Relazione integrazione CGIE - Ministero degli Affari Esteri e della

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COMMISSIONE CONTINENTALE
PER I PAESI ANGLOFONI EXTRAEUROPEI
(Adelaide, 12-14 novembre 2004)
Relazione introduttiva del Consigliere Daniela TUFFANELLI COSTA - Australia
Vorrei dare un calorosissimo saluto di benvenuto ad Adelaide al Ministro Benedetti, al
Ministro Cardilli, al dott. Ciofi, al Console De Santi, ai colleghi del Comites e CGIE, ai
delegati ed illustri ospiti di questa prima riunione della Commissione Anglofona del nuovo
mandato del CGIE.
La scelta di dedicare la prima giornata dei lavori della Commissione a tematiche femminili
è il naturale proseguimento del lungo percorso che il CGIE ha fatto in questi anni nel
processo di riconoscimento del valore delle donne nell'emigrazione.
È importante esaminare ora questo percorso storico alla luce di una prospettiva attuale dei
grandi temi che riguardano le comunità italiane nel mondo.
Nel 1998 mi ero presentata, e venni eletta, al CGIE, con un programma di farmi "portavoce
sopratutto delle istanze delle donne italiane in Australia, come parte del processo volto alla
valorizzazione della donna italiana all’estero. Questo programma di lavoro non era, e non
è ora, inteso come rivendicazione da parte delle donne. Bensì come processo per mettere in
luce le capacità delle donne di partecipare in modo pieno nelle sfere del lavoro, dei diritti
civili e politici, dell’informazione, della cultura e del mantenimento della lingua e delle
tradizioni, per una partecipazione più completa e più riconosciuta nella vita comunitaria.
Il cammino di questo riconoscimento era iniziato naturalmente molto prima sin dalla
Seconda Conferenza Nazionale dell'Emigrazione del 1988, proseguito poi con il Seminario
del 97 su "Donna in emigrazione", cui ebbi la fortuna di partecipare.
Da allora, come membro del CGIE mi sono addentrata, assieme a molte altre persone, nello
studio delle donne italiane nell'emigrazione e ho scoperto la ricchezza di esperienze di
tante donne italiane e di origine italiana in Australia e nel mondo.
Da allora molti altri eventi hanno toccato le tematiche delle donne, ad esempio con il
Convegno di Lecce dal titolo "Donne italiane nel mondo fra innovazione e tradizione"
tenutosi nel corso della Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo nel 2000.
Fra le risoluzioni del Convegno di Lecce emerse la proposta di istituire l'"Osservatorio delle
donne italiane all'estero", con il fine di proseguire l'esame della condizione della donna e di
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creare gli strumenti idonei per la piena valorizzazione e partecipazione della donna nelle
comunità italiane nel mondo.
A questo fine sono state presentate negli ultimi 3 anni all'esame del Parlamento due
proposte di legge.
Sarà un compito importante del gruppo di lavoro delle 8 Consigliere del CGIE e del CGIE
di seguire l'iter di queste proposte e far si che queste scaturiscano eventualmente in un testo
unico.
Sono quindi naturalmente lieta che il Comitato di Presidenza, con il totale appoggio del
Vice Segretario dell'area anglofona, abbiano voluto scegliere come tema di questa riunione
l'esame del ruolo della donna, attraverso una lettura specifica delle realtà dei Paesi
anglofoni che, pur avendo una matrice culturale diversa, sono accomunati dalla lingua
inglese.
Devo anche ringraziare il Comites del SA che ha dato il suo totale supporto a questo tema e,
naturalmente, all'organizzazione di questa riunione.
Vorrei infine ringraziare il Console De Santi, che ci ha seguito ed assistito molto
cortesemente nelle varie fasi organizzative.
Vi è anche un'altra ragione importante per cui siamo fieri di poter tenere questa
Commissione Continentale ad Adelaide.
Come vedremo nelle diverse relazioni di oggi, il Sud Australia vanta un primato.
Il SA non fu soltanto il primo Stato a dare sia il diritto al voto che il diritto di candidarsi alle
elezioni alle donne, ma fu anche il catalizzatore per la concessione del diritto di voto a
livello federale.
In questi anni di lavoro al CGIE, nel Comites e nella comunità, mi è apparso più chiaro di
quanto non pensassi che le tematiche delle donne sono più che mai rilevanti alle grandi
tematiche sociali e culturali della società moderna.
Siamo dunque arrivati al titolo di questa Commissione: "Società, Integrazione, Evoluzione
ed Innovazione: Realtà e prospettive delle donne mediatrici fra culture e generazioni".
Questo concetto è importante non solo per la nostra memoria storica, ma anche per la sua
forte proiezione verso il futuro. È un concetto che emerge dalle testimonianze delle donne
stesse e dalla storiografia dell'emigrazione.
Per trattare questo tema abbiamo con noi autorevoli donne, che esporranno il ruolo
culturale della donna alla luce delle realtà delle società in cui vivono.
Nel dare un caloroso benvenuto all'esperta del Sud Africa, siamo spiacenti che non sia stato
possibile per le esperte di Canada e USA essere con noi oggi ma, come si dice, questo è un
"work in progress" e sono certa che potremo riprendere insieme con il loro contributo
questo lavoro.
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Abbiamo l'onore di avere fra noi, come viva ed emblematica testimonianza della presenza
femminile di origine italiana in Australia, rappresentanti al Senato Federale: la sen. Connie
Fierravanti Wells, al Parlamento del Sud Australia: l'on. Carmel Zollo e l'on Vini Ciccarello,
che daranno un quadro del percorso sociale e politico della donna italiana, dell'attuale
contesto politico e sociale e dei programmi ed iniziative nei confronti della condizione
della donna.
Per presentare le realtà delle donne di prima generazione abbiamo Franca Antonello,
Presidente del Coasit e Coordinatore dell'Ethnic Link Service. Franca ha dedicato tanti anni
del suo lavoro nell'assistenza e "welfare" della comunità italiana .
Teresa Crea, artista leader di fama nazionale ed internazionale, ci condurrà attraverso il
ruolo culturale nel processo d'integrazione e nella storia dell'emigrazione, con uno sguardo
verso il futuro.
Così come, guardando al futuro, sul come integrare i modelli culturali con le nuove
prospettive di formazione interverrà la dr.ssa Anna Ciccarelli, del Dipartimento di Studi
Internazionali dell'Università del Sud Australia. Infine, avremo una breve testimonianza di
Liza Emanuele, giovane imprenditrice nel campo della moda.
Gran parte dell'evolversi del concetto del ruolo delle donne come mediatrici culturali
nell'ambito della comunità italo-australiana, peraltro simile a tante altre realtà di
emigrazione in altri Paesi, emerge dalle testimonianze dirette di tante donne e di tanti
studiosi.
Vorrei fare quindi una breve riassunto di quanto è emerso da queste testimonianze e da
numerosi studi.
Dalle fonti storiche sappiamo che la grande immigrazione femminile si concentra negli anni
‘50 e ’60, e che nel 1971 le donne costituiscono il 47% della popolazione italiana.
Questo fu il frutto di una precisa politica governativa che promuoveva l'arrivo di donne,
per la crescita della popolazione e l’espansione del mercato, ma anche per favorire
l'assimilazione.
Molte donne si confrontarono allora con le duplici esigenze di conciliazione dei ruoli nella
famiglia e nel lavoro. Molte furono coinvolte in lavori manuali scarsamente qualificati, a
cottimo nelle industrie manifatturiere, tessili e alimentari e presto molte anche nelle piccole
imprese a gestione famigliare.
Come fa notare la studiosa Roslyn Pesman, fino agli anni ‘70 l'Australia non aveva prestato
grande attenzione alla presenza delle donne emigrate arrivate in gran numero nel
dopoguerra, fra cui naturalmente molte italiane.
Con l’instaurarsi di un diverso clima politico e culturale, unitamente al sorgere del
movimento delle donne per la salute "women's health movement" (che in Australia si era
particolarmente affermato) e successivamente con l'introduzione delle politiche del
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multiculturalismo, si fa strada l'interesse per l'esame della condizione sociale della donna
emigrata.
L'enfasi iniziale è sulle condizioni di lavoro e di salute, e sul rapporto delle donne con i
servizi di assistenza, che erano prevalentemente anglo-centrici.
Vengono messe in luce le discriminazioni istituzionali, il difficile confronto con la
burocrazia, i servizi inadeguati, in particolare lo scarso accesso ai servizi socio-sanitari, la
mancanza di corsi d'inglese e la mancanza di informazioni su come usufruire dei servizi
esistenti.
Anche grazie al sorgere dell'attivismo politico di gruppi di donne di origine italiana,
vediamo che il fulcro del dibattito si sposta, mettendo in discussione l'immagine
stereotipata della donna vittima, costretta da uno schema patriarcale e vincolata dalle
pratiche tradizionali.
Emerge un'interpretazione nuova che vede la donna protagonista e mediatrice fra culture.
Ellie Vasta, autorevole sociologa che ha lavorato in Australia fino a pochi anni fa e ora è
consulente del governo britannico, è stata negli anni ‘90 fra le prime proponenti in
Australia del concetto di donna italiana come creatrice di una "vera e propria cultura della
resistenza basata essenzialmente sulla famiglia". Vasta aggiunge che "la famiglia ha
costituito per molte donne una ragione di resistenza politica e culturale alla
discriminazione istituzionale, scegliendo così di non assimilarsi a coloro che le
discriminavano".
Dai numerosi dati storiografici, da scritti di donne delle nuove generazioni (come ad
esempio Maria Pallotta Chiarolli) e testimonianze di donne, è possibile identificare gli
elementi che contraddistinguono il ruolo di mediatrici culturali.
Nell'ambito della famiglia sono stati principalmente il valore dato all'educazione dei figli,
che per molte ha determinato le scelte di lavoro, e la scelta dell'uso della lingua.
Questo aspetto è trattato in un interessante studio di Camilla Bettoni e Nina Rubino, che
mettono in luce come le donne italiane abbiano mostrato una distinta sensibilità sociolinguistica nel dominio pubblico e privato
Le donne privilegiano l'uso dell'italiano o del dialetto nel contesto familiare e corregionale,
mentre preferiscono parlare in inglese in un contesto pubblico italo-australiano.
È interessante che, secondo queste autrici, questo fatto linguistico è un significativo fattore
nel modellare forme di mantenimento della lingua da parte delle nuove generazioni di
donne, che dimostrano ora maggiore padronanza della lingua italiana rispetto ai giovani
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coetanei, parlando più a lungo e scioltamente, inserendo nel discorso italiano meno parole
inglesi o dialettali.
Paradossalmente, quindi, la stessa resistenza all'assimilazione da parte delle donne,
unitamente al contatto con la comunità locale attraverso i figli e mariti, ha favorito il ruolo
ora riconosciuto alle donne, di mediatrici culturali.
Nell'ambito comunitario è stato soprattutto attraverso le reti non ufficiali, spesso attraverso
gruppi d'incontro a scopo di solidarietà, che si è andata affermando la loro partecipazione
alla vita sociale e politica.
Come si colloca quindi il ruolo delle donne nel presente?
I dati del censimento del ‘96 mettono in luce l'invecchiamento della popolazione e la
crescita delle nuove generazioni, che hanno superato numericamente le prime .
Le donne della prima generazione sono concentrate in una gamma di età che va dai 50 ai 70
anni e continuano ad avere un reddito inferiore agli uomini.
Avendo anche un basso livello d'impiego, se ne deduce che per la seconda generazione v’è
potenzialmente una nonna disponibile a prendersi cura dei figli di terza generazione.
Questo ruolo, visto nell'ottica delle tematiche di "integrazione, evoluzione e innovazione
della società", non va sottovalutato. Oltre che sul piano economico, il ruolo culturale delle
nonne è rilevante, visto che i dati mostrano un generale calo nell'uso dell'italiano.
Dal censimento del '96 vediamo che per le nuove generazioni le grandi differenze di genere
registrate nel passato nella sfera dell'educazione, formazione e lavoro si vanno
gradualmente colmando.
Vi è una nuova visione fra le donne di seconda e terza generazione, le quali, pur coscienti di
non poter sfuggire al retaggio culturale, lo ritengono tuttavia parte integrante delle loro
identità personali e di donne nella società australiana di questo millennio.
Le relazioni di oggi metteranno in luce diversi aspetti di partecipazione politica e sociale.
Nell'ambito della rappresentanza delle comunità italiane abbiamo visto con soddisfazione
una significativa crescita delle donne elette nelle prime elezioni dei Comites in Australia del
marzo scorso.
Per le donne delle nuove generazioni si aprono cautamente nuovi settori nel mondo del
lavoro, nuove posizioni tradizionalmente maschili nel marketing, nelle comunicazioni
informatiche, nel design e nella moda.
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Ma esse dovranno tuttavia, come le loro mamme a nonne, confrontarsi e dare risposte alla
marginalizzazione e casualizzazione del lavoro, fenomeni ormai di rilevanza globale.
Altrettanto cruciale sarà il confronto con le scelte di conciliazione dei tempi da dedicare alla
famiglia ed al lavoro.
Il nostro percorso di conoscenza deve dunque continuare, per capire meglio come queste
scelte sono guidate dai modelli culturali, per poter costruire una società comune che sia
fondata sulla valorizzazione della differenza e dell'apporto che uomini e donne danno
insieme nella società.
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