Anatomia Patologica 31\10\2007 - Digilander

Anatomia Patologica
Prof Lauriola
31\10\2007
14:30-16:30
Neoplasie del Polmone
Il prof. consiglia all’esame, per qualunque argomento chiesto, di impostare un discorso partendo
dall’eziologia, la patogenesi, l’epidemiologia e solo dopo trattare la parte istologica.
Nell’ambito delle neoplasie del polmone il carcinoma polmonare è la forma più frequente (95% del
totale) e sicuramente costituisce grande motivo di malattia e di mortalità.
Sono state riscontrate delle differenze di distribuzione geografica della malattia, con maggiore
presenza nei paesi più industrializzati (perché è qui massimo l’inquinamento e soprattutto la
diffusione del fumo di sigaretta, sicuramente la causa principale dei carcinomi polmonari); esiste
una correlazione tra numero di sigarette fumate al giorno e rischio di sviluppare la malattia, e anche
dopo la cessazione dell’abitudine al fumo il rischio si abbassa lentamente tant’è che riduzioni
significative si hanno solo dopo 10-15 anni e mai si raggiunge lo stesso livello di chi non ha mai
fumato. Sono importati anche le esposizioni ad altri agenti cancerogeni, altre alle centinaia studiati
nel fumo di tabacco (ex. benzopirene, nitrosammine, nichel, cadmio), come il radon di origine
ambientale o quelli legati all’attività lavorativa, ad esempio l’asbesto (associato a carcinoma
polmonare e mesotelioma pleurico), il cromo, il berillio (minerale che oltre a dare dei quadri
particolari granulomatosi polmonari può anche aumentare il rischio di carcinomi).
La classificazione delle neoplasie del polmone è particolarmente complessa e ricca di nomi.
- Si distinguono i carcinomi broncogeni che comprendono varie forme soprattutto:
il carcinoma squamoso;
l’adenocarcinoma che però più propriamente non deriva dai bronchi ma dagli epiteli bronchiali
e anche alveolari (vedremo poi che molti adenocarcinomi hanno origine più periferica);
carcinoma a grandi cellule del polmone;
- carcinoma a piccole cellule del polmone;
- carcinomi cosiddetti combinati, tenete presente che nel polmone non è raro trovare per
esempio in seno ad un adenocarcinoma un carcinoma squamoso o un carcinoma a piccole
cellule insieme ad un’altra forma.
C’è però un piccolo gruppo di altre neoplasie molto più rare che originano dalle ghiandole
accessorie dell’albero bronchiale: ghiandole sieromucose che possono presentare gli stessi tumori
(non tanto il tumore misto ma piuttosto un cilindroma, un carcinoma mucoepidermoidale) delle
ghiandole salivari maggiori e minori.
Prima di introdurci nell’argomento vediamo quali sono le possibilità di arrivare ad una diagnosi nei
tumori polmonari: la prima cosa che si consiglia di fare in un soggetto che presenta sintomatologia
caratterizzata da dispnea, emottisi, con un’ombra sospetta all’Rx è un esame citologico
dell’escreato (lo ‘sputo’ preso al mattino che viene dalla profondità delle vie aeree); spesso si
ottiene un esame valido, anche se a volte conviene ripetere l’esame 2-3 volte perché magari i tumori
sono molto periferici oppure perché certi tumori non affiorano nel lume e quindi non desquamano.
Possiamo osservare per esempio delle atipie cellulari soprattutto nucleari che ci consentono di dire
questo è un carcinoma ma magari non riusciamo a dire che tipo è. Altre volte il tumore è disposto
perifericamente e non arriva ai bronchi (e quindi l’escreato non ci aiuta), ma cresce all’interno della
pleura e posso fare l’aspirato del liquido pleurico e fare su questo l’esame citologico, aiutandomi
così a definire il tipo di versamento presente. Gli esami più comunemente previsti sono la
broncoscopia con biopsia (attraverso piccole pinze), e si può anche penetrare dentro al parenchima
polmonare prendendo dei pezzettini di tessuto interstiziale e alveolare senza fermarsi al bronco, o in
caso di tumori periferici, in zone superficiali come in una neoplasia subpleurica si può cercare di
entrare con un ago in modo percutaneo per avere una istologia o più frequentemente una citologia di
quel materiale sospetto.
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Per quanto riguarda i tumori polmonari possiamo cercare di identificare i precursori di ognuno di
essi, perché per esempio il fumo di sigaretta che agisce sulle vie respiratorie ma anche nella cavità
orale e nella faringe induce delle alterazioni le quali sono progressive, cioè c’è un peggioramento
con la durata dell’esposizione. Le prime alterazioni che possono innescare sono quelle dette di
metaplasia  poi c’è la displasia  carcinoma in situ  carcinoma invasivo. Questa progressione
è stata per prima descritta nel carcinoma della cervice uterina, ma è valida anche qui.
La metaplasia è una perdita di differenziazione di un epitelio, un’alterata differenziazione rispetto al
normale: nella figura vedete l’epitelio è caratterizzato dalla presenza di ciglia che vengono perse
nell’epitelio metaplasico il quale invece è molto simile a quello della cute e questo è un esempio di
metaplasia squamosa dell’epitelio bronchiale come risposta difensiva agli insulti cronici. Altro
esempio è la metaplasia intestinale dello stomaco, quando compaiono le globet cells o cell.
dall’orletto a spazzola normalmente non presenti in quella sede. Nella displasia invece si
evidenziano delle atipie variamente gravi,ad esempio in un epitelio squamoso possiamo notare
alterazioni della maturazione cellulare (non tendono più a maturare progredendo dagli strati
profondi verso quelli più superficiali, appiattendosi e perdendo il nucleo), le mitosi abbondanti e
presenti in tutti gli strati (in tutti gli epiteli normali sono confinate negli strati basali), il rapporto
nucleo\citoplasma che non tende a diminuire anzi il nucleo resta sempre voluminoso. La
valutazione del grado di displasia richiede esperienza ed un occhio allenato, ma comunque è
presente un certo soggettivismo nel fare queste valutazioni. Nel carcinoma in situ non è presente
infiltrazione al di sotto della membrana basale, rappresenta quindi il più alto grado delle alterazioni
intraepiteliali
 Carcinoma Squamoso
Abbiamo detto che origina secondo la serie di eventi descritta prima, è collegato fortemente con il
fumo di sigaretta (insieme al carcinoma a piccole cellule, a quello a grandi cellule e in parte anche
all’adenocarcinoma a differenza di quanto si pensava prima). Le caratteristiche di questo tumore
sono: accrescimento in nidi, gruppi di cellule solide senza formare quindi ghiandole e nel contesto
di questi nidi si evidenziano delle zone centrali di maturazione cheratinica (perle cornee) e
cheratinizzazione di singole cellule; ancora più importante per la diagnosi è la presenza di ponti
citoplasmatici intercellulari (spine), usatissimi una volta per la diagnosi differenziale ad. es. con un
carcinoma a piccole cellule, che oggi è supportata da tecniche collaterali come
l’immunoistochimica. È uno degli istotipi più frequenti (le statistiche variano da centro a centro) e
insorge più spesso nei grossi bronchi, dove si ha il massimo dell’insulto del fumo (rari i casi
periferici), e il tumore crescendo entro il lume può determinare delle ripercussioni anche sul
parenchima a valle, con fenomeni di tipo ostruttivo e lo sviluppo di bronchiectasie e di atelettasie
(che a loro volta attuano effetti di retrazione sulla parete bronchiale stessa), e anche dare il via a dei
fatti di tipo broncopneumonico, perché magari le secrezioni e il muco che ristagnano nella via aerea
ostruita diventano un vero e proprio ricettacolo di germi. Altre volte il carcinoma può iniziare in un
bronco e poi infiltrare diffusamente il parenchima. Le sedi di metastasi più frequenti sono i
linfonodi loco-regionali (infatti la prima cosa che si fa quando si toglie il tumore è esaminare
proprio le stazioni linfonodali): nella foto il linfonodo appare antracosico nella parte esterna ma
nella parte centrale si evidenzia la metastasi che ha sovvertito completamente la struttura istologica
e macroscopicamente qui si vede la scomparsa dell’antracosi che ci porta a pensare ad un processo
neoplastico (perché i linfonodi di un fumatore sono di solito tutti neri). Ancora una possibilità è
l’infiltrazione del mediastino e delle strutture all’ilo polmonare: ad esempio la vena cava è molto
comprimibile e può svilupparsi la cosiddetta Sindrome della vena cava superiore che nel malato si
manifesta con il classico edema a mantellina e la presenza di dilatazioni delle vene della parte
superiore del torace. Altre sedi di metastasi sono quelle cerebrali, ossee, surrenali (il carcinoma del
polmone ha una grossa tendenza a metastatizzare qui). L’aspetto istologico ricordiamo è
caratterizzato dalle perle cornee, dalla maturazione cheratinica, a volte le cellule possono essere più
grosse e si evidenziano i ponti intercellulari diagnostici per il carcinoma squamoso che infatti un
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tempo veniva chiamato spinocellulare. La citologia al giorno d’oggi è sempre eseguita anche se per
la diagnosi e per impostare il trattamento è comunque necessaria la biopsia, e si può osservare una
cellula cheratinizzata.
 Adenocarcinoma
Le ricerche hanno portato a credere che anche per l’adenocarcinoma si possa delineare un processo
a tappe, passando per quadri di atipia dell’epitelio a quadri di vera e propria neoplasia. Al giorno
d’oggi l’osservazione di adenocarcinomi che non raramente presentano piccoli focolai di iperplasia
dell’epitelio alveolare ha portato all’idea che il danno che agisce sul polmone si esplica all’inizio
con delle lesioni con queste caratteristiche: iperplasia degli pneumociti di II tipo (posso anche
trovarla nelle fibrosi polmonari) e quindi si ritiene che la sequenza parte da una iperplasia
adenomatosa atipica polmonarecarcinoma bronchiolo-alveolareadenocarcinoma. C’è una serie
di dati che supporta questo: il carcinoma bronchiolo-alveolare è un tumore in situ dell’alveolo
polmonare a volte lo si trova complicato in qualche punto da una parte invasiva, cioè un vero e
proprio adenocarcinoma (dove la neoplasia è appunto invasiva nei confronti dello stroma). Questa
sequenza quindi probabilmente funziona come ipotesi. Il carcinoma bronchiolo-alveolare è
normalmente considerata una variante meno invasiva ma bisogna essere sicuri che non ci sia area di
invasività. La distinzione è importante anche a fini terapeutici, perché il rischio di metastasi è molto
maggiore se siamo in presenza di adenocarcinoma piuttosto che di carcinoma bronchiolo-alveolare.
L’ipotesi è quindi che il carcinoma bronchiolo-alveolare sia il precursore dell’adenocarcinoma, ma
se questa progressione avvenga sempre o solo in alcuni casi nessuno lo sa. Ci conforta il fatto che
frequentemente se troviamo un adenocarcinoma è presente da un’altra parte un carcinoma
bronchiolo-alveolare o un’iperplasia atipica, un po’ in analogia con quello che avviene nel
carcinoma endometriale; è realistico pensare che comunque la noxa qui ha determinato certe
mutazioni che si presentano così e che poi per sommazione con altre si trasformano in
adenocarcinoma. La localizzazione di questa neoplasia è spesso periferico, subpleurico, ha minore
associazione con il fumo di sigaretta. Ci sono vari istotipi, può avere crescita papillare, può o no
produrre il muco ecc ma per definizione è un tumore che forma le ghiandole e tipicamente è
presente una reazione dello stroma all’infiltrazione. Macroscopicamente spesso di presenta come
un’ombelicatura retratta della pleura, e tagliando trovo sotto il tumore. L’importante in questi casi è
andare a studiare microscopicamente se c’è o no infiltrazione della pleura, per valutare il rischio che
magari tolto il tumore comunque residuino cellule neoplastiche nel cavo pleurico.
Quando si trova un nodulo di adenocarcinoma nel polmone bisogna essere molto cauti per
distinguere tra tumore primitivo o metastasi (per il carcinoma squamoso è molto meno difficile la
distinzione perché il tumore primitivo spesso già sappiamo qual è). Ci sono dei criteri per fare
questa distinzione, ma l’iter comunque richiede uno studio combinato con il radiologo per vedere se
ci sono altri tumori, ma se trova ambedue i polmoni impallinati diffusamente ci dice subito che sono
metastasi. Il patologo può accertare tramite marcatori la provenienza delle cellule tumorali ad
aspetto ghiandolare che vede: il TTF-1 (thiroyd transcription factor 1) è un marcatore espresso nei
nuclei delle cellule alveolari e nelle cellule tiroidee, probabilmente importante per lo sviluppo del
polmone stesso; se andando a valutare tramite istochimica con un Ab anti TTF-1 ne trova
espressione può dire che di tratta di una derivazione polmonare o al massimo tiroidea (polmone e
tiroide originano in stretta contiguità). Nel caso voglia escludere che sia tiroideo può usare la
tireoglobulina, ad esclusivo appannaggio delle cellule tiroidee. Usando Ab anti CDX-2 si può
distinguere un tumore primitivo con una metastasi di derivazione intestinale, la quale appunto
presenta positività nucleare per questo marker. Oppure si usa il PSA per tumori di derivazione
prostatica, o usare le citocheratine CK7/CK20. Quindi alla fine possiamo arrivare a dire con una
certa sicurezza che il tumore è primitivo o no. Le metastasi poi spesso sono multiple. La citologia
per l’adenocarcinoma può farci fare diagnosi perché si vedono delle singole cellule con all’interno
vacuoli di mucina.
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 Carcinoma bronchiolo-alveolare (BAC)
E un tumore che non origina nei bronchi ma nel parenchima alveolare. Si può presentare come
nodulo singolo (più frequentemente), noduli multipli o addirittura interessamento di un intero lobo
(come ad esempio fa la variante mucinosa). La caratteristica tipica è la preservazione dei setti
alveolari e la crescita delle cellule in uno strato unico. Le cellule che proliferano possono essere
degli pneumociti di II tipo (con all’interno evidenziabili i corpi lamellari), o le cellule di Klara, o
delle cellule mucinose o una miscela di vari tipi di queste. Istologicamente la crescita rispetta i setti
alveolari che restano sottili, e la struttura del polmone non è alterata, ma se nell’ambito di un
contesto di questo genere si evidenzia una zona dove il connettivo è aumentato allora è molto
probabile che li ci sia stato un cambiamento che ha portato la neoplasia ad essere invasiva. Per
evidenziare gli pneumociti di II tipo possiamo usare Ab anti surfactante.
Altri tipi sono il carcinoma adenosquamoso, così detto quando in un tumore si trova sia una
componente ghiandolare che una componete solida; il carcinoma anaplastico a grandi cellule, è una
forma di tumore polmonare con sopravvivenza a 5 anni disastrosa, è molto aggressivo, non presenta
componenti ghiandolari, squamosi o aspetti di differenziazione particolari all’esame ottico, ma
grosse cellule anaplastiche con nuclei molto voluminosi e spesso più di uno.
Con il termine neuroendocrino non si fa riferimento alla derivazione embriogenetica dalla cresta
neurale, perché si è visto che ad eccezione delle cellule del surrene e dei paragangli la gran parte di
queste cellule non ha questa derivazione, pur avendo in comune con le cellule nervose il fatto di
possedere nel citoplasma certe sostanze o l’evidenziazione all’ultrastruttura di granuli di
neurosecreto; tra queste cellule mettiamo anche quelle dell’adenoipofisi che derivano dalla volta
dell’orofaringe, quindi tutte queste cellule in grado di produrre degli ormoni o dei peptidi
accumulano all’interno del citoplasma questi prodotti che posso poi secernere o meno. Quando si fa
riferimento alle neoplasie si fa riferimento a cellule tumorali che hanno al loro interno queste
proteine o delle vescicole neuroendocrine. Alcuni cenni storici: i primi studi sono stati fatti da
Feyrter nel secolo scorso, e si era notato che facendo certe particolari colorazioni con dei metalli si
evidenziavano certe cellule, soprattutto nel tratto gastrointestinale. Esse erano delle cellule chiare
che si coloravano elettivamente, e oggi posso evidenziare queste cellule neuroendocrine contenute
nelle ghiandole facendo una colorazione per la cromogranina che è appunto un marker delle cellule
neuroendocrine. E’ stato visto che ogni cellula può produrre più di una sostanza. Negli anni ’70-’80
studi fatti con anticorpi hanno evidenziato gli specifici prodotti di queste cellule, che si ritrovano nel
tratto gastro-intestinale costituendo la più grande popolazione di cellule neuroendocrine; la loro
funzione è quella di produrre delle sostanze in maniera mirata, magari subendo l’influenza di certi
prodotti intestinali o arrivati col sangue, e quindi determinare in questa maniera sia a lunga gittata
attraverso il torrente ematico (endocrino) che a breve termine sulle cellule vicine (paracrino)
specifico effetti. Sono presenti anche in altri luoghi, ad esempio nel pancreas. Quindi le cellule
neuroendocrine sono delle cellule epiteliali specializzate che hanno per un qualche motivo acquisito
la capacità di elaborare qualcosa come fanno anche le cellule nervose. Anche nello stomaco, nella
prostata, nel tratto genitale femminile si trovano, e queste cellule hanno dei granuli e secernono
certe sostanze all’interno del lume che poi agiscono su recettori influenzando le cellule vicine;
esistono poi cellule neuroendocrine, ad esempio le cellule di Merkel della cute che sono anche
innervate e risentono di questo effetto, in un complesso sistema di interazioni. Si trovano anche nel
timo, probabilmente legate alla maturazione linfocitaria. Posseggono granuli densi di neurosecreto,
chimicamente costituito da proteine e peptidi in parte condivisi con cellule endocrine e nervose,
però sono cellule non nervose. Ogni cellula può produrre più tipi di peptidi e risente di influenze
molteplici, quindi il risultato è quello di un controllo endocrino o paracrino su altre cellule. Alcune
di queste sono anche sotto controllo nervoso. Nel polmone soprattutto durante il periodo embrionale
e fetale si trovano moltissime cellule neuroendocrine, probabilmente aventi un ruolo nello sviluppo;
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nell’adulto all’interno dei bronchi si parla di cellule di Kulchitsky, cellule dalle quali poi si dice
derivano i tumori neuroendocrini del polmone. I marcatori utili per la diagnostica, cioè per dire che
quella è una cellula neuroendocrina, sono: le cromogranine, che sono delle proteine associate ai
granuli secretori; la sinaptofisina contenuta nelle vescicole sinaptiche; l’ NSE enolasi neurono
specifica presente nel citoplasma. Il concetto di APUD di Pearse oggi non regge più, infatti lui era
convinto che tutte queste cellule derivassero dalla cresta neurale, e invece una ricercatrice francese
facendo degli esperimenti con delle chimere di quaglie e pollo dimostrò incontrovertibilmente che
questo non era vero. Oggi si ritiene che avvenga un po’ lo stesso di quello che avviene all’interno
del sistema nervoso: nel tubo neurale primitivo ci sono tantissime cellule staminali che potrebbero
tutte diventare dei neuroni, però esiste la cosiddetta inibizione laterale tale per cui se una cellula si
differenzia in cellula nervosa evita che le cellule vicine diventino anch’ esse neuroni inviando dei
segnali inibitori che la portano a diventare per forza cellula gliale; gli stessi segnali scaturiscono
anche nell’intestino, e le cellule staminali che si differenziano emettono segnali inibitori sulle
cellule vicine. Quindi non si parla più di sistema APUD ma di cellule neuroendocrine.
Tumori neuroendocrini polmonari
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Carcinoide tipico
Carcinoide atipico
Carcinoma a piccole cellule (microcitoma)
Carcinoma a grandi cellule neuroendocrino
Questi tumori sono caratterizzati dalla capacità di produrre certe sostanze che non sono altro che
quelle elencate precedentemente, e all’ultrastruttura presentano i granuli di neurosecreto.
(I carcinoidi sono anche spesso presenti nel tratto gastro-intestinale, e qui ma anche nel polmone si
può trovare la presenza di vere e proprie iperplasie di cellule neuroendocrine sfocianti in carcinoide)
(Trovare una linea di derivazione per il carcinoma a piccole cellule non è facile, cioè nessuno ha
mai dimostrato che esso provenga da iperplasia di cellule neuroendocrine, ma è accomunato al
carcinoide dall’immunoistochimica e dalla capacità di produrre certe sostanze neuroendocrine)
Carcinoide bronchiale (tipico)
Origina dalle cellule neuroendocrine normalmente presenti, quasi sempre nei bronchi di grosso
calibro con crescita a volte ostruttiva, spesso rivestito da mucosa normale (non sanguina). Ciò
nonostante può infiltrare la mucosa, la parete bronchiale e il tessuto vicino con andamento ad
iceberg. Le metastasi sono piuttosto rare, sia quelle locali che quelle a distanza. Può raggiungere
grosse dimensioni ma di solito si ha a che fare con masse di 1-2cm. Il pattern di crescita tende a
formare dei nidi o dei festoni, con cellule piuttosto piccole a monomorfe.
Carcinoide atipico
Ha una frequenza di metastasi locali e a distanza del 50-60%, quindi è molto aggressivo. Per
differenziarlo dal tipico ci si basa sul numero di mitosi per campo, che superano le 2-10 per 10
campi ad alto ingrandimento (o è uguale dire per 2mm2 in associazione ad atipie nucleari. Quindi la
distinzione è importante in termini prognostici e terapeutici.
Carcinoma neuroendocrino a grandi cellule
E’ un carcinoma dove sono presenti nuclei grossi, atipie, con cellule che hanno la capacità di
produrre sostanze neuroendocrine. Sono tumori molto aggressivi. Più maligni di questi ci sono
soltanto i carcinomi a piccole cellule.
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Carcinoma a piccole cellule
Hanno un origine bronchiale, ed è frequentissimo che già al momento della diagnosi il tumore abbia
già metastatizzato diffusamente (ad esempio micrometastasi al midollo osseo come in altre sedi o ai
linfonodi). Ha una crescita molto rapida, un’ottima risposta alla terapia in prima battuta ma con
recidive quasi inevitabili nel giro di qualche anno, tant’è che la sopravvivenza si aggira a circa 1
anno dalla diagnosi, a dimostrazione della grande aggressività di questa neoplasia. Dal punto di
vista istologico le cellule sono piccole, rotonde o fusate (si diceva a grano d’avena), presentano
scarso citoplasma, sembrano quasi linfociti e vanno differenziati proprio da un linfoma. Esprimono
i marcatori neuroendocrini (cromogranina, sinaptofisina, NSE) ma anche citocheratine che ci
dimostra che sono cellule epiteliali. La citologia fa vedere delle cellule che hanno la cromatina
diffusa, non si vedono mai i nucleoli; per la diagnostica è molto utile ricorrere
all’immunoistochimica: soprattutto per la diagnosi differenziale con alcune forme di carcinoma
squamoso poco differenziato con piccole cellule ma soprattutto con i linfomi (che possono
anch’essi capitare nel polmone). Applicando l’Ab anti citocheratine, cromogranina, sinaptofisina,
NSE e anche l’Ab anti antigene comune linfocitario riusciamo ad essere sicuri della diagnosi.
Anche la citologia può essere utile, evidenziando delle specie di nuclei nudi che ricordano tanto dei
linfociti ma che comunque possono essere distinti con l’istochimica.
Mauro Monforte
Dato per scontato che gli amici di sempre non vanno ringraziati perché se ti sopportano da tanto tempo vuol dire che
qualche colpa da espiare ce l’hanno…volevo fare un saluto a Vittorio, Daniela P., Daniela L., Irene, Laura ed Elisabetta
e Flaminia.
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