Oltre lo sport, cosa?
Media, sponsor, wellness e formazione per/con lo sport
di Sabrina Granata
(Educatore Professionale, Dottore di Ricerca in Scienze Umane, Master in Diritti dei Migranti,
Università di Catania)
La tavola rotonda dal titolo Oltre lo sport, cosa? Media, sponsor, wellness e formazione per/con
lo sport è stata organizzata dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione “G.M. Bertin”
dell’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” e da due Facoltà del medesimo Ateneo,
Scienze Motorie e Scienze della Formazione. La giornata ha offerto un’importante occasione di
riflessione sulle trasformazioni in atto, e ciò è avvenuto prendendo spunto dalla recente
pubblicazione di quattro volumi di Sociologia dello Sport.
I lavori, coordinati da Roberto Farnè (Ordinario di Pedagogia speciale e Direttore del
Dipartimento di Scienze della Formazione “G.M. Bertin”), si sono svolti con il contributo di
quattro relatori, tutti Professori ordinari di Sociologia in altrettante Università italiane. Renato
Grimaldi (Ordinario di Metodologia e Tecnica della Ricerca sociale e Preside della Facoltà di
Scienze della Formazione presso l’Università di Torino), Giovanni Boccia Artieri (Ordinario di
Sociologia dei Processi culturali e comunicativi presso l’Università di Urbino Carlo Bo), Bruno
Sanguanini (già Ordinario di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi presso l’Università
di Verona) e Stefano Martelli (Ordinario di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi
presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”) hanno posto in discussione i risultati
principali ottenuti dalle ricerche empiriche, i cui risultati sono esposti nelle quattro novità
editoriali recentemente pubblicate dalla Casa editrice Franco Angeli di Milano. Tre sono libri
comparsi nella Collana editoriale “Sport, Corpo, Società” ed uno in “Percorsi di ricerca”; sono,
nell’ordine, Lo sport globale (di Stefano Martelli, 2012); La società della wellness (a cura di
Giovanna Russo, 2011); Sport, media e intrattenimento (di Stefano Martelli, 2011); Valori e
modelli nello sport (a cura di Renato Grimaldi, 2011).
Nell’insieme tali ricerche rappresentano un’inversione di tendenza nel panorama degli studi
sociologici. In Italia infatti, come ha ricordato Stefano Martelli, lo sport finora è stato molto
“raccontato” dai media ma poco studiato dalle Scienze sociali, e ciò ha precluso la comprensione
degli effetti che le sue trasformazioni hanno sia nella società più ampia, sia nel quotidiano vivere
degli individui, che sono fruitori a vario titolo –quali praticanti, tifosi, spettatori, consumatori,
ecc.– dei “prodotti” dello sport.
I contributi introduttivi alla tavola rotonda, offerti dai rappresentanti istituzionali –il Preside della
Facoltà di Scienze Motorie Carlo Bottari, il Preside della Facoltà di Scienze della Formazione
Luigi Guerra, e il Presidente del Coni di Bologna e provincia Renato Rizzoli– hanno concordato
nel riconoscere allo sport grande rilevanza sociale e nell’auspicare la crescita degli studi
sociologici sullo sport e le attività motorie. È del tutto evidente che questa sfera della società
costituisce un capitale sociale che ha un’efficacia straordinaria nel motivare le persone a dare il
meglio di sé e a spingerle all’azione; inoltre essa svolge differenti funzioni sociali: da bene di
consumo a prodotto culturale, a spettacolo, a socializzazione e tanto altro ancora.
Già dalle prime battute della tavola rotonda è stato sottolineato che lo sport e le attività motorie
costituiscono un tessuto di relazioni sociali in grado di trasmettere i valori fondamentali e di
favorire il percorso di crescita ed assunzione di responsabilità da parte dei giovani. Inoltre esse
favoriscono la promozione della salute, costituendo un valido strumento di prevenzione delle
malattie cardio-vascolari che derivano da stili di vita sedentari ed alimentari poco sani.
E il doping sportivo? E le scommesse clandestine che alterano i risultati dei campionati di calcio
e delle corse ippiche? Purtroppo all’interno dello sport da competizione si notano comportamenti
devianti, che sono oggetto dell’attività preventiva e repressiva sia della Magistratura, sia della
Giustizia sportiva. Resta il fatto che lo sport e le attività motorie favoriscono il benessere della
persona e inducono a coltivare relazioni positive con gli altri e con la natura. In breve i relatori
hanno avanzato a più riprese il concetto fondamentale che lo sport è una valida offerta educativa
per il benessere fisico e mentale della gente, ed è un’opportunità di crescita per tutte le età.
Un contributo d’eccezione, che ha rafforzato la visione positiva dello sport di alta competizione,
è stata la presenza della pluricampionessa olimpica ed iridata dello sci di fondo Stefania
Belmondo, la quale è stata presentata da Antonella Saracco, Docente presso l’Università di
Torino, la quale ha curato alcuni libri, in cui la campionessa racconta la propria vita, riconosce
l’importanza della propria famiglia e delle figure di riferimento nello sport che le hanno
consentito di raggiungere, con tanta volontà ed impegno e –cosa che più conta– in modo del tutto
“pulito”, quasi 200 successi nell’arco di 15 anni di gare disputate in tutto il mondo.
Nella breve testimonianza resa al termine della tavola rotonda e poi negli altri incontri svoltisi
nei giorni seguenti a Bologna e a Rimini, Stefania Belmondo ha raccontato con parole cariche di
significato e pure emotivamente coinvolgenti l’esperienza fatta parlando a oltre 3.000 scolari
frequentanti 20 Istituti comprensivi piemontesi, nel corso della ricerca, guidata da Renato
Grimaldi e dalla sua équipe di ricercatori dell’Università di Torino. Riprendendo quanto Stefania
ha scritto in Valori e modelli nello sport, il coinvolgimento nella ricerca è stata «un’esperienza
faticosa, ma appagante, per quello che mi pare di essere riuscita a dare e per quello che sento di
aver ricevuto. Ora, con i risultati di questo lavoro di ricerca, torneremo nelle scuole per misurare
l’effetto di quella prima esperienza e per capire meglio come stanno crescendo quei bambini. Ma
anche per offrire loro uno strumento in più di emozione formativa. Intanto le richieste da parte di
scuole di altre regioni ci proiettano in una dimensione più ampia e il dialogo con bambini e
ragazzi si allarga».
La Belmondo, testimone autorevole dello sport “pulito”, ha comunicato con semplicità non solo
la sua vita sportiva, ma anche i primi risultati del progetto educativo, portato avanti all’interno
della ricerca svolta dalla Facoltà di Scienze della Formazione di Torino, nel corso del quale più
prodotti comunicativi sono stati realizzati. Infatti, oltre al capitolo raccolto in Valori e modelli
nello sport, altri tre libri raccontano ad altrettanti target le sue straordinarie imprese; vi è pure un
dvd, realizzato dal regista piemontese Ugo Nespolo, che si rivolge agli scolari del I ciclo e che,
mescolando video e disegni realizzati con una grafica accattivante, sa trasmettere emozioni,
scaturite dai tanti successi ma anche dalle molte delusioni e difficoltà incontrate e superate dalla
campionessa. Il video, con l’ausilio di un linguaggio semplice e disegni animati, racconta in
appena 8 minuti il percorso di crescita umana e sportiva di Stefania Belmondo, costellato di
straordinari successi che sono stati ottenuti dalla forza del suo carattere, dalle sue eccezionali
qualità agonistiche e pure dal capitale sociale costituito dal marito e dai figli, dai suoi famigliari,
dai tecnici sportivi e dalla comunità di Val Stura di Demonte, nel Cuneese.
A sua volta Renato Grimaldi, presentando il libro Lo sport globale. Le audience televisive di
Mondiali di calcio, Olimpiadi e Paralimpiadi invernali di Stefano Martelli (2012), ha
sottolineato l’utilità del modello sociologico impiegato da questo volume per studiare le
trasformazioni in atto nello sport, ovvero il modello parsonsiano Agil (A: adattamento, G:
perseguimento degli scopi, I: integrazione nella comunità, L: mantenimento dei valori).
Esso consente non solo di studiare le trasformazioni in atto, facilitate dalla globalizzazione e dai
flussi di persone mezzi e comunicazioni attraverso il pianeta, ma anche di cogliere meglio i
reciproci influssi tra le organizzazioni mondiali dello sport (come il Comitato olimpico o la
Federazione internazionale gioco calcio), le catene dei media, e le aziende sponsor. Ne deriva
pure la possibilità di rispondere alla domanda di quali –tra Olimpiadi, Paralimpiadi e Mondiali di
calcio– sono divenuti eventi sportivi globali e quali non lo sono ancora.
Nel suo intervento sul secondo libro di Stefano Martelli (2011), Sport, media e intrattenimento.
Emozioni in/controllate e struttura sociale emergente, Giovanni Boccia Artieri ha evidenziato
l’importanza del triangolo Sms (sport–media–industria dell’intrattenimento e degli sponsor), ed
ha avanzato esempi sulle possibili trasformazioni in atto, favorite dalle nuove possibilità
tecnologiche. A suo avviso l’interpretazione sociologica dello sport dovrebbe rifarsi al modello
di Parsons con l’ausilio della sociologia culturale di Jeffrey C. Alexander e della Grounded
Theory.
A sua volta Bruno Sanguanini, presentando il libro curato da Giovanna Russo e realizzato grazie
a capitoli scritti da Colleghi delle Università di Verona e Palermo e da dirigenti Uisp, dal titolo
La società della wellness. Corpi sportivi al traguardo della salute (2011), ha sottolineato che lo
sport può essere considerato come un gioco collettivo che diventa “dispositivo” della società e
contenimento delle pulsioni sociali. È identificato come uno sfogo quando pensiamo alle
dinamiche del gioco del football americano, ma è anche luogo di socializzazione in cui chiunque,
indistintamente per età e genere, può rinsaldare le relazioni con gli altri.
Altro aspetto dello sport che ha grande rilevanza sociale è lo stimolo ai consumi, che le aziende
sponsor sfruttano al fine di rafforzare la fascinazione esercitata dai brand principali; ciò conduce
alla de-costruzione dello sport da competizione, come si vede nelle nuove pratiche motorie, ad
esempio il pilates.
Sanguanini ha invitato a studiare lo sport come lifestyle, inteso come “regolare attività fisica”,
impiegando a tal fine dati in serie storica (distinti in base al tipo di consumo, ovvero alle
principali variabili sociografiche: sesso, età, residenza, ecc.) e considerando le motivazioni dei
praticanti (piacevolezza, passione, svago, rimedio anti-stress, ecc). Dunque, occorre scoprire
nuovi indicatori, possibilmente in un confronto statistico e qualitativo con ricerche svolte negli
altri Paesi Europei.
Cresce sempre più anche la “logica del doppio schermo”: sono ormai in molti a fruire
contemporaneamente di diversi canali mass mediatici comunicativi, per cui occorrerebbe
sviluppare gli studi sulle forme di comunicazione definite di tipo “tribale” e lo sport; ad esempio
sono sempre più numerosi i calciatori –ad esempio Ronaldo e Messi– che dialogano con i propri
tifosi attraverso Facebook e Twitter, così saltando la “media-zione” dei media.
Nel presentare i principali risultati, raccolti nel volume curato da Renato Grimaldi (2011),
Valori e modelli nello sport. Una ricerca con Stefania Belmondo nelle scuole dei Piemonte,
Stefano Martelli ha elogiato i risultati raggiunti, ed ha suggerito di proseguire in ricerche capaci
di rilevare empiricamente e criticamente la diffusione dei valori tramite lo sport. Sicuramente la
lealtà nel competere o fair play è un valore che si apprende tramite la pratica sportiva, come pure
i risultati della ricerca confermano; però questo è uno solo dei tre valori tipici dello sport. Già un
secolo fa il barone De Coubertin indicò la libertà di praticare sport senza discriminazioni di
sesso, razza o appartenenza politica o religiosa; inoltre egli additò quale ideale atletico la “gioia
nello sforzo”, ovvero la capacità di “dare tutto se stessi” in gara. È evidente, ha concluso
Martelli, la valenza critica che hanno questi ultimi due valori nei confronti di una società, come
quella italiana, in cui, anche a causa della crisi, si moltiplicano i casi di difficile integrazione
sociale delle minoranze immigrate, e in cui si cerca di conseguire il massimo risultato con il
minimo sforzo, così annullando la portata formativa dello sforzo e del sacrificio nella crescita
della persona.
A partire dalle quattro novità editoriali presentate a questa tavola rotonda si può concludere che
lo sport e le attività motorie costituiscono una sfera sociale, attraverso la quale è possibile
leggere la realtà in cui viviamo ed i mutamenti sociali che coinvolgono individui e collettività.
Grazie a questa tavola rotonda la Sociologia dello sport e della comunicazione si presenta con le
carte in regola per poter offrire ulteriori contributi scientificamente validi ed operativamente
stimolanti. Specie i processi educativi in ambito scolastico potranno avvalersi dei molti stimoli
offerti dalla ricerca svolta dall’Università di Torino e che ha coinvolto circa 3.200 scolari del
Piemonte. Riprendendo le parole di Stefania Belmondo, «fare dello sport è molto importante per
stare con gli amici, per divertirsi e per stare bene con se stessi», gareggiando e contando
unicamente sulle proprie forze, e pure allenandosi con costanza, impegno, volontà e
consapevolezza che ciò costa sacrifici; tutti elementi formativi importanti per qualsiasi
professione si voglia intraprendere. La lezione della pratica sportiva, dunque, trova riscontro ed
applicazione in qualsiasi ambito della vita e per qualsiasi cosa si voglia fare.
In breve questa tavola rotonda ha offerto stimoli importanti per sviluppare gli studi scientifici
sullo sport e le attività motorie: queste potranno offrire un contributo importante per la
costruzione di una società caratterizzata da una competizione globale ma leale, basata
sull’impegno di ciascuno nel rispetto di tutti e delle regole; ciò potrà accadere, perché no?,
passando dal gioco sportivo al gioco della vita.