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CORTE DI CASSAZIONE – Sez. III, 9 novembre 2006, n. 23918 - Pres. Preden – Est.
Segreto – Polimeni (avv. Grollino) c. Leopizzi, Casa di cura Villa Tiberia srl, Axa
Assicurazioni spa (avv. Massano)
(Conferma App. Roma, 12 maggio 200)
[2340/192] Danni – Patrimoniali e non patrimoniali – Non patrimoniali (morali) –
Danno morale soggettivo – Ricadente nella categoria del danno non patrimoniale
(Cost.. art. 2, c.c. artt. 2043, 2059)
[2340/192] Danni – Patrimoniali e non patrimoniali – Non patrimoniali (morali) –
Danno esistenziale – Categoria generica – Esclusione
(c.c. artt. 2043, 2059)
[2340/180] Danni – Patrimoniali e non patrimoniali - Biologico – Nozione – Lesione
del bene salute – Risarcibilità
(C.c. artt. 2043, 2059)
Nel vigente ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione, che
all’art. 2 riconosce e garantisce i diritti in violabili dell’uomo), il danno non patrimoniale
di cui all’art. 2059 c.c., non può più essere identificato soltanto con il danno morale
soggettivo, costituito dalla sofferenza contingente e dal turbamento dell’animo transeunte,
determinati da fatto illecito integrante reato (1).
Ai fini dell’art. 2059 c.c. non può farsi riferimento ad una generica categoria di
‘danno esistenziale’, poiché attraverso questa via si finisce per portare anche il danno non
patrimoniale nell’atipicità, sia pur attraverso l’individuazione dell’apparente tipica figura
categoriale del ‘danno esistenziale’, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non
necessariamente previste dalla norma ai fini specifici della risarcibilità di tale tipo di
danno (2).
Il “danno biologico” comprende ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella
diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito che la lesione del bene alla
salute abbia provocato alla vittima e non è concettualmente diverso dal “danno estetico” o
dal “danno alla vita di relazione”. Di entrambi il giudice deve tenere conto nella
liquidazione del danno alla salute complessivamente considerato al fine di assicurare il
corretto ed integrale risarcimento dell’effettivo pregiudizio subito dalla vittima (3).
(1-3) [2340/180] [2340/192] Una voce dissonante sul danno esistenziale.
SOMMARIO: 1. Dopo le Sezioni Unite. – 2. Una scelta tatticamente poco
opportuna. – 3. Nomofilachia e dintorni. – 4. Due vecchi equivoci. – 5.
Divergenze rispetto alle sezioni unite: a) il danno esistenziale come categoria
specifica e settoriale. – 6. (Segue): b) il danno esistenziale nei contratti.- 7. Un
punto condiviso.
1. Dopo le Sezioni Unite.
Un punto è certo. Da quasi un anno a questa parte, ed esattamente da
quando le Sezioni Unite sono intervenute a sancire la centralità della figura del
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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danno esistenziale, le ormai sparute voci negazioniste si ritrovano a doversi
misurare con quella fondamentale pronuncia(1).
Di ciò si mostra ben consapevole la sentenza della III Sezione n. 23918
del novembre 2006, la quale – in modo a dir poco singolare –
nell’autorevolissimo dictum cerca supporto alla propria inedita tesi,
proponendosene quale corollario.
Senonchè, il risultato appare deludente, non potendo non cogliersi
piuttosto - dal raffronto tra le due sentenze - una posizione di netta divergenza
di quest’ultima pronuncia rispetto all’ orientamento delle Sezioni Unite.
Ma ciò che ancor più lascia perplessi è il contrasto netto ed innegabile
(le cui ragioni, peraltro, restano oscure) tra la pronuncia novembrina e il
precedente arresto della medesima Terza Sezione di cui alla sentenza n. 13546/
2006 (2).
Più d’uno – come vedremo- i passaggi della motivazione che non
convincono, con conclusioni scopertamente dissonanti rispetto alle certezze
ormai acquisite.
2. Una scelta tatticamente poco opportuna
Non persuade, in primo luogo, il fatto che sia stata eletta, quale
contesto idoneo per riproporre le tesi negazioniste di cui già alla precedente
15022/ 2005 (3), una fattispecie di malpractice medica, con lesione deturpante
del seno femminile.
Si consideri, in proposito, che ad invocare l’estensione della tutela
risarcitoria al pregiudizio di natura esistenziale era stata– nella specie - una
donna venticinquenne, vittima di un errato intervento chirurgico di
enucleazione di adenoma mammario. La giovane era stata dimessa dalla casa
di cura con una lesione sfigurante del seno, e, a suo favore, erano stati
liquidati, dai giudici di merito, trentamila euro, oltre interessi, a titolo di
danno biologico e di danno morale soggettivo: una posta risarcitoria
inadeguata – aveva lamentato la vittima- per nulla comprensiva delle ricadute
pregiudizievoli che la menomazione aveva prodotto sul piano esistenziale, nei
vari contesti di riferimento, quali la famiglia, il lavoro, e le attività sociali.
La Cassazione, pur ammettendo che l’indennizzo del danno biologico
dovesse, nella specie, ricomprendere “la difficoltà della donna di reintegrarsi nei
(1) Cass. Sez. Un. n. 6572, in Diritto & Giustizia, 2006; Foro it. 2006, I, 1344, con nota di PERRINO, e con
massima riprodotta in Foro it, 2006, I, 2334, con note di CENDON, Voci lontane, sempre presenti nel danno
esistenziale e di PONZANELLI, La prova del danno non patrimoniale e i confini tra danno esistenziale e danno
non patrimoniale; Giust. civ. mass. 2006; Giur. it., 2006, 7, 1359, con nota di BORDON, L’ imprimatur delle
Sezioni unite al danno esistenziale; www.personaedanno.it, con nota di DI MARZIO, L’ arditissima e fulminea
avanzata…
(2) Cass. Sez. III 12 giugno 2006, n. 13546, in D&G - Dir. e giust., 2006, 28 17, con nota di DI MARZIO, Il
danno esistenziale ormai sdoganato. Sì ai ragionamenti presuntivi per per dimostrare il pregiudizio; in Guida
al Diritto, 2006, 30, 48, con nota di CENDON, ROSSI, Si va affermando un nuovo corso sempre più restio a
tipizzazioni.
(3) Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, in D&G - Dir. e giust., 2005, 40 37; Foro it., 2006, 5, 1344;
Giust. civ. Mass., 2005, 7/8; Resp. civ. e prev., 2006, I, 86, con nota di CENDON, Danno esistenziale: segreti e
bugie.
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
2
rapporti sociali e di mantenerli ad un livello normale” conclude, riduttivamente,
per la congruità della soluzione tabellare adottata in sede di merito (danno
biologico liquidato nella percentuale del 14 per cento), in tal modo negando
copertura ai profili antropologici del danno.
Ciò che non torna è, allora, la palese antinomia tra il riconoscere che il
danno biologico racchiude in sé anche i profili relazionali/dinamici del
pregiudizio, e il concludere – ciò nonostante – che tali voci di pregiudizio sono
automaticamente ricomprese in un valore tabellare statico.
E ciò – valga sottolineare ancora – con riferimento ad una fattispecie di
illecito rispetto alla quale non è certo difficile raffigurarsi gli spaesamenti, non
soltanto interiori, che comporta - per una donna - il vivere e il viversi, da lì in
avanti, sfigurata nella parte di sé che più di ogni altra ne esprime la
femminilità, e si riflette sulla percezione della propria seduttività e capacità di
trasmettere tenerezza, nutrimento e vita, espressioni tutte (potrebbe
dubitarsene?) di valori della persona di rango costituzionale, quali la sessualità,
la maternità, e, più in generale, la vita affettiva e familiare.
Non a caso, il seno – ab immemorabili simbolo di grazia e di femminilità
– si pone al centro delle espressioni artistiche di ogni epoca, come attestano –
per limitarci al campo delle arti figurative - la scultura classica, e, in epoca
rinascimentale, raffigurazioni quali la ‘Tempesta’ del Giorgione o la
‘Fornarina’ di Raffello; nonchè, per venire ai giorni nostri, le rappresentazioni
surrealiste di Paul Delvaux, che del seno femminile celebrano la complessità dei
significati esistenziali.
Possibile, allora, liquidare l’intera gamma ripercussionale, compresi i
profili dinamici, entro un valore fisso precostituito? O non è, piuttosto,
verosimile immaginare che l’ esistenza quotidiana di quella giovane donna sarà
stata peggiore e, in ogni caso, diversa rispetto a prima: chiusure, cupezze,
antisocialità, perdita di fiducia, ritrosia agli incontri, inibizione della sessualità,
riduzione dell’autostima, crisi nella vita di coppia, certi abiti che non si
potranno più acquistare; e, ancora, la fatica e l’incertezza di eventuali
interventi ‘riabilitativi’, le difficoltà della fase postoperatoria, il dover
adattarsi, magari, alla convivenza con qualche protesi. Possibile (ma
l’interrogativo è retorico) che tutto questo valga poche migliaia di euro, poste
biologica e sofferenziale comprese ?
3. Nomofilachia e dintorni
Altro rilievo, sempre su un piano generale, riguarda il ruolo e la
funzione della Suprema Corte.
E’ noto come, nel nostro ordinamento, l’ attività interpretativa della
giurisprudenza (specie del S.C.) si risolva, non di rado, in creazione del diritto,
ciò che è attestato proprio dall’evoluzione interpretativa registratasi nel campo
della responsabilità civile, dove – come è stato autorevolmente sottolineato - i
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
3
rigidi confini della disciplina legislativa “sono stati infranti attraverso
l’invenzione prima del danno biologico e più di recente del danno esistenziale” (4).
Come poi è facile comprendere, la funzione creatrice del diritto, per
impulso della giurisprudenza, si realizza non mediante una singola pronuncia,
quanto, invece, attraverso il consolidarsi – in un lasso di tempo
sufficientemente ampio – di una massa critica di decisioni analogamente
orientate (5).
E’ quanto verificatosi, negli ultimi anni, proprio riguardo alla categoria
del danno esistenziale, neo-voce affermatasi e consolidatasi, in sede di
legittimità, lungo un percorso che – per quanto talora altalenante
nell’approccio verbale/terminologico alla figura emergente – è infine approdato
ad una ricomposizione nitida e pressochè generalmente condivisa, con la
classificazione del danno esistenziale quale componente e voce, insieme al
danno biologico e al danno morale soggettivo, del ‘nuovo danno non
patrimoniale’.
Non pare inutile rammentare, a tal proposito (seppur schematicamente)
le tappe fondamentali seguite dalla Cassazione in tale percorso di sviluppo
creativo:
- a cominciare dall’ elaborazione della figura nel 2000, con la storica
pronuncia n. 7713 (6);
- proseguendo, poi, per impulso delle sentenze gemelle del 2003 (7), con
la lettura evolutiva dell’art. 2059 c.c., e con la conseguente dilatazione dell’
area di risarcibilità del danno non patrimoniale, nel senso della idoneità della
norma a ricomprendere ogni danno non suscettibile di valutazione economica
derivante dalla lesione di valori inerenti la persona;
- quindi affinando - da lì in avanti – la propensione a non trascurare e,
anzi, a cogliere, presidiandoli, i risvolti antropologici del danno, ovvero le
(4) CHIARLONI, Ruolo della giurisprudenza e attività creative di nuovo diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
2002, 1, 1.
(5) CHIARLONI, lc. cit.
(6) Cass., sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713, in Giust. civ. mass., 2000, 1240; D&G - Dir. e giust., 2000, 23 23,
con nota di DOSI; in questa Rivista, 2000, I, 2219, con osservazione di GIACALONE; Corriere giuridico,
2000, 873, con nota di DE MARZO; Danno e resp., 2000, 835, con nota di MONATERI, Alle soglie: la prima
vittoria in Cassazione del danno esistenziale, PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, ma vera e
propria pena privata; in Giur. it., 2000, 1352, con nota di PIZZETTI, Il danno esistenziale approda in
Cassazione; in Famiglia e diritto, 2000, 512; Resp. civ. e prev., 2000, 923, con nota di ZIVIZ, Continua il
cammino del danno esistenziale; in Foro it., 2001, I, 187, con nota di D'ADDA, Il cosiddetto danno esistenziale
e la prova del pregiudizio; in Fam. dir., 2001, 159, con nota di DOGLIOTTI, La famiglia e l’altro diritto:
responsabilità civile, danno biologico, danno esistenziale.
(7) Cass., sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e 8827, in Giust. civ. mass. 2003, 5; Giur. it., 2004, 29, con nota
di SUPPA, La svolta della cassazione in tema di danno non patrimoniale: la nuova valenza dell’art. 2059 c.c.;
Foro It., 2003, I, 2272, con nota di NAVARRETTA; Danno e resp., 2003, 816, con nota di BUSNELLI e di
PONZANELLI; Danno e resp., 2003, 816, con nota di PROCIDA MIRABELLI LAURO; Dir. informatica, 2003,
771; Resp. civ. e prev., 2003, 675, nota di CENDON, Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà.
Impressioni di lettura su Cass. 8828/2003; BARGELLI, Danno non patrimoniale e interpretazione
costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.; ZIVIZ, E poi non rimase nessuno; D&G - Dir. e giust., 2003, 24
26, con nota di PECCENINI, Sul danno non patrimoniale continuano i lavori in corso. La Corte ‘rivisita’
profondamente l’articolo 2059 c.c.; Nuova giur. civ. commentata, 2004, I. 5, 232, con nota di SCARPELLO.
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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ripercussioni del torto sul fare ‘aredittuale’ della vittima, le sfilacciature della
sua dimensione dinamica (8);
- per approdare, da ultimo, alla recente limpida consacrazione della
categoria da parte delle Sezioni Unite (9), anticipata, peraltro, pochi mesi
prima dalla prima sezione (10)), e ripresa, poi, ampiamente, dalla terza sezione
(11). Occorre, anzi, evidenziare, riguardo a tale ultima pronuncia – come la
stessa abbia lucidamente aggiunto un ulteriore significativo tassello nel
mosaico esistenzialista, laddove – definitivamente affrancata dalle
preoccupazioni legittimatorie e definitorie - spazia oltre nelle doverose
precisazioni in merito all’onere di allegazione e prova del danno esistenziale.
Si è trattato – a ben vedere - di una serie di interventi tutti allineati
lungo una chiara linea di tendenza, rispetto ai quali ogni tentazione di invertire
la rotta appare destinata a fallire; come dimostra – nondimeno- lo scarso
successo incontrato dalla precedente sortita della terza sezione nel 2005 (12)
sulla quale le Sezioni Unite, peraltro, hanno sorvolato a ‘piè pari’.
Che dire, allora, se non che del tutto incomprensibili sono le ragioni per
cui permangono, ancora oggi, nel supremo consesso, residuali frange di dissenso
rispetto ad un dibattito pressoché esauritosi ?
Perché voler rimettere in discussione la categoria così autorevolmente
convalidata, anziché volgersi proficuamente ai tanti temi attuali ed emergenti,
che pur rivendicano doverosa considerazione? A cominciare dalle oramai
urgenti questioni in materia di bioetica, o di tutela civilistica delle unioni di
fatto, riguardo alla quale ultima – occorre riconoscere - la S.C. ha già
manifestato consapevolezza, esprimendo la necessità di un intervento di
apertura (13).
(8) Vanno ricordate, tra le pronunce più significative: Cass. pen., 22 gennaio 2004, in Resp. civ. prev., 2004,
68, con nota di MACRÌ, Interessanti spunti giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione
e per errore giudiziario e di ZIVIZ, Danno non patrimoniale: uno e trino; in Foro it., 2004, 138; in Giur. it.,
2004, 1034, con nota di CENDON, Caso Barillà: perché sì al danno esistenziale, secondo la cassazione penale;
in Nuova giur. civ. comm., 2004, I, 567, con nota di PELLECCHIA, Anni sette, mesi cinque e giorni dieci…: i
danni da ingiusta detenzione tra risarcimento e indennizzo; Cons. Stato, 16 marzo 2005, n. 1096, in Resp.
civ. e prev., 2005, 1394, con nota si ZAPPIA, Il danno esistenziale causato dall’attività provvedimentale
illegittima della p.a.; Cass., sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, in D&G- Dir. e giust., 2005, 46 21, con nota di
DI MARZIO, Danno esistenziale, ancora contrasti nonostante il conforto costituzionale; in La Resp. civ., 2006,
3, 220, con nota di ROSSI R., Nuova luce sul danno esistenziale dalla sentenza n. 19354/2005; in Giur. it,
2006, 2267, con nota di PILLA, Il danno esistenziale causato dalla durata “irragionevole” del processo.
(9) Cass., Sez. Un., n. 6572, in Diritto & Giustizia, 2006; Foro it. 2006, I, 1344, con nota di PERRINO, e con
massima riprodotta in Foro it, 2006, I, 2334, con note di CENDON, Voci lontane, sempre presenti nel danno
esistenziale e di PONZANELLI, La prova del danno non patrimoniale e i confini tra danno esistenziale e danno
non patrimoniale; Giust. civ. mass. 2006; Giur. it., 2006, 7, 1359, con nota di BORDON, L’ imprimatur delle
Sezioni unite al danno esistenziale; www.personaedanno.it, con nota di DI MARZIO, L’ arditissima e fulminea
avanzata… . E’ oltretutto significativo che non nutra dubbi sulle precise, e peraltro inequivoche,
conclusioni delle Sezioni Unite neppure quella stessa dottrina che ancora oggi considera il danno
esistenziale “categoria poco giuridica”; pur polemizzando, infatti, con la scelta delle Sezioni Unite di
suggellare tale figura specifica di danno non patrimoniale, non manca di notare che nella sentenza 6572
“il nomen è ripreso più volte nel corso della decisione (almeno dieci sono stati i riferimenti espliciti alla
categoria)”: così PONZANELLI, lc. cit.
(10) Cass. 4 ottobre 2005, n. 19354, cit.
(11) Cass. 12 giugno 2006, n. 13546, cit.
(12) Cass. 15 luglio 2005, n. 15022, cit.
(13) Cass. 12 luglio 2006, n. 15760, cit.
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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Più d’uno sono, del resto, i riscontri del ruolo innovatore/creativo
proficuamente giocato dalla Cassazione, specie negli ultimi decenni. Si pensi,
per limitarci ad alcuni esempi soltanto, a Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, cit., che
ha inferto un colpo definitivo alla incomunicabilità tra il sistema della lex
aquilia e la disciplina del primo libro del codice civile, nell’amministrazione
delle risposte riparatorie ai torti intra-familiari; si consideri, poi, l’ intervento
chiarificatore riguardo al residuo ambito di operatività dell’ interdizione
agonizzante (14); e, altresì, all’ affermazione (della primavera scorsa) del diritto
del figlio naturale, tardivamente riconosciuto dal padre, a mantenere il
cognome materno (15).
Da qui, allora, l’ umile esortazione (tanto più giustificata in
considerazione della crisi già da tempo e da più parti constatata) ad una
riflessione interna al supremo organo della giustizia, circa la necessità di
riappropriarsi integralmente, e senza titubanze di sorta, del ruolo
nomofilattico demandatogli dall’art. 65 dell'ordinamento giudiziario di
assicurare "l' esatta osservanza e l' uniforme interpretazione della legge" (16).
4. Due vecchi equivoci
Venendo, poi, ai singoli passaggi della motivazione, ecco i due equivoci
di fondo che già avevano caratterizzato la precedente Cass. 15 luglio 2005, n.
15022 cit., sui quali, peraltro, già si è detto (17), e che, di conseguenza, vale qui
soltanto richiamare con brevi accenni.
Il primo da ravvisarsi nella erronea identificazione del danno
esistenziale con l’interesse protetto violato dall’illecito (danno-evento),
piuttosto che con le conseguenze pregiudizievoli discendenti dalla lesione
dell’interesse protetto (danno-conseguenza).
(14) Cass., sez. I, 12 giugno 2006, n. 13584, in questa Rivista, 2006, I, 2722; in Dir. e giust., 2006, n. 26, p.
16; in www.personaedanno.it, con nota di CENDON, L’amministrazione di sostegno come strumento cardine
per la protezione dei soggetti deboli.
Sul nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno per un ragionato bilancio dell’espereiznma giuridica
finora acquisita, cfr. SAN GIORGIO, L’amministrazione di sostegno. Profili problematici e prospettive di
riforma, in questa Rivista, 2006, n. 12, suppl.
(15) Cass. Civ., sez. I, 26 maggio 2006, n. 12641, in D&G - Dir. e giust., 2006, 25 12, con nota di DOSI, Gli
ermellini: addio vecchio patronimico. Cognomi più identità che discendenza. Il nome è un bene in sé,
indipendente dallo status familiare. Con questa sentenza la Corte di legittimità ha sancito il diritto del
figlio naturale, tardivamente riconosciuto dal padre, e che, perciò stesso, abbia già assunto il cognome
materno, a conservare quest’ultimo. Ma, già in precedenza, la Cassazione aveva manifestato una
posizione di chiara apertura progressita in materia, dichiarando non manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 143 bis, 236, 237, comma 2, 262, 299 comma 3 c.c., 33 e
34 d.P.R. 396/00, per contrasto con gli art. 2, 3 e 29, comma 2, cost., nella parte in cui prevedono che il
figlio legittimo acquisti automaticamente il cognome del padre anche quando vi sia in proposito una
diversa volontà dei coniugi: così, Cass., 17 luglio 2004, n. 13298, in D&G - Dir. e giust., 2004, 32 27 con
nota di BOGHETICH, Cognome materno ai figli legittimi: a deciedere sarà la Corte Costituzionale. La questione
venne già rigettata dalla Consulta; in Dir. famiglia, 2005, 23; Europa e dir. priv., 2005, 829, con nota di
MORMILE.
(16) CHIARLONI, lc. cit. Sull’argomento si vedano anche BRANCACCIO, La funzione di nomofilachia non è
fallita, in Il giudizio di cassazione nel sistema delle impugnazioni, a cura di MANNUZZU e SESTINI, Roma,
1992, 137, e TARUFFO, La corte di cassazione tra legittimità e merito, in Foro it., 1988, V, c. 237 ss.
(17) V. supra, § 2 e nt. 3.
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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Questa,
in
sostanza,
l’
argomentazione
antiesistenzialista
(pedissequamente tratta dal precedente del 2005): il danno non patrimoniale
sarebbe tipico, cioè risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, casi che, d’altra
parte, risultano ampliati (grazie alla lettura evolutiva dell’art. 2059 c.c.
operata dalle sentenze gemelle) alla lesione di interessi della persona
costituzionalmente garantiti. Il danno esistenziale, al contrario, sarebbe
‘atipico’ per sua natura, consistendo in una figura dagli incerti e non definiti
confini, e, come tale, non ammissibile poiché finirebbe con il rendere atipico il
danno non patrimoniale.
Evidente, e fors’anche elementare per il tortman, la mancanza di
chiarezza concettuale tra i due fondamentali elementi costitutivi della
fattispecie aquiliana.
4.1. segue
La seconda svista attiene, invece, alla pretesa tipicità del danno non
patrimoniale, all’opinione cioè che il ‘nuovo’ danno non patrimoniale delineato
dalle sentenze della svolta del 2003, per quanto ampliato, sdoganato cioè dalle
strettoie dell’art. 185 c.p., possa ravvisarsi nei soli casi espressamente previsti
dalla legge, e in quelli di lesione di specifici valori della persona tipizzati nella
Costituzione.
Si tratta, a dire il vero, di una posizione già ampiamente rintuzzata (18),
tanto che ogni ulteriore rilievo potrebbe risultare ozioso.
Eppure, l’argomento è di quelli centrali, tanto da doversi sottolineare,
una volta ancora, che il raggio della copertura costituzionale dei valori della
persona va scandito alla luce dell’art. 2 della Carta fondamentale, così come ha
ben chiarito la medesima terza sezione fin dal 2001 (19), con il riconoscere che “
l’ art. 2 Cost., nell' affermare la rilevanza costituzionale della persona umana in
tutti i suoi aspetti, comporta che l' interprete, nella ricerca degli spazi di tutela della
persona, è legittimato a costruire tutte le posizioni soggettive idonee a dare garanzia,
sul terreno dell'ordinamento positivo, ad ogni proiezione della persona nella realtà
sociale” e nel ravvisare, propriamente, nell’art. 2 una “clausola generale,
‘aperta’ all’evoluzione dell’ordinamento e suscettibile, per ciò appunto, di
apprestare copertura costituzionale ai nuovi valori emergenti della personalità, in
correlazione anche all’obiettivo primario di tutela del pieno sviluppo della persona
umana, di cui al successivo art. 3 cpv”.
Riesce difficile, di conseguenza, spiegarsi le ragioni per cui la medesima
sezione del S.C. prescinda, ora, da quanto così chiaramente enunciato (e
consacrato, in modo altrettanto cristallino- dalle sentenze gemelle del 2003
(20); difficile, soprattutto, considerando che la stessa sentenza che qui si
commenta annovera (correttamente) tra le posizioni soggettive di rango
costituzionale, la reputazione, quella stessa posizione consacrata – si noti –
(18)V. supra, § 2 e nt. 3.
(19) Cass. 10 maggio 2001, n. 6507, in Nuova giur. civ. comm., 2002, I, 529, con nota di ZACCARIA.
(20) Cfr. Cass. 31 maggio 2003 n. 8827 e 8828, cit.
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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mediante il puntello dell’ art. 2 Cost., dal proprio precedente arresto del
2001(21).
Da ultimo, per allontanare ogni residuo (per quanto improbabile)
dubbio al riguardo, basti volgersi ai tanti esempi di emersione, negli ultimi
decenni, di ‘nuove’ posizioni soggettive, non codificate in specifiche norme
della Costituzione, eppure assurte a interessi della persona di rango
costituzionale grazie al riferimento alla clausola generale dell’art. 2; e così, per
esempio, il diritto all’ identità personale (22), il diritto alla reputazione (23),
appunto, la riservatezza (24), il diritto alla sessualità (25), e, ancora, alla
serenità domestica (26), al riserbo e all’ intimità della vita familiare (27), nonché
alla realizzazione personale (28).
E come non accennare, poi, ai tanti interventi legislativi che hanno
costellato l’ordinamento di una pletora di neo- diritti della persona: anche qui,
per citarne alcuni, il diritto della gestante all’interruzione volontaria della
gravidanza (in presenza dei presupposti previsti dalla legge) (29), il diritto dei
portatori di handicap a non vedersi impedita la possibilità di accesso e di
(21) Cass. 10 maggio 2001, n. 6507, cit.
(22) Cass. 22 giugno 1985, n. 3769, in Resp. civ. e prev., 1985, 578; in Dir. fam., 1985, 901; in Dir. autore,
1986, 307.
(23) Cass. 10 maggio 2001, n. 6507, cit.
(24) Sul diritto alla riservatezza la giurisprudenza di legittimità si è soffermata fin da Cass., sez. III, 27
maggio 1975, n. 2129, in Riv. dir. internaz., 1980, 293, evidenziando come tale diritto trovi fondamento in
diverse norme del nostro ordinamento e sia in armonia con i vari principi costituzionali, oltrechè
riconosciuto espressamente da alcuni atti internazionali, tra i quali la Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con l. 4
agosto 1955 n. 848, il cui art. 8 par. 1 prevede che, "ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e
familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza".
Circa il contenuto del diritto alla riservatezza, si veda Cass., sez. II, 21 febbraio 1994, n. 1652, in Giur. it.,
1995, I, 1, 298, la quale lo descrive in termini di diritto al “riserbo della intimità della vita domestica privata,
di situazioni e vicende personali e familiari che si svolgono nell'ambito del proprio domicilio e che vanno
tutelate da ingerenze di terzi, non giustificate da interessi generali e pubblici di carattere preminente”.
Da segnalare la recentissima affermazione della preminenza del diritto alla riservatezza del minore
rispetto al diritto di cronaca, che si trova in Cass., 5 settembre 2006, n. 19069, in www.personaedanno.it,
ove si legge: “Non vi è dubbio che il diritto alla riservatezza del minore debba essere, nel bilanciamento degli
opposti valori costituzionali (diritto di cronaca e diritto alla privacy) considerato assolutamente preminente,
secondo le indicazioni derivanti dalle norme ora richiamate (artt. 3 e 31 della Costituzione e artt. 3 e 16 della
Convenzione di New York sui diritti dei fanciulli), laddove si riscontri che non vi sia l'utilità sociale della
notizia (quindi con l'unico limite del pubblico interesse)”.
(25) Recentemente, si è soffermata sul diritto alla sessualità Cass., sez. I., 10 maggio 2005, n. 9801, in
questa Rivista, 2006, 1, 93; in Giur. it., 2006, 4, 691, con nota di FRACCON e di CARBONE. Come, peraltro,
ricorda questa stessa pronuncia, l’affermazione del diritto alla sessualità, quale prerogativa soggettiva di
rango costituzionale, risale a Cass., sez. III, 11 novembre 1986, n. 6607, in questa Rivista, 1987, I, 572; in
Dir. economia assicur. 1987, 368; in Dir. fam., 1987, 148; in Foro it., 1987, I, 833; in Nuova giur. civ.
comm., 1987, I, 343; in Giur. it., 1987, I, 1, 2044.
(26) Trib. Milano, 16 maggio 1988, in Nuova giur. civ. comm., 1989, I, 152; App. Milano, 14 febbraio 2003,
in Riv. giur. amb., 2003, 829, con nota di MAZZOLA; PRATI.
(27) Trib. Bologna 12 ottobre 2005, in Resp. civ., 2006, 913, con nota di ROSSI R., Coabitazione indesiderata
e danno non patrimoniale.
(28) Si rimanda al pregevole saggio di TORINO R., Il diritto alla realizzazione personale, in
www.personaedanno.it
(29) L. 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di
gravidanza).
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movimento negli edifici (30), il diritto al ricongiungimento familiare (31), e, poi,
per i disabili, il diritto al lavoro (32), per i cittadini il diritto ad un processo
giusto e ad una giustizia rapida (33). E pensiamo al diritto del bambino a
crescere nella propria famiglia (34); il diritto a non subire violenza all’interno
delle mura domestiche (35), il diritto delle persone ‘disabili’ al sostegno (36); i
diritti dei consumatori e utenti (37); il diritto del coniuge separato e dei figli al
corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento genitoriale (38); e ancora,
le pari opportunità e il diritto del lavoratore a non subire molestie sessuali sul
luogo di lavoro (39), e via dicendo (40).
5. Divergenze rispetto alle Sezioni Unite: il danno esistenziale come
categoria specifica e settoriale.
L’ultimo profilo da considerare -di rilievo centrale, peraltro- riguarda
l’atteggiarsi della pronuncia novembrina rispetto all’intervento delle Sezioni
Unite.
Osserviamo subito che quella che emerge è una lettura quanto meno
inedita di Cass., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572 (41), attraverso cui la terza
sezione mira a presentare le proprie conclusioni quale inossidabile derivato e
corollario del dictum delle Sezioni Unite.
Senonchè, l’esame delle argomentazioni utilizzate a tal fine dà ragione
della non robustezza dello sforzo compiuto, evidenziando – all’opposto - una
divergenza di orientamento che oggi l’art. 374 comma terzo del codice civile
(30) L. 9 gennaio 1989, n. 13 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere
architettoniche negli edifici privati)
(31) Si vedano gli artt. 28 e 29 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (T.U. delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero e successive modif.)
(32) L. 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili)
(33) Si rammenta che il diritto al giusto processo è stato introdotto nell’ordinamento, mediante
integrazione dell’art. 111 Cost., dalla l. cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei principi del giusto
processo nell' art. 111 della Costituzione).
(34) Si rinvia alla l. 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Disciplina
dell'adozione e dell'affidamento dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile)
(35) Si fa riferimento alla l. 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari), la
quale ha rappresentato una innovazione legislativa di estremo rilievo nel panorama dei presidi contro la
violenza endo-familiare. Riguardo ad essa Cass., sez. I., 10 maggio 2005, n. 9801 (in questa Rivista, 2006,
1, 93; in Giur. it., 2006, 4, 691) ha osservato trattarsi di emblematica espressione del processo di
valorizzazione della sfera individuale dei singoli componenti del nucleo familiare.
(36) Esemplare la l. 9 gennaio 2004, n. 6, istitutiva dell’amministrazione di sostegno.
(37) D. lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo)
(38)Tra le più recenti ed innovative riforme legislative deve annoverarsi la riforma sull’affidamento
condiviso, contenuta nella l. 8 febbraio 2006, n. 54.
(39) La disciplina relativa alle molestie sessuali sul luogo di lavoro è stata inserita, da ultimo, nel Codice
pari opportunità di cui al d. lgs. 11 aprile 2006, n. 198, e precisamente, negli artt. 25-27 del predetto tetso
normativo. Sul tema si segnala lo scritto di ROSSI R., Il danno esistenziale da molestie sessuali sul luogo di
lavoro, in www.personaedanno.it.
(40) Si rammentano, ancora, la l. 14 aprile 1982, n. 164 in materia di rettificazione di attribuzione di sesso;
la l. 5 febbraio 1992, n. 104, legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate, la l. 12 giugno 1990, n. 146, contenente norme sull’esercizio dei diritto di sciopero nei
servizi pubblici essenziali; ma l’elenco potrebbe continuare.
(41) Citata supra, nt. 1.
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(nella nuova formulazione introdotta dall’ art. 8 del d. lgs. n. 40/ 2006) (42)
imporrebbe di portare all’attenzione delle Sezioni Unite.
Vediamo, allora, la prima argomentazione utilizzata.
La pronuncia delle Sezioni Unite individuerebbe – secondo l’estensore
della 23918 - soltanto il ‘danno esistenziale del lavoratore’, posto che tale
genere di danno consegue alla lesione di una posizione soggettiva del lavoratore
codificata dalla previsione specifica dell’art. 2087 c.c.; disposizione,
quest’ultima, che, attraverso il riferimento alla salvaguardia dell’ integrità
fisica e della personalità morale, incamera nel codice civile i principi
costituzionali.
In altre parole, l’interesse leso dalla condotta datoriale troverebbe
direttamente protezione nel codice civile, tanto da non doversi indagare, sulla
base delle limitazioni imposte dall’art. 2059 c.c., se quell’interesse trovi
copertura nella Carta Costituzionale. Dunque, la 6572 – sempre seguendo il
singolare ragionamento della Sezione semplice - non farebbe riferimento ad una
categoria generale di danno.
Domandiamo, allora, se sia verosimile e logico immaginare un danno
esistenziale, quale categoria specifica di danno (sempre prescindendo, qui,
dall’equivoco di fondo che continua a permeare il ragionamento, quello –
intendiamo dire- tra danno-evento e danno conseguenza), ovvero, quale
categoria da concepirsi soltanto frastagliatamente, per settori specifici e per
comparti stagni: qui sì, là no, sì nel mondo del lavoro, no in quello della
famiglia, e via dicendo. Con l’ effetto non proprio incoraggiante, sul piano della
gestione concreta del presidio risarcitorio e della parità di trattamento, di finire
con il risarcire il danno esistenziale al lavoratore dequalificato, negandolo,
invece, ad una giovane donna che si ritrovi irreversibilmente compromessa
nella possibilità di realizzarsi sul versante affettivo, sessuale, e relazionale.
In ogni caso, poi, più d’uno i riferimenti – contenuti nella sentenza delle
sezioni unite - alla categoria generale del danno esistenziale:
- “il danno esistenziale infatti, essendo legato indissolubilmente alla
persona (…) necessita imprescindibilmente di precise indicazioni che solo il
soggetto danneggiato può fornire, indicando le circostanze comprovanti l’alterazione
delle sue abitudini di vita”;
- “il danno esistenziale può invece essere verificato mediante la prova
testimoniale, documentale o presuntiva, che dimostri nel processo i concreti
cambiamenti che l’illecito ha apportato, in senso peggiorativo, nella qualità della
vita del danneggiato”;
- “la stessa categoria del danno esistenziale si fonda sulla natura non
meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, del pregiudizio
esistenziale: non meri dolori e sofferenze, ma scelte di vita diverse da quelle che si
sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento dannoso”.
(42) Per effetto dell’ art. 8 del d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il nuovo III comma dell’ art. 374 c.p.c. così
dispone: “se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite,
rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso“.
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Eloquente, nondimeno, la sottolineatura della “forte valenza
esistenziale del rapporto di lavoro”, riguardo alla cui estensibilità agli ulteriori
contesti della vita quotidiana della persona (famiglia, tempo libero, sport,
rapporti con la pubblica amministrazione, e via dicendo) non può nutrirsi
dubbio alcuno.
E’ doveroso concludere, allora, che la considerazione del danno
esistenziale, da parte della Sezioni Unite, assume una valenza generale, ben più
ampia di quella pretesamene attribuitale dalla pronuncia novembrina, e non
limitabile, dunque, al solo mondo del lavoro.
Definitivamente risolutiva resta, in ogni caso, la duttile definizione
della posta antropologica ‘codificata’ nella pronuncia delle Sezioni Unite: “il
pregiudizio che l’illecito provoca sul fare aredittuale del soggetto, alterando le sue
abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua
quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua
personalità nel mondo esterno”.
6. (segue): b) il danno esistenziale nei contratti.
Il catalogo delle argomentazioni volte ad accreditare la lettura riduttiva
del dictum delle Sezioni Unite, si volge, a questo punto – per quanto non
proficuamente – ai lidi della responsabilità contrattuale.
Per la terza sezione, infatti, la pronuncia 6572 si riferirebbe ad una
ipotesi specifica e settoriale (legislativamente prevista) di risarcimento del
danno non patrimoniale nel campo della responsabilità contrattuale.
Ne conseguirebbe che, al di fuori di ipotesi tassativamente contemplate
ex lege, non possa consentirsi la risarcibilità del danno non patrimoniale in via
generale, in relazione cioè ad ogni contratto e, men che meno, nel campo della
responsabilità aquiliana.
Sorprende, intanto, la disinvoltura della prima negazione, quella
relativa alla irrisarcibilità, in via generale, del danno non patrimoniale in
ambito contrattuale. Più d’uno sono – all’opposto - gli esempi rinvenibili in
giurisprudenza, ove il trasporto, la locazione, la somministrazione, i contratti
turistici, l’appalto, e la stessa prestazione sanitaria hanno costituito occasione
per l’approntamento di risposte risarcitorie estese ai risvolti anche
antropologici del danno (43); talchè – già alla luce di ciò - la conclusione della
decisione in epigrafe ne esce alquanto indebolita.
E, in ogni caso, come immaginare di poter talora ammettere, talaltra
escludere la tutela risarcitoria riguardo al danno non patrimoniale, a seconda
che la disciplina di un determinato contratto contenga o meno una previsione
corrispondente a quella dell’art. 2087 ? E’ evidente che, così ragionando, si
(43) Così, Trib. Busto Arsizio, 28 gennaio 2005, in www.filodiritto.it; Il Merito – Il Sole24Ore, 2005, 9, 9, ha
condannato la compagnia di handling aeroportuale al risarcimento dei danni esistenziale e morale
soggettivo in relazione alla dispersione delle ceneri dei defunti degli attori. Relativa ad una fattispecie di
inadempimento del contratto di trasporto è pure Trib. Venezia, 7 aprile 2003, in Danno e resp., 2004, 79,
con nota di AGNINO; numerose, poi, le pronunce dei giudici di pace, tra le quali valga annoverare la
recente GdP Pozzuoli, 28 dicembre 2006, n. 6572, in www.filodiritto.it relativa ai danni prodotti da black
out.
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finirebbe con il dover escludere ogni possibilità di risarcimento riguardo
all’inadempimento dei contratti ‘atipici’, con un conseguente ed inammissibile
vuoto di salvaguardia proprio su un terreno caratterizzato da un’ amplissima
fioritura di schemi negoziali per la regolamentazione dei rapporti e degli
scambi tra privati.
E, del resto, è sufficiente sfogliare i nutriti repertori sulla malpractice
medica, per scorgervi l’ intervenuto assestamento della responsabilità medica
nell’ area contrattuale (44).
6. Un punto condiviso
Impeccabile, invece – occorre, infine, riconoscere - l’ osservazione svolta
dalla III Sezione a consuntivo del proprio ragionamento, quella per cui “non
può sostenersi che il suddetto arresto delle S.U. abbia inciso sulla struttura del
risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.” poiché “nulla è stato
innovato rispetto all’indirizzo di questa Corte, inaugurato nel 2003”.
Un passaggio questo che rimanda alla rassicurante ‘recensione’ delle
sentenze gemelle offerta dalla Corte Costituzionale (45), con il soffermarsi sulla
lettura evolutiva che ha reso l’art. 2059 c.c. griglia contenitiva di ogni danno di
natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti la persona; e,
dunque, sia del danno morale soggettivo, sia del danno biologico, sia infine del
“danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale)
derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale della persona”.
E’ vero, dunque; le Sezioni Unite non hanno inciso su questa struttura;
hanno piuttosto aggiunto il solo tassello che mancava, ovverosia, la descrizione
e consacrazione dell’essenza del danno esistenziale, a mò di corona d’alloro o di
medaglia olimpica, per il cammino compiuto ed il brillante traguardo
raggiunto da tale voce di danno.
RITA ROSSI
(44) La configurazione della responsabilità del medico in termini di responsabilità contrattuale da
‘contatto sociale’ venne consacrata definitivamente da Cass, 22 gennaio 1999, n. 589, in Foro it., 1999, I,
3332, con nota di DI CIOMMO; LANOTTE; in Riv. it. med. leg., 2001, 830, con nota di FIORI, D’ALOJA; tra le
sentenze di legittimità più recenti, si veda Cass., sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, in questa Rivista, 2005,
1, I, 121, con nota di GIACOBBE; in questa Rivista, 2005, 10, 2403, con nota di FAMULARO, Il danno
ingiusto della nascita, p. 2403; in Danno e resp., 2005, 379, con nota di FEOLA, Essere o non essere: la Corte
di cassazione e il danno prenatale; in Giur. it., 2005, 2068, con nota di DIGREGORIO: Il diritto a non nascere:
una nuova selezione della specie? Nella giurisprudenza di merito, tra le tante: App. Perugia, 15 dicembre
2004, in Corr. merito, 2005, 63, 4; App. Perugia, 28 ottobre 2004, in Giur. merito, 2005, 9, 1800, con nota
di ROCCA, Quando l’errore medico diventa imposizione coatta, un futuro votato al sacrificio. In dottrina, si
veda PASQUINELLI, La responsabilità medica. Problemi attuali della responsabilità del medico, in Persona e
Danno, Trattati, a cura di P. CENDON, vol. V, Milano, Giuffrè, 2004; Sella, La quantificazione dei danni da
malpractice medica, in Il diritto privato oggi, collana diretta da P. CENDON, Milano, Giuffrè, 2005.
(45) C. Cost. 11 luglio 2003, n. 233, in Giur. it., 2004, 723, con nota di CASSANO, La responsabilità civile con
due (belle ?) gambe e non più zoppa; in Resp., civ. prev., 2003,
H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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H/ server/ GC Nota a Cass 23918
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