LE MALEFATTE DELLA STREGA Diversità femminile e misoginia nel fenomeno della caccia alle streghe 1 Alcune riflessioni iniziali: La condizione della donna nello svolgimento storico-culturale dell’occidente è fortemente legata alla relazione tra condizione materiale e condizione storica (il peso della corporeità nella definizione dei ruoli) L’idea di una cittadinanza in sé e di una cittadinanza al femminile: l’accesso alla cittadinanza tout court (cioè al riconoscimento di sé come soggetto giuridicopolitico e alla concreta possibilità di partecipare attivamente alla vita della comunità in cui si trova a vivere) non è certamente un dato acquisito per le donne. D’altra parte la sua conquista non esaurisce il processo di liberazione delle donne stesse le quali arrivano a rivendicare il diritto ad una cittadinanza che non le costringa a rinunciare al loro specifico esistenziale C’è dunque, nella lotta per la conquista dei diritti delle donne, accanto all’istanza emancipatoria, un bisogno di conquistare un’identità autonoma, sganciata dall’assunzione di determinati ruoli. Si tenga presente che nel mondo antico (e non solo) molti, traendo spesso spunto dall’antropologia aristotelica, vedono la donna come una mutazione degenerativa, connotabile non come un in sé ma in maniera antitetica all’uomo. In questo senso la donna risulta condannata, per così dire, in due sensi: da un lato le viene negata una stabile identità, dall’altro viene concepita come una sorta di non- essere, di resistenza al dato reale dell’uomo. La condizione giuridica della donna in età altomedievale La condizione della donna nel medioevo è fortemente segnata da due fattori. L’uno legato alla tradizione occidentale che, in forza di un’idea di gerarchia naturale tra superiore ed inferiore, la colloca come essere in qualche modo incompleto e dunque destinato a vivere sotto tutela. L’altro legato al carattere di una società, quella feudale-cavalleresca, che si presenta connotata da virtù guerriere che finiscono per identificare la donna nella schiera degli inermi. Per meglio comprendere la condizione della donna nel Medioevo può essere illuminante riflettere sull’evoluzione di alcuni istituti giuridici, (dote, matrimonio, diritto successorio..) che regolano i rapporti tra la donna e l’uomo, la donna e la famiglia, la donna e la società. Se partiamo dal mondo germanico troviamo la scambio nuziale non centrato sulla dote ma su due doni fatti dallo sposo alla famiglia della sposa: si tratta di due prezzi per pagare il prezzo della sposa o meta (cioè il diritto a subentrare nel controllo giuridico della donna), e come dono del mattino- morgengahe (dono alla sposa per premiarla, dopo la consumazione della sua verginità). E’ evidente che questi due doni corrispondono all’affermazione del pieno possesso da parte del marito della moglie come parte di un patrimonio, mentre la possibilità effettiva da parte della 2 donna (ad esempio in caso di vedovanza) di utilizzare il dono del marito (morgengahe) veniva spesso ridotta in caso di vedovanza (di fatto la donna poteva solo usufruire dei beni del marito in attesa del passaggio di eredità ai figli) Presso i Longobardi, per quanto emerge dai testi legislativi, il valore della donna è legato non tanto alla persona della stessa, quanto al prestigio ed alla dignità della sua stirpe di origine. Esaminiamo il concetto di mundio: sappiamo che si tratta del diritto di esercitare protezione –tutela da parte del padre o in sua assenza di un parente stretto o tutore maschio sulla donna. Nel momento del fidanzamento si stabiliscono le condizioni per il trasferimento al futuro marito del mundio stesso. Nell’Editto di Rotari (643) vengono indicate le quote di eredità a seconda del grado di parentela secondo uno schema che vede un netto svantaggio delle femmine (esse ereditano solo in assenza di figli maschi con spartizione dei beni tra figlie e sorelle legittime e nubili del defunto) Con Liutprando vengono emanati alcuni capitoli che addolciscono la posizione giuridica della donna (le figlie ereditano tutta la proprietà del padre in caso di assenza di figli maschi. Inoltre non c’è più distinzione tra figlie nubile e figlie sposate. La vedova può disporre liberamente del terzo dei suoi beni se rimane in casa dopo la morte del marito. A partire dal secolo XII si riprende l’uso della dote (già presente nel mondo romano e poi abbandonata in età altomedievale). Fornita dalla famiglia della donna che la porta al marito come sua proprietà perché egli la amministri (pur senza alienarla) la dote diventa, nella famiglie particolarmente abbienti, un modo per escludere le figlie dall’asse ereditario. Accanto alla dote è interessante anche l’istituto del matrimonio rispetto all’evoluzione del quale è decisivo il ruolo giocato dalla Chiesa. Il decreto tridentino “Tametsi” interviene a disciplinare la materia in questione, cercando di ostacolare l’idea secondo la quale il matrimonio si riduce ad essere un negoziato tra due nuclei familiari, e punta su due risultati: considerare sufficiente il consenso degli sposi e porre una rigida formalizzazione dei comportamenti, in modo da rendere evidenti e facilmente perseguibili le forme di devianza o di comportamenti illeciti. Con l’età delle grandi trasformazioni economico-sociali legate alla rinascita delle città vediamo che la donna prende parte alla vita sociale ed economica della città ma sempre in modo limitato: non può far parte degli organismi dirigenti, non partecipa alle assemblee e difficilmente può tenere bottega. Anche la possibilità di far parte delle corporazioni era determinata dalla presenza di una figura maschile di mediazione. Infatti anche se la situazione migliora , la donna resta sempre segnata da una costante incapacità militare e politica. 3 LE MALEFATTE DELLE DONNE: UN DATO CENTRALE NELLA STORIA DELLA PAURA Tra Medioevo e prima età moderna antisemitismo e caccia alle streghe vanno di pari passo. Al pari dell’Ebreo, la donna viene spesso pensata come una creatura legata a Satana, secondo una convinzione che coinvolge non solo uomini di chiesa ma anche laici. La misoginia di cui stiamo parlando presenta qualche difficoltà di comprensione soprattutto se teniamo presente che, man mano che ci si avvicina all’età moderna, troviamo sempre più esempi, tratti dall’arte, dalla letteratura, dalla vita di corte, che sembrano indicare una comune volontà di esaltazione della donna stessa. In realtà l’atteggiamento maschile nei riguardi della donna ha presentato forti ambivalenze, tra repulsione ed attrattiva, tra meraviglia ed aperta ostilità. Ciò che può illuminarci intorno a questo sentire ambivalente, è la considerazione che lo studioso Delumeau fa intorno alla doppia immagine della donna, vista dall’uomo come dispensatrice di vita e come regno della terra che inghiotte i trapassati: “ La terra madre è il ventre che nutre, ma anche il regno dei trapassati sotto terra o nell’acqua profonda. Essa è calice di vita e di morte. Essa è come quelle urne cretesi che contenevano l’acqua, il vino, il grano come pure le ceneri dei defunti.Non è un caso se in molte culture le cure dei morti e i rituali funebri sono state compito precipuo delle donne” A questo proposito va ricordato che in molte culture primitive o antiche la donna viene collegata con il culto dei morti tanto che la cura dei defunti e la gestione dei rituali funebri sono compito loro. Questo fatto può essere spigato con l’associazione tra la donna e l’idea di ciclicità: l’eterno ritorno che trascina tutto e tutti dalla vita alla morte e dalla morte alla vita. Un esempio noto a molti può essere quello del culto della dea Kalì, madre del mondo, al tempo stesso distruttrice e creatrice: essa è concepita come il principio materno, cieco ed oscuro che dà impulso al ciclo del rinnovamento e che, nello stesso tempo, provoca l’esplosione del male. Altri esempi potrebbero essere rintracciati in mitologie più vicine alla nostra cultura occidentale. La paura della donna non è dunque un’invenzione del Cristianesimo, dal momento in cui possiamo trovare nelle epoche precedenti molti segni di una paura della donna, vista come creatura pericolosa, ingannatrice, divorante e dispensatrice dei mali che funestano il mondo (v.il mito di Pandora). Eppure il Cristianesimo recepisce presto questo antifemminismo di fondo e lo elabora e lo difende fino alle soglie del XX secolo. (Questo anche se l’atteggiamento di Cristo nei confronti delle donne è stato segnato da un profondo rispetto e da grande considerazione nei confronti delle donne!) 4 Due brani tratti da san Paolo hanno esercitato un peso notevole nello sviluppo della misoginia in ambito cristiano: “Le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare: stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge” (I Cor., XIV, 34) “Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo” (I Tim.II, 11-12) La tendenza ad escludere la donna dalla partecipazione alla vita pubblica assume connotati particolarmente violenti in Tertulliano, la cui avversione per le donne contiene evidentemente una vera e propria paura per la maternità, per la natura, per la sessualità “…Tu dovrai sempre portare il lutto, essere coperta di stracci e consumata dalla penitenza, al fine di riscattare la colpa di aver perduto il genere umano. Donna, tu sei la porta del diavolo. Tu hai toccato l’albero di Satana e sei stata la prima a violare la legge divina” (De cultu feminarum) La sessualità è di fatto il peccato per eccellenza al punto che un forte dualismo connota il comportamento degli uomini a partire dall’età dei Padri della Chiesa: matrimonio 2° nozze ____________ ____________ verginità Vedovanza animalità ___________ divinità perversità ______________ santità/purezza Delumeau conduce un’analisi attenta e scrupolosa di testi medievali nei quali è possibile individuare un’elaborazione teorico-teologica della convinzione popolare circa la negatività fisiologica della donna. Da questi scritti emergono alcune associazioni di idee che finiscono per giustificare l’esclusione della donna stessa dalla partecipazione attiva alla vita sociale, politica, culturale del suo tempo. legame con la corporeità prevalenza dimensione emotiva DONNA bisogno di tutela pericolosità legata alla bellezza 5 LA CACCIA ALLE STREGHE Alla base della superstizione relativa alla stregoneria c’è la credenza che esistano uomini e donne che , dotati di poteri magici, sono in grado di incidere sulla natura e di danneggiare gli altri. Questa convinzione si ripresenta in varie epoche della storia dell’umanità e quindi anche nel Medioevo. Tuttavia incontra un aumento di intensità particolare all’inizio dell’ età moderna. Possiamo indicare alcune tappe dello sviluppo nella credenza nella stregoneria: a) Nei primi secoli di dominio della Chiesa (dal V al XI secolo circa) gli ecclesiastici considerano la magia come manifestazione della superstizione popolare di origine pagana e pertanto condannano come atteggiamento anticristiano il credere in essa. b) Dal secolo XI in poi, sconfitti definitivamente i culti pagani, la Chiesa si scontra con i movimenti ereticali per perseguire i quali viene istituito il Tribunale dell’Inquisizione. Tra il 1316 ed il 1324 Bernardo Gui realizza uno dei più noti manuali destinati agli inquisitori ed usa espressioni come “maghi,indovini…” per c) Il processo ai Templari del 1307 è un processo per stregoneria che però presenta in modo chiaro un carattere politico. Però va detto che a partire dalla fine dello stesso secolo nella Chiesa la teologia comincia ad elaborare la teoria del “patto col diavolo” da parte delle streghe. .Nel 1484 il papa Innocenzo VIII emana la Bolla “Summis desiderantes affectibus” in cui invita i vescovi tedeschi a combattere con maggiore decisione streghe e stregoni. d) 1487 i teologi Kramer e Sprenger pubblicano il Malleus Maleficarum, un manuale destinato agli inquisitori che istruiscono processi contro le streghe. Significativa è la domanda iniziale all’imputata, domanda con la quale si deve iniziare il processo: < ritiene che esistano le streghe?>. Questa precisazione è illuminante perché ci fa capire che la credenza nella stregoneria (condannata nell’Alto Medioevo) viene accolta come vera ed elaborata teoricamente dagli intellettuali. e) Il fenomeno della caccia alla streghe si manifesta con particolare violenza tra il 1550 ed il 1650 (si parla di migliaia di processi e di condanne) Un dato interessante: le azioni giudiziarie contro le streghe non sono più necessariamente competenza dei tribunali ecclesiastici e sovente diventano cause penali, competenza di tribunali civili. I PRESUPPOSTI DELLA CACCIA ALLE STREGHE L’ossessione per la stregoneria può essere collegata ad alcuni eventi storico-culturali dell’inizio dell’età moderna: 6 Il clima di forte tensione religiosa e di violenta contrapposizione tra le parti, tipica dell’età della Riforma. Si rifletta sul fatto che l’ossessione per la stregoneria si manifesta poco nelle aree dominate in modo incontrastato dal Cattolicesimo, mentre in paesi come la Francia, la Germania, l’Inghilterra…il permanere dello scontro tra le parti genera quel clima di sospetto, di timore e di “assedio” che è una delle condizioni per lo sviluppo della credenza nella stregoneria. La componente misogina della cultura del tempo sia in ambiente religioso che laico. Il Malleus Maleficarum può avvalorare la tesi del legame tra caccia alle streghe e paura delle donne. Il collegamento che emerge da questo testo è quello tra sessualità / diavolo / donna. La stregoneria come sopravvivenza di una religiosità precristiana. La studiosa inglese Margaret Murray nel testo “Le streghe nell’Europa occidentale” 1921 sostiene che la stregoneria deve essere messa in relazione alla sopravvivenza di culti precristiani, sopravvissuti marginalmente anche dopo l’anno Mille e riscoperti all’inizio dell’età moderna dalle autorità ecclesiastiche. Quindi le streghe non erano semplicemente un’invenzione frutto della superstizione popolare; esse esistevano veramente anche se le loro confessioni venivano, di fatto, fraintese: non trattava di patti con il diavolo bensì della sopravvivenza di antichi culti precristiani della fertilità La riorganizzazione religiosa e l’indebolimento delle difese contro la minaccia del maligno: il caso inglese. In Inghilterra i giudici non accettano, in linea di principio, la tesi del patto col demonio e si limitano, nella loro azione giudiziaria, ad accogliere le denunce di maleficio. La credenza è decisamente legata all’ambiente popolare e il suo sviluppo può essere collegato alla crisi del Cattolicesimo ed alla fine di quegli apparati liturgici e rituali che precedentemente avevano costituito per la gente comune una vera difesa contro il demonio. Ora, in età di riforma anticattolica, resta la sola fede come baluardo contro il male; di qui la diffusione di una certa paura nei confronti della minaccia del male. Infatti, come dice lo storico K Thomas nel testo “La religione ed il declino della magia”, “La fede nella magia ecclesiastica costituiva un ostacolo alla persecuzione delle streghe.. Ma dopo la Riforma la barriera fu abbattuta… e la società fu obbligata a prendere misure d’ordine legale contro un pericolo che per la prima volta minacciava di sfuggire di mano.” La strategia del capro espiatorio A partire dalla crisi del Trecento si afferma progressivamente una certa immagine negativa del divino: la peste che colpisce l’Europa, a più riprese, nel corso del secolo, viene interpretata come una punizione che Dio infligge agli uomini colpevoli di aver rotto i vincoli di fedeltà sui quali si reggeva l’universo storico. Si rende necessario, per evitare una pericolosa identificazione di Dio con il male, trovare figure umane o soprannaturali alternative con funzione di capro espiatorio. E’ a partire 7 dalla II metà del trecento che il diavolo assume un ruolo decisivo nella spiegazione dell’evento del male nel mondo. Per quanto riguarda le figure umane destinate ad assumere il ruolo di capro espiatorio dobbiamo per prima cosa fare un’osservazione: il processo di colpevolizzazione funziona nella misura in cui l’accusato è segnato di per sé da un fama negativa; sotto questo profilo due categorie diventano il bersaglio preferito della strategia del capro espiatorio: gli Ebrei e le donne I primi , come unica minoranza significativa e riconoscibile all’interno del mondo cristiano si prestano bene ad essere accusati di una serie infinita di misfatti (dal deicidio, alla pratica rituale dell’infanticidio, all’uso idolatrico dell’ostia consacrata, all’atteggiamento distruttivo nei confronti della comunità dei credenti..) Un discorso simile può essere fatto per le donne che , come abbiamo visto , sono spesso oggetto di un’opera di denigrazione che le vede lussuriose, istintuali, prive di dirittura morale, deboli e facili prede della seduzione del demonio.. La violenza nei confronti del capro espiatorio , anche quando giunge alle conseguenze estreme dell’eliminazione fisica, non risolve certamente la situazione problematica nella sua effettiva realtà. L’esercizio della violenza sulla vittima produce una sorta di catarsi collettiva, una deviazione verso l’esterno della quantità di violenza generata dalla paura ed evita così che la comunità possa essere destabilizzata dalla stessa. (Donatella Ceccon) anno 2003 8