PRONTERA, P.I.VERGINE (a cura di), Filosofia Donne Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp.980; di M.F. il saggio: Le nemiche degli Dei: ironia e ambiguità, pp.157-166; c5) M. FORCINA e P. NUZZO (a cura di), Sapere delle donne e trasmissione. Centri e riviste, Milella, Lecce1997, pp.104; di M.F.: La politica dell’ascolto: conferire senso agli eventi (pp.9-13); Conclusioni 95-98. c6) Tolleranza e convivenza tra Cristianità ed Islam. L’ordine dei Trinitari (1198-1998), a c. di M. Forcina e p. Nicola Rocca, Congedo, Galatina 1999, pp.218; contiene il saggio di M.F.: Donne, ospitalità, liberazione, pp.115-125; c7) A. CALI’, J.F.DURAND, M.FORCINA, P.I.VERGINE, Filosofare dialogando, , Milella, Lecce 2002, pp.761; di M.F.: La parola, il silenzio, la differenza, pp.397-413 8) Reti di saperi e di luoghi delle donne, Panico, Galatina 2003, pp. 147, contiene di M. F. Premessa,pp. 9-14 e Pari Opportunità: luoghi e saperi, pp. 15-23. I due testi di Forcina insistono sull’efficacia dello scambio di esperienze e saperi, che attivando una differente modalità politica, costruiscono una comunità che non si fonda sull’esercizio del potere e l’amministrazione degli interessi, ma sulla condivisione dei desideri dell’altro\a. Si tratta della “politica dell’ascolto” che è quella che conferisce senso agli eventi. 9) R.BASSO e M.FORCINA, Il filo di Arianna, Materiali per un Repertorio della bibliografia femminile salentina (sec. XVIII-XX), Milella, Lecce 2003,pp. 178, di M. F. Presentazione e il saggio Il filo d’Arianna pp. 9-15. Il saggio di Forcina fa subito luce su un possibile equivoco: la costruzione di un archivio della scrittura femminile salentina dal Settecento ad oggi, non vuole essere, né lo sarà mai, una grande cattedrale edificata in omaggio al dilettantismo; né al mero dilettantismo in generale, né tantomeno al dilettantismo femminile. L’autrice segnala che il lavoro che si è appena iniziato ad avviare, e che si sta rivelando fruttuoso e ricco di spunti e documenti è di tutt’altro tipo: è la documentazione di un processo sociale che, attraverso la scrittura, manifesta attitudini, norme, valori, svolte epocali e radicamenti consolidati. E rivela tutta una storia politica. 10) Per le Pari Opportunità occorrono Dispari Opportunità, Milella, Lecce 2004, pp. 292 , di M. F. Praticare lo spazio della cittadinanza: i diritti, le azioni, la libertà, pp. 9-20. Il saggio di Forcina definisce il significato delle politiche di Pari Opportunità evidenziando come queste non consistano nel trovare rimedi per colmare disparità tra uomini e donne, ma per assumere consapevolmente la libertà dei soggetti. Se le disparità permangono queste vanno superate con una uguaglianza nei diritti civili e politici (tale è stato l’impegno e la lotta politica per l’emancipazione delle donne nell’Ottocento e per tre quarti del Novecento). Né tantomeno Pari Opportunità significa opporre uno stile, un segno, una modalità femminile, biologica ontologica o storico-sociale che sia, a una modalità maschile, per omologare quella a questa o per affermare una differenza, valorizzata positivamente, di un immaginario femminile su un maschile vissuto o descritto come prevaricante o più o meno violento o semplicemente più forte, o ancora solamente di più. Promuovere oggi Pari Opportunità significa promuovere modalità che consentano, riconoscano e diffondano la possibilità di assumere un proprio modo di esistere scegliendolo e scegliendosi nella libertà e non nel condizionamento. Questa possibilità di scegliersi è possibile se si hanno possibilità differenziate e libere, ossia se non si occulta la differenza, a cominciare da quella tra uomini e donne, che fa da paradigma per altre differenze di generazione, di età, di etnia. 11) Progetti e bisogni e progetto di sé, Milella, Lecce 2005, pp. 204. Nel saggio introduttivo al volume Forcina propone la coniugazione della progettualità con i diritti, le azioni, la libertà. Si tratta della pratica della cittadinanza intesa come pratica di uno spazio in cui si è in molti, in cui si è in un mondo comune, insomma, dove diritti, azioni e libertà si intrecciano non a partire da uno status, che deriva da un’appartenenza, come tante volte è stato ripetuto per designare la cittadinanza, ma si intrecciano a partire da un vuoto di appartenenza di condizioni e di riempimenti di contenuti, di rappresentazioni e di riconoscimenti predeterminati. A partire da questo vuoto è possibile il profilarsi di azioni efficaci che orientano e che si affidano al riconoscimento dell’altro e il riconoscimento fonda la comunità.. 12) Tra invidia e gratitudine: la cura e il conflitto, Milella, Lecce 2006, pp. 210, di M. F.Tra invidia e gratitudine: la cura e il conflitto, pp. 9-21. Forcina evidenzia come sia nell’invidia che nella gratitudine la libertà appaia limitata in confronto a quella di cui l’altro\a ci sembra fruire. Si tratta della visione distorta e immediata di una libertà che non ha cura dei limiti e si pensa come azione volontaristica. Il modo più semplice per riacquistare la libertà di cui ci sentiamo privati a causa del vincolo della percezione del proprio limite, nella modalità dell’invidia, o del bisogno di restituzione, nella modalità della gratitudine, è quello di riaffermare la propria libertà. Questo è possibile se si innesta una nuova situazione: la cura dell’altra\o ci restituisce alla condizione di soggetto libero, oppure il conflitto con l’altra\o può porci in una condizione di parità. In ambedue i casi la subalternità imposta dalla percezione di un limite alla nostra libertà è superata. Nella cura e nel conflitto ci si afferma come soggetti liberi. 13) Ri-conoscer-si, Milella, Lecce 2007, pp. 221, di Marisa Forcina. pp 5-12 Di fronte all’aumento dei casi di violenza nei confronti delle donne, Forcina si chiede se sia in questione la cittadinanza femminile o anche quella non meno politica del riconoscimento delle esigenze e del rispetto reciproco. Se la tradizione patriarcale aveva costruito l’identità femminile come possesso e oggetto di autorizzazioni maschili, di fronte alla nuova libertà femminile che comincia dalla libertà economica e si traduce in libertà morale, gli uomini non riconoscono più la propria funzione e la propria identità. Questo produce in essi uno spaesamento rispetto alla tradizione e alla cultura che li aveva innalzati ai ruoli dominanti senza alcuna reciprocità. L’incapacità a costruire nuove identità relazionali li lascia quasi senza personalità, se non quella manifestata in passato e di cui si riappropriano con la violenza. In questa situazione, però le donne non sono completamente senza colpa, nel senso che non hanno ancora imparato a trasmettere una autorità in grado di essere simbolicamente e visibilmente il corrispettivo della libertà guadagnata e pigramente si sono identificate solo con la propria libertà economica. 14) M.FORCINA, F.PERRONE, FR.PERRONE, Donne, politica e istituzioni, Milella, Lecce 2007, pp.361, di M. F. Racconto di un percorso pp. 9-16 e La cittadinanza tra uguaglianza, differenza e pari opportunità, pp. 25-56 I due testi di Forcina analizzano il percorso che ha contribuito a creare condizioni culturali e formative tali da incrementare la partecipazione culturale e la presenza delle donne nelle istituzioni e nella vita politica in generale. 15) Per amore, per forza, per/dono: donne, lavoro e politica, Milella, Lecce 2008, di M. Forcina, Per amore, per forza, per/dono: donne, lavoro e politica, pp. 16 22. Nel volume e in particolar modo nel saggio introduttivo di Forcina è affrontato il tema del lavoro femminile e si sottolinea come esso sia una delle componenti più forti di trasformazione del mondo e anche di formazione della propria soggettività. Attraverso il lavoro si avvia un elementare rapporto di realtà che produce cambiamenti oggettivi e soprattutto una prima trasformazione di sé non semplicemente subita ma anche agita. Il lavoro fatto per amore trova nel suo contrario, il lavoro per forza, la stessa componente di radicamento nel reale, che consente, come in ogni attività disciplinata, o elettiva, di avviare una consapevole produzione di elementi simbolici che, ancora di più nel per\dono, azzerano ciò che sembra vincolare negativamente e avviano verso un futuro positivo e politicamente costruibile. 16) Che cosa ci sta succedendo? Corpo, Lavoro, Politica, Religione, Milella, Lecce 2009, pp207, di M. F. Introduzione, pp.9-16. Nel volume e nel saggio introduttivo di Forcina si denuncia lo smarrimento del senso comune, la perdita del limite e la difficoltà di essere donne in un tempo di stravolgimento dei costumi quando l’uso paradossale delle rappresentazioni e costruzioni del corpo femminile, diventano parodia grottesca di una finta libertà ed espressione del sé. L’intento esplicito è quello non solo di indicare come pensare e di agire di conseguenza, ma di dare fiducia, di trasmettere libertà, narrare percorsi e pensieri che non chiudano il discorso o riscrivano un nuovo sistema, ma che raccontino come si possono generosamente impiegare le proprie risorse in direzione di una nuova tenuta che non è il governo della forza o del consenso, ma è intreccio di fili che, costruiscono tessuto sociale resistente ai falsi miti e alle fascinazioni di un potere che conta perché ha deciso prima e ha organizzato il consenso sulla base di sollecitazioni e promesse che sa di non poter mantenere. Il fine è di mostrare che è sempre possibile mantenere aperto uno spazio istituzionale non soggetto al potere e alle concertazioni programmate dal sistema economico e da quello dei media. 17) Donne, Politica, Diritti e Istituzioni, realizzato per la VI edizione del corso “Donne Politica e Istituzioni, Percorsi formativi per la promozione della cultura di genere e delle Pari Opportunità”, Università del Salento, Lecce 2009. Dal 1790 al 2004, anno dopo anno, in una essenziale cronologia, sono indicati i diritti conquistati o gli avvenimenti più importanti che hanno segnato la storia delle donne. 18) M. FORCINA E M. BEE Un poète l’a dit- Péguy di fronte alla contemporaneità, di M.F. Premessa, pp. 7-15 e Le rivoluzioni di Péguy, pp. 147-167, Milella, Lecce 2009 Il saggio di Forcina analizza le novità introdotte da Charles Péguy nella politica e nella storia del pensiero, nonostante questo autore sia ancora quasi o del tutto assente nelle storie ufficiali del pensiero politico. Viene sottolineato il debito della cultura contemporanea nei suoi confronti e soprattutto è evidenziato che Deleuze porrà questo autore all’origine del pensiero della differenza. Anche Arendt, fine lettrice di Péguy, ne riprenderà l’intuizione della rivoluzione intesa come nuovo attingimento radicale alle origini e ricongiungimento a ciò che fonda un percorso. Arendt inoltre ne riprenderà la modalità del “pensare assolutamente nuovo”, e lo proporrà come “un pensare senza ringhiera”, il famoso Denken ohne Geländer. 19) La vita, il limite, le leggi: Tutela, controllo, Fiducia, di M. F. Introduzione, pp. 9-21, Milella, Lecce 2010. ISBN 978-88-7048-480-9 Il saggio introduttivo di Forcina mostra come recuperare, contro il proliferare delle tecniche e delle competenze che regolano le nostre esistenze, un desiderio di bene. Un desiderio di capire e di orientare un cambiamento con la saggezza di percorsi e di parole di verità. Con un richiamo alla filosofia del linguaggio, ma anche alla politica, l’immagine di accoglienza, di verità e sicurezza: rappresentata da “una culla di parole”, è ri-appropriazione e ri-nascita non in un linguaggio estraneo, giuridico o politico già dati, ma in una lingua coincidente con il sentimento di sentirsi a casa propria. E’ la tranquilla sicurezza di un saper fare i conti liberamente con la necessità. Nel saggio si mostra come la lingua sia una sorta di patria e il prendere la parola sia testimonianza e lavoro di cittadinanza, perché usare il linguaggio implica un partire da sé e dalla conoscenza di sé, che hanno il coraggio dell’etica e della politica. 20) Quale felicità? Dal PIL al BIL: Donne, Lavoro e Benessere, di Marisa Forcina Quale felicità? pp. 9-19, Milella, Lecce 2011 ISBN 978-88-7048-455-7 In tutto il volume e in particolar modo nel saggio introduttivo di Forcina è affrontata la relazione tra situazione economica e benessere, relazione che scaturisce dalla domanda sul senso della felicità e dal rapporto tra denaro, lavoro, benessere economico e politiche di cittadinanza. La “differenza” di sguardo e di esperienza apre a una lettura politica radicale e mostra che quello che accade a ciascuna\o di noi, non riguarda solo noi. Questo consente di agire con consapevolezza, fiducia e responsabilità politica anche nella ricerca della felicità. Ne deriva una interessante visione, che pone la felicità in un benessere che non è casuale e neppure determinato, ma fondato su scelte orientate da desideri. Si tratta di una posizione ben diversa da quella che invoca “il diritto alla felicità”, perché questo genera radicalismo individualistico e spinge a conseguire il massimo della soddisfazione e godimento senza desiderio, che non è felicità. Viene a profilarsi un interessante modo di essere comunità che consente un più vero benessere, anche attraverso la riappropriazione del tempo per sé, e ne deriva una concezione della felicità che non va mai intesa come felicità interiore, così come la libertà femminile non è stata mai intesa come libertà interiore. Emerge il dato che la crisi che le società di mercato stanno attraversando non è solo crisi economica, ma è crisi relazionale, esasperata dalla grande illusione del mercato che ha monetizzato ogni tipo di relazione umana. 21) Nelle controriforme del potere: generazioni al lavoro, di Marisa Forcina, Nelle controriforme del potere: generazioni di donne al lavoro, pp. 13-21, Milella, Lecce 2012, ISBN978-88-7048-521-9 Il saggio di Forcina che introduce il tema analizzato nel volume, mostra con una serie di esempi come generazioni di donne abbiano agito la propria libertà, che si è resa sempre più tangibile e viva nello spazio pubblico e privato, nel lavoro e nelle professioni. Ciò ha reso paradossale e stridente il confronto con un sistema di potere che sembra operare una serie di controriforme per dare stabilità solo a se stesso. Il saggio indica come accade che quel potere venga travolto proprio dalla libertà femminile che avrebbe voluto usare per sé in maniera grottesca. E al contrario è indicato come l’eccellenza femminile abbia saputo e sappia costruire percorsi impensati di felicità anche ribaltando il consueto rapporto tra denaro, lavoro, benessere economico e politiche di inclusione\esclusione. Perché, nella crisi che le società di mercato stanno attraversando, la relazione tra le generazioni di donne ha costruito una continuità di desiderio di politica contro il potere-godimento e contro la violenza dei rapporti che corrompono, le privatizzazioni che escludono, le precarizzazioni che rendono instabili, contro i ricatti del pensiero unico. Infatti, nella crisi economica, esasperata dalla grande illusione del mercato, che ha monetizzato ogni tipo di relazione umana, le donne mostrano di sapere come ritrovare spazi di benessere e un modo migliore di essere comunità che consente anche più agio attraverso la riappropriazione del tempo per sé. 22) Diamo corpo al futuro, Milella , Lecce 2013, di Marisa Forcina Diamo corpo al futuro, pp.9-16, ISBN 978-88-7048-553-0 Il saggio di Forcina Diamo corpo al futuro è un invito a vedere che cosa c’è di nuovo senza lasciarsi abbagliare dai nuovismi, dalle false immagini e dalle idee stereotipate che riconducono inevitabilmente a percorsi già visti e già sperimentati o al grottesco di un eccesso indecente che è altro dall’oltre del dicibile. Diamo corpo al futuro, suggerisce invece un impegno in prima persona: anima e corpo, e suggerisce anche che il futuro ha bisogno di un corpus, fatto di tradizione, di genealogie ricostruite, di un metodo che sa farsi giustizia disdegnando tutto ciò che confonde il giudizio sulle cose e sa ritornare all’essenziale: un futuro non come orizzonte imprecisato, ma nutrito come corpo generato. L’invito politico è quello di rendere il futuro meno astratto, cominciando con il riconoscere quanto c’è già di nuovo, e come le strategie di libertà e le vere e proprie riforme civili che le donne hanno saputo e sanno attivare di fronte a rapporti di forza. Nella crisi che le società di mercato stanno attraversando, la relazione tra le generazioni di donne ha costruito una continuità di desiderio di politica contro il potere del denaro e contro la violenza dei rapporti che corrompono, le privatizzazioni che escludono, le precarizzazioni che rendono instabili, contro i ricatti dei facili guadagni. 23) Quando la differenza fa la politica, Milella, Lecce 2014, di Marisa Forcina Quando la differenza fa la politica, pp. 9-18, ISBN978-88-7048-562-2. SAGGI: 1) Il pensiero socio-politico di Carlo Pisacane, "Impegno 1970", Galatina, pp.18-20. 2) Disimpegno e mistificazione ideologica. Letteratura e fascismo, in AA.Vv., Novecento minore. Intellettuali e società in Italia, a c. di G.Invitto, Lecce, Messapica, 1977, pp.105-124. 3) Trockij nel liberalismo di Gobetti, "Quaderno filosofico", v.I, 1977, pp.181-194. 4) Motivi populistici e pauperistici in Péguy, in AA.Vv., Péguy vivant, a c. di J.Bastaire, A.Prontera, G.A.Roggerone, Lecce, Milella, 1978, pp.159-163. 5) Mussolini admirateur de Péguy, "Amitié Charles Péguy", a. II, n.7, 1979, pp.199-200. 6) Ridefinizioni della filosofia nel Novecento italiano, in AA.VV., Immagine e funzione del filosofo, a c. di G.Invitto, Lecce, Messapica, 1979, pp.129-160. 7) Il giovane Gramsci lettore di Péguy, "Quaderno filosofico", v.4, 1980, pp.155-174. 8) Le jeune Gramsci lecteur de Péguy, "Amitié Charles Péguy", a.V,, n.17, 1982, pp.43-66 (testo ridotto rispetto al n.8). 9) Un esempio di storiografia filosofica: la voce "Aristote" nella "Encyclopédie Nouvelle", "Quaderno filosofico", v.7, 1982, pp.13-24. 10) Nota lerouxiana, "Note su socialismo e cristianesimo", n.6-7, settembre 1983-marzo 1984, a.IV. p.10. 11) Leggere "Esprit" cinquant'anni dopo, "Il ragguaglio librario", n.11, 1983, p.404. 12) Vico, Warburton, Herder nella ricostruzione storico-antropologica di Antonio Verri, "Il Veltro", n.3-4, a.XXXI, 1987, pp.392-394. 13) CH.RENOUVIER, Politica e socialismo. La filosofia di Fourier, a c. di M.Forcina, "Note", n.13, marzo 1987, a.VII, pp.27-51. 14) CH.RENOUVIER, La beatitudine come morte, a c. di M.Forcina, "Segni e comprensione", a.II, n.3, 1988, pp.61-68. 15) Ch. PÉGUY, I segni dell'arte, a c. di M.Forcina, A.Prontera, J.Sabiani, ivi, pp.29-38. 16) Siciliani e il neocriticismo di Renouvier, in AA.VV., Rileggere Pietro Siciliani, a c. di G.Invitto e N.Paparella, v.I, Il pensiero filosofico, Cavallino, Capone, 1988, pp.183-205. 17) Péguy oggi e gli intellettuali occidentali, "Note", a.VIII, n.16, 1988, pp.47-48. 18) CH.RENOUVIER, Esperienza, trad., introd. a c. di M.Forcina, "Idee", n.7-8, 1988, pp.103119. 19) E.LÉVINAS, X.TILLIETTE, F.FERRAROTTI, Péguy e la cultura occidentale, a c. di M.Forcina, "Segni e comprensione", a.III, n.6, 1989, pp.46-48. 20) Simone de Beauvoir: l'altra metà della filosofia come l'altra metà del cielo, in AA.Vv., Donne in filosofia, a c. di G.A. Roggerone, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1990, pp. 127-144. 21) Simone Weil: malessere e disagio femminile, "Note", a.X, n.19, marzo 1990, pp.56-62. 22) Corporeità e alterità, ivi, pp.38-46; di M.FORCINA: Un invito, e Né schiavi né meteci. 23) Premessa, "Note", a.XI, n.21, marzo 1991, pp.3-8. 24) Analyse de l'enquéte menée auprés de personnalités intellectuelles françaises et étrangéres, "Colloque international. 3. La rèception de Ch. Péguy en France et à l'étranger", a c. di J. Sabiani, Centre Ch. Péguy, Orléans, 1991, pp.25-27. 25) L'article "Femmes" dans l' Encyclopédie Nouvelle, in AA.VV., L'Europe une et indivisible, Colloque d'Aix-en-Provence 1990, "Les amis de Pierre Leroux", n.9, décembre 1991, pp.107-116. 26) Pensiero della differenza sessuale e Weltanschauung, in AA.VV., Visioni del mondo e nuova progettualità, a c. di G.Invitto, Milano, F.Angeli, 1992, pp.99-110; 27) Utopia e ironia al femminile, in AA.VV., Il tempo dell'utopia. Itinerari al femminile: simboli realtà profezia, a c. di G.P. Di Nicola, Roma, Dehoniane, 1992, pp.57-71; 28) Premessa, pp.13-19 e La creatività femminile e la filosofia, pp.113-123, in AA.VV., Il fare delle donne. Esperienze di creatività femminile, Cavallino, Capone, 1992; 29) La dimensione creativa del conflitto: ciò che la filosofia ha rimosso, in AA.VV., DonnaUomo: la dimensione creativa del conflitto, a c. di M.T.Garutti Bellenzier, Brescia, Demian, 1993, pp.26-35. 30) Letture weiliane al femminile, "Prospettiva persona", a.II., n.4, aprile-giugno 1993, pp.3945; 31) Per una "filosofia della differenza", "Il Contributo", n.3 (XVII) n.s., luglio-settembre 1993, pp.63-73; 32) Come fare società, in La voce del silenzio, Lecce, Conte, 1993, pp.7-8; 33) "Les annales du monde": l'immagine della città nel socialismo umanistico della "Encyclopédie Nouvelle", in Le ideologie della città europea dall'Umanesimo al Romanticismo, a c. di V.Conti, Firenze, Olschki, 1993, pp.413-421; 34) Hannah Arendt: ironia contro metafisica, in AA.VV., La politica tra natalità e mortalità. Hannah Arendt, a c. di E.Parise, Napoli, Esi, 1993, pp.83-94; 35) I valori e l'intenzione insufficiente: filosofia e differenza, "Scuola democratica", a.XVI, n.3-4, luglio-dicembre 1993, pp.100-112; 36) Simone Weil nella storia della filosofia. Letture di donne in Italia, in AA.VV., La storiografia filosofica italiana nel secondo dopoguerra, a c. di A.Verri, Lecce, Milella, 1994, pp.143-155; 37) Soggetti e valori. Per una filosofia della differenza, "Quaderni sardi di filosofia, letteratura e scienze umane", a.I, n.1, giugno-dicembre 1994, pp.81-95; 38) Présence des femmes dans la "Revue sociale", "Les amis de Pierre Leroux", n.12, mai 1995, pp.203-206; 39) Contre la violence de la raison: Philosophie et socialisme dans "L'EncyclopÚdie nouvelle", "Romantisme. Colloques", Les socialismes français 1796-1866, a. XXIV, n.84, [Paris, 1995], pp.111-125; 40) L'amore secondo gli uomini, "L'immaginazione", n.124, novembre 1995, pp.21-22; 41) Donne e libertà: l'alibi dei diritti e libertà vissuta, in La difficile libertà delle donne. Percorsi nodi critici prospettive, Milano, In Dialogo, 1996, pp.73-86; 42) Comandare, servire, liberare, “DWF”, aprile-settembre 1996, pp. 37-52; 43) I modelli di autorità consolidati nella nostra società, in “Credere oggi”: Autorità al femminile, n.2-104, a.XVIII, 1998, pp.61-72. 44) Filosofia della nascita e filosofia della morte, in La filosofia e le sue storie, a cura di Maria Cristina Fornari e Fabio Sulpizio, Lecce, Milella, 1998, pp.216-226. 45) Il corpo delle mistiche e la fame di assoluto, in Anoressia e bulimia allo specchio, Atti convegno Lecce 21-23 settembre 1995, [1998] pp187-200. 46) Oltre le antropologie. Per una cultura della soggettività femminile, in Donna e umanizzazione della cultura alle soglie del terzo millennio. La via delll’educazione, a c. di P.Cavaglia, H.-C. A. Chang, M.Farina, E.Rosanna, Roma, Las, 1998, pp.113-129; 47) Prèsence des femmes dans la “Revue Sociale”, in “Les Amis de Pierre Leroux”, Trentecinque années de colloques sur le socialisme républicain de Pierre Leroux aux Dreyfusards, n.14, Juin 1998, pp.86-90. 48) Riconoscersi figlio per accogliere la differenza, in Il Maschile a due voci, a c. di G.P. Di Nicola e A.Danese, Lecce, Manni, 1999, pp.75-86 (è anche il n. 36, a.XIII, gennaio 1999 di “Segni e comprensione”); 49) Una difficile cittadinanza in una politica indifferente, “Segni e comprensione”, n. 37, a. XIII, maggio 1999, pp.83-95. 50) Conversando di luoghi e icone del femminile, “Segni e comprensione”, n.38, settembre 1999, pp.39-53. 51) Luce Irigaray e la menzogna della cultura, “Interculturel”, Quaderni dell’Alliance Française Associazione culturale italo-francese, Lecce, n. 2, 1999, pp.313-329. 52) Cristianesimo e pensiero della differenza sessuale, in Cristianesimo in eredità. La filosofia di fronte alla fede, a cura di Roberto Mancini e Giusepe Cacciatore, Assisi, Cittadella editrice, 2000, pp.131-156. 53) Il pensiero della differenza. Una mappa teorica, in La diversità in età moderna e contemporanea, a cura di Luigi Cavazzoli, Genova, Name, 2001, pp.31-47. 54) Le amiche di Dio, “Segni e comprensione”, n. 43, a. XV, Maggio-agosto 2001, pp.52-56. 55) Simone de Beauvoir. Raccontare-Raccontarsi per trovare il senso della vita, in Il filo(sofare) di Arianna, a cura di Angela Ales Bello e Francesca Brezzi, Milano, Mimesis, 2001, pp. 211-230 56) Luce Irigaray Militante politica di ciò che ancora non è, in Il filoso(sofare) di Arianna, cit. pp.231-252. 57) “Prestata alla politica”. L’impegno di Caterina da Siena tra soggettività e laicità, in Il potere invisibile. Figure del femminile tra mito e storia, a cura di Simona Marino, Claudia Montepaone, Marisa Tortorelli Guidoni, Napoli, Filema, 2002. 58)Identità e differenza, in Voci di donne, Discorsi sul genere, a cura di Bianca Rosa Gelli, Manni, editori, Lecce 2002, pp. 47-55 59) La pensée de la différance, in Les femmes dans l’espace public, «Le fil d’Ariane», Cahiers du Ceme, Paris 2002, pp. 124-132. 60) Identità, genere, differenza, solo questioni di lessico? in Pensare la differenza a scuola a cura di Franca Pinto Minerva e Maria Vinella, ed Progedit, Bari 2003, pp.29-55. ISBN 88-8855016-X 61) L’albero ferito: Libertà e corpi femminili nel rapporto con la società patriarcale, in L’albero spezzato. Cinema e psicoanalisi su infanzia e adolescenza, a cura di Maurizio Regosa, Alinea Editrice, Firenze 2003, pp. 70-75. 62) Donne e politica, in Interviste a cura di Carlo Cavaglià, Luciana Tufani editrice, Ferrara 2003. 63) Una testimonianza che inquieta: il coraggio della libertà, in “Rivista di Scienze dell’educazione”, Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, anno XLII, Numero 1, gennaio aprile 2004 pp.87-95, 64) Être “sujettes”en Méditerranéè, in Ch. Veauvy, M. Rollinde, M. Azzoug (ed.) Les Femmes entre violence et stratégie de liberté, Maghreb et Europe du Sud, Editions Bouchene, Paris 2004, ISBN 978-2-296-04205-6 . Il saggio utilizza l’ambiguità semantica del temine «soggette», inteso come soggette a e soggette del cambiamento, per mostrare l’efficacia ermeneutica e politica del pensiero della differenza sessuale. Sottrarsi alle rappresentazioni fatte dall’altro equivale a conquistare lo spazio della propria soggettività e opporsi alle neutralizzazioni opportunistiche prodotte dal mercato e dal denaro. 65) Mondo comune e cittadinanza delle donne, in Donne e Lavoro, Percorsi tra assenze e libertà femminili, Centrodonna, Avellino 2004, pp.33-43 66)Il sangue in superficie. Corpi infantili e corpi femminili nel difficile rapporto con la società patriarcale, “Segni e Comprensione”, anno XVIII, n. 53, settembre- dicembre 2004, pp. 99108; ISSN 11 21-6530 67) Il pensiero della differenza, in Attraversare la differenza, Proposte operative per una didattica della differenza di genere a scuola, a cura di Virginia Meo, Unicef, Lecce, 2005. 68) Essere soggette nel mediterraneo. Il pensiero della differenza e Carmelo Bene, “Segni e Comprensione”, anno XX, n. 57, gennaio-aprile 2006, pp. 130-145; ISSN 11 21-6530 69) Hannah Arendt interprete del pensiero medievale, in Hannah Arendt. Percorsi di ricerca tra passato e futuro 1975-2005, a cura di Margarete Durst e Aldo Meccariello, Giuntina, Firenze 2006, pp.93-107. ISBN 88-8057-247-4 Il Medioevo - a meno che non si consideri, con una violenza storico-ermeneutica, medievale Agostino che, però, medievale non era -, è un tempo che rimane a margine nelle analisi su Hannah Arendt. Forcina mette, invece, in evidenza, attraverso alcuni riferimenti al medioevo e ad autori del tempo, il rapporto di Arendt con il passato e, quindi, con la storia e con la tradizione della filosofia e tende a sottolineare come, da tutto ciò, l’autrice faccia emergere nuovi spunti per la politica e per la concezione di che cosa si debba intendere per modernità e per nostro tempo; da questi elementi ricava un filosofare in grado di ridare fiducia agli esseri umani e in grado ancora di insegnare a non rimuovere i fatti. Si tratta delle due grandi modalità che evitano il totalitarismo che comporta la perdita della fiducia negli esseri umani e la rimozione dei fatti. 70) Le penombre che abbiamo attraversato. Gentile nella Storiografia politica di M.L. Cicalese, “Segni e comprensione”, anno XX, n. 58, maggio-agosto 2006, pp. 117-121; ISSN 11 216530 Questo intervento di M. Forcina dà conto del lavoro storiografico di Maria Luisa Ciccarese, in particolare di due lavori: uno dedicato a Gioacchino Volpe, l’altro a Giovanni Gentile. In sostanza, afferma Forcina, si tratta di due intellettuali che hanno attraversato, pur con ruoli diversi ma comunque di primario livello, decenni della storia italiana, in un periodo controverso. Un filo rosso che pare accomunare i due intellettuali è il tema della religione o della religiosità. Addentrandosi nella storiografia relativa al personaggio che era stato più visibile e decisivo, nel saggio/recensione è ribadito che quello che rifiuta Gentile, è sicuramente una origine e struttura contrattualistica dello Stato, a fronte di una visione e natura etico-politica dello stesso. Le conclusioni di M. Forcina sono a vantaggio di questi studi che dimostrano come sia possibile parlare sine ira et studio anche di periodi e di personaggi discussi, dopo decenni nei quali i veti di una cultura politica demonizzante aveva impedito di fatto una ricostruzione pensata, equilibrata, serena, riguardo a periodi certamente duri e controversi. 71) Il mito-Marilyn, in Fenomenologia del mito. La narrazione tra cinema filosofia e psicanalisi, a cura di Giovanni Invitto, Manni, San Cesario di Lecce 2006, pp. 173-185. ISBN: 888176-854-2 72) Collin Françoise, voce della Enciclopedia Filosofica, Bompiani, Milano 2006, vol. 3, pp. 2014-2015. ISBN 88-452-5769-X 73) Differenza sessuale,FILOSOFIA DELLA, voce della Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano 2006, vol.3, pp. 2853-2861. ISBN 88-452-5769-X 74) La politica del partire da sé. Antigone e le filosofe,in La fenomenologia e l’oltrefenomenologia. Prendendo spunto dal pensiero francese. A cura di Giovanni Invitto, Mimesis, Milano 2006, pp.41-53. ISBN 978-88-8483-506-2 Nel saggio di M.F. Antigone non è più l’antico simbolo di un conflitto della differenza tra i sessi, tra il maschile e il femminile, icona dell’inconciliabilità tra le leggi di Creonte e le leggi degli affetti, e infine simbolo del binarismo oppositivo che non sa coniugare le leggi della città se non come opposte e inconciliabili con quelle del cuore. Antigone,nella lettura delle filosofe del Novecento è simbolo di un nuovo possibile modo di intendere il diritto e la politica, un modo nuovo che sa superare l’opposizione tra idealismo morale e realismo politico, un modo che, proprio a partire dalla posta in gioco della differenza sessuale, e proprio grazie a questa, ci riconsegna alla complessità del mondo umano, a un mondo dotato di senso per tutti, per gli uomini come per le donne 75) Donne: Lavoro e cittadinanza, “Critica Marxista”, novembre- dicembre 2006, pp. 37-43, ISSN 0011-152X L’analisi di genere permette di ricostruire l’idea di cittadinanza che scissa rispetto alla questione del lavoro diventa quasi un ossimoro. Il saggio analizza la sostanziale indifferenza contemporanea nei confronti del lavoro come fonte di riconoscimento e di trasformazione sociale e politica di un contesto. Il lavoro è invece un modo non solo per essere presenti nello spazio pubblico, ma anche per trasformare il contesto politico. Ne sono testimonianza le alte percentuali di presenza femminile in alcuni settori (scuola, sanità, giustizia) e ciò ha già definito una forma ulteriore di cittadinanza, non solo ancorata ai diritti, ma alle pratiche di trasformazione nelle relazioni. Ciò rivela grandi potenzialità ancora non sufficientemente interrogate, che hanno già orientato e possono continuare a orientare in maniera più radicale verso un cambiamento sociale e politico fruibile da tutti, uomini e donne. 76) Il connubio impossibile? Filosofia e politica in Rodolfo De Mattei, “Trimestre”, XXXIX/1-2, 2006, pp. 163-175. ISSN0393-408x Nel saggio si discutono in generale i fondamenti e la metodologia della storia delle dottrina politiche, l’autonomia della disciplina e, contemporaneamente, il forte legame con la storia della filosofia. Ne risulta un quadro metodologico innovativo capace di coniugare verità e contingenza, soggettività e universalità in un percorso epistemologico, dove il passaggio dall’unità alla pluralità degli sguardi e delle analisi supera ogni logica totalizzante che pretenda di governare il processo storico. 77) Il problema della sottorappresentanza delle donne nelle assemblee elettive attraverso la lettura dei dati statistici, in Donne politica e istituzioni: percorsi formativi per la promozione delle pari opportunità nei centri decisionali della politica, Provincia di Brindisi, 2007 pp. 29-34, 78) L’universale e\è il falso. A proposito di cinema, miti, icone, in Il reale falso.Filosofia e psicanalisi leggono il cinema. A cura di Giovanni Invitto, Manni, Lecce 2007, pp.57-63 ISBN 97888-8176-980-3 L’autrice applica al mito di Marylin Monroe le intuizioni che Adorno aveva sviluppato nella Dialettica dell’Illuminismo: l’identità, che non è altro che quella della ragione, con la sua costitutiva capacità di omologazione, è sempre universale. Ma l’universale è il falso che agisce come un trascendentale capace di determinare la storia, le istituzioni,le forme culturali, le stesse manifestazioni dei soggetti. La vera Marylin, come tutte le donne soggette all’altrui rappresentazione, era nella sua libertà costitutiva di soggetto libero. 79) Echi politici del rapporto tra Péguy e Bergson, in Bergson, L’évolution créatrice e il problema religioso, a cura di Giovanni Invitto, Mimesis, Milano 2007, pp 33-40 ISBN 978-88-843607-6 La tesi di M. F. è che, per quanto né Bergson né Péguy siano automaticamente inseriti in quel sapere che si definisce “Storia delle dottrine politiche” e, anzi, l’uno e l’altro siano stati accusati di aver sconfinato nella “mistica”, e talvolta, nell’irrazionalismo e in una impropria forma di teologia, e per questo considerati fuori dall’ambito squisitamente politico, proprio l’uno e l’altro presentano un radicale interesse per “il modo in cui i molti stanno insieme” - come Hannah Arendt definirà la sfera politica -. Questo pone i due autori francesi al centro di una originale e, per certi versi precorritrice, analisi politica e sociale. Nella teorizzazione péguyana, dove è chiaro l’influsso di Bergson, non si parla né di rappresentanze né di élites politiche, perché nella città socialista, da lui proposta, tutti i soggetti sono attori. Il riconoscimento dell’altro non passa, quindi, da devianti genericismi, né da moralistici “dialoghi” con l’altro, attraverso vie comunicative in seguito indicate (vedi Habermas e Otto Apel), perché la democrazia non ha né si basa su caratterizzazioni cognitive, ma in una continuità di strategie sociali e mondo vissuto nella comunità. 80) L’idea d’Italia tra pensiero politico e storia civile,” Segni e comprensione”, anno XXII, n. 65, maggio agosto 2008, pp. 107-111. ISSN 11 21-6530 L’autrice affronta un testo di Paolo Bagnoli, L’idea dell’Italia 1815-1861 (Diabasis, Reggio Emilia 2007, pp. 360). Il volume in oggetto, osserva Forcina, è una mappa esaustiva delle elaborazioni ideologiche che hanno contribuito al movimento unitario. Ma unità di cosa? Il volume di Bagnoli delinea il rapporto esistente tra ciò che l’Italia era, o poteva essere, come nazione e la sua espressione culturale, vale a dire la sua idea nella mente e nelle testimonianze di coloro che ne hanno promosso e costruito la storia dal Congresso di Vienna all’unità. Il lavoro comporta – ed è dichiarato – strumenti disciplinari diversi: storici, giuridici, filosofico-ideologici, politico-dottrinari, sociologici “oppure genericamente dottrinari”. Le conclusioni che Forcina trae da questo è che quella italiana è una “identità melliflua”, secondo la definizione data da Giorgio Rumi. Se fu il fascismo a portare ad una identità lo Stato, non più solo unitario ma nazionale, perché, in quella logica, nazione e patria coincidevano, l’altra unificazione fu in parte rappresentata dai valori dell’antifascismo. La tesi di Paolo Bagnoli è giudicata precisa: se l’unità fu piemontese e sabauda, con la sua realizzazione, la discussione sull’idea dell’Italia venne archiviata, ma non fu risolto il problema che essa portava in sé. Però, guardando alla difficile storia nazionale, si deve rilevare che a tali ‘responsabilità’, si è dato più volte dimostrazione di corrispondere, ed è proprio in quei passaggi che l’idea dell’Italia si è manifestata al di là di ogni ambiguità”. Forcina conclude che la cosiddetta “eterogenesi dei fini” emerge nella storia: l’idea dell’Italia si è progressivamente costruita nelle prassi e nelle coscienze storiche dei suoi cittadini. 81) Tra pubblico e privato: il lavoro e la cittadinanza femminile, in Di un altro genere: Etica al femminile, “Annuario di Etica 2008”, a cura di Paola Ricci Sindoni e Carmelo Vigna, Vita e Pensiero, Milano 2008, pp. 101-119. ISBN 8834317106,9788834317105 La questione del lavoro e della cittadinanza femminile investe immediatamente l’ambito di una tradizionale separazione: quella tra sfera pubblica e privata. Forcina dimostra come sia troppo semplicistico pensare che, attraverso il lavoro e il riconoscimento dei diritti politici, le donne abbiano avuto accesso allo spazio pubblico e, quindi, siano entrate a pieno titolo nella comunità politica, con il pieno riconoscimento della propria soggettività. E come sia molto elementare pensare che tutto questo rapporto sia stato un processo storico scandito da norme e diritti acquisiti verso un sempre maggiore esercizio di cittadinanza e di parità. Seguendo l’origine storica di quella separazione e poi la radicalizzazione della divisione tra pubblico e privato operata dal liberalismo che ha sancito il netto distinguo tra le due sfere, ma ha anche risolto la questione ponendo lo Stato moderno, con tutte le sue credenziali costituzionali e democratiche, come il luogo politico che realizza entrambe, Forcina ricostruisce l’opposizione tra sfera privata e sfera pubblica. Mostra come questa separazione rifletta anche una opposizione mai risolta, ossia l’ordine della differenza sessuale che è anzitutto una differenza politica. Questa differenza, che è una prassi del pensare e dell’agire, ha preso figura costitutiva e aporetica e si è presentata, nella storia, sotto forma di una separazione radicale tra libertà civile propria della vita pubblica e maschile e soggezione naturale caratterizzante l’ambito privato e femminile. 82) Pierre Leroux: Tra Individualismo e Socialismo, “Segni e comprensione” anno XXIII, n. 67, gennaio-aprile 2009, pp. 120-125; ISSN 11 21-6530 L’intervento di M. Forcina tratta di un testo di Pierre Leroux e il titolo del libro, Individualismo e Socialismo, riprende un saggio, scritto nel 1834, in cui l’autore usava in modo nuovo quelli che allora erano due neologismi, li usava in modo nuovo anche per la tradizione politica a noi contemporanea. Ciò che è particolarmente interessante è la relazione che Leroux ha posto tra queste due idee politiche. Egli, criticando il socialismo che, opponendo il bene della società a quello del singolo, assolutizza l’altruismo, criticava contemporaneamente l’individualismo che, opponendo i valori dell’individuo e del capitale a quelli della società, assolutizza sempre l’egoismo. Nessuno dei due progetti politici può essere accettato, sosteneva Leroux che vedeva, invece, la dignità dell’uomo assicurata proprio dalla proprietà di un certo numero di beni materiali e la socialità garantita dal rispetto dell’uguaglianza non formale. Come dire che, ancora una volta, l’avvenire non può essere sistematicamente progettato, ma ha bisogno di uno sguardo nuovo perché non ha niente a che fare con la categoria del progresso o con quella della realizzazione prometeica. Leroux parla di avvenire vivente e finito, esistenza e, nell’esistenza, l’ambiguità dell’agire. Anche la morale è la possibilità di restare aderenti alla singolarità del caso e alla sua soluzione reale, non prevista, indeterminata, che vi apporta ogni singolo uomo perché, come Forcina legge in questa pubblicazione, “l’indefinito (è) il suo diritto”. 83) Una prassi di pensiero in libertà, “Leggendaria”n. 76, settembre 2009, pp.18-19. ISSN 1825 523X Partendo da un esempio concreto, un volume di Luisa Muraro da poco pubblicato, Forcina mostra come l’ironia, anche quando non le si fa appello esplicitamente, ma che non è mai assolutamente casuale, viene utilizzata politicamente come strumento di liberazione dalla presunzione, dalla pesantezza, dall’intransigenza. E il mezzo diventa il perno che consente di costruire sapere e di far agire libertà e politica. 84) Donne e riequilibrio della rappresentanza politica: bastano le quote?, in Donne Politica e Istituzioni, Percorsi esperienze e idee, a cura di M. Antonella Cocchiera, Aracne editrice, Roma 2009, pp. 355-369 ISBN: 978-88-548-2546L’analisi comincia dalle ombre rosa che si addensano sulla rappresentanza e comincia una serie di domande problematiche le cui risposte sono via via sviluppate nel saggio. La tesi è che la questione di un riequilibrio solo quantitativo della rappresentanza politica, con una più adeguata e paritaria presenza femminile, non è di per sé sinonimo di riequilibrio del deficit di democrazia, deficit che è sempre più evidente e che in modo sempre più ampio si presenta ai nostri gli occhi. Inoltre, se una serie di procedure giuridiche legislative, definite azioni positive, per esempio quelle ottenute con la modifica nel 2003 dell’art. 51 della costituzione, sembrano tendere a realizzare un riequilibrio della rappresentanza politica, e sembrano correggere la tradizionale prassi di governo e di potere, in realtà omologano assimilando le differenze entro una presupposta e anche astratta identità dei ruoli politici, che conservano e riproducono le medesime procedure nella presenza governativa. L’ironia con cui l’autrice si chiede quando cominceremo a interrogarci, oltre che sulla opportunità storica di riservare delle quote alla rappresentanza femminile, sulla urgente necessità di ripensare la rappresentanza politica , che non può essere tale, se non è pari al 50% di presenza femminile, visto che le donne di fatto costituiscono poco più del 50% della popolazione, trova il suo sbocco nella necessità di interrogarci più analiticamente sulle opportunità storiche e simboliche che hanno consentito agli uomini di essere presenti nella rappresentanza politica con quote che oscillano dall’85 al 100% e continuano a strutturare un governo, che può essere definito mal-governo nella duplice accezione del termine che nel senso inglese corrisponde a maschile e in quello italiano di cattivo?. Forcina sostiene che prima ancora che sulla legittima necessità di un riequilibrio della rappresentanza politica forse dobbiamo cominciare a riesaminare la struttura della democrazia che, oggi più di ieri, non può essere solo, come sosteneva Schumpeter “quell’accorgimento istituzionale per arrivare a decisioni politiche nel quale alcune persone acquistano il potere di decidere mediante una lotta competitiva per il voto popolare”. La democrazia, sostiene M.F. non è affatto la prassi del governo decisionale gestito dal potere di alcune persone, anche se tale potere sia stato acquistato mediante la delega e la rappresentanza politica, perché la democrazia si nutre dei bisogni consapevoli, della partecipazione condivisa, dell’ uguaglianza di opportunità, della progettualità partecipe di tutti i cittadini: uomini e donne. E, in particolare le donne hanno mostrato che la loro presenza come cittadine consapevoli e attive è indispensabile per connotare lo spazio pubblico come spazio democratico. 85) Regimi, partiti e “istupidimento generale”, in Pensiero e giustizia in Simone Weil a cura di Stefania Tarantino, Aracne editrice, Roma 2009, pp.61-75 ISBN: 978-88-548-2974-9. Il titolo del saggio riprende testualmente un’espressione di Simone Weil. La tesi sostenuta da Weil e ripresa da F. è che non sono gli uomini stupidi a creare i regimi e i partiti, ma sono i regimi, i partiti e il potere in generale, che hanno tutto l’interesse ad attivare forme che rendono gli uomini stupidi, perché l’istupidimento collettivo rafforza il potere, che pesa come la spietata legge del rendimento, con tutto il suo peso inumano, su tutta la vita sociale. Come la legge del rendimento non si può ignorare, così non si può ignorare la legge che, alimentando la stupidità generale, struttura il potere dei regimi e dei partiti; Simone Weil invita ad ingegnarsi ad aggirare l’ostacolo e ciò può accadere solo se il pensiero non è sommerso dalla insensatezza o azzerato dalla fatica e dalla fretta. 86) Le pratiche che mettono in scena la soggettività femminile, in Donne: oggetto e soggetto di studio. La situazione degli Women’s Studies nelle università italiane, a cura di Saveria Chemotti, Il Poligrafo, Padova 2009, pp. 75-87, ISBN 978- 88-7115-630-9 La disamina di Forcina inizia col chiedersi perché le donne hanno dimostrato così tanto interesse nei confronti dei corsi di formazione politica e poi perché tanto interesse riguardo agli women’s studies. Una serie di analisi quantitative hanno dato conto della vastità, della diffusione e del coinvolgimento che queste tematiche attivano; ma le analisi quantitative non sono in grado di rispondere ai perché. Non va dimenticato che le analisi quantitative e anche le analisi che si affidano soltanto a delle norme dicono molto, danno molti numeri, ma non mettono al centro del senso delle questioni, né riescono a dire il perché dello stato delle questioni in oggetto, né dicono perché ancora continuiamo a interrogarci sulle stesse questioni che già ci ponevamo vent’anni fa. È prioritario, allora, chiedersi quali siano i luoghi e le pratiche che mettono in scena questo scarto e, con esso il pensiero femminile, quali siano i percorsi che fenomenologicamente manifestano la soggettività femminile. È lecito, quindi, chiedersi ancora quale relazione ci sia tra le donne-soggetti e le donne-oggetti della ricerca. Quale sia la pratica dove le donne assumono su di sé una soggettività indagante e non un assoggettamento a percorsi disciplinari già indicati e quale modifica emerge da queste analisi, rimbalzando sulla soggettività interrogante dalle stesse donne in quanto oggetto indagato. Tra i due momenti, scrive Forcina, c’è una circolarità, così come c’è una circolarità tra realtà e pensiero: il pensiero si manifesta nella realtà e la realtà alimenta il senso del pensiero. 87) Libertà e situazione nella filosofia politica di Simone de Beauvoir, in La grande avventura di essere me stessa. Una rilettura di Simone de Beauvoir, a cura di Antonella Cagnolati, Aracne editrice, Roma 2010, pp. 29-44. ISBN: 978-88-548-3127-8. S. de Beauvoir, con il suo femminismo, rimette in questione le categorie politiche e il modo in cui queste sono state pensate nella tradizione filosofica. Questa è la tesi di partenza di Marisa Forcina nell’esaminare questo testo sulla francese. Ribaltando i concetti di norma e di governo, intesi generalmente come insieme di leggi, che regolano lo spazio pubblico, ne svela l’origine privata, generata da un soggetto e dalla sua “relazione diretta col mondo” che diventa e si impone come norma. In questo modo la de Beauvoir supera il binarismo oppositivo di natura e cultura, soggetto e oggetto, immanente e trascendente, su cui la politica e la filosofia occidentale si sono strutturate, e svela l’oggettività della condizione umana, dove sono le relazioni umane e la relazione al mondo a determinare posizioni di dominio. Per questo si giudica l’atto senza giudicare l’uomo. Per questo motivo un uomo si può riabilitare, compiendo atti nuovi, riacquistare la stima dei propri simili che gli lasciano ancora una chance: ma di fronte al male assoluto, quando nessun riscatto appare possibile, è impossibile essere caritatevoli. Quando deliberatamente un uomo degrada l’altro uomo a cosa, scoppia sulla terra uno scandalo che niente può ricompensare. Questo è il solo peccato contro l’uomo e l’uomo deve punirlo: è il male nella sua forma radicale. La tesi di Forcina è in questa considerazione: perché la vita abbia un senso, bisogna che ciascuno sia ritenuto responsabile del male quanto del bene, e il male è ciò che in nome del bene bisogna rifiutare senza compromessi di sorta. 88) Politica e potere delle donne –Una cittadinanza di altro genere, in Festival Femminile, Regione Basilicata, Potenza 2010, pp.69-79 Il saggio si avvia con una questione di lessico: potere, politica e cittadinanza, afferma Forcina, sono parole su cui si è costruita quasi tutta la teoria politica. Tutti e tre i termini, così carichi di significati e di sedimentazioni interpretative accumulate nella storia, secondo l’autrice, richiedono che vadano chiariti, anche in relazione al genere del soggetto femminile che, in qualche modo vi è implicato. Fu attraverso la costruzione di una rappresentazione pubblica del sé, che le donne si diedero anche costituzione politica. Una rappresentazione di sé che, affidata alla dote e a un “colletto di pizzo pulito e stirato”, fu in grado di narrare una libertà di cui si era completamente titolari. Lavoro di cittadinanza fu aver cura, latu sensu, della casa e dello spazio intorno. Lavoro di cittadinanza, continua l’autrice, fu l’intuizione politica che la necessità si può coniugare con la libertà. Lavoro di cittadinanza fu la consapevolezza, in cui già si era impegnata M.me Roland, che ogni progetto pedagogico ha valore politico. Lavoro di cittadinanza fu l’intestardimento di Harriet Taylor nell’avvertire la necessità di dover trasformare una politica per le donne in una politica delle donne. M. Forcina si sofferma alla fine soprattutto sul lavoro di cittadinanza che è la pratica che nasce dal sapere che l’amicizia è alla base della politica e che l’amore per gli altri, a cominciare dai figli, non lega a sé come fa il potere, ma s-lega e scioglie gli ormeggi per andare verso il nuovo. 89) Segni di una cittadinanza femminile. Partecipare, includere, intraprendere. “Cronache e Opinioni” n. 12, 2010, pp. 38-39. La tesi di M.F. configura la cittadinanza non come fruizione dei diritti o privilegi del soggetto politico, quanto come il costituirsi consapevole di tale soggetto. E’ lo sguardo cosciente di tale soggetto a dare consistenza alla comunità politicamente organizzata. La cittadinanza definisce pertanto la capacità degli individui di essere presenti nella comunità con sguardo critico e propositivo e con pratiche che traducono il desiderio soggettivo e privato in un modo pubblico di apparire ed essere parte della comunità. Indica quindi la loro capacità di lasciare segni, non di utilizzare o consumare diritti. 90) http://www.lafuriaumana.it, Essere soggette nel Mediterraneo.Il pensiero della differenza e Carmelo Bene,pp. 1-5 M. Forcina parte dal presupposto che Carmelo Bene metta in scena una consapevolezza maschile della differenza, che, anzi, la sua è una passione della differenza che pochi e poche hanno saputo esprimere come un rapporto vivo e senza mediazioni con la vita stessa. Bene ci dice che è possibile vivere un teatro e non farne rappresentazione, vivere una democrazia e non farne questione di rappresentanza, vivere una situazione e non farne una procedura, essere l’idea e non esaminarla. Se questo, lo aveva visto fare dalle tarantate di Galatina, dai contadini che ballavano il ballo di santo Donato, Bene ha messo in scena non la subordinazione del soggetto, ma la possibilità di essere grandi, forti, fiere, pur essendo minori. Afferma Forcina che Bene si faceva soggetto, avendo rubato alle donne concrete della sua terra una modalità di essere soggette, senza essere assoggettate. Avendo mimato la capacità di quelle donne di vivere da minori, da soggetti ancora non normalizzati, egli ha trasformato in produzione scenica e in avanguardia, non culturale, di moda o di maniera, narcisistica, storicistica o moralizzante, uno stile di vita che è impregnato della coscienza minoritaria, intesa però come potenzialità di ognuno, come espressione di un divenire, come manifestazione della differenza, a cominciare dalla differenza femminile. 91) Il percorso intellettuale di Edith Stein, “B@belonline/print Voci e percorsi della differenza”n. 8, anno 2010, pp. 249-252 M. Forcina esamina l’opera collettanea dedicata da Angela Ales Bello a Edith Stein e ne coglie una interessante prospettiva politica in cui l’essere umano nasce prima come essere comunitario e poi si riconosce come soggetto spirituale e libero in un contesto di solidarietà o scambievolezza che costituisce la comunità non come somma di vissuti singoli, ma come apertura di valori. La relazione all’altro si struttura, allora, non solo attraverso l’empatia, ma attraverso la reciprocità che è comprensione e amore per l’a\Altro. Le strade per accedere a tale comprensione sono, per E. Stein, la ragione, la fede, la mistica. Ma, ancora una volta, si tratta per la filosofa di negare gli ambiti separati e i compartimenti-stagno, anzi, l’autrice, attraverso la conoscenza profonda della filosofia medievale e, in particolare di Agostino, giungerà a dire che solo una conoscenza amata è autentica e l’amore è la chiave per comprendere il significato dell’esistenza di tutta la realtà. La sfida e il merito di Edith Stein, conclude M. Forcina, sono nell’aver ripreso il principio scotista dell’individuazione, ma nell’aver elaborato una teoria originale della persona, nel cui nucleo umano e carnale è possibile cogliere il momento individuale dal quale risalire verso una “nuova ontologia dell’origine” che si esprime come differenziazione interiore in opposizione a ogni visione materialistica o scientistica della persona umana. In tale prospettiva tutto è concreto, reale, necessario, perché fa leva sull’analisi dei vissuti e non sulle determinazioni categoriali. 92) "Mettere al mondo il mondo" e occuparsene. La cittadinanza nelle scienze, in www.segniecomprensione.it, n. 75, settembre-dicembre 2011, pp. 40-57 Il testo di M. Forcina è centrato su una domanda: qual è oggi il contributo delle donne nel ripensamento delle scienze? Qual è il loro concreto esercizio di cittadinanza in questi ambiti del sapere? La discussione precedente si era orientata su i nessi tra errore e progettualità, tra scopo e limite. È stata feconda la discussione tra processi naturali, senza scopi preordinati, e ricerca e strategie umane mirate alla realizzazione di un obiettivo e della massimizzazione del profitto. Coscienza del limite e assunzione di responsabilità nella ricerca scientifica sono diventate le parole d’ordine del tempo e, contemporaneamente, da parte delle donne è andata sempre più profilando una critica serrata alla volontà di dominio sulla natura. L’ecofemminismo non è stato solo una risposta politica ai problemi e ai nessi tra scienza e tecnologia, ma è stata anche un modo diverso di fare scienza. Si è trattato, conclude l’autrice, di un esercizio di cittadinanza che ha consentito di guardare, con una prospettiva autonoma, i rapporti tra scienza, modi di vita, questione ambientale e anche riproduzione dell’umano. E, soprattutto riguardo al tema della riproduzione, il pensiero della differenza sessuale ha “messo al mondo il mondo” con un modo completamente distinto di pensare, di vivere e giudicare i problemi in tutti gli ambiti, compreso quello del lavoro. 93) Per una cultura della nascita, in Persona, Logos, Relazione. Una fenomenologia plurale. Scritti in onore di Angela Ales Bello, a cura di E. Baccarini, M. D’Ambra, P. Manganaro, A.M. Pezzella, Città Nuova, Roma 2011, pp. 531-542. ISBN :978- 88- 311- 7387-2 Oggi trionfa una cultura dove tutto ha un prezzo e non un valore, dove l’economia di mercato ha monetizzato doni e affetti e cura, e tradotto qualità e valori in quantità e ricchezza ostentabile, e questa non ha più alcun legame con la soggettività e l’identità sociale data da riflessione, pensiero e cultura dei soggetti. Questo è l’esordio dal saggio di Marisa Forcina. Senza mitizzare il passato, afferma che, dietro il “dono” della nascita, o dietro l’espressione “s’era comprato un bambino” era invece una soggettività rappresentata anche dal riflessivo si\se, che rendeva le donne portatrici di un’identità sociale e questa, nel bene e nel male, legava a sé il fatto della nascita, rappresentandolo come l’esperienza privilegiata del femminile. Nella storia politica si è parlato di autodeterminazione dei popoli, e anche delle donne, afferma Forcina citando Adriana Cavarero, e si è utilizzato il corpo politico sempre come una metafora organologica, con testa, cuore, membra. Ma, nella metafora politica, tutti questi elementi sono esangui, statici e senza vita, ossia senza possibilità di cambiamento e senza nascita. Semplicemente sono costruiti secondo un’idea e una volta per tutte. Ecco perché occorre innovare lessici e comportamenti: perché una cultura della nascita è una cultura essenzialmente politica, dove, come nella politica, i corpi non possono essere separati. I corpi delle donne e di chi nasce sono insieme soggetti viventi e titolari di diritti e devono essere soggetti di decisione e di responsabilità sia nel privato che nello spazio pubblico, sia nel mondo comune che in quello politico e giuridico. 94) Essere cittadine nelle scienze, in Empowerment e orientamento di genere nella scienza, Dalla teoria alle buone pratiche a cura di Anna Maria Cherubini, Patrizia Colella e Cristina Mangia, FrancoAngeli editore, Milano 2011, pp. 70 -79, ISBN 978-88-568-3962-3 Negli ultimi anni non solo la critica femminista alla scienza ha aperto prospettive innovative e coraggiose, e anche la ricerca scientifica ha potuto avvalersi di queste nuove prospettive. Partendo da questo esordio, Forcina avverte che qualcosa è cambiato radicalmente nelle scienze, sia in quelle fisico naturali che in quelle storico–filosofiche. E questo non solo perché sempre più donne hanno costruito una tradizione che non riguarda la cosa da capire e l’oggetto da studiare, ma una tradizione che riguarda il sentimento di coinvolgimento che si lega alla parola verità. La relazione donne scienze non si misura in base all’accesso delle donne nelle scienze, ma in base a una pratica che, come per la pratica della cittadinanza, misura il rapporto tra il soggetto e l’ordine politico democratico e, quindi rappresenta, più che una definizione giuridica di derivazione illuministica, un modo per vagliare le attitudini politiche e scientifiche, le relazioni e le mediazioni che i soggetti sono stati in grado di strutturare, e, come essi sono stati capaci di rendere possibili ed efficaci aspettative, desideri e proprie visioni del mondo. In questo senso, conclude Forcina, cittadinanza è lo strumento che è in grado di misurare lo sguardo consapevole sulla comunità politicamente e metodologicamente ordinata, perché l’assunzione di parola o di idea critica è lavoro che produce e costruisce civiltà. 95) Sur l’Encyclopédie Nouvelle. Les Travaux pionniers de Marisa Forcina, 1 marzo 2012, http://utopies19.hypotheses.org/100. «Nous publions dans ce billet la traduction de la préface de Marisa Forcina à son I diritti dell’esistente: la filosofia della “encyclopédie nouvelle” (1833-1847). La traduction est due à Aurélien Aramini qui a rejoint le projet UTOPIES19, et qui va travailler plus spécifiquement la dimension historienne qui anime une partie du projet de Reynaud et Leroux. Cette enquête sur la philosophie de l’histoire de l’Encyclopédie fait suite aux travaux qu’Aurélien Aramini a menés dans le cadre d’une thèse (soutenue en décembre 2011) sur la philosophie de l’histoire de Michelet. Nous remercions ici Marisa Forcina d’avoir accepté la publication sur notre carnet de recherches de ces quelques pages, véritable invitation à poursuivre l’exploration de cet ouvrage singulier qu’est L’Encyclopédie Nouvelle. Nous espérons qu’elle nous accompagnera dans notre enquête collective». Segue il testo, tradotto in francese, della Introduzione di M. Forcina al suo testo del 1987. 96) Rina Durante, In “Via Dogana” n. 101 giugno 2012, pp. 10-11. Omaggio alla scrittrice Rina Durante che si servì dell’ironia per mettere distanza e insieme a restituire una prossimità altrimenti impossibile tra sé e gli altri, per reggere il peso della verità e per nascondere l’inconsistenza della stupidità, per mettere alla prova il merito di nuovi incontri. Le sue parole, profondamente,sostiene Forcina, sapevano scavare in verità nascoste o nascondere stupidità e ipocrisie altrui con tocco lieve; era il suo modo per trasformare con misericordia l’esistenza. Era maestra in questa superiore ironia di laica misericordia. Perché anche quando aveva un bersaglio da colpire non usava il conflitto o la satira graffiante, sembrava invece allontanarsi, ironicamente distante, distratta, imprendibile, inconoscibile con la sua parola risonante che diventava quasi sconosciuta. E faceva rimanere a bocca aperta. Altre volte, a bocca aperta faceva finta di restare lei, quando fingeva di rinunciare al peso del suo sapere e faceva credere di essere impreparata. In realtà rinunciava, rinunciò sempre e soltanto a organizzare la propria identità di poeta, rifiutando di essere a una dimensione. 97)Christiane Veauvy e la filosofia della differenza di genere, www.segniecomprensione.it, n.77, marzo-giugno 2012, ISSN 11 21-6530, pp. 90- 93 in «Segni e compensione» ha pubblicato una documentazione delle motivazioni scientifiche che hanno portato, il 20 gennaio 2012, al Doctorat d’État la professoressa Christiane Veauvy. Tra le altre ha pubblicato le motivazioni che M. Forcina, componente della Commissione aveva scritto per l’occasione. M. Forcina affirme que la recherche de Christiane Veauvy, dont la trame est solide et cohérente, embrasse sans crainte de se disperser des situations historiques, des champs d'action et des contextes géographiques différents. Cette complexité lui permet, en traversant des thèmes fort divers, de recueillir les fruits d'une méthode efficace, absolument originale, au lieu d'en rester à l'affleurement de quelques ressemblances et à l'émergence d'un contraste – ce qui se produit habituellement dans les études comparatives obéissant le plus souvent à une représentation scientifique linéaire qui risque en permanence de devenir sens commun. L'unité du vaste travail intellectuel de Veauvy repose en réalité sur l'avènement d'un dispositif méthodologique singulier; il fait appel à la modalité et à la pratique de l'échange pour arriver à une analyse du social beaucoup plus riche dans ses résultats que les analyses fondées exclusivement sur des données quantitatives ou la répétition et l'approfondissement d'un même horizon de recherche. On peut dire tout d'abord, dit M.me Forcina, qu'une valence positive émerge de la lecture de ses travaux dans sa multiplicté; en effet, nous nous trouvons en permanence face à une rigueur philologique, à une maîtrise du texte et de la bibliographie, à une capacité de recherche historique conduite systématiquement à partir de sources primaires, à une capacité critique enfin que Veauvy oriente dans une forte tension génératrice. M.me Forcina conclut que, in Veauvy c'est un travail symbolique consistant à tisser la découverte d'une culture qui n'entend pas imposer la liberté par la force, pas même la force du nombre dans les pourcentages ou celle des argumentations victorieuses. Une culture qui veut que la liberté soit fondée sur la reconnaissance de soi-même et de son propre parcours, sur la confiance dans la relation à l'autre (au féminin et au masculin), la compréhension de sa propre spécificité qui rend même capable de s'approprier d'autres traditions, en leur conférant une signification nouvelle. 98) Segni di una cittadinanza femminile: partecipare, includere, intraprendere, in Pensiero politico e genere tra Ottocento e Novecento, a cura di Fiorenza Taricone e Rossella Bufano, Amaltea edizioni, Melpignano (Lecce) 2012 ISBN 978-88-8406-132-4, pp. 69-80; il testo è riapparso, con lievi modifiche, in N. Riccardi, M. Forcina, A. Smerilli, E. Musi, Donna e società sostenibile: il CIF e le sfide dell’oggi, Atti del Convegno Nazionale, Roma, 5-7 dicembre 2010, Centro Italiano Femminile, Roma 2012, Isbn 978-88-905862-4-8, pp. 39-54. Una lettura nuova della cittadinanza intesa non solo come insieme di tutele e garanzie giuridiche, ma come il processo del costituirsi consapevole dei soggetti, il cui sguardo cosciente e critico è in grado di dare consistenza alla comunità politicamente organizzata. Nella cittadinanza intesa come capacità di lasciare segni, non di consumare diritti, le donne sono state molto più presenti di quanto la storia abbia registrato. 99) Edith Stein, Hedwig Conrad- Martius, Gerda Walther. Il recupero di una metafisica radicale, “Aquinas”, Anno LIV, 2011,III, pp. 505-510. Intorno alle tre filosofe, tematiche diverse si intrecciano sul comune terreno fenomenologico, con coerenza e talvolta anche con distanza rispetto alle analisi di Husserl. Nella “riduzione all’essenza”, i temi classici della filosofia: ontologia, vita, natura, esistenza, alterità, comunità non divergono, ma diventano uniti attraverso l’utilizzo del comune denominatore, che è la fenomenologia e che diventa protocollo unitario di un rapporto ancora più importante: quello delle donne con la filosofia. 100) La pensée la différence sexuelle comme résistence in “Culture et Sociétés”, Révolte, Resistences – Réparation, dossier coordonné par R. Dadoun, n. 27, juillet 2013, pp. 78-81 ; ISSN 1951-6673, ISBN 978-2-336 29911-2 Nel saggio Forcina afferma che nella storia sono sempre esistite delle filosofie che hanno prodotto delle politiche. Difficilmente delle politiche hanno prodotto delle filosofie o l’originalità di un pensiero filosofico. È più facile che una politica, o meglio un sistema di potere, abbia prodotto un non pensiero, o anzi un azzeramento del pensiero, connesso a un azzeramento di libertà. Ma quel che è certo, è che un azzeramento del pensiero permette sempre la crescita e la istituzionalizzazione di un tipo di politica dove la “banalità del male” sotterra le vite o le degrada, o le trasforma nel fumo dei forni della morte, o ne fa cibo per pesci quando su barconi quelle vite tentano di attraversare il mare per sfuggire alla fame e alla miseria e alla guerra portata nelle loro case dalle stesse nazioni dove cercano rifugio e misericordia. Nel pensiero della differenza delle filosofe del Novecento, invece è possibile rinvenire forme di resistenza a queste derive e trovare soluzioni impensate e politicamente efficaci. 101) Lavoro (dignità del) nel VII volume dell' Enciclopedia di Bioetica e Scienza giuridica, pp. 793-834, ISBN 97888-495-2820-6 Già nella premessa Forcina chiarisce che il lavoro è un aspetto centrale della vita umana e la dignità del lavoro non è una caratteristica aggiuntiva, legata a possibili qualità ad esso inerenti. È, invece, contrassegno costitutivo della condizione umana e si esplicita nell’intera dimensione ontologica, antropologica e, soprattutto, in quella storica. Infatti anche il concetto di storia, complesso e mutevole, se si confronta con le manifestazioni del lavoro, si arricchisce di pensiero e descrizioni e interpretazioni ulteriori, consentendo di accedere alle rappresentazioni e alle ideologie, nonché all’immaginario e al simbolico di una determinata società. Il lavoro e la dignità del lavoro non rimandano solo al merito e al decoro di un determinato tipo di attività, all’adeguatezza della sua natura e dei suoi fini, ma anche al bisogno, alla convenienza, alla rispondenza, alla proporzione che c’è tra la vita del singolo soggetto e l’imprescindibile necessità di esplicare una propria attività. Nel saggio si fa quindi riferimento, attraverso il tema della dignità del lavoro, alla proporzione tra vita e società, tra vita e politica SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Il mondo antico. - 3. La cultura ebraico cristiana. - 4. Il medioevo. - 5. L’avvento della modernità. - 6. L’Ottocento: prospettive rivoluzionarie. - 7. Analisi e proposte della Chiesa cattolica. - 8. Il primo Novecento tra recupero e impegno morale. - 9. Il secondo Novecento tra formule di cittadinanza, nuove alienazioni e nuove autonomie. - 10. La differenza al lavoro: dall’obbligo politico al riconoscimento di autorità. 102) Capitale, lavoro, cittadinanza. Le risposte del pensiero femminile alla triade della democrazia del Novecento, in T. Dini e S. Tarantino (a cura),"Femminismo e Neoliberalismo. Libertà femminile versus imprenditoria di sé e precarietà”, Natan Edizioni, Roma 2014, pp. 83-105.ISBN 9788898134106 Capitale, lavoro e cittadinanza hanno incarnato, nel loro insieme e con il loro stretto legame, la grande promessa di bene che la democrazia del Novecento portava con sé: il capitale avrebbe promosso lavoro, il lavoro avrebbe permesso la cittadinanza e la cittadinanza avrebbe determinato uguaglianza democratica. Non solo, ma le attese della democrazia della tardomodernità si sono configurate, sino al secondo dopoguerra, nella sequenza per cui l’economia di mercato avrebbe dovuto essere funzionale alla realizzazione della democrazia, producendo contemporaneamente ricchezza e democratica uguaglianza. Le forze del lavoro organizzato sarebbero dovute essere i pilastri della società e, mentre i sindacati i partiti e lo Stato democratico avrebbero dovuto regolare ogni tipo di conflitto tra le parti, lo Stato sociale avrebbe distribuito ricchezza e investito nei servizi per rendere effettiva l’uguaglianza. Si sarebbero avverate in questo modo libertà e distanza dal potere, garanzia di vita e possibilità di realizzazione personale e raggiungimento del bene comune. Forcina mostra , da un lato come gli orientamenti politici del capitalismo postindustriale non abbiano dato ragione a questa sequenza, anzi sembrano averla rovesciata nel raggiungimento del male-essere comune e nella crisi globale. Nel mondo in crisi i tratti decisivi del quadro politico postmoderno si sono configurati sempre più nelle logiche dell’eccezione, dell’anomalia e della recessione che va, appunto, “governata” con le varie messe in scena di governi sempre più apparentemente paritari, in realtà sempre più forti ed esigenti nei confronti dei cittadini, resi programmaticamente ubbidienti al duro comando del potere politico-economico, che a sua volta è diventato sempre più fiduciosamente certo della dissoluzione mediatica della realtà. Dall’altro lato analizza la profonda e innovativa radicalità delle analisi politiche delle filosofe del Novecento. 103) Postface, in Femmes, Genre, Féminismes en Méditerranée. « Le vent de la pensée –Hommage à Françoise Collin, textes et documenents réunis et présentés par Christiane Veauvy et Mirelle Azzoug, éditions Bouchène2014, pp. 251-275. ISBN 978-235676-034-0. La posfazione di Forcina chiude l’insieme di contributi dedicati al pensiero e all’impegno politico di Françoise Collin, mostrando la prossimità intellettuale che ha legato per più di vent’anni la filosofa francese alla comunità universitaria del Salento, attraverso letture comuni di autori inconsueti nel panorama accademico, che costituivano un modo di pensare fuori dagli schemi del potere e dalle regole della competizione economica.. I temi trattati da Collin e il suo impegno politico trovavano eco e risonanza inoltre nel medesimo progetto di far diventare la creazione e la parola femminile un vero luogo di generazione simbolica. 104) Emozioni e differenza, in Pensare altrimenti- In dialogo con Francesca Brezzi, B@belonline/print- Voci e percorsi della differenza, “Rivista di Filosofia n. 16\17. Anno 2014, Mimesis Milano 2014, pp. 201-210. ISBN978-885752-709-3, ISSN 1974-8558. Contro le prospettive della ragione univoca e universale Forcina valorizza la dimensione politica delle emozioni e ne mette in luce il valore relazionale. Le emozioni, come la differenza aprono alla politica e alla possibilità di costruirvi istituzioni. 105)Autorità e potere nel pensiero femminile del Novecento, in Il potere negato. Approcci di genere al tema delle disuguaglianze, a cura di Luisella Battaglia, Aracne editrice, Roma 2014, pp. 139-152. ISBN 978-88-548-6739-0. Forcina analizzando il pensiero politico delle filosofe del Novecento, mostra la differenza tra autorità e potere. L’autorità, che non costituisce un superamento dialettico del potere, né gli si contrappone politicamente come una presupposta modalità femminile dell’essere, si sperimenta sul piano fenomenologico esistenziale tra soggetti in relazione. L’autorità è intesa come una pratica condivisa di libertà e di riconoscimento che, al contrario del potere, è generatrice di libertà. 106) L’ordine simbolico della differenza, in L’interrogazione del simbolo, a cura di Maria Cristina Bartolomei, Mimesis, Milano 2014, pp. 301-313. ISBN978-88-5752-641-6. Il pensiero della differenza sessuale, ha posto il tema dell’ordine simbolico come prioritario, perché la verità in assenza di ordine o di un orizzonte simbolico che l’accolga e che l’abbracci non può essere detta, resta muta. Persino i fatti come la vita e la morte diventano irrilevanti e in assenza di un ordine simbolico che li accolga non c’è diritto da pensare o legge che tuteli. Per questo nella società governata dal pensiero universale-neutro accade che pur di essere nell’ordine simbolico, chi è sventurato preferisce assumere su di sé lo stigma, piuttosto che non esistere e non essere detto. Le donne hanno avuto la parola non quando il diritto l’ha concessa, ma quando hanno elaborato un proprio ordine simbolico e un proprio modo di porsi in relazione diretta con altro, persino con la trascendenza. 107) L’enunciato e l’annuncio, in dialogo con Françoise Collin, in Una filosofia femminista. In dialogo con Françoise Collin, a cura di Chiara Zamboni, Manni ed. San Cesario di Lecce, 2015, pp. 37-57, ISBN 978-88-6266-6404. Nel saggio, ripercorrendo il pensiero di Collin, si analizza il senso della filosofia come annuncio della verità, ma anche come enunciato che si apre al dialogo e all'ascolto. Le parole vengono indicate come ciò che rimanda alla universalità, ma anche come ciò che permette la trasmissione di un ordine simbolico materno che subisce lo stigma di essere e rappresentare una mancanza e un difetto, ma che invece è ciò che consente di esprimere e sviluppare una resistenza ai sistemi dominanti e soprattutto un modo comune alle donne per tenere a distanza il dolore. Si delinea in questo modo il carattere profondamente politico del dialogo. RECENSIONI: 1) Recensione di: AA.VV., Religione, istituzione, liberazione, a c. di A.Colombo; sta in "Vita sociale", a.XL, n.203, novembre-dicembre 1983, pp.393-394. 2) Recensione di: AA.VV., Religione, istituzione, liberazione (v. n.12); sta in "La critica sociologica", aprile-giugno 1984, pp.135-136. “Segni e comprensione” n.58, maggio-agosto 2006, pp.117-120 3) Recensione di: L.LA PUMA, Contro le egemonie; sta in "Segni e comprensione", a.II, n.4, 1988, pp.101-102. 4) Recensione di: R.DADOUN, Tempo scrittura ed eros in Péguy; ivi, pp.131-133. 5) Recensione di: E.BERTI, Le vie della ragione; ivi, pp.133-134. 6) Recensione di: A.NEGRI, Il lavoro nel Novecento; ivi, pp.120-122. 7) Recensione di: A. DEREGIBUS, L'ultimo Renouvier; ivi, a.III, n.7, 1989, pp.46-48. 8) Recensione di: C.MANCINA, Differenze nell'eticità. Amore famiglia società civile in Hegel; sta in "Studi e ricerche", n.12, 1992, pp.141-145; 9) Recens. di: M.PEREIRA, L'oro dei filosofi; tra in "Segni e comprensione", a.VII, n.19, maggio-agosto 1993, pp.123-125; 10) Recens. di: H.v.DRUSKOWITZ, Una filosofa dal manicomio; sta in: "DWF", n.6, 1993, pp.91-96; 11) Recens. di: A.CAVARERO, Corpo in figure; sta in "Segni e comprensione", n.25, a.,IX, maggio-agosto 1995, pp.115-117; 12) Recens. di: A.CAVARERO, Corpo in figure; sta in "DWF", n.4, ottobre-dicembre 1995, pp.77-80 (è diversa dal n.55); 13) Recensione di DIOTIMA, La sapienza di partire da sé, “DWF”, gennaio-marzo 1997, pp.79-82; 14) Recens. di E.A.JOHNSON, Colei che è, Brescia, 1999, in “Rivista di Teologia dell’evangelizzazione”, a.III, n.5, gennaio-giugno 1999, pp.170-173; 15) Recens. di F.RESTAINO- A.CAVARERO, Le filosofie femministe, Torino, 1999, in “DWF”, n.42-43, 1999, 16) Recens. di G. CONTI ODORISIO, Famiglia e Stato nella “Repubblica” di Jean Bodin, Torino, 1999 , in “DWF”, n.44, ottobre- dicembre 1999, pp. 88-93. 17) Recens. di G. CONTI ODORISIO, Una famiglia nella storia, in “Segni e comprensione” 18) Recens. di L. BATTAGLIA, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita,Genova, Namen 1999, pp.290 in “Segni e comprensione” N. 42, gennaio –aprile 2001, pp.125-129. 19)Specchio di Mondo, Recens. di L.MURARO, Le amiche di Dio, “Il Manifesto”, 29, luglio 2001. 20) recens. di C. ZAMBONI, Parole non consumate. Donne e uomini nel linguaggio, Napoli, Liguori, 2001, pp157, in “Segni e comprensione” n. 44? 21)recens. di L. BATTAGLIA, Alle origini dell’etica ambientale, Dedalo, Bari 2002, in “Segni e comprensione”, n. 48, gennaio-aprile 2003.