Il documento finale

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Seminario internazionale
GIUSTIZIA PER I MINORI: STRATEGIE E PROGETTI
Nisida, 29 - 30 ottobre 2004
DOCUMENTO FINALE
I propositi del Ministero Italiano della Giustizia - Dipartimento Giustizia
Minorile, organizzatore del Seminario, in collaborazione con l’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si sono realizzati.
Hanno aderito a questi due giorni di lavoro dodici paesi europei: Bulgaria,
Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Malta, Portogallo, Repubblica ceca,
Repubblica slovacca, Spagna, Svezia, Ungheria.
Le professionalità presenti, con le rispettive e diverse appartenenze
Istituzionali - Magistratura, Associazionismo, Agenzie formative - hanno
consentito un confronto tra diverse legislazioni in materia e permesso una
lettura critica del fenomeno della devianza minorile, sollecitando interrogativi e
spunti di approfondimento, riferiti anche alle specifiche situazioni nazionali.
I lavori hanno sollecitato la riflessione sulle diverse professionalità, sulle
competenze e sulle abilità che sarebbero necessarie per promuovere un
servizio ai minori sempre più efficace, affermando la centralità del modello
educativo.
L’incontro, realizzatosi in una cornice suggestiva come quella del Centro
Europeo di Studi di Nisida, del Dipartimento minorile italiano, ha favorito
l’instaurarsi di un clima di collaborazione e di solidarietà nel condividere
problemi comuni, dialoghi tra istituzioni, professioni e Paesi diversi, che hanno
determinato un competente impegno nell’affrontare ed approfondire le
tematiche del seminario.
Le questioni educazione e prevenzione, intervento e territorio, devianza e
recidiva, già analizzate attraverso la restituzione dei questionari elaborati dai
Paesi partecipanti, hanno fatto emergere elementi significativi rispetto alle
differenti normative ed agli assetti istituzionali, alle metodologie di intervento,
alle aree di maggiore problematicità, nonché alle istituzioni coinvolte nella
presa in carico del minore deviante.
Inoltre sono state sottolineate le problematiche relative all’età imputabile, alle
competenze professionali richieste, a quali risposte preventive, modelli di
riferimento e trattamento, a quali servizi sul territorio, ai possibili scenari di
sviluppo.
Particolare attenzione è stata posta sui modelli di intervento e sulle strategie
da adottarsi nella prevenzione della recidiva.
I tre tavoli di lavoro, attraverso il contributo dei relatori, dei rappresentanti dei
dicasteri competenti in materia, dei delegati esteri e dei partecipanti, hanno
focalizzato, ciascuno per la propria sessione, le seguenti specificità.
La PRIMA SESSIONE seminariale, con riguardo al tema “Rapporto fra
educazione e prevenzione”, ha proposto l’assunto della coincidenza tra
educazione e prevenzione: educare è prevenire.
Nei Paesi in cui la normativa prevede interventi in prevalenza decentrati ed
integrati a livello interistituzionale, si riscontrano modelli di intervento
educativo di prevenzione sul territorio di natura polivalente, che interessano
variamente i diversi livelli ed organismi, pubblici e privati, centrali e territoriali;
la prevenzione è considerata offerta educativa alla persona, in senso più
ampio. Educazione/prevenzione, quindi, come servizio alla persona, alla
famiglia, alla comunità, finalizzato ad aiutare il minore a promuovere
l’equilibrio della sua personalità. La scuola, la famiglia e il privato sociale
rappresentano infatti agenzie educative privilegiate.
Cultura di servizio, cultura della responsabilità, cultura dei risultati diventano
riferimenti di una formazione al servizio di percorsi educativi e dunque di
prevenzione.
La SECONDA SESSIONE seminariale, con riguardo al tema “Strategie di
intervento e progettualità sul territorio”, ha fatto emergere da tutti i Paesi la
necessità di:
a) qualificare e potenziare risorse e competenze umane e professionali;
b) realizzare reti competenti tra gli organismi istituzionali preposti, le
agenzie e tutti gli attori sociali territoriali, per favorire una sicurezza
sociale che consideri come risorsa il minore a rischio di devianza, o
deviante, realizzando il suo diritto di cittadinanza attiva e condivisa;
c) una svolta culturale capace di realizzare processi di sistema volti a
promuovere benessere e sicurezza sociale, quali patrimonio per tutti i
cittadini. Si apre all’orizzonte una prospettiva di welfare locale, con
caratteri promozionali, passando da atteggiamenti di “amministrazione
delle cose e dei fenomeni” ad una strategia di “governo delle cose e dei
fenomeni”, attraverso anche l’istituzione di mirate cabine di regia.
La TERZA SESSIONE seminariale, con riguardo al tema “Devianza minorile e
recidiva”, ha fatto emergere che la recidiva nell’ambito della devianza minorile
rappresenta un fenomeno diffuso e comune tra i diversi Paesi.
I fattori di rischio, in grado di aiutare le letture del fenomeno, riconoscono sia
elementi generali comuni a più Paesi, quali disoccupazione, precedenti penali,
e altro, sia caratteristiche specifiche di determinate realtà locali.
Il recidivismo si manifesta, contestualmente, come un indicatore forte
dell’efficacia dei sistemi di risposta oltre che della vulnerabilità del soggetto
stesso. Ma questa direzione interpretativa include altresì la necessità di
approfondimenti in grado di integrare la conoscenza quantitativa, oggi più
diffusa, all’analisi qualitativa del fenomeno, anche attraverso follow-up
periodici in grado di validare l’efficacia dell’intervento socio-educativo in ambito
penale. La lettura integrata delle variabili personali, del tipo di risposta penale
e delle condizioni ambientali possono configurare un’ipotesi di modello
d’intervento sperimentabile.
L’approccio alla conoscenza del fenomeno e le esperienze rappresentate
mantengono sempre al centro dell’intervento penale l’attenzione ai processi
educativi. E’ uniforme il parere di promuovere gli studi, le ricerche, le
sperimentazioni e di consentirne la circolarità.
E’ emerso inoltre nelle tre sessioni di lavoro come il modello rappresentato
dalla Giustizia Minorile italiana, risultato di anni di legislazione,
sperimentazione, formazione, e di percorsi operativi posti in essere a vari livelli
organizzativi, centrali e periferici, possa costituire un punto di riferimento.
In conclusione, si è avvertita forte l’esigenza, da parte di tutti i Paesi
partecipanti, di avere un “luogo”, non simbolico, ma di studio, ricerca,
conoscenza, scambio, confronto anche delle buone prassi, per costruire
modelli, strategie, progettualità d’intervento sul minore, sulla famiglia e su
tutti gli attori del territorio capaci di promuovere “comunità educanti”, centrate
sul principio della sussidiarietà, sia orizzontale che verticale, per rispondere
alla complessità dei bisogni espressi dai giovani di questa società.
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