I COLLEGAMENTI TRA I CANTI: I – XIV - XXXIII Il primo fondamentale collegamento riguarda il primo verso del Paradiso e l’ultimo. Il Paradiso inizia così “La gloria di colui che tutto move” e termina definendo ancora Dio così “Colui che move ‘l sole e l’altre stelle” Il concetto dell’INEFFABILITA’ viene ripreso più volte da Dante, per spiegare quanto le sue visioni e sensazioni siano così intense da perder la memoria quando prova a ricordarle, egli si perde; il linguaggio umano non è abbastanza per poter narrare ciò che accade, di meraviglioso, in Paradiso. CANTO I: v. 5 “ ..e vidi cose che ridire né sa né può chi di là su discende; perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire..”; CANTO XIV: v. 102 “..Qui vince la memoria mia lo ‘ngegno…sì ch’io non so trovare essempro degno; ma chi prende sua croce e segue Cristo, ancor mi scuserà di quel ch’io lasso..”; CANTO XXXIII: v. 55 “..Da quinci innanzi..’l parlar mostra, ch’a tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio..”; v. 106 “..Ormai sarà più corta mia favella..”; v. 121 “..Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto..che non basta a dicer ‘poco’..”; Il Paradiso è la cantica caratterizzata dalla presenza di LUCE e MUSICA come simbolo di gioia, felicità ed armonia. Le anime acquistano lucentezza più sono vicine a Dio e cantano e ballano per lodarlo, per rendergli grazie. CANTO I: v. 4 “..Nel ciel che più de la sua luce prende fu’ io..”; v. 59 “ ..ch’io nol vedessi sfavillar dintorno, com’ferro che bogliente esce del foco; / e di subito parve giorno a giorno / essere aggiunto, come quei che puote / avesse il ciel d’un altro sole addorno..”; v. 82 “..La novità del suono e l’ grande lume di lor cagioni m’accesero un disio..”; v. 122 “ ..La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa’ l ciel sempre quieto..” ; CANTO XIV: v. 13 “..Diteli se la luce onde s’infiora vostra sustanza, rimarrà con voi etternalmente sì com’ell’è ora..”; (dove luce indica l’anima luminosa) v. 31 ”..tre volte era cantato da ciascuno di quelli spiriti con tal melodia..”; v. 34 “..E io udi’ ne la luce più dia...una voce modesta..”; (luce indica ancora l’anima) v. 40 “..La sua chiarezza séguita l’ardore..”; v. 46 “..per che s’accrescerà ciò che ne dona di gratuito lume il sommo bene, lume ch’a lui veder ne condiziona..”; (Dio accrescerà la luce dell’anima e del corpo) v. 51 “..crescer lo raggio che da esso vene..”; v. 52 “..Ma sì come carbon che fiamma rende, / e per vivo candor quella soverchia, / sì che la sua parvenza si difende; / così questo folgòr che già ne cerchia / fia vinto in apparenza da la carne...”; (il corpo risorto sarà ancora più luminoso dell’anima) v. 67 “..Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascer un lustro sopra quel che v’era, per guisa d’orizzonte che rischiari..”; v. 71 “..comincian per lo cielo nove parvenze..”; (appaiono nuove anime e sembrano stelle che sorgono alla prima oscurità) v. 76 “..Oh vero sfavillar del Santo Spiro..”; v. 86 “..per l’affocato riso de la stella, che mi parea più roggio che l’usato..”; v. 94 “..ché con tanto lucore e tanto robbi m’apparvero splendor dentro a due raggi..”; v. 109 “..Di corno in corno e tra la cima e ‘l basso si movien lumi, scintillando forte..”; (si tratta delle anime sulla croce luminosa) v. 118 “..E come giga e arpa, in tempra tesa / di molte corde, fa dolce tintinnio / a tal cui la nota non è intesa, / così da’ lumi che lì m’apparinno / s’accogliea per la croce una melode / che mi rapiva, sanza intender l’inno..”; CANTO XXXIII: v. 10 “..Qui se a noi meridiana face..”; (riferito a Maria) v. 42 “a l’etterno lume…” v. 54 “lo raggio de l’alta luce che da sé è vera…” v. 67 “O Somma Luce che tanto ti levi / da’ concetti mortali…” v. 85 “Luce etterna” v. 100 “..A quella luce cotal si diventa..”; v. 110 “…Vivo lume ch’io mirava” v. 124 “O luce etterna che sola in te sidi…” v. 140 “…la mia mente fu percossa / da un fulgore che in sua voglia venne” Poiché Dante sostiene che il linguaggio umano non è adeguato per spiegare determinate situazioni o sensazioni o l’esperienza, utilizza il LINGUAGGIO MITOLOGICO. Dante attinge esempi sia dalla Bibbia sia da narrazioni mitologiche. CANTO I: v. 13 “..O buon Apollo, a l’ultimo lavoro fammi del tuo valor sì fatto vaso, come dimandi a dar l’amato alloro. Infino a qui l’un giogo di Parnaso assai mi fu ..”; v. 36 “..si pregherà perché Cirra risponda..”; v. 67 “..Nel suo aspettotal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l’erba..”; CANTO XIV: v. 96 “..O Elios che sì li addobbi..”; CANTO XXXIII: v. 66 “..si perdea la sentenza di Sibilla..”; v. 96 “..che fe Nettuno ammirar l’ombra d’Argo..”; Il poeta, ogni qualvolta si trova nel cielo successivo a quello in cui era, NON SI ACCORGE DI SALIRE. Infatti come l’uomo non si rende conto del momento in cui all’interno della sua mente nasce un pensiero, ma se ne accorge quando il pensiero è già sopraggiunto, così è Dante che si accorge di esser salito quando è ormai nel cielo successivo e non sa quando sia avvenuto il passaggio. CANTO I: v. 91“Tu non sei in terra sì come tu credi...” (Beatrice dice a Dante che sta salendo, perché Dante non se ne è accorto) CANTO XIV: v. 82 “..Quindi ripreser li occhi miei virtute a rilevarsi; e vidimi traslato..in più alta salute. Ben m’accors’io ch’io era più levato..”; In Paradiso Dante è accompagnato da BEATRICE che ha funzione di MEDIAZIONE, infatti molto spesso, l’autore riesce a veder determinate cose solo dopo aver guardato lei negli occhi. CANTO I: v. 46 “Quando Beatrice…./ vidi rivolta e riguardar nel sole…. v. 52 così de l’atto suo per li occhi infuso / ne l’imagine mia, il mio si fece, / e fissi li occhi al sole….” v. 64 “..Beatrice tutta ne l’etterne rote fissa con li occhi stava;e io in lei le luci fissi, di là su rimote..”; CANTO XIV: v. 7 “..per la similitudine che nacque del suo parlare e di quel di Beatrice..”; (Beatrice interpreta il pensiero di Dante e fa la domanda al posto di lui) CANTO XXXIII: v. 38 “vedi Beatrice con quanti beati / per li miei prieghi ti chiudon le mani” (Bernardo, Beatrice e tutti i beati chiedono a Maria la grazia per Dante di vedere Dio) Il canto 14 parla per la prima volta di CRISTO e Dante ne vedrà l’immagine dentro a Dio CANTO XIV: v. 104 “..ché quella croca lampeggiava Cristo..”; CANTO XXXIII: v. 131 “..mi parve pinta de la nostra effige” Ovviamente le LODI non potevano mancare.. CANTO XIV: v. 28 “..Quell’uno e due e tre che sempre vive e regna sempre in tre e ‘n due e ‘n uno..”; CANTO XXXIII: v. 124 ”..O luce etterna che sola in te siedi, sola t’intendi, e da te intelletta e intendente te ami e arridi..”; v. 67 “..O somma luce che tanto ti levi da’ concetti mortali..”; Il Medioevo “dimostra” che Dio è la VERITA’, in quanto essere coerente e l’uomo no, poiché incoerente. “Tra il dire ed il fare”, c’è di mezzo il mare, per l’uomo, Dio invece compie entrambi contemporaneamente, disse “Sia la luce!” e luce fu. CANTO XIV: v. 138 “..il piacer santo...perchè si fa, montando, più sincero..”; CANTO XXXIII: v. 54 “..chè la mia vista, venendo sincera..l’alta luce che da se è vera..”; v. 92 “Credo ch’i’ vidi, perché più di largo, / dicendo questo, mi sento ch’i’ godo” I canti 14 e 33 sono accomunati anche dai RIFERIMENTI A MARIA. CANTO XIV: v. 35 “una voce modesta, / forse qual fu da l’angelo a Maria..”; CANTO XXXIII: v. 1 – 42 (preghiera a Maria e le 2 considerazioni: - gli occhi di Maria sono da Dio “diletti e venerati” - e che a Maria “i devoti prieghi … son grati”