TEST DI AUTOVALUTAZIONE

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ESERCITAZIONI
QUARTO MODULO. GRAMMATICA DELL'IPERTESTO.
LA PROGETTAZIONE IPERTESTUALE
NOME
COGNOME
DATA
1) Ricavate da questo testo una mappa concettuale
2) Dalla mappa concettuale precedente, ricavate una possibile struttura ipertestuale (se non avete difficoltà ad
utilizzare le funzioni di disegno di Word o di Powerpoint, rappresentate mappa e iperstruttura limitandovi ai titoli
dei blocchi concettuali e dei nodi, rispettivamente)
Ciclo economico Termine usato in economia per indicare fasi di variazione dell'attività economica. Fin
dalla rivoluzione industriale, il livello dell'attività economica nelle nazioni capitaliste industrializzate ha
oscillato costantemente, trascinando con sé l'economia.
Fasi del ciclo economico
L'andamento di un ciclo non è prevedibile, ma sembra lo siano le sue fasi. Molti economisti citano quattro
fasi (prosperità, recessione, depressione, ripresa), secondo la terminologia dell'economista statunitense
Wesley Mitchell.
In un periodo di prosperità si evidenzia un incremento della produzione, accompagnato da quello di
occupazione, salari, profitti e investimenti volti a espandere la produzione. Se però la tendenza espansiva
si protrae, cominciano a manifestarsi degli ostacoli: ad esempio, i costi di produzione aumentano, le
carenze di materie prime possono frenare la produzione, i tassi di interesse salgono, i prezzi aumentano e
i consumatori reagiscono riducendo gli acquisti. Non appena il consumo comincia a stagnare rispetto alla
produzione, le scorte si accumulano causando un declino dei prezzi. Le imprese cominciano a
ridimensionare la produzione e licenziano: questi fattori conducono a un periodo di recessione, in cui gli
operatori commerciali diventano pessimisti di fronte a cali dei prezzi e dei profitti, la disoccupazione si
diffonde e la depressione avanza.
La ripresa da una depressione può venire avviata da diversi fattori, fra i quali un risollevamento della
domanda dei consumatori, l'esaurimento delle scorte o l'intervento statale per stimolare l'economia. Per
quanto il recupero all'inizio possa essere lento e difficoltoso, acquista presto forza: i prezzi aumentano
molto più rapidamente che i costi, l'occupazione sale, fornendo ulteriore potere d'acquisto, gli investimenti
nelle industrie di beni di consumo si espandono. Se l'ottimismo pervade l'economia, rinasce allora il
desiderio di scommettere su nuove iniziative economiche e inizia così un nuovo ciclo. Questo è il
comportamento di un ciclo economico nel modello teorico.
Nella realtà, i cicli economici non si comportano sempre esattamente come nel modello indicato, e due
cicli non sono mai uguali, perché variano considerevolmente in gravità e durata, senza contare poi che
possono verificarsi cicli maggiori o minori, e di diversa ampiezza.
La più grave e diffusa depressione economica si manifestò nel 1930, la grande depressione, che colpì
prima gli Stati Uniti d'America e poi si estese in tutta l'Europa occidentale.
Cause dei cicli
Sulle cause dei cicli economici sono state sviluppate varie teorie. Secondo quella del sottoconsumo,
associata in particolare all'economista inglese John Hobson, è la diseguaglianza del reddito che causa le
recessioni economiche: il mercato diventa saturo di prodotti in quanto i poveri non possono permettersi di
acquistarli e i ricchi non riescono a consumare tutto ciò che possono acquistare; di conseguenza i ricchi
accumulano risparmi che non vengono reinvestiti nella produzione, data l'insufficiente domanda di prodotti.
Questo accumulo di risparmi rompe l'equilibrio economico e innesca un ciclo di tagli alla produzione.
L'economista Joseph Schumpeter, sostenitore della teoria dell'innovazione, collegò le tendenze al rialzo
nei cicli economici alle nuove invenzioni, le quali stimolano gli investimenti nelle industrie di beni
strumentali: dato che le nuove invenzioni vengono sviluppate irregolarmente, lo stato dell'economia deve
trovarsi alternativamente in espansione e in recessione.
Agli economisti austriaci Friedrich von Hayek e Ludwig Mises si deve la teoria dell'iperinvestimento,
secondo cui l'instabilità sarebbe la logica conseguenza dell'espansione della produzione fino al punto in
cui si utilizzano risorse meno efficienti: i costi di produzione aumentano e, se non riesce a trasferirli sul
consumatore, il produttore riduce l'attività e licenzia i lavoratori.
La teoria monetaria dei cicli economici sottolinea invece l'importanza dell'offerta di moneta nel sistema
economico: dato che molte imprese devono chiedere denaro in prestito per espandere la produzione, la
disponibilità e il costo del denaro influenzano le loro decisioni. Ralph George Hawtrey suggerì inoltre che
le variazioni nei tassi di interesse determinano l'eventuale diminuzione o aumento degli investimenti in
capitale, intaccando pertanto il ciclo.
Effetto acceleratore e moltiplicatore
Fondamentale per tutte le teorie delle fluttuazioni dei cicli economici e relative cause è il rapporto tra
l'investimento e il consumo. I nuovi investimenti producono un "effetto moltiplicatore": il denaro investito
utilizzato per pagare lavoratori e fornitori diventa cioè reddito per questi e pertanto, a sua volta, reddito per
altri, quando i primi spendono il proprio reddito.
Analogamente, una quantità sempre più ingente di reddito speso dai consumatori produce
un'accelerazione degli investimenti, così come una maggiore domanda accresce gli incentivi a investire
nella produzione. Entrambi i fattori possono però agire anche in modo negativo: è il caso in cui la riduzione
degli investimenti provoca una forte diminuzione del reddito aggregato mentre la ridotta domanda dei
consumatori, a propria volta, diminuisce l'ammontare delle spese d'investimento.
La regolazione del ciclo
Fin dagli anni della grande depressione sono stati creati in molte economie dispositivi per contribuire a
prevenire gravi crisi economiche: l'assicurazione contro la disoccupazione, ad esempio, fornisce a molti
lavoratori un reddito minimo quando vengono licenziati; la previdenza sociale e le pensioni offrono un
reddito ai pensionati sempre più numerosi. Sebbene non siano più così potenti come una volta, i sindacati
continuano inoltre a porre un freno al massiccio calo delle retribuzioni che ha aggravato precedenti
depressioni. Sistemi tendenti a sostenere i prezzi delle coltivazioni (come la politica agricola comunitaria
europea) proteggono gli agricoltori da disastrose perdite.
I governi possono anche effettuare un intervento diretto volto a controbilanciare la recessione. Tre sono le
tecniche principali a disposizione: la politica monetaria, la politica fiscale e la politica dei redditi. Gli
economisti divergono nettamente quando si tratta di decidere quale scegliere delle tre.
La politica monetaria viene preferita da alcuni economisti, fra i quali lo statunitense Milton Friedman, e da
altri sostenitori del monetarismo, e viene seguita da molti governi conservatori. La politica monetaria
implica il controllo, attraverso la banca centrale, dell'offerta di moneta e dei tassi di interesse: questi fattori
determinano la disponibilità e il costo dei prestiti. Restringere l'offerta di moneta, infatti, contribuisce in
teoria a contrastare l'inflazione; la linea opposta contribuisce invece alla ripresa dalla recessione. Quando
inflazione e recessione si verificano simultaneamente (fenomeno denominato spesso stagflazione) è
difficile decidere quale politica monetaria applicare.
Le misure fiscali, la tassazione della ricchezza, e soprattutto la politica dei redditi, che cerca di mantenere
salari e prezzi bassi, a un livello che rifletta la crescita della produttività, sono considerate più efficaci
dall'economista statunitense John Kenneth Galbraith.1
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