Report sperimentazione di Irene Ferrari (2011)

“Perspectiva artificialis:
Lasciamoci ingannare”
Esperienza laboratoriale di Geometria
Irene Ferrari
Introduzione
In questo articolo si vuole descrivere una breve esperienza didattica, svolta in una classe 5a di
scuola primaria, centrata sull’introduzione del concetto di prospettiva.
Lo scopo principale è quello di far prendere coscienza, agli allievi, della propria percezione naturale
degli oggetti e di far loro acquisire la consapevolezza che esiste la deformazione prospettica e che è
determinata da meccanismi della visione.
Per raggiungere questo scopo, in un’ottica di didattica di tipo laboratoriale, si sono realizzate
opportune schede operative, contenenti immagini tratte dalla realtà, diversi dipinti appartenenti a
diversi momenti storici e testi estratti da particolari fonti storiche. Le consegne date, attraverso
domande guida, da svolgere individualmente o a piccolo gruppo, mirano a mobilitare negli allievi
risorse interiori cognitive e riflessioni nuove sul tema della prospettiva, da confrontare con i
fenomeni della realtà, i pari e l’insegnante, per sfociare nella costruzione di testi collettivi che
testimoniano l’evoluzione della costruzione progressiva dei nuovi significati matematici emersi. In
questo modo, si indirizzano i bambini verso una costruzione scientifica del sapere in gioco (la
prospettiva) più appropriata e accreditata, partendo dalle loro conoscenze spontanee e dalle loro
osservazioni. Inoltre, attraverso l’utilizzo di un particolare artefatto culturale - il prospettografo
(vetro di Durer) - usato come strumento di mediazione semiotica, si è cercato di puntare alla
conquista da parte dei ragazzi del modello Albertiano di pittura come “intersecazione della piramide
visiva”.
Obiettivi didattici scelti dall’insegnante
-
Predisporre un ambiente didattico che stimoli gli allievi a fornire soluzioni ai problemi e che
presupponga un loro attivo coinvolgimento nella costruzione delle conoscenze (idea di
laboratorio di matematica- Indicazioni nazionali 2007);
-
Favorire negli studenti un approccio scientifico verso la realtà esterna “si prende spunto
dalla realtà, si indaga nella realtà” (Castelnuovo, Barra, 1976) per permettere loro di
analizzare non solo esteticamente, ma anche criticamente ciò che li circonda;
-
Puntare ad un collegamento tra matematica e realtà, attraverso un problema noto
storicamente, la prospettiva, per consentire ai ragazzi di cominciare a vedere la matematica
come uno dei metodi di conoscenza del reale;
-
Osservare la realtà che ci circonda e la sua rappresentazione tramite il disegno per introdurre
gli allievi ad una conoscenza della propria percezione naturale degli oggetti, in modo tale da
astrarre e modellizzare matematicamente questa percezione e verificare la validità del
modello.
Contenuti / Questioni affrontate
-
Introduzione alla problematica della rappresentazione prospettica;
-
Introduzione e uso del prospettografo;
-
Conquista da parte degli allievi del modello albertiano di pittura come “intersecazione della
piramide visiva”.
Pre-requisiti
Riconoscimento delle principali figure geometriche e dei principali enti geometrici [punto, retta
(parallela/incidente), angolo (retto/ottuso/acuto…)].
Informazioni sulla classe coinvolta e sulla durata della sperimentazione
L’esperienza si è svolta in una classe quinta di scuola primaria al cui interno erano presenti due
alunni in situazione di difficoltà.
È durata circa un mese e mezzo, per un totale di circa 30 ore.
Gli alunni, fin dalla classe seconda, hanno partecipato ad altri progetti di tipo laboratoriale come
questo, anche se tale strategia non è stata adottata lungo tutto l’arco dell’anno, ma è rimasta
circoscritta solo a brevi esperienze.
L’anno prima, avevano esplorato, altre macchine matematiche, in particolare, il compasso e il
pantografo per la simmetria assiale.
Materiale
Immagini tratte dalla realtà e da dipinti, fogli A4,fogli lucidi, pennarelli, matite, gomma, nastro
adesivo di carta, riga, lucidi, prospettografo (vetro di Durer), fili di cotone e lavagna interattiva .
Quadro teorico di riferimento e metodologia adottati
Il quadro teorico all’interno del quale è stata progettata e sviluppata questa esperienza è di impianto
Vygotskiano, in particolare, si mettono in evidenza attraverso la didattica due concetti: la zona di
sviluppo prossimale e la mediazione culturale (Vygotskij, 1978).
Le capacità cognitive secondo Vygotskij hanno uno sviluppo sociale: la priorità dei processi sociali
su quelli individuali, intesa come l’emergere delle funzioni psicologiche del bambino nelle
interazioni con gli adulti o con i coetanei più competenti, si manifesta nel ruolo della “zona di
sviluppo prossimale”, definita come quell’area di funzionamento psicologico che è possibile al
soggetto se è sostenuto dall’aiuto di un altro, e quindi da una forma di interazione e di regolazione,
che sostiene e attiva quelle funzioni che non operano ancora da sole, ma che hanno bisogno del
supporto esterno.
Partendo da questo quadro teorico di riferimento ho costruito un ambiente di apprendimento che si
caratterizza per l’uso di diverse strategie di lavoro che stimolano l’interazione sociale tra alunni e
tra alunni e insegnante:
- il lavoro individuale per far emergere le conoscenze pregresse degli allievi, creare motivazione ad
una successiva partecipazione al lavoro a piccolo gruppo o alla discussione collettiva, indurre gli
allievi ad una riflessione individuale sul percorso già svolto, fornire all’insegnante una
documentazione su ciò che ogni allievo ha acquisito;
- il lavoro di gruppo per proporre agli alunni momenti di confronto con un numero ridotto di
compagni, così da rendere più significativo lo scambio di opinioni e dare ampio spazio di parola a
ciascun bambino;
- il lavoro di classe per rendere fruibile alla classe ciò che è patrimonio del singolo bambino o del
singolo gruppo rimettendo in gioco conoscenze per collegarle, confrontarle e reinterpretarle.
Consente, inoltre, all’insegnante di focalizzare i punti di passaggio cruciali per far evolvere della
conoscenza, di arrivare alla conclusione di un discorso e di proporre agli allievi nuovi problemi e/o
nuovi strumenti. Spesso nel lavoro di classe si riescono a realizzare vere e proprie discussioni
matematiche (Bartolini Bussi, 1995);
Vygotskij parla anche di mediazione culturale, per sottolineare la positiva “intrusione” nel processo
di cambiamento cognitivo dell’individuo di tutto l’apparato degli “strumenti culturali”, dei sistemi
simbolici, ivi compresi i mezzi di informazione e comunicazione.
Tra questi in primo luogo vi è il linguaggio, ma Vygotskij cita anche “forme di numerazione e
calcolo, mezzi mnemotecnici, simbologia algebrica, opere d’arte, scrittura, schemi… abachi,
compassi”… fra questi ultimi si possono inserire anche le macchine matematiche, in particolare il
prospettografo.
A questo proposito vale la pena di accennare alla distinzione che fa Rabardel (Rabardel, 1995), tra
artefatto e strumento che sarà usata di seguito per caratterizzare le attività svolte nelle diverse fasi
di esplorazione e utilizzo del prospettografo del Dürer.
L’artefatto secondo Rabardel è l’oggetto materiale o simbolico di per sé; lo strumento è invece
un’entità mista composta sia da componenti legate alle caratteristiche dell’artefatto che alle
componenti soggettive legate al suo utilizzo, chiamate appunto schemi d’utilizzo.
In una prospettiva post-vygotskiana che tiene conto anche degli studi recenti di Rabardel,si sviluppa
la Teoria della Mediazione Semiotica (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008, 2009) che è il quadro di
riferimento adottato in queste attività. La mediazione semiotica si occupa di come un’insegnante
possa favorire la costruzione di significati da parte degli studenti, facendo uso di artefatti. Secondo
questa prospettiva, gli artefatti possono mediare la costruzione della conoscenza in quanto
incorporano, in modo spesso opaco, gli elementi importanti del sapere di riferimento.
L’insegnante, all’interno di questo contesto, esercita il suo ruolo di mediazione sia in modo diretto,
attraverso l’introduzione degli strumenti matematici necessari in relazione alle diverse situazioni
didattiche, sia in modo indiretto, utilizzando le produzioni individuali degli alunni (da confrontare e
discutere con la classe) e attraverso la valorizzazione dei contributi degli alunni durante le
discussioni in classe e il lavoro di gruppo.
L’esperienza ha come elemento fondamentale il laboratorio inteso come momento in cui l’alunno è
attivo: osserva, sperimenta, manipola materiali e strumenti diversi, progetta, descrive, discute,
argomenta le proprie scelte, costruisce significati e impara a raccogliere dati e a confrontarli con
modelli ipotizzati (Indicazioni per il Curricolo per il primo ciclo d’istruzione, 2007).In assonanza,
con i curriculi UMI (2003) che definiscono il laboratorio di matematica come:
“una serie di indicazioni metodologiche trasversali, basate certamente sull’uso di strumenti,
tecnologici e non, ma principalmente finalizzate alla costruzione di significati matematici. Il
laboratorio di matematica non è un luogo fisico diverso dalla classe, è piuttosto un insieme
strutturato di attività volte alla costruzione di significati degli oggetti matematici. Il laboratorio,
quindi, coinvolge persone (studenti e insegnanti), strutture (aule, strumenti, organizzazione degli
spazi e dei tempi), idee (progetti, piani di attività didattiche, sperimentazioni). L’ambiente del
laboratorio di matematica è in qualche modo assimilabile a quello della bottega rinascimentale,
nella quale gli apprendisti imparavano facendo e vedendo fare, comunicando fra loro e con gli
esperti. La costruzione di significati, nel laboratorio di matematica, è strettamente legata, da una
parte, all'uso degli strumenti utilizzati nelle varie attività, dall'altra, alle interazioni tra le persone
che si sviluppano durante l’esercizio di tali attività. È necessario ricordare che uno strumento è
sempre il risultato di un'evoluzione culturale, che è prodotto per scopi specifici e che,
conseguentemente, incorpora idee. Sul piano didattico ciò ha alcune implicazioni importanti:
innanzitutto il significato non può risiedere unicamente nello strumento né può emergere dalla sola
interazione tra studente e strumento. Il significato risiede negli scopi per i quali lo strumento è
usato, nei piani che vengono elaborati per usare lo strumento; l’appropriazione del significato,
inoltre, richiede anche riflessione individuale sugli oggetti di studio e sulle attività proposte”.
Descrizione dell’attività
Il progetto nasce dalla collaborazione con il gruppo di ricerca del Laboratorio delle Macchine
Matematiche di Modena e Reggio Emilia, in particolare ci si è avvalsi dei suggerimenti della Dr.
Francesca Martignone.
È stato articolato secondo le seguenti fasi:
1) Scoperta dell’esistenza della deformazione prospettica;
2) Cosa comporta la deformazione prospettica;
3) Come hanno risolto il problema della prospettiva i nostri antenati
4) Esplorazione di una macchina matematica: il prospetto grafo (Vetro di Durer)
5) Realizzazione del tracciato prospettico di una stanza
6) Verifica
Le schede operative, proposte dall’insegnante nelle singole fasi, sono caratterizzate da domande
guida che con il supporto di immagini tratte dalla realtà, di diversi dipinti appartenenti a diversi
momenti storici e di testi estratti da particolari fonti storiche, si pongono diversi obiettivi:
- Promuovere un’attività laboratoriale;
- Sviluppare capacità osservative più attente;
- Mobilitare negli allievi risorse interiori cognitive e riflessioni nuove sul tema trattato;
- Favorire il confronto con i fenomeni della realtà, i pari e l’insegnante;
- Permettere di recuperare aspetti tralasciati non emersi in un’attività precedente;
- Far evolvere la costruzione progressiva dei nuovi significati matematici emersi;
- Stimolare la capacità di porsi nuove domande per sviluppare senso critico;
Ma, soprattutto, hanno l’obiettivo generale di stimolare la produzione di testi argomentativi,infatti
molte delle domande proposte terminano con “Spiega perchè”, per aiutare i ragazzi a sviluppare un
uso del linguaggio e del ragionamento matematico appropriato utile come strumento di
interpretazione del reale.
Attraverso queste domande si vuole aiutare i ragazzi nel loro passaggio da una conoscenza
spontanea (evidenze visive) ad una conoscenza scientifica (produzione di argomentazioni).
1) Scoperta dell’esistenza della deformazione prospettica
Le attività iniziali fanno parte di una fase esplorativa in cui, attraverso semplici osservazioni e
attività manipolative, si cerca di rendere i bambini consapevoli dell’esistenza della deformazione
prospettica.
Nella prima attività (scheda 1) ai bambini viene richiesto di disegnare, su di un foglio, gli oggetti
posti su di un banco della classe, esattamente come li vedono, dalla posizione in cui si trovano, e di
esplicitare le difficoltà incontrate nella rappresentazione.
Vari oggetti di diversa dimensione, forma, “bidimensionali” (cartoncini: quadrati, triangoli,
rettangoli, tondi) e tridimensionali (cubo, parallelepipedo, sfera) sono stati sistemati su di un banco
in modo tale che non tutti, fossero visibili da tutte le posizioni.
Per non suggestionare il disegno dei bambini, gli oggetti sono stati collocati in un momento in cui
non erano presenti in aula e coperti prima del loro arrivo da un telo, tolto, solo dopo che si sono
seduti nella posizione stabilita.
Ecco, esempi di disegni svolti, da alcuni allievi, con le rispettive verbalizzazioni scritte del loro
operato:
ALUNNO
POSIZIONE
DISEGNO
Luca:“Ho avuto difficoltà a rappresentare le
figure solide perché non riesco a dargli la terza
dimensione. Non ho disegnato alcune cose perché
non hanno spessore. Dopo un po’ che ci ho
pensato per fare la palla mi è venuta in mente:che
se io ci mettevo dei semicerchi potevo dargli la
forma di una vera palla, e non di una figura
piana”.
Diego: “Ho avuto difficoltà a capire come fare
sembrare attaccato al tavolo le figure piane. Ho
disegnato la riga in mezzo alla sfera per dare il
senso della sfericità”
Erica: “Ho trovato la difficoltà quando ho dovuto
disegnare le figure solide perché avevano tre
dimensioni e quindi dovevo disegnare anche la
parte diagonale delle figure”
Già da qui, si può osservare la diversità delle soluzioni di rappresentazione trovate.
In generale, tutti gli alunni si sono impegnati a mettere in pratica e a sperimentare strategie
rappresentative realistiche, scontrandosi con le difficoltà che si voleva proprio che emergessero.
Infatti, dalle parole che accompagnano i disegni, si possono notare aspetti interessanti riguardanti i
primi sentori di prospettiva e possibili strategie di risoluzione al problema.
A questa attività, segue, per stimolare una discussione di classe, un lavoro di confronto a piccolo
gruppo attraverso domande guida sugli elaborati realizzati da ciascuno (scheda 2).
Alle prime domande, Sono tutti uguali i vostri disegni? Cosa cambia? Perché, secondo voi? Come
avete fatto a dare il senso della lontananza? Fate alcuni esempi, potete fare anche un disegno
esemplificativo, da parte dei gruppi non vi è stata difficoltà di risposta.
Durante la discussione di classe, a seguito del confronto, infatti, emerge che i disegni sono tutti
diversi perché “ognuno di noi era situato in un posto diverso” perciò cambia “l’angolazione”, “la
visuale” e c’è chi accenna già a “cambia la prospettiva” e tra parentesi specifica “(il punto di
vista)”.
Vengono, inoltre, descritte dai singoli gruppi, alcune delle possibili strategie utilizzate per dare il
senso della lontananza: “Abbiamo pensato che... disegnando la prima figura vicina a noi e poi le
altre di dietro si capisca la lontananza ... ” e “(si ottiene il senso della lontananza) Rimpicciolendo
gli oggetti, con le ombre e disegnando il banco. Facendo delle proporzioni (zoom + zoom -), cioè
disegnando da distanza diverse. Coprendo con figure le altre figure”.
Se non in un solo gruppo, non sono state, invece, soddisfacenti, forse perché troppo generali, le
risposte fornite alle seguenti domande:
- Nei vostri disegni ci sono oggetti che non cambiano mai forma indipendentemente da dove li
guardiamo? Perché? Potete, eventualmente, fare alcuni esempi facendo disegni esemplificativi.
- Ci sono posizioni particolari in cui l’oggetto non cambia forma? Potete, eventualmente, fare
alcuni esempi facendo disegni esemplificativi.
- E le dimensioni dell’oggetto cambiano sempre? Perché, secondo voi?
Pertanto, si è preferito elaborare successive attività che stimolassero l’osservazione di questi aspetti.
Prima, però, si è realizzato un testo collettivo, insieme agli allievi, sulle osservazioni fatte durante la
discussione di classe per fissarle nella mente, corredato da relative immagini esemplificative fornite
dall’insegnante.
Testo collettivo
Abbiamo osservato che la realtà che osserviamo attorno a noi nel momento in cui la vogliamo rappresentare
bidimensionalmente (es. disegno su un foglio) non mantiene più le caratteristiche originali:
-
gli oggetti più lontani sono più piccoli;
-
Con oggetti sovrapposti il primo sarà il più vicino e il secondo il più lontano;
-
Le cose vicine si vedono con un maggior numero di dettagli;
-
È possibile evocare l’impressione della profondità collocando a diverse altezze le figure anche di uguale
dimensione;
-
Ad una certa distanza, i contorni delle cose si annebbiano e i colori si modificano in un azzurro grigiastro
uniforme;
-
La forma e la posizione dei corpi nello spazio possono essere valutati in ragione della differenza di luminosità
delle varie superfici causata dalla loro disposizione rispetto la sorgente luminosa (le ombre).
Osservazioni generali
-
Di alcuni oggetti si vedono più facce, questo dipende soprattutto da dove li guardiamo;
-
Oggetti di 3 dimensioni si possono vedere come di 2 o, apparentemente, di 1 dimensione a seconda del punto di
vista scelto.
2) Cosa comporta la deformazione prospettica
Come già accennato, non tutti i bambini hanno percepito che nel passaggio realtà-rappresentazione
prospettica alcune figure geometriche in certi casi si trasformano, altre no. E non tutti, hanno colto
quando si hanno queste trasformazioni.
L’obiettivo di queste attività (scheda 3, scheda 4) è proprio quello di indagare quando si hanno
queste trasformazioni e trovare alcune "regole" che le governano: Quali proprietà delle figure
cambiano? Quali proprietà delle figure si conservano? Quando alcune figure conservano
alcune proprietà? Queste, sono le domande chiave di questa fase.
Nella scheda 31, ai bambini individualmente si sono fatte osservare le due rappresentazioni seguenti
(fig.1 e fig.2):
Fig.1
Fig. 2 : URBINO-Palazzo Ducale, Paolo Uccello "
La profanazione dell'Ostia" (particolare)
Si è chiesto loro di mettere la carta velina sulle due rappresentazioni e di ricalcare le figure che
sapevano essere nella realtà rettangoli e di osservare cosa accadeva:
a) Sono tutti rettangoli anche nella rappresentazione prospettica? Secondo te, perché?
b) Quali figure geometriche riconosci fra quelle disegnate?
In generale, da quest’attività si denota un’iniziale difficoltà, da parte dei bambini, a distaccarsi
dalla realtà e a soffermarsi sul disegno. Molti all’inizio rispondevano che per forza rimanevano
rettangoli, nonostante il loro disegno/ricalco risultava diverso. È sorta, quindi, la necessità di
discuterne, giungendo ad una interpretazione: non tutti gli oggetti che nella realtà hanno una forma
rettangolare nel disegno mantengono tale forma, ma a volte la loro forma cambia diventando un
parallelogramma o un trapezio “es. le strisce più ti allontani più prendono la forma di trapezio, il mobile
visto da di fianco forma rettangolare più allungata”.
A piccolo gruppo e senza più nessun dubbio, si è chiesto loro:
c) Sai riconoscere alcune proprietà geometriche che si sono conservate nel passaggio realtàrappresentazione prospettica? “Si sono conservate le figure frontali a noi mentre quelle altre sono
diventate figure come il trapezio e il parallelogramma”.
d) Sai riconoscere alcune proprietà geometriche che non si sono conservate nel passaggio realtàrappresentazione prospettica? “Non si sono conservati gli angoli, le rette e le aree delle figure non
frontali”.
1
Tratta da http://www5.indire.it:8080/set/set_modelli/UL/L/modLmat/schede/ULsch1.html
Attraverso la scheda 4, viene presentata alla classe un’altra sollecitazione per far emergere nello
specifico le proprietà geometriche che si, o non si conservano nel passaggio realtà- rappresentazione
prospettica.
1) Osserva le immagini qui sotto appoggia la carta da lucido sopra le foto e traccia solo le linee
dei binari, le linee del campo arato e quelle bianche della strada cosa accade? Scrivete le vostre
riflessioni.
Alcune risposte dei gruppi:
- Gruppo Erica, Davide, Luca e Salvatore: “Nelle cose più vicine ci sono più dettagli mentre quelle
più lontane si vedono poco. Le linee più vicine sono parallele, mentre quelle più lontane sembrano
incidenti”;
- Gruppo Riccardo, Chiara e Diego: “Sia nei binari che nelle strisce e nel campo le linee sembrano
incidenti se si guarda da una prospettiva in lontananza, ma in realtà non si incontrano mai perché
sono delle rette parallele”.
Per sottolineare i cambiamenti degli angoli, invece, si è chiesto di:
2) Osserva l’immagine qui sotto: Misura con il goniometro gli angoli della tavola, gli angoli dei
quadri appesi alle pareti, del pavimento, gli angoli dei quadrati del
soffitto e gli angoli delle pareti. Cosa noti? Scrivete le vostre riflessioni.
I bambini hanno notato che “Sono uguali i quadri in fondo alla stanza, gli
angoli dei tavoli e gli angoli del pavimento perché sono frontali (es. i tre
quadri frontali misurano tutti 90°…)” mentre gli angoli dei quadri posti
lateralmente nel disegno non sono più di 90° come anche gli angoli della parete laterale.
Successivamente l’insegnante ha fornito agli allievi un testo collettivo da commentare e completare
insieme per fissare nella mente le scoperte fatte insieme. Se ne riporta una versione parziale.
Guardiamoci attorno!
Cosa percepiamo? Un mondo di oggetti più o meno solidi e variamente distribuiti nello spazio: percepiamo cioè
un mondo tridimensionale.
Ma quando guardiamo qualcosa, le immagini che si formano sulla superficie della retina oculare sono immagini
bidimensionali.
Allora, com’è possibile avere una visione tridimensionale del mondo a partire da due immagini “piatte” quali
appunto quelle retiniche? Una prima risposta porta a considerare che, da centro a centro, tra i nostri due occhi c’è
una distanza di sei-sette centimetri.
Esercizio 1: Fissate un oggetto chiudete un occhio e guardatelo solo con l’altro. Ora fate l’esatto contrario cosa
accade? …
Ancora:
Nelle precedenti schede avete osservato molte figure geometriche e avete individuato alcune loro proprietà che, nel
passaggio dalla realtà al disegno prospettico, si conservano sempre o talvolta.
Riassumiamone alcune nella tabella seguente:
Ci occupiamo ora più in particolare di alcune proprietà che si conservano TALVOLTA.
Abbiamo visto, ad esempio, che alcune figure che nella realtà sono rettangoli, restano rettangoli anche nel
disegno prospettico.
Limitandoci alle figure piane che rientrano nel campo visivo, possiamo dire che nel passaggio dalla realtà al
disegno prospettico conservano la forma tutte le figure piane viste di fronte, cioé tutte quelle figure piane che
sono all'interno di un campo visivo e parallele al piano della pellicola.
 SE NELLA REALTÀ UN RETTANGOLO SI TROVA SU UN PIANO PARALLELO AL QUADRO,
ALLORA IN PROSPETTIVA È ANCORA UN RETTANGOLO.

RETTE CHE NELLA REALTÀ SONO PARALLELE FRA LORO E ANCHE PARALLELE AL QUADRO,
IN PROSPETTIVA RESTANO PARALLELE O SONO COINCIDENTI.

RETTE CHE NELLA REALTÀ SONO PARALLELE FRA LORO E NON SONO PARALLELE AL
QUADRO, IN PROSPETTIVA CONVERGONO, O SONO COINCIDENTI.
 SE NELLA REALTÀ UN RETTANGOLO NON È PARALLELO AL QUADRO ALLORA ALMENO DUE
SUOI LATI NON SONO PARALLELI AL QUADRO
3) Come hanno risolto il problema della prospettiva i nostri antenati
Il disegno in prospettiva è una conquista dell’uomo.
In questa fase (scheda 5), si esemplifica, mediante l’analisi di opere d’arte medievali e
rinascimentali, il modo in cui gli artisti hanno affrontato il problema della resa prospettica.
Fig.1
Fig.2
Fig.3
1) Trovate qualcosa di strano in questi dipinti? Cosa notate?
2) Cambiereste qualcosa in questi disegni? Cosa?
3) Ponete della carta velina sopra all’immagine e cambiate ciò che volete cambiare.
Ecco alcune delle considerazioni emerse dal lavoro a piccolo gruppo:
- Gruppo Riccardo, Chiara e Diego: “Dalle figure si nota che per dare la profondità sono stati
sovrapposti degli oggetti che coprono le figure. Gli autori non hanno saputo disegnare la
profondità perché molti oggetti sembrano che volino, mi sembrano messi in modo verticale (come
la dama)”
- Gruppo Erica, Davide, Luca e Salvatore:“Abbiamo trovato di strano molte cose: nella prima
figura con i tre angeli il tavolo è obliquo quindi le cose che sono sopra cadono. Nella seconda
figura, dove ci sono dei bambini che giocano a scacchi, la dama sembra verticale. Mentre nella
terza figura il tavolo è pendente come nella prima”
- Gruppo Costanza, Mirco, Petru e Mattia: “Nel primo e nel secondo dipinto gli oggetti non hanno
profondità. Nel primo il pane e nel secondo la scacchiera”
Qui sotto, vengono riportate soluzioni grafiche trovate da un gruppo:
Insieme ai bambini si è, poi, analizzato un testo fornito dall’insegnante in cui si leggono notizie
inerenti l’evoluzione semantica del termine prospettiva e tramite alcune opere d’arte, appartenenti a
momenti storici diversi, si è analizzato il modo in cui gli artisti hanno affrontato il problema della
resa prospettica. In particolare, si è osservata l’arte dell’antico Egitto e della civiltà greca: civiltà
conosciute dagli allievi.
Si sono,inoltre, fornite informazioni più precise inerentemente le immagini della scheda n°5:
Fig.1. Ravenna, S. Vitale. Particolare del mosaico con l’Ospitalità di Abramo: Questo è un
esempio di “prospettiva inversa”, dove cioè le linee divergono anziché convergere in profondità.
L’artista varia l’inclinazione in ragione delle necessità illustrative, in questo caso, la maggiore
inclinazione serve a mettere in evidenza l’offerta del cibo.
Fig.2: Fin verso la fine del Basso Medioevo i vari elementi delle raffigurazioni appaiono combinati
nel modo più appropriato agli intenti dell’artista, senza la pretesa d’istituire uno spazio naturale
continuo. Così, in questa miniatura del secolo XIV, la scacchiera è rappresentata verticalmente
perché risulti ben evidente che i due personaggi stanno giocando a dama.
Fig.3: Ironizzando sulle convenzioni spaziali dell’arte medioevale, l’autore di questa gustosa
vignetta fa esclamare al re, mentre il pranzo sta precipitando a terra: “E’ TUTTA COLPA DI
COME DISEGNANO QUESTI MALEDETTI TAVOLI!”
4) Esplorazione di una macchina matematica: il prospetto grafo (vetro di Durer)
In questa fase viene introdotta una macchina matematica.
Sono stati portati in classe 3 modelli di prospettografo2 (vetro di Durer) in modo che gli allievi
potessero avere la possibilità di osservare ed utilizzare lo strumento concretamente.
Si vogliono evidenziare le caratteristiche della macchina matematica: come è fatta, che cosa
fa e perché lo fa, introducendo alcuni termini utili per parlare di prospettiva.
Non è la prima volta che gli alunni esplorano una macchina matematica con questa modalità di
lavoro e di conseguenza si sono dimostrati meno timorosi nel manipolarla e più disinvolti
nell’affrontare le attività.
In quest’occasione i bambini entrano in contatto con l’artefatto prospettografo: inizialmente, si sono
soffermati molto a guardare la struttura, rimanendo legati all’oggetto, poi pian piano attraverso la
scheda di lavoro sono riusciti anche a capire come usarlo e a spiegare a cosa serviva e il motivo
dell’utilizzo (genesi strumentale, Rabardel, 1995).
2
I prospetto grafi sono stati presi in prestito dal Laboratorio delle macchine matematiche di Modena via Tito Livio 1
Il lavoro è stato eseguito principalmente in gruppo guidato da una scheda di lavoro (scheda 6).
Infine, per concludere l’esplorazione, l’insegnante ha prodotto un testo collettivo sulle riflessioni
svolte in classe e lo ha proposto alla classe.
Riperdiamo a grandi linee questa fase con qualche esempio tratto dalle risposte dei bambini e dal
testo collettivo.
Come è fatta la macchina?
Lavoro individuale: Fai un disegno della macchina poi descrivine la struttura
Costanza: “La struttura di questa macchina matematica è grande ed è interamente fatta con del
legno. È formata da una cornice di legno dove c’è il plexiglass. La cornice è appoggiata su un
parallelepipedo. Da un lato della cornice c’è una struttura abbastanza piccola di legno dove c’è un
mirino”
Che cosa fa?
Lavoro a piccolo gruppo: Chi ha costruito questa macchina ti dà la seguente traccia per
utilizzarla provate ad usarla a piccoli gruppi seguendo le indicazioni.
“Se tu vuoi disegnare quello che vedi attraverso un vetro collocato di fronte a te, costruisci una
apparecchiatura adatta. Procedi in questo modo: monta entro una cornice rettangolare….” (Libro
IV, pag. 349, ed. Peiffer).
Dopo una serie sorprendentemente minuziosa di istruzioni date in modo che chi legge possa
fabbricarsi in proprio la finestra, il tavolo di sostegno, l’oculare (il quale ultimo dovrà essere
facilmente collocabile in una posizione scelta a piacere), così conclude:
“Tenendo un occhio saldamente appoggiato all’oculare, ricalca sul vetro, mediante un pennello,
ciò che vedi all’interno della cornice. Poi, potrai riportare il disegno sulla superficie che avrai
scelto per il tuo quadro. Questo modo di operare conviene a tutti coloro che vogliono fare il ritratto
di qualcuno senza essere fiduciosi nella loro abilità. ………………”.
E’ evidente che in questo strumento la distanza tra oculare e quadro è limitata dalla lunghezza del
braccio del pittore.
Osserva il cubo posto sul piano di terra attraverso l’oculare. Cosa osservi?
Appuntate le vostre osservazioni: es. cosa avete capito, cosa non avete capito di questo strumento?
Gruppo Erica, Davide, Luca e Salvatore: “Abbiamo capito che l’oculare serve per vedere gli
oggetti dietro il plexiglass (cornice) e potendoli così ricalcare e rimpicciolire”
Questa è la descrizione, invece, fornita dall’insegnante alla fine dell’esplorazione della macchina
riguardante questa attività:
Abbiamo collocato un oggetto (tridimensionale, un cubo) dietro la lastra trasparente piana, lo abbiamo guardato
attraverso la lastra con un occhio solo, immobile in posizione prestabilita (da un foro, praticato in un supporto fissato
a terra) e abbiamo disegnato sulla lastra il contorno apparente dell’oggetto.
Abbiamo ottenuto così un’immagine bidimensionale: la prospettiva dell’oggetto utilizzato. Chiunque (lasciando
invariata la collocazione dell’oggetto e della lastra) guardi tale immagine ponendo il proprio occhio nel medesimo
luogo in cui lo ha tenuto chi l’ha eseguita, vedrà che essa si sovrappone esattamente alla realtà.
Ecco le fasi di costruzione dell’immagine prospettica del cubo:
Durante l’utilizzo dell prospettografo (vetro del Dürer) si sono introdotti alcuni termini che ci potevano servire per
parlare di prospettiva:
 piano di terra ()
 piano prospettico o quadro ()
 linea di terra (t)
 punto di vista (V)
 punto principale (P)
linea d’orizzonte (z)

 Piede dell’osservatore (H)
Perché lo fa?
Lavoro di gruppo: Si chiama immagine prospettica o prospettiva di un oggetto/figura qualsiasi,
quell’immagine sul quadro che osservata dal punto di vista si sovrappone esattamente all’oggetto.
Impareremo, attraverso le seguenti attività, un metodo per disegnare (costruire) l’immagine
prospettica di un oggetto posto sul piano di terra.
Sintetizzando, alla classe viene presentato un lavoro a piccolo gruppo di costruzione e riflessione
che richiede l’utilizzo del prospettografo per:
- Costruire l’immagine prospettica di una retta e di due punti ad essa appartenenti (Tavola 1);
- Costruire l’immagine prospettica di rette parallele alla linea di terra (Tavola 2);
-
Costruire l’immagine prospettica di rette perpendicolari alla linea di terra(Tavola3).
Scoperta del punto principale.
-
Costruire l’immagine prospettica di rette parallele tra loro ed inclinate a 45° rispetto alla
linea di terra(Tavola 4). Scoperta del punto di distanza.
-
Costruire l’immagine prospettica di rette parallele tra loro ed inclinate sempre a 45° rispetto
alla linea di terra.
Per individuare con più facilità e precisione l’immagine prospettica di un punto si è fatto utilizzare,
qualche volta, il laser da porre sull’oculare per sostituire l’occhio.
Lavoro collettivo: Ora rivediamo tutte le situazioni precedenti dalla tavola 1 alla tavola 5, compresa
la situazione iniziale del cubo. Utilizziamo fili di cotone e scotch.
Cominciamo a far partire i fili di cotone dall’oculare fino a fissarli con lo scotch al punto
individuato precedentemente sulla lastra di vetro poi dalla lastra di vetro facciamo giungere questo
filo al piano in cui vi sta il punto corrispondente. Continuiamo in questa maniera per tutti i punti
sulla lastra.
Lavoro a piccolo gruppo: Ora, provate a dare un’interpretazione della frase dell’umanista e
architetto Leon Battista
Alberti (1404-1472) “Sarà adunque pittura non altro che
intersecazione della piramide visiva”.
- Gruppo Chiara, Diego e Riccardo: “Abbiamo disegnato i vertici del cubo sul plexiglass e
abbiamo prolungato i fili da tutte e due le parti. L’effetto visto da lontano dei raggi sui vertici del
cubo forma una piramide e un fascio di luce. È questo il significato della frase. Il punto che si
incontra col quadro è un raggio visuale”.
- Gruppo Erica, Davide, Luca e Salvatore: “Dalla pittura se prolunghiamo i vertici fino all’oculare
viene riprodotta una piramide visiva (immaginaria), che termina in un punto principale”
Viene consegnato agli allievi dall’insegnante un testo collettivo che riassume quest’ultima parte di
lavoro.
Si chiama immagine prospettica o prospettiva di un oggetto/figura qualsiasi, quell’immagine sul quadro che
osservata dal punto di vista si sovrappone esattamente all’oggetto.
Cosa servivano i fili di cotone?
Il metodo della prospettiva può facilmente essere rapportato al processo visivo, in cui sono elementi basilari la luce e
l’occhio.
Infatti ogni punto di un oggetto esposto alla luce riflette un raggio luminoso (il nostro filo di cotone) e l’insieme di
tutti questi raggi forma un cono avente per vertice la pupilla dell’occhio osservatore, tramite la quale viene
impressionata la retina. I raggi luminosi prendono il nome di raggi visuali o raggi proiettanti e il vertice del cono
ottico è denominato centro di proiezione o punto di vista.
Ciò premesso, si consideri d’intersecare il cono ottico con un piano trasparente (quadro). Avviene allora che i raggi
visuali, incontrando il suddetto piano, diano necessariamente luogo ad una serie di punti che sono l’immagine
prospettica dei punti omologhi appartenenti all’oggetto.
Da questa constatazione possiamo dedurre il seguente teorema fondamentale: LA PROSPETTIVA DI UN PUNTO
è L’INTERSEZIONE COL QUADRO DEL RAGGIO VISUALE CORRISPONDENTE AL PUNTO
STESSO.
Questa è anche l’interpretazione della frase dell’umanista e architetto Leon Battista Alberti (1404-1472) “Sarà
adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva”.
5) Realizzazione del tracciato prospettico di una stanza
Individualmente, anche se poi si è trasformato in un lavoro svolto passo a passo insieme
all’insegnante perché i bambini hanno trovato difficoltà di comprensione dei passaggi descritti e di
manipolabilità degli strumenti, si è preparato il tracciato prospettico di una stanza3 che può servire,
ad esempio, per una composizione di mobili d'arredamento.
6)Verifica
La verifica è servita all’insegnante sia per appurare le abilità acquisite dagli allievi al termine
dell’esperienza, sia come ritorno personale dell’andamento dell’intera attività.
3
Attività ripresa da: http://www5.indire.it:8080/set/set_modelli/UL/H/modHmat/schede/tav_10.html
Riporto la verifica per intero con qualche esempio di risposta dei bambini. In alcuni casi vengono
riportate più risposte, in modo da farne vedere la varietà.
a) Rappresentare due palle di dimensioni diverse che sono poste una più lontana dell'altra.
Scegli una delle tecniche che hai appreso durante questo progetto e poi descrivila.
Erica: “In questa immagine ho disegnato un cerchio che copre parzialmente
un altro così ho dato l’impressione che il primo sia più vicino mentre il
secondo più distante”.
Costanza: “Ho disegnato la prima palla più grande e la seconda più piccola
per dare il senso della lontananza l’una dall’altra”
Hanno risposto bene
b1) Nelle tre caselle qui sotto sono stati utilizzati tre metodi diversi per dare l’idea della
profondità potresti esplicitarli?
(2)
(1)
(3)
Erica: “1) Nella prima immagine la profondità è stata fatta disegnando un cerchio che copre
parzialmente un altro così il primo sembrerà più vicino. 2) Nella seconda immagine hanno
disegnato un cerchio più piccolo e uno più grande per far vedere che quest’ultimo sia più vicino. 3)
Nella terza immagine la profondità è stata rappresentata disegnando figure uguali di diversa
dimensione sullo stesso piano.”
b2) Indica le tecniche usate in questo quadro
Mirco: “…. il palazzo ducale ha la forma di un trapezio ma in
realtà è rettangolare”
Erica:“È stata usata la tecnica di rimpicciolire le cose più
lontane come per esempio le gondole, i palazzi e le colonne”.
Chiara:“… Le immagini più vicine si vedono con maggiori
dettagli, mentre quelle più lontane sono annebbiate come nelle
gondole nelle persone e nelle case..”
Diego:“nel quadro è stata usata la tecnica di mettere delle figure a diverse altezze per esempio le
due colonne dove c’è il leone alato e san Marco. Poi, viene usata molto la tecnica di diminuire la
grandezza man mano che è più lontano … la tecnica di sovrapporre delle figure come le case ”.
c) Cosa accade nell’immagine di questi binari?
Erica:“Accade che i binari verticali paralleli nella figura prospettica
diventano incidenti mentre i binari orizzontali, sempre paralleli tra loro,
diventano puntini e quindi non si vedono ben definiti i confini”
Luca:“Nella realtà i binari sono paralleli, ma quando li riportiamo su un
foglio diventano incidenti”
d) Completa alcune delle proprietà fondamentali della visione e integrale con un esempio o
disegno. Le risposte dell’alunno sono riportate in carattere maiuscolo.
 Segmenti paralleli si vedono INCIDENTI.
SEGMENTI PARALLELI SI VEDONO INCIDENTI COME NEL CASO DEI BINARI.
 Punti allineati si vedono COME UNA RETTA.
Ovvero una retta si vede ancora come RETTA.
TUTTE LE RETTE SI VEDONO ANCORA RETTE COME NELL’ESEMPIO DEL QUADRO
DI VENEZIA.
 I rapporti tra le lunghezze e le misure degli angoli risultano CAMBIATI .
COME NELL’ESEMPIO DEL SOFFITTO, DEL PAVIMENTO E DELLE PARETI
LATERALI GLI ANGOLI CAMBIANO.
 Linee che si intersecano si vedono ancora INCIDENTI .
COME GLI ANGOLI DEL CUBO, SE SI ALLUNGANO SI INTERSECANO NELLA
REALTà MA ANCHE NELLA PROSPETTIVA.
e) Abbiamo visto che alcune figure che nella realtà sono rettangoli, nel disegno prospettico si
trasformano in trapezi con due basi diverse: fai un esempio.
Mirco: “Per esempio le strisce pedonali invece di rettangoli sono trapezi e
più si allontanano più sono piccole”
Riccardo: “Il disegno prospettico nella stanza”
Davide: “Il rettangolo, perché nella realtà. Il pavimento di una stanza è rettangolare invece sul
foglio diventa un trapezio”
Luca: “In una stanza ci sono dei rettangoli, nella
rappresentazione prospettica i rettangoli che non sono
paralleli al pittore, diventano dei trapezi
Legenda :
Colorato in rosso = che nella realtà è un rettangolo
ma nel disegno no.
Ripassato = bordi di ogni figura
Colorato in nero = che nella realtà è un rettangolo ma rimane rettangolo anche nel disegno”
f) In quale situazione specifica un rettangolo rimane un rettangolo? Prova a fare anche un
disegno esplicativo.
Mirco: “Quando viene visto di fronte per esempio un
quadro la sua forma rimane sempre rettangolare.”
Chiara: “un rettangolo rimane rettangolo se è visto
frontalmente. Quindi se è parallelo al quadro”
Diego: “Quando il rettangolo si vede dall’alto”
Davide: “Quando è davanti a noi”
Petru: “ I rettangoli si vedono rettangoli nei disegni frontali”
Salvatore: “In un disegno il rettangolo rimane invariato quando si trova
nella parete in fondo della stanza”
g) In questo dipinto c’è prospettiva? Spiega perché.
Mirco: “No, perché non c’è profondità e perché il tavolo sembra
nettamente in pendenza verso chi lo guarda. È così per fare vedere
meglio quello che c’è sulla tavola”
h) Disegna il prospetto grafo ora che l’hai visto funzionare.
Non si rileva nulla di nuovo, pertanto non vengono riportati esempi.
i) Visione del video del vetro di Durer. Descrivi la macchina rappresentata nell’immagine ed
il suo funzionamento.
Erica: “La macchina è costituita da legno e plexiglass. C’è un piano di legno con appoggiata sopra
il plexiglass sostenuta da supporti in legno. Da una parte del piano di legno c’è l’oculare. La
macchina funziona così: l’artista deve appoggiare l’occhio nell’oculare e vedere cosa c’è dietro la
lastra di vetro e disegnare ciò che vede”.
Mirco: “Il prospetto grafo o vetro di Dure è formato da una piattaforma in legno e da un vetro con
una cornice in legno che divide a metà la piattaforma. Il vetro è sostenuto da due aste in legno poste
ai lati. Questa macchina matematica funziona in questo modo: si appoggia l’occhio all’oculare e
con un pennello o colore si disegnano i vertici come nel caso del cubo. Poi si collegano tra loro
come vedi dall’oculare. Chiunque guardi dall’oculare vedrà sovrapporre l’immagine disegnata a
quella del cubo. Così disegnerai sempre quello che vedi quindi l’immagine sarà sempre più piccola
di quella reale”
Diego: “La macchina funziona così: puntando l’occhio nell’oculare, poi, guardando dove sono i
vertici fare dei punti poi unire i punti. La macchina è fatta interamente di legno con una lastra di
vetro e l’oculare tenuto su da un piedistallo”
l) Ridate un’interpretazione della frase dell’umanista e architetto Leon Battista Alberti
(1404-1472) “Sarà adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva”.
Potete fare anche un disegno.
Erica: “Nel prospettografo si appoggia un cubo e lo si disegna. Poi si prolunga dal cubo della realtà
gli angoli con un filo fino ad arrivare all’oculare vedrai così una piramide visiva che finisce nel
punto principale”
Mirco: “Vuol dire che se noi colleghiamo dei fili ai vertici di una figura e li facciamo coincidere in
un punto otterremo una piramide visiva. È la stessa cosa che succede al nostro occhio quando
vediamo una figura perché la luce copre la parte dei fili e l’occhio quello del punto fisso”
Luca: “Leon Alberti con “intersezione della piramide visiva” intende che se prolunghiamo i vertici
fino ai nostri occhi si forma una piramide che Alberti ha chiamato “piramide visiva”…
m) Nel seguente disegno ci sono degli errori.
1) Segnali sulla figura e poi spiega il ragionamento che hai fatto per individuarli.
2) Correggili e poi spiega il ragionamento che hai fatto per correggerli.
Costanza: “ Ho aggiunto due triangoli rettangoli alla finestra”
Petru: “La finestra è stata disegnata frontale ma doveva essere laterale.
Ho disegnato una finestra e una porta a forma di parallelogramma
perché frontalmente è così”
Conclusioni
L’esperienza illustrata si è caratterizzata per il tema ambizioso trattato e per gli obiettivi che ci si
prefissava di raggiungere.
La prospettiva non è un argomento banale e di facile comprensione, non solo per gli allievi, ma
anche per il docente.
Il progetto descritto appare,ora, lineare, ma non è stato proprio così.
Si ricorda, infatti, che questo tipo di didattica non semplifica artificialmente il sapere di riferimento,
non propone ai bambini di capire piccole cose, ma si propone di affrontare il problema rendendone
visibile la complessità e le sue multi prospettiche rappresentazioni, sviluppando situazioni di
apprendimento basate su casi reali/significativi, che inducono la curiosità ad indagare e la capacità
di porsi domande per sviluppare senso critico.
Dietro a tutto ciò, c’è un importante lavoro da parte dell’insegnante:
- di preparazione e approfondimento riguardante il tema scelto da trattare;
- di progettazione delle attività da svolgere;
- di mediazione in aula, quest’ultimo, non è facile, perché richiede tanta esperienza.
Attraverso questo modo di lavorare in classe, i bambini si sono impossessati sia di conoscenze, a
seconda dei casi più o meno approfondite, collegate in modo consapevole al mondo e alle loro
esperienze quotidiane, sia di atteggiamenti, abilità operative e consapevolezze che non sarebbero
state prese in considerazione nell’insegnamento tradizionale, ma che danno spessore culturale alle
conoscenze stesse, naturalmente ad un livello adeguato all’età dei bambini della scuola primaria.
Si può dire con certezza, anche in base ai risultati ottenuti dagli allievi nella verifica (esercizi dalla
lettera a alla lettera f) che le prime tre fasi del progetto (scoperta esistenza deformazione
prospettica, cosa comporta la deformazione prospettica, come hanno risolto il problema della
prospettiva i nostri antenati) sono state ben capite e comprese da tutti gli allievi.
Ancora qualche dubbio è sicuramente rimasto inerentemente le fasi Esplorazione di una macchina
matematica: il prospetto grafo (Vetro di Durer) e Realizzazione del tracciato prospettico di una
stanza,in particolare, dubbi legati, soprattutto, al capire le spiegazioni che stanno dietro a queste
attività.
Ecco i successi e le difficoltà ottenuti dalla classe:
Successi:
- Miglioramento nell’argomentazione e nell’utilizzo di un linguaggio appropriato;
- Progressi nell’organizzazione del lavoro di gruppo;
- Partecipazione attiva da parte dei bambini, anche gli allievi più in difficoltà sono quasi sempre
riusciti a partecipare all’attività;
- I bambini hanno ben interiorizzato la struttura della macchina prospettografo.
Difficoltà:
- Iniziali, nel diversificare ciò che osservavano nella realtà da quello che osservavano nella
rappresentazione grafica;
- Manipolazione e coordinazione nell’utilizzo del prospettografo;
- Non sempre è stata efficace da parte degli allievi l’elaborazione della risposta scritta.
Questo percorso è stato sviluppato alla fine della classe quinta di scuola primaria, pertanto non vi
saranno più occasioni per riprendere e approfondire tale tematica, nonostante ciò, in un’ottica di
continuità verticale, offre numerosi spunti sia alla scuola secondaria di primo grado e volendo, in
base alle future scelte dei ragazzi, sia alla scuola secondaria di secondo grado, attinentemente al
tema del disegno proiettivo e alla sua comprensione.
Bibliografia
 Bartolini Bussi M. G., Boni M., Ferri F. (1995), Interazione sociale e conoscenza a scuola: la
discussione matematica. Modena: CDE.
 Bartolini Bussi M., Maschietto M. (2007), Macchine matematiche: dalla storia alla scuola,
Springer, Milano
 Bartolini Bussi M., Scienze della Formazione, Università di Modena-Reggio Emilia, Il
laboratorio di matematica: storia e osservazioni
 Curricoli UMI-CIIM 2001 La matematica per il cittadino
 Matematica 2003 Attività didattiche e prove di verifica per un nuovo curricolo di Matematica
Ciclo secondario, in particolare definizione di laboratorio di matematica, UMI-CIIM
 Ferri F., Mariotti M. A., Bartolini Bussi M. G. (2005), L’Educazione geometrica attraverso l’uso
di strumenti: un esperimento didattico, L’insegnamento della matematica e delle scienze
integrate vol.28 A n.2 marzo 2005
 Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, 2007
 Valeri Valerio (1995), Corso di disegno 2, per il triennio della scuola secondaria superiore
Nuova edizione, La Nuova Italia, Firenze
 Conoscenze scaturite dalla partecipazione al Progetto regionale di promozione delle competenze
scientifiche e matematiche “Progetto Scienze e Tecnologie”, in particolare, Azione1Laboratorio delle macchine matematiche coordinato dall’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia. Anno 2009-2010
Sitografia
- http://www.mmlab.unimore.it
- http://macosa.dima.unige.it/om/voci/prosp/prosp.htm
- http://www5.indire.it:8080/set/set_modelli/UL/H/modHmat/schede/tav_10.html
- http://www5.indire.it:8080/set/set_modelli/UL/L/modLmat/schede/ULsch1.html
- http://www5.indire.it:8080/set/set_modelli/UL/L/modLmat/schede/ULsch2.html
- http://www5.indire.it:8080/set/set_modelli/UL/L/modLmat/schede/ULsch3.html