mutamenti familiari e

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MUTAMENTI FAMILIARI E
NUOVI ASSETTI lNTERGENERAZIONALl
di
Eugenia Scabini
La famiglia e la sua identità
La famiglia è un oggetto di studio apparentemente semplice e per niente statico.
Anche solo una lettura semplificata della storia infatti ci fa apparire la differenza tra
l'odierna famiglia nucleare, chiaramente distinta dalla parentela e dalla comunità
territoriale, e la famiglia premoderna dai confini estremamente permeabili alle influenze
esterne, nella quale la coppia coniugale e i suoi figli erano saldamente inseriti e a volte
confusi nella parentela e nella comunità di appartenenza. Come hanno ben mostrato
Laslett e Wall studiando le famiglie in Europa, nello scorrere dei secoli abbiamo visto
morire e sorgere diversi tipi di famiglie (nucleari, senza
struttura, estese, multiple,
complesse) e l'elenco potrebbe estendersi oggi alle famiglie separate, alle famiglie
ricostituite e alle famiglie immigrate di varia provenienza e cultura che la società
globalizzata sempre di più fa convivere nello stesso territorio.
La famiglia è perciò un oggetto in perenne trasformazione: essa conversa con il
sociale nel quale è immersa secondo modalità articolate e sofisticate.
In un periodo di così grandi mutamenti come l'attuale, in cui la famiglia presenta
molteplici forme, il comune cittadino ma anche i policy makers e gli studiosi rischiano di
smarrire i connotati essenziali della famiglia, la sua identità. Perciò prima di esaminare gli
attuali mutamenti culturali che coin-volgono la famiglia vediamo di rispondere alla
domanda: quali sono gli ele-menti che costituiscono l'identità della famiglia e che
attraversano, in qualità di costanti, le varie forme familiari del passato e del presente?
In prima battuta possiamo dire che la famiglia è un gruppo primario, cioè un gruppo
che svolge una funzione fondamentale (nel senso di fondamento) sia ai fini della
costituzione dell'identità personale sia ai fini della costruzione dei legami sociali e quindi
della società. La famiglia è infatti all' origine dello stesso fenomeno della civilizzazione, in
quanto luogo che garantisce il processo generativo da un punto di vista biologico,
psicologico, sociale e culturale (Murdock, 1949).
Essa è il luogo generativo di quei legami personali che soli
Quali sono gli elementi
sono in grado di costituire psichicamente e socialmente il
che costituiscono
soggetto umano. La famiglia è perciò un gruppo che
l’identità della famiglia e
"organizza" relazioni primarie e cioè quelle che legano tra
che attraversano, in
loro, attraverso i soggetti che le compongono, le differenze
qualità di costanti, le
fondamentali dell'umano: il genere maschile e femminile
varie forme familiari del
(che dà luogo alla relazione coniugale) e la differenza tra le
passato e del presente?
generazioni (che dà luogo alla relazione genitori e figli e, più
in generale, a quella tra le parentele e tra le genealogiestirpi paterna e materna).
L’obiettivo e progetto intrinseco della famiglia è racchiuso nella parola "generare".
La famiglia non riproduce ma genera, dà forma, umanizza ciò che da lei nasce e ciò che in
lei si lega. Negli esseri umani il patrimonio biologico è sin dall'inizio inserito e segnato dalla
dimensione simbolico -culturale: il fine procreativo dunque non è solo la continuazione
della specie, ma anche la continuazione e innovazione della storia familiare e sociale.
L’atto generativo dà inoltre una specifica qualità alla relazione dell'uomo e della donna che
si sono uniti. Essi, attraverso il figlio, si legano in maniera indissolubile, non possono più
"uscire" da questa relazione, non possono mai diventare ex -genitori. La comparsa di una
nuova generazione inoltre rinnova anche le famiglie d'origine che acquistano inediti e
importanti ruoli (un bambino non solo rende padre e madre l'uomo e la donna che l'hanno
generato, ma rende anche nonni i genitori dei genitori, ecc.).
Ma perché vi sia propriamente relazione familiare occorre che, accanto a questi
aspetti "strutturali", siano garantite e attuate anche specifiche qualità, espresse da una
linfa affettiva ed etica che deve "circolare" nelle relazioni per poter dare loro quel
nutrimento simbolico propriamente umano. La famiglia è infatti il luogo sorgivo degli affetti
più profondi ma anche della responsabilità nei confronti dell' altro.
Gli aspetti affettivi si fondano sulla capacità di dare e infondere fiducia e speranza
nella bontà del legame, quelli etici sulla capacità di instaurare relazioni giuste, leali e
responsabili, che sappiano cioè mantenere la promessa di bene per cui sono nate.
Da un punto di vista simbolico possiamo collegare il polo affettivo alla funzione
materna (il dono della madre "matris-munus"), cioè dare vita e calore, e il polo etico alla
funzione paterna (il dono del "patris-munus"), cioè conferire appartenenza e trasmettere
eredità materiale e morale. Funzione materna e paterna vanno poi intese non tanto come
suddivise tra madre e padre, ma piuttosto condivise da entrambi. Ambedue infatti sono
chiamati a trasmettere e donare sia affetto che eredità valoriali.
Quando l'aspetto affettivo o etico, o peggio entrambi, vengono disattesi le relazioni
familiari si indeboliscono e si corrompono.
Come vedremo trattando dei mutamenti della famiglia, l'attuale assetto culturale
privilegia decisamente il versante affettivo-emotivo delle relazioni familiari, a scapito di
quello etico-normativo assunto invece fortemente nella nostra cultura passata che,
all'opposto, spesso invece sottovalutava gli aspetti affettivi delle relazioni familiari.
In breve, quanto esposto sinora sottolinea gli aspetti invarianti della famiglia che
costituiscono la sua inconfondibile identità-specificità, ma
consente anche di dare spazio alla molteplicità delle forme culturali nelle quali tale
specificità si esprime. Ogni epoca storica e tradizione culturale tende infatti a manifestare
a modo suo il legame tra generi, generazioni e stirpi e traduce con accenti propri l'istanza
etica e affettiva che qualifica le relazioni familiari, ma perché si possa parlare di famiglia
occorre che vi sia legame caratterizzato affettivamente ed eticamente tra soggetti
appartenenti a generi e generazioni diverse, teso a realizzare un progetto generativo.
Generazioni familiari e generazioni sociali
L'aspetto intergenerazionale rappresenta, come abbiamo visto, un versante
connaturato alla famiglia: non c'è famiglia senza storia, non c'è famiglia senza generazioni.
Il tempo familiare vive nel "qui" e nell'''ora'' delle interazioni e azioni che scandiscono la
vita quotidiana ma è anche il tempo lungo delle generazioni a venire e di quelle passate,
ancora sulla scena o assenti ma simbolicamente ben presenti nel dare significato e
"valore" a quello che si fa e si trasmette nel bene e nel male alle generazioni successive.
Dare, ricevere e ricambiare: così alcuni autori4 hanno efficacemente sintetizzato la
dinamica che sta alle origini del legame sociale e che si ripropone con tutta evidenza nel
legame familiare che, come abbiamo visto, è per definizione "originario". In questa
scansione che è stata chiamata "sistema del dono" ritroviamo la polarità etico-affettiva che
sempre accompagna le relazioni familiari. Da parte delle generazioni precedenti il dono
della vita e, ben s'intende, la sua cura, richiama fiducia e speranza, tipici ingredienti del
polo affettivo, ma nello stesso tempo esso pone chi riceve la vita in posizione di "debito" e
obbliga (aspetto etico) per così dire a ricambiare il dono ricevuto. Se ci poniamo però in
una prospettiva veramente relazionale-intergenerazionale capiamo che il rapporto
dono/obbligo non è a senso unico ma piuttosto reciproco. I genitori non sono unicamente
dalla parte del dono così come i figli non si collocano solo dalla parte del debito con
l'obbligo di sdebitarsi per la vita ricevuta; in realtà anche i genitori sono stati figli e dunque
queste due generazioni sono accomunate sia dal dono che dal debito, sono invitate cioè a
riconoscere in sé il dono della vita ricevuta e sollecitate a ritrasmettere alle generazioni
successive la cura che rende significativa e umana la vita, attraverso un progetto
generativo che, come ci ricorda Erikson, può coincidere con la generazione di una nuova
vita ma anche essere diretto verso altre forme creative e donative.
Se la famiglia è il luogo dello scambio etico e affettivo tra le
Se la famiglia è il
generazioni, che cosa viene scambiato? Risorse (o povertà)
luogo dello
materiali, ma anche risorse (o mancanze) affettive e simboliche
scambio etico e
che rappresentano l'eredità positiva o negativa con cui i
affettivo tra le
componenti della famiglia comunque si devono confrontare.
generazioni, che
cosa viene
scambiato?
Cruciale è perciò il processo di trasmissione del patrimonio
generazionale. Come hanno ben sintetizzato Mc Goldrick, Heiman
e Carter ciò che lungo l'asse verticale delle generazioni viene
trasmesso assomiglia alle carte da gioco che riceviamo all'inizio di
una partita.
La nostra responsabilità non sta nel compito; peraltro impossibile, di cambiare le
carte ma in ciò che ce ne facciamo. Ogni generazione, ogni nuova famiglia, riscrive a suo
modo la storia familiare ma se la famiglia è il luogo dello scambio etico e affettivo tra le
generazioni, che cosa viene scambiato?
questa nuova narrazione è frutto della difficile trattativa su ciò che del patri-monio ricevuto,
va conservato o cambiato per raggiungere l'auspicato obiettivo di produrre continuità
invece che rottura, innovazione invece che ripetizione. Tale trattativa poi, è bene ribadirlo,
non avviene nel vuoto ma entro la comunità sociale, che va intesa non come un piatto
sociale "esterno" alla famiglia ma come un sociale organizzato per generazioni.
La dimensione intergenerazionale infatti "attraversa" non solo la famiglia ma anche
la comunità sociale, anzi possiamo parlare di generazioni sociali proprio perché anche nel
sociale è presente un aspetto generativo.
Vale la pena al proposito fare una breve precisazione. Diversificato è l'uso del
termine "generazione" nelle scienze sociali. Essa è intesa come "coorte" (accezione
demografica), cioè l'insieme dei nati in uno stesso anno o periodo, che sono accomunati
dalle stesse esperienze (accezione storica) o da una stessa ideologia, specie se ha
prodotto un movimento sociale e culturale, come è il caso della generazione del '68
(accezione sociopolitica). Tali definizioni usano in modo analogico il termine generazione
che va propriamente inteso in senso relazionale e cioè assume il suo significato se ed in
quanto si riferisce ad una specifica relazione tra chi genera e chi è generato. Possiamo
perciò con Pier Paolo Donati evidenziare la stretta connessione tra l'aspetto familiare e
sociale della generazione che egli definisce come quella relazione che "lega coloro che
hanno una stessa collo-cazione nella discendenza familiare (figli, genitori, nonni) rispetto
al modo in cui tale collocazione viene trattata dalla società attraverso le sfere sociali che
mediano tali relazioni all'interno e all'esterno della famiglia"?
Se il sociale è strutturato per generazioni, le stesse domande che riguar-dano il
legame tra le generazioni familiari possono essere estese anche al corpo sociale: la
dinamica sociale come struttura lo scambio tra le generazio-ni? Favorisce reciprocità e
passaggi produttivi tra le generazioni o li ostacola?
Come nella famiglia così anche nella società sono all'opera processi generativi e
degenerativi: i primi producono benessere, incrementano la storia familiare e sociale; i
secondi producono malessere, minano la storia familiare e provocano il deperimento e la
scomparsa di tradizioni e persino di civiltà. Gli scambi tra mondo familiare e mondo sociale
sono strettamente connessi e quello che avviene tra le generazioni familiari influenza
quello che avviene tra le generazioni sociali e viceversa. È questo un aspetto non di rado
trascurato o sottovalutato: le generazioni adulte possono non considerare gli effetti che. i
loro comportamenti nella famiglia hanno sulla società (si pensi ad es. al problema
demografico), e d'altra parte la società può rimuovere il fatto che le generazioni sociali
sono un'estensione di una realtà che ha origine nella famiglia e che, dunque, sostenere la
famiglia è decisivo per il futuro della società.
La famiglia e le sue trasformazioni
Veniamo ora a trattare brevemente le principali trasformazioni culturali che segnano
le relazioni familiari oggi. Vedremo se e quanto è presente nel!' attuale modo di vivere il
senso profondo delle generazioni e come viene a configurarsi in esse il gioco tra la
componente affettiva ed etica.
Possiamo indicare nei cinque punti che seguono le principali trasfor-mazioni.
(a) la crescente fragilità dell'unione coniugale e le sue nuove caratteristiche
A livello demografico assistiamo oggi ad una diminuzione dei matrimoni, ad un
aumento delle unioni libere e ad un aumento delle separazioni. Denominatore comune di
questi fenomeni è indubbiamente l'aumentata fragilità del legame coniugale, che ha
molteplici cause tra le quali un profondo mutamento della concezione di legame coniugale
stesso avvenuto nel corso del tempo.
Nel lontano passato il matrimonio era infatti frutto del!' alleanza delle famiglie
d'origine che intervenivano in buona misura nella scelta del coniuge (e ciò è ancora vero in
culture diverse da quella occidentale), successivamente è diventato espressione di una
scelta della coppia socialmente normata, fino ad essere oggi fondamentalmente una
questione di autorealizzazione espressiva individuale.
AI centro dell'attenzione si pone attualmente il legame sentimentale-espressivo
della coppia mentre sullo sfondo sono andati sia le eredità prove-nienti delle proprie stirpi
familiari che il vincolo sociale istituzionale.
La coppia ha guadagnato quanto a sensibilità affettiva ma ha
La coppia ha
perso quanto ad investimento e impegno nel comune vincolo
guadagnato quanto
come si evince dal fenomeno delle unioni di fatto. Il legame
a sensibilità affettiva
affettivo, sganciato dagli aspetti di impegno, finisce per essere
ma ha perso quanto
ad investimento e
impegno nel
comune vincolo
come si evince dal
autoreferenziale:
ciascun
partner
cerca
nel
rapporto
prevalentemente, e a volte esclusivamente, la soddisfazione dei
propri bisogni senza aver adeguatamente presente l'altro e il
patto stretto con lui. Questo modo di instaurare e vivere la
fenomeno delle
relazione è fortemente influenzato dal nostro clima culturale che
unioni di fatto
enfatizza il diritto dell'individuo alla realizzazione dei suoi bisogni
a scapito del valore del legame: difficile così articolare le
esigenze del sé con quelle del patto coniugale.
Nella relazione di coppia si tende oggi a chiedere molto al partner in termini di intensità sui
più svariati aspetti della vita, mentre si è molto poco preparati a costruire pazien-temente
un "noi" e un progetto comune che ecceda la coppia.
La fragilità del legame coniugale è così frutto sia di troppo elevate aspettative (più
facilmente soggette a delusioni), sia dello sbilanciamento della relazione sul versante
affettivo/espressivo (a scapito di quello etico/normativo e di impegno del patto), nonché del
clima culturale più portato a sottolineare il diritto dell'individuo rispetto all'arricchimento che
proviene dai legami.
L'indebolimento del vincolo e la ricerca prevalente del benessere personale fanno sì
che oggi, assai più facilmente che in passato, la coppia si interroghi e riveda il contratto a
suo
tempo
stabilito.
In
questi
frangenti,
si
prospettano
di
fronte
ai
coniugi
fondamentalmente due strade: il rilancio di un legame in cui vengano coniugati intimità e
impegno progettuale oppure la separazione che, seppure solo apparentemente, ta9lia con
il passato. Tale strada sembra, dai dati demografici, essere in costante aumento.
In questo panorama sociale che vede la dimensione della coppia sempre più fragile
e soccombente sotto la spinta di tendenze individualistiche, occorre tuttavia osservare
che, paradossalmente, essa è oggi, assai più che in passato, un referente centrale per la
società, sia perché con l'aumento della vita media è aumentato anche il tempo di vita in
coppia (circa 4/5 anni nell'ultimo decennio), sia perché essa è lo snodo inevitabile di
compiti che prima venivano distribuiti e attribuiti alle famiglie allargate, sia ancora perché
essa si assume funzioni - soprattutto nel campo della trasmissione dei valori - di cui il
sociale non si fa più carico.
È il legame coniugale quindi, così poco protetto culturalmente, che va reso oggetto
di cura e sostenuto. Oggi è raro che una relazione di coppia si mantenga per tornaconto o
per mancanza di alternative e ciò rende la sfida più alta.
La coppia richiede un suo nutrimento che la vede impegnata in prima persona ma
che non può provenire esclusivamente dal suo interno. Essa va accompagnata,
soprattutto nelle fasi della sua costituzione e nei suoi passaggi critici, e stimolata a saper
trasformare il patto adeguandolo al mutare delle esigenze anche di tipo affettivo nel corso
del tempo. Costruire e mantenere viva la buona qualità della relazione è un compito cui le
coppie di oggi non possono sottrarsi. Tale buona qualità della relazione va concepita non
come qualcosa di automatico e magico ma come una continua conquista, una lotta contro
le forze disgregatrici che oggi sono più potenti di un tempo quando la stabilità era garantita
istituzionalmente (ma non dimentichiamo che allora il pericolo era il formalismo e la
povertà affettiva). Il potenziale conflittuale, in un certo senso connaturato al patto
coniugale perché esso tratta e tiene insieme la differenza originaria, quella tra uomo e
donna, è certamente accentuato dal nuovo assetto della coppia. La caduta di prescrizioni
di ruolo predeterminate e rigidamente ancorate al gender di appartenenza e in particolare i
notevoli mutamenti registrati dal ruolo femminile sono entrati prepotentemente nella
relazione coniugale e hanno reso infatti più complesso il raggiungimento di un equilibrio
nella vita della coppia. In questo contesto una coppia chiusa in se stessa e isolata da
relazioni significative si mette in condizione di rischio.
Vanno perciò sostenuti tutti quegli interventi che a vario titolo la su p-portano, dalle
iniziative di preparazione al matrimonio agli interventi psicologici in caso di crisi.
Particolarmente efficaci si stanno rivelando percorsi di potenziamento e arricchimento
della relazione coniugale che hanno l'obiettivo di migliorare il funzionamento di coppia e di
prevenire il deterioramento della relazione. Tali percorsi, rivolti alle coppie "normali",
intendono prevenire le ricadute più negative sul funzionamento di coppia delle fatiche
quotidiane e degli elementi di rischio che caratterizzano ogni relazione familiare.
Nei casi in cui la relazione di coppia si spezza irreparabilmente è di cruciale
importanza fare in modo che il legame con i figli venga preservato da possibili, e purtroppo
diffuse, conseguenze negative. AI proposito vanno segnalati gli interventi di mediazione
familiare che aiutano la coppia a portare in salvo la dimensione genitoriale e a consentire
così al figlio di accedere e fare riferimento ad entrambe le generazioni e stirpi familiari.
(b) il consistente calo della natalità e le nuove caratteristiche della genitorialità
Anche la transizione alla genitorialità presenta connotazioni differenti rispetto ad un
passato recente.
Vi sono alcune trasformazioni di ordine strutturale che vanno a modificare tale
transizione.
Esse sono riferibili principalmente alla drastica riduzione delle
Miope è perciò un
nascite che non stanno più assicurando il ricambio generazionale
approccio che
e l'equilibrio tra la popolazione giovane e quella anziana. Questo
confini la famiglia
induce elementi di seria preoccupazione, in quanto è risaputo che,
nella categoria del
quando l'equilibrio tra i giovani e gli anziani non è garantito, si
privato
generano problemi sociali quali un aggravio sanitario e il problema
pensionistico.
Anche in questo caso emerge in maniera ineludibile l'intreccio tra famiglia e società, così
come sono evidenti gli effetti che i comportamenti familiari hanno sulla società. Miope è
perciò un approccio che confini la famiglia nella categoria del privato.
Va detto inoltre che la ridotta natalità avviene in età sempre più avanzata. Questo
dato, che è conseguenza dello slittamento in avanti dell'età di matrimonio, avrà
conseguenze anche a livello intergenerazionale: se attual-mente è molto probabile che in
una famiglia siano compresenti almeno tre generazioni, se non quattro, è difficile
immaginare che questo possa accadere quando i figli nasceranno da madri sempre meno
giovani. Non sono rare attualmente le nascite da madri over 40 e possiamo immaginare
che se solo due generazioni manterranno questo comportamento procreativo si verificherà
non solo una riduzione del numero di generazioni compresenti in famiglia, ma anche un
aumento dell'età dei nonni che, ben sappiamo, risultano essere una fonte primaria di
supporto per i genitori di bambini piccoli, soprattutto in Italia, vista la debolezza dei
supporti di Welfare.
Un'ulteriore conseguenza della riduzione delle nascite è rappresentata dal
diffondersi del modello del figlio unico. In Italia un terzo dei figli è unico. Ciò se da una
parte avvantaggia il figlio in termini di opportunità e risorse, rappresenta tuttavia, e per i
genitori e per il figlio, una forma di povertà relazionale: il figlio non può sperimentarsi in
una relazione paritetica e altamente significativa, come quella rappresentata dai fratelli, e il
genitore è privato della varietà che una genitorialità plurima consente. Gli effetti di tale
riduzione generativa si ritrovano poi nelle fasi successive della vita sia nei termini di
mancanza di supporto nell' accudimento dei genitori anziani malati sia n eli' aiuto e
compagnia reciproca quando gli stessi fratelli diventano anziani.
Sono inoltre rilevabili trasformazioni riconducibili agli aspetti socio-culturali, ovvero
al mutamento del significato del figlio.
Possiamo innanzitutto osservare che alla diminuzione drastica delle nascite si
accompagna un aumento dell'investimento emotivo sul figlio. I genitori finiscono per
investire troppo, o per lo meno in modo unilaterale, nei pochi figli che mettono al mondo e
ciò può costituire un problema per i figli poiché essi sentono di dover rispondere ad alte
aspettative e ad un'impegnativa immagine di sé. Ciò avrà conseguenze anche a livello
dello stile educativo praticato, che è sempre meno autorevole e sempre di più amichevole.
La "logica del bambino" e i suoi diritti prevalgono così sempre di più sulla logica della
coppia e della famiglia: in quest' ottica, paradossalmente, il neonato pare rappresentare
più il desiderio di paternità e maternità dei due genitori che essere vissuto come una
nuova generazione che si affaccia alla storia,frutto di una coppia che si sente collegata
alle generazioni precedenti e investita di una specifica responsabilità familiare e sociale.
Seguendo Daniel Marcelli11 possiamo dire che oggi il genitore non è tanto teso al compito
di educare, cioè tirare fuori da sé (ex-ducere), quanto piuttosto portato a sedurre, ad
attirare il bambino a sé (se-ducere), a compiacerlo, a saturare e prevenire ogni suo
bisogno, spesso iperstimolandolo. L'attuale rappresentazione e costruzione dell' infanzia
vede il bambino come "idolo" della famiglia affettiva
A fronte dell'instabilità coniugale e degli orientamenti sociali più incerti e sfumati, il
vincolo di filiazione pare così l'unico su cui investire in modo certo e continuativo.
Possiamo dire che la debolezza della coppia pare essere rimpiazzata dal legame con il
figlio. La punta estrema di tale tendenza è rappresentata da quelle coppie che fanno
volutamente precedere la scelta di un figlio alla legalizzazione dell'unione; in questi casi è
il figlio ad essere istituente del legame di coppia che si dispone e si attiva attorno al figlio.
Dobbiamo riflettere molto su questo viraggio critico da una concezione di famiglia
centrata su una coppia stabile e generativa ad una concezione di famiglia in cui il legame
forte e indissolubile tende ad essere solo quello di filiazione. L'indebolimento del legame
coniugale rende effettivo il rischio di un rapporto genitori/figli invischiato, di reciproca e
ambigua dipendenza, di grande attaccamento, ma di debole progettualità familiare e
sociale.
È di facile evidenza come questi aspetti trasformativi non possano non riflettersi
anche nell'esercizio della genitorialità e nell'assunzione degli stili genitoriali. Il contesto
sociale attuale rende l'esercizio della genitorialità particolarmente difficile: la mancanza di
riferimenti normativi univoci, l'impallidire e la scarsa incisività di altre agenzie educative nel
formare le nuove generazioni, le abitudini e gli stili di vita appresi nelle proprie famiglie e
culture di origine che appaiono spesso inappropriati per il rapido mutamento dei costumi e
delle condizioni di vita portano i genitori ad affrontare spesso in solitudine il loro compito
complesso. Questa condizione rende l'esercizio della funzione genitoriale un'impresa
sempre più ardua che necessita perciò di luoghi aggregativi e associativi che ricreino
"orizzontalmente" quel "villaggio" o rete comunitaria che renda possibile il rinnovamento e
rafforzamento del legame familiare e sociale e recuperi la forza degli aspetti
intergenerazionali, che oggi hanno poca voce anche se di fatto agiscono. Infatti a fronte di
un sicuro divario di stili di vita tra le generazioni, altri elementi depongono per consistenti
forme di solidarietà e di aiuto tra le generazioni. In particolare, come evidenziato dalle
ricerche e costantemente documentato dalle indagini, le famiglie d'origine supportano la
famiglia giovane nella cura dei bambini: tale aiuto appare specializzato in alcune
specifiche aree che sono l'accudimento quotidiano, il gioco e l'assistenza in caso di
malattia. Il ricorso ad aiuti esterni (enti pubblici o privati) è decisamente minoritario
soprattutto nei primi anni di vita del bambino.
Questi intensi scambi tra le famiglie sono senza dubbio facilitati da una diffusa
vicinanza fisica tra il giovane nucleo e almeno una delle due famiglie di origine.
La tendenza alla prossimità e la frequenza degli scambi delineano quella "famiglia
estesa modificata" di cui già parlava Litwak , caratterizzata non più dalla coabitazione,
come spesso accadeva in passato, ma dallo scambio frequente di beni e di servizi.
È bene sottolineare che, se gli aiuti forniti alla giovane famiglia vengono offerti da
entrambi i nuclei di origine, pur tuttavia si riscontra una netta dominanza del ramo
materno: sono in particolare le madri della generazione precedente, soprattutto quelle
della moglie, a prestare aiuto non solo materiale ma anche morale, consentendo così alle
giovani donne di mantenere il doppio ruolo familiare e lavorativo. Dunque, è il legame tra
la moglie e la propria madre I.'asse portante di questo sistema di scambi tra le generazioni
e "ponte" tra famiglia e mondo produttivo. Conciliare famiglia e lavoro è d'altronde oggi
uno dei problemi cruciali per le giovani famiglie. Come si è evidenziato, la nascita dei figli
si pone ancora quale momento "critico" nella vita delle donne, a causa di una difficoltosa
e, in alcuni casi impossibile, interdipendenza maternità/lavoro, difficoltà che non accenna a
diminuire nel corso del tempo. La famiglia si è trovata finora sola nell'affrontare questa
sfida ed è ricorsa alle risorse delle famiglie di origine che hanno fun-zionato e funzionano
da "ammortizzatore sociale". Negli ultimi anni, dopo un lungo periodo caratterizzato da
un'insufficiente attenzione da parte delle istituzioni verso questa problematica, sembrano
essersi sviluppate nel nostro Paese una maggiore coscienza e sensibilità rispetto al
passato, che si sono tradotte in una serie di misure e interventi di politica sociale volti a
favorire la conciliazione tra tempi di vita, impegni lavorativi e responsabilità di cura,
tenendo conto di tutte le soggettività coinvolte: si vedano ad esempio i congedi parentali
(legge n.53/2000); la legge n. 30/2003 (legge Biagi). Inoltre hanno recentemente visto la
luce alcune "buone prassi" nei confronti della vita familiare, realizzate essenzialmente
nelle aziende, soggetti fondamentali nel processo di ricomposizione dei tempi di vita. In
tale prospettiva, nel 2001 il Comitato Nazionale per le pari opportunità del Ministero del
Lavoro ha approvato il progetto Lavoro Amico che si proponeva di consolidare ed
estendere la ricerca, il monitoraggio e la diffusione di prassi aziendali favorevoli ad una
migliore conciliazione tra lavoro e famiglia.
(c) la permanenza dei giovani-adulti in famiglia
Un segno di questa impasse nella crescita dei figli è dato dal differimento del tempo
di ingresso nella vita adulta e dalla sempre più prolungata per-manenza dei giovani nelle
loro famiglie che in Italia raggiunge tassi veramente impressionanti19. Si crea così una
nuova forma familiare composta da due generazioni adulte che convivono, denominata
famiglia lunga.
La spiegazione del fenomeno della famiglia lunga pare l'esito di più fattori.
Da un punto di vista sociale il rimanere in famiglia da parte del giovane-adulto è
legato a fattori strutturali quali il prolungamento dell'iter scolastico, l'alto tasso di
disoccupazione giovanile (o dei contratti a tempo determinato) e gli elevati costi delle
abitazioni. A ciò si aggiunge il fatto che il livello di istruzione dei giovani adulti si è alzato e
spesso assistiamo a giovani con un'istruzione elevata che non accettano un lavoro
"qualsiasi", non consono alle loro competenze.
Purtuttavia, a ragione, possiamo ritenere che esso sia un sintomo di una più
generale profonda difficoltà, quella di assumere pienamente la condizione adulta, che è
comprensiva, oltre che di un impegno serio nel mondo del lavoro, di un impegno
generativo legato al fatto di dare vita ad una nuova famiglia.
Tale difficoltà può essere attribuita solo in parte ai giovani stessi. Essa deve essere
letta più propriamente come una difficoltà di passaggio di consegne tra le generazioni
adulte e le generazioni giovanili, sia in famiglia che nella società. Se in famiglia tale
passaggio è all'insegna di una spesso eccessiva protezione, nella società ha
caratteristiche opposte di competitività/ esclusione.
Vediamo per prima cosa la dinamica interna alle generazioni
Forever young è il
familiari.
sogno dl giovane adulto.
Ma qual è il sogno del
genitore del giovane?
Per quanto riguarda il giovane, tale forma familiare sembra
potergli garantire una "giusta" dose di autonomia a partire
dalla quale egli può fare esperienza "controllata" del mondo
adulto.
La piena assunzione di responsabilità, (soprattutto nei confronti di una nuova famiglia) è
rimandata nel tempo e non assume lineamenti definiti: il giovane desidera mantenere un
periodo di moratoria, degli spazi di prova sia nella vita affettiva, sia nella vita lavorativa;
desidera avere alternative anziché farsi carico di scelte definitive, sapendo di poter contare
comunque sulla propria famiglia.
Forever young è il sogno del giovane adulto. Ma qual è il sogno del genitore del giovane?
Il genitore desidera rimanere genitore per sempre, desidera essere una risorsa
irrinunciabile. La generazione di mezzo vuole, in altre parole, continuare a mantenere un
ruolo centrale familiare anche con il passare degli anni. Essa non ha forti motivazioni o
particolari urgenze per spingere i figli fuori di casa; essendo inoltre, nella maggior parte dei
casi, famiglie composte da un figlio o al massimo due, è temuto il momento in cui la casa
sarà vuota. Ci sono perciò motivi paralleli che spingono ad un prolungamento della
giovinezza entro la famiglia e c'è un reciproco vantaggio psicologico di due generazioni nel
dar corpo alla famiglia lunga.
Questo incastro di bisogni è reso più stabile da rappresentazioni condivise da
genitori e giovani adulti.
Genitori e figli hanno una rappresentazione condivisa della vita adulta come di un
passaggio arduo, segnato dall'insicurezza e dall'incertezza, passaggio che è bene
rimandare per attrezzarsi il più possibile in modo da mantenere buone chances di
autoaffermazione nel mondo sociale. Stare più a lungo possibile "al di qua" sembra così
essere la strategia condivisa anche se in parte inconsapevole. A ciò corrisponde
un'attribuzione di positività alle relazioni familiari, considerate sicure e affidabili, e
un'attribuzione di negatività alla condizione adulta, considerata rischiosa e insicura.
Genitori e figli hanno inoltre una rappresentazione condivisa dell'identità
adulta e della realizzazione di sé che vede il primato degli aspetti individuativi affettivi ed
espressivi e lascia in ombra gli aspetti prosociali ed etici.
La realizzazione di sé pare avere esclusivamente (o prevalentemente) i caratteri
della costruzione individuale della propria biografia e molto poco i caratteri di una risposta
progettuale e responsabile al patrimonio generazionale.
Da parte loro i genitori paiono vedere i figli esclusivamente come "loro" figli e non
come nuove generazioni familiari e sociali. Si perde così l'orizzonte lungo della storia
generazionale, della fiducia che un patrimonio trasmesso e che si viene trasmettendo sarà
accolto e trasformato dalla giovane generazione in un nuovo progetto familiare e sociale.
Ma, e veniamo alla dinamica intergenerazionale nella società, come gli adulti si
comportano nei confronti dei giovani? Possiamo dire che gli adul-ti/anziani difendono
strenuamente e corporativamente le loro posizioni. Le generazioni giovanili sono così
esposte ad un inserimento difficoltoso nel mondo del lavoro e hanno pochi spazi di reali
responsabilità.
Gli adulti nel contesto sociale hanno agito nel passato e tuttora agiscono
dimenticando la dimensione genitoriale: hanno perduto la loro qualità generativa di
investimento nelle generazioni successive.
In famiglia gli adulti vedono i giovani solo come figli da sostenere,
Come gli
adulti si
comportano
nei confronti
dei giovani?
nella società solo come giovani con cui competere. Sono le
generazioni adulte in genere, e in particolare quelle che rivestono ruoli
sociali e politici, ad essere responsabili di un certo funzionamento
sociale poco propulsivo verso le giovani generazioni: non investono
adeguatamente nella loro educazione (non ritenuta un prezioso bene
comune), non distribuiscono le risorse in modo equo, non favoriscono
il loro inserimento lavorativo, non tengono conto nei ritmi di lavoro
delle esigenze dell'allevamento dei figli.
Gli adulti sono in difficoltà nel trasformare la generatività familiare in generatività sociale.
La generatività sociale è diretta a promuovere non solo i propri figli ma anche le
generazioni cui essi appartengono. Essa concretamente si può esercitare sia
promuovendo i giovani nell'ambito lavorativo e sociale sia favorendo e incrementando il
sistema simbolico dei valori, che rappresenta la possibilità stessa dell'esistenza di un patto
sociale. L assunzione ditale forma di generatività ha effetti anche sulle giovani
generazioni: se i genitori sperimentano in prima persona un'appartenenza che non si limita
solo al corpo familiare ma che è capace di estendersi al corpo sociale, i figli potranno
assumere essi stessi un ruolo adulto, che è tale nella misura in cui si fa carico anche di
responsabilità sociali, oltre a quelle personali e familiari.
E ciò non è solo un auspicio ma anche una realtà, documentata da molte indagini
su famiglie con giovani adulti impegnati in attività di volontariato. La trasmissione
intergenerazionale dei comportamenti prosociali è particolarmente studiata da ricercatori di
oltre oceano che hanno evidenziato come i volontari adolescenti provengano da famiglie
con genitori ugualmente volontari; essi hanno notato altresì che il livello di coinvolgimento
nella comunità da parte dei genitori è un predittore della futura attività di volontariato negli
adolescenti.
Anche indagini da noi condotte confermano questo trend: abbiamo notato infatti una
chiara relazione tra gli orientamenti prosociali dei giovani e quelli delle loro famiglie. La
famiglia, è apparsa quale fondamentale ambito socializzativo, luogo nel quale è possibile
apprendere
la
"grammatica
della
prosocialità"
attraverso
la
trasmissione
intergenerazionale. Le modalità concrete di questo "passaggio" tra le generazioni
contribuiscono a sollecitare nei giovani atteggiamenti e gesti di attenzione verso gli altri.
Empiricamente, le indagini hanno messo a fuoco la trasmissione del patrimonio culturale,
valoriale, relazionale ed affettivo di cui le famiglie dei giovani-adulti dispongono; tale
trasmissione poggia sullo scambio interno all'asse intergenerazionale che comprende sia i
genitori che rappresentano il «presente adulto» della famiglia, sia i nonni che costituiscono
la memoria storica, ovvero il «passato prossimo» familiare.
Vediamo come tale passaggio si declina nelle varie relazioni coinvolte nella
trasmissione familiare: la relazione madre-figlio, la relazione padre-figlio e quella nonninipoti.
Seguendo la nostra prospettiva osserviamo che la relazione madre-figlio è innanzitutto
qualificata dallo scambio affettivo, seguito dalla trasmissione di principi e insegnamenti
morali. Consistente è anche l'importanza attribuita al passaggio di beni materiali e, in
seconda battuta, di elementi culturali, del senso civico e del rispetto dei doveri imposti
dalla convivenza sociale.
All' interno della relazione tra padre e figlio si evincono alcune sostanziali differenze
rispetto a quanto avviene nel rapporto tra madre e figlio: in essa infatti si accresce
l'importanza attribuita alla trasmissione materiale che diviene prioritaria; al secondo posto
di questa graduatoria si colloca la dimensione affettiva, cui segue la trasmissione di
principi specificati anche a livello civico-sociale.
Allargando la prospettiva fino a comprendere ciò che i nonni hanno trasmesso ai
loro nipoti giovani-adulti si evince che, anche in questo tipo di relazione, la dimensione
affettiva è prevalente; ad essa fa seguito il passaggio di un bagaglio di tradizioni che
rappresenta il portato tipico, e ragionevolmente atteso, di questa linea di trasmissione tra
le generazioni. AI terzo posto si collocano i principi morali con una peculiare attenzione
riservata ai valori religiosi.
Considerando nel complesso la rete delle relazioni attraverso la quale avviene la
trasmissione familiare, emerge con chiarezza la presenza di un compito educativo
congiunto che coinvolge più figure familiari e più gene-razioni, con un'accentuazione
riguardante la figura materna.
In buona sostanza possiamo dire che queste famiglie prosociali che associano ad
aperture fiduciarie un impegno nei confronti dell'altro, anche non familiare, paiono
avvantaggiate nel compito del traghettamento alla condizione adulta poiché veicolano sia
l'importanza degli aspetti affettivi che etici ed inoltre mostrano nei fatti di avere bonificato
una "porzione" di sociale, quella porzione verso la quale hanno diretto la loro cura. Esse
rappresentano concretamente e simbolicamente una modalità positiva di trasferimento
della cura del legame dalla famiglia alla comunità.
(d) l'allungamento della vita media e le nuove caratteristiche della condizione anziana
Un'altra importante trasformazione sociale con cui inevitabilmente la famiglia deve
fare i conti è riconducibile al fenomeno dell'invecchiamento della popolazione, ormai da
anni al centro dell'attenzione, soprattutto per quanto riguarda gli effetti che esso produce
sull'equilibrio demografico complessivo e le conseguenze che da esso derivano in ordine
alla distribuzione e razionalizzazione delle risorse di cui il corpo sociale dispone.
L'innalzamento dell'età media della popolazione è il risultato di due distinti e convergenti
fenomeni demografici: il prolungamento del tempo di vita e la contrazione del tasso di
natalità. si è così uno squilibrio generazionale dato dalle troppo alte percentuali di anziani
in rapporto alla popolazione giovanile o adulta inserita nel circuito produttivo.
Il mutato equilibrio demografico tra le generazioni determina una trasformazione
qualitativa del processo di invecchiamento, sia per quanto riguarda le dinamiche interne
alla famiglia, sia per quanto riguarda le relazioni tra la struttura familiare e la struttura
sociale.
Per quanto riguarda il primo punto possiamo dire che la transizione alla condizione
anziana oggi si pone per buona parte come una lunga stagione di vita di coppia. Tale
lunga stagione di coppia è un fenomeno nuovo, sconosciuto nel passato quando in genere
dopo pochi anni di uscita di casa dell'ultimo figlio almeno uno dei due coniugi moriva.
Va però detto che la vita familiare sembra avere due itinerari abbastanza
differenziati nella fase finale di questa transizione quando la condizione di salute si fa
precaria. Poiché l'età media delle donne supera di circa 6/7 anni quella degli uomini, è
frequente che questi ultimi vivano l'ultimo periodo della vita entro una relazione di coppia;
al contrario le donne restano più spesso sole negli ultimi anni della loro vita e si
appoggiano, nell'affrontare le difficoltà del crescente decadimento, soprattutto ai figli. Ciò
pone problemi di non poco conto che non riguardano solo il familiare ma che interpellano
anche il sociale.
È infatti la malattia, soprattutto se cronica, l'elemento critico che pone in primo
piano sia i rapporti tra le generazioni che il rapporto tra la famiglia e il sociale.
A livello individuale la malattia genera nell'anziano due tipi di bisogni antagonisti:
uno è la necessità di dipendenza fisica, l'altro è il bisogno di conservare un'identità adulta
e quindi di godere di rapporti di scambio reciproco, liberamente scelti e autonomi.
A livello familiare la malattia annuncia che si sta attuando un passaggio tra le
generazioni e che alla generazione più giovane è richiesto di farsi carico di quella anziana,
ricambiando così la cura a suo tempo ricevuta: è la riconoscenza per quanto ricevuto
infatti che sostiene e riempie di significato la cura per la generazione anziana. Gestire
bene il sentimento di obbligo filiale è impresa di non poco conto e assumere una posizione
di non eva-sione dalla responsabilità della cura e al contempo di percezione realistica
delle proprie risorse è un equilibrio difficile da raggiungere e mantenere.
La trasformazione strutturale della famiglia infatti e in particolare la riduzione del
numero dei suoi componenti limita drasticamente le risorse della famiglia destinabili alla
cura degli anziani. Il problema diventa veramente drammatico quando, caso non
infrequente, le persone anziane bisognose di cura siano più di una e "pesino" su un unico
figlio o un'unica coppia. Il figlio, nell'impossibilità di fornire la cura desiderata al suo
genitore, è così esposto a un vero conflitto di lealtà.
La malattia dell'anziano rende così ineludibile il rapporto tra famiglia e società nella
misura in cui la famiglia, laddove sovrastata dai bisogni dell'anziano, ricerca nel sociale nello specifico i servizi - altre forme di cura.
Il rapporto tra la famiglia e i servizi non è né semplice né lineare. In alcuni casi il rapporto
tra famiglia e servizi è improntato ad una logica di esclusione reciproca che può esitare o
nella conflittualità o nella rigida scomposizione delle competenze delle prestazioni. In altri
casi il rapporto è improntato ad una logica di scambio e di cooperazione, caratterizzata dal
riconoscimento da parte della famiglia. del valore dei servizi e dall'abilità dei servizi di
consentire ai familiari di stabilire un giusto equilibrio tra vicinanza e lontananza rispetto
all'anziano. In tale rapporto pare importante che la famiglia sia collaborante verso i servizi
e che i servizi si muovano in un'ottica familiare, sapendo includere nel processo di cura
dell'anziano anche i suoi rapporti vitali.
Lo squilibrio generazionale rende così urgente una seria politica sociale che affronti
il problema della cura dell'anziano valorizzando l'apporto che la famiglia può dare ma
contemporaneamente promuova e attivi serie risorse istituzionali e reti comunitarie.
(e) la presenza di famiglie immigrate
Accanto alle trasformazioni fin qui presentate, un altro fenomeno consistente che
caratterizza le società occidentali è rappresentato dalla varietà e dall'aumento delle
famiglie straniere, sia quelle costituitesi come esito dei percorsi migratori e dei
ricongiungimenti familiari (famiglie immigrate) sia quelle formatesi nei Paesi di
immigrazione (coppie miste).
Anche l'Italia ha conosciuto - sebbene più recentemente non solo rispetto agli Stati
Uniti, ma anche ad altri Paesi europei - una consistente espansione della popolazione
immigrata e, con essa, l'avvio di un processo di progressiva stabilizzazione dei nuclei
familiari stranieri.
Complessivamente il nostro Paese si caratterizza per la presenza di una
molteplicità di collettività straniere di cui le più numerose sono attualmente quelle di origine
est-europea, seguite dalle comunità di origine africana e asiatica. Rispetto agli anni '90
risulta, quindi, ridimensionata la presenza degli africani e, parzialmente, degli asiatici, a
vantaggio di ben più numerosi arrivi dalle nazioni dell'Europa centro-orientale.
A fronte di fenomeni migratori consistenti e molto dinamici, le discipline psico-sociali
hanno avviato - soprattutto nel contesto nordamericano e più recentemente anche nel
contesto europeo - una riflessione sui temi delle differenze culturali e dei processi di
acculturazione/integrazione che coinvolgono gli individui e le famiglie. Benché la ricerca
psicologica sulle famiglie immigrate stia in Italia muovendo i primi passi, indicazioni
importanti provengono dagli studi e dalle esperienze condotte a livello internazionale.
Per comprendere e analizzare la nuova realtà delle famiglie straniere occorre
considerare i due elementi di criticità che congiuntamente ne caratterizzano e
condizionano l'esperienza: da un lato l' evento immigrazione e le conseguenze che esso
genera sul ciclo di vita della famiglia e sui rapporti tra le diverse generazioni, dall'altro le
conseguenze prodotte dal confronto/scontro di modelli culturali che la famiglia straniera
sperimenta sia al proprio interno sia nei rapporti con la società ospitante. Sul primo
versante, occorre considerare che l'evento immigrazione si caratterizza, almeno per
queste nostre prime generazioni di immigrati, come un insieme di situazioni/transizioni
criti-che: l'immigrazione è, cioè, spesso immigrazione "seriale" o "a tappe", contrassegnata da un susseguirsi di separazioni, ricongiungimenti e nuovi ingres-si nel nucleo
familiare. Per i figli, ad esempio, ciò può significare non solo riu-nirsi ai genitori dopo molti
anni trascorsi con altri parenti nei Paesi di origine ma ri-entrare in nuclei dove vivono nuovi
fratelli o sorelle nati nel Paese di immigrazione. L’immigrazione è, inoltre, evento che si
inserisce in modo imprevedibile nella vita di una famiglia, cumulandosi e ripercuotendosi
sulle fasi critiche familiari (la costituzione della coppia, la nascita dei figli, la loro
adolescenza). Sul secondo versante, l'elemento rilevante che caratterizza i flussi migratori
recenti è rappresentato dalla distanza etnico-culturale percepita tra le società da cui
provengono gli immigrati e le società occidentali che li accol-gono: il confronto culturale tra
diversi modelli familiari e di comportamento ha ripercussioni importanti sulla dinamica
interna ed esterna alla famiglia.
Questi due aspetti di criticità considerati hanno conseguenze importanti sulla
famiglia sia a livello strutturale sia a livello del suo funzionamento. A livello strutturale, le
famiglie immigrate si presentano come nuclei familiari - originati da una coppia immigrata
o mista - più ampi e numerosi rispetto a quelli italiani, in cui possono convivere per
necessità anche persone non appartenenti al nucleo familiare; le famiglie di origine
rimangono in genere nel Paese di provenienza.
A livello di funzionamento, il percorso migratorio, nella sua sequela di separazioni e
ricongiungimenti, può generare tensioni nel nucleo familiare che si producono quando la
riunione tra marito e moglie oppure tra i genitori e un figlio avviene dopo anni di forzata
lontananza. Il percorso migratorio può produrre, inoltre, cambiamenti di ruolo e di status
dei diversi membri della famiglia non facili da accettare: alcuni di questi cambiamenti
possono investire la coppia quando la donna sperimenta per prima la migrazione, si
inserisce nel mondo del lavoro, acquisendo nuove definizioni di ruolo, maggiori
competenze e un maggior potere rispetto al coniuge. Cambiamenti analoghi possono
riguardare la relazione genitore-figlio: il ruolo di traduzione, mediazione e interpretazione
del mondo esterno, che i figli di immigrati spesso rivestono nei confronti dei genitori,
rischia di generare un'inversione di ruolo e di potere tra genitore e figlio.
L'evento migratorio sfida, perciò la famiglia sia nei suoi aspetti organizzativi che nel
suo funzionamento. A ciò, però, si unisce un altro elemento di criticità che può presentarsi
con diversi gradi di intensità e ampiezza: il confronto tra modelli culturali - quelli del Paese
di origine e della società di arrivo - che attraversa le relazioni intrafamiliari e mette in scena
forme e modi della trasmissione intergenerazionale, amplificandone i rischi.
La famiglia straniera è
La progressiva comparsa delle seconde e terze generazioni
impegnata in un più
di immigrati ha contribuito a mettere in luce molti temi che
complesso e drammatico
sono oggetto di questo confronto culturale. Da questo punto
compito di gestione e di
di vista, la famiglia straniera è impegnata in un più
cura delle differenze che va
complesso e drammatico compito di gestione e di cura delle
oltre l’esperienza di una
differenze che va oltre l'esperienza di una normale I
normale distanza fra le
distanza tra le generazioni e che coinvolge vari livelli: quello
generazioni e che coinvolge
vari livelli …
dei rapporti con le famiglie di origine, quello del rapporto
coniugale e quello dei rapporti con le nuove generazioni.
Le famiglie d'origine, spesso lontane geograficamente, sono un nodo cruciale della rete
familiare. Il rapporto con la generazione anziana si carica, nella migrazione, di significati e
valenze connessi ai mandati familiari che sottendono l'esperienza migratoria. La
ridefinizione del progetto migratorio che la nascita dei figli rende inevitabile, allontanando
la prospettiva del riavvicinamento e del "ritorno alle origini", mette in luce il complesso
gioco di lealtà e riconoscenza, di debiti e crediti che investe la generazione anziana e la
generazione adulta.
A sua volta, la coppia immigrata vive al proprio interno la sfida del confronto e
dell'integrazione tra modelli culturali.
Le persone immigrate devono fare i conti con modi molto diversi di significare
l'esperienza di coppia, le priorità valoriali, le credenze di genere, la definizione e le
aspettative di ruolo, le norme relative agli stili di fun-zionamento della coppia (gerarchia e
distribuzione del potere all'interno della coppia). La coppia è così posta di fronte al difficile
compito di ricomporre e dare nuovo significato ai tanti elementi contradditori che l'incontro
con l'altra cultura pone.
Infine, l'esperienza delle nuove (seconde e terze) generazioni - nate o giunte in
giovane età nei Paesi di adozione - rende maggiormente visibili le sfide e gli esiti della
migrazione, portando sulla scena le forme e i modi di un processo chiave per la famiglia,
quello della trasmissione intergenerazionale del suo patrimonio simbolico (valori,
significati, norme, tradizioni). Operano in questo processo alcuni valori fondamentali - unità
e coesione familiare, lealtà al gruppo e obblighi reciproci, sentimenti di appar-tenenza che sono risorse vitali per la famiglia ma che possono diventare motivo di differenza, di
frattura e conflitto tra le generazioni. La prima generazione può ad esempio sentirsi più
vicina ai valori delle famiglie di origine e i figli più vicini a quelli dalla cultura ospitante,
anche se, come vedremo, non è sempre così. La differenza culturale influenza i processi
di sviluppo e di crescita delle nuove generazioni, investendo sia i valori, gli obiettivi e le
forme della socializzazione dei figli, sia i modelli di riferimento nel processo di
individuazione-separazione delle nuove generazioni.
Anche in questo caso, gli studi hanno via via contribuito a problematizzare una
visione troppo lineare del processo di acculturazione in senso assimilazionista, mostrando
le fatiche, le incongruenze e le contraddittorietà dei percorsi familiari di acculturazione.
Non il semplice adattamento alla cultura della maggioranza, ma la possibilità di "tenere
insieme" l'appartenenza alle due culture sembra essere la variabile in grado di evitare
forme di malessere per le diverse generazioni coinvolte. Alcune ricerche mostrano come il
gap tra genitori e figli possa presentarsi in varie forme: non solo come maggiore adesione
dei figli rispetto ai genitori ai valori della cultura del Paese di adozione, ma anche inaspettatamente - come più elevata adesione dei figli rispetto ai genitori alla cultura dei
Paesi di origine. Questa modalità di tipo difensivo rivela la grande difficoltà del compito di
integrare le due appartenenze. Sono perciò i giovani membri, che devono costruire una
loro identità, quelli più a rischio di fronte alla difficile sfida di essere sia parte attiva della
nuova società che testimoni della continuità con la propria storia familiare e culturale.
In questo traghettamento alla condizione adulta (che come abbiamo visto è il punto
critico del passaggio di testimone tra le generazioni) gioca un ruolo cruciale sia
l'atteggiamento della prima generazione ma di certo non poco anche quello della società
ospitante e delle generazioni che in essa hanno un ruolo di leadership.
Conclusioni
Il presente contributo ha mostrato l'impatto e la sfida che le attuali trasformazioni
culturali hanno sulla famiglia e specificatamente sui rapporti tra le generazioni.
Queste ultime, pure entro un mutato scenario e non senza difficoltà, mostrano di
svolgere il loro compito di cura personalizzata e di trasmissione del patrimonio materiale e
morale, essenziale per il benessere fisico, psichico e relazionale delle future generazioni e
della società nel suo I insieme. È notorio infatti come sia costoso socialmente e
ultimamente I poco efficace qualsiasi intervento esterno che voglia sostituirsi a quel
tessuto relazionale e simbolico primario della famiglia, quando essa si riveli gravemente
deficitaria.
È bene perciò che il valore del legame intergenerazionale sia esplicitato dalle
policies e che alla sua promozione concorrano, secondo una prospettiva di
compartecipazione, tutti i soggetti sociali.
A partire da esso va inoltre messo al centro
Le politiche sociali possono
dell'agenda sociale il tema della I equità tra le
essere uno strumento
generazioni come prerequisito fondamentale per il
perché la cura tra le
perseguimento del benessere entro la comu-nità. In
generazioni divenga una
questo senso le politiche sociali possono essere uno
responsabilità societaria
strumento perché la cura tra le generazioni divenga
una responsabilità societaria.
Come evidenziato dai risultati di molte ricerche, in I questa prospettiva plurale e sussidiaria
gli scambi, interni ed esterni alla famiglia, aumentano quanto più esiste una relazione
sinergica tra i diversi attori sociali. AI contrario il welfare state tradizionale è intervenuto
prevalentemente sui singoli membri della famiglia (donne, bambini, anziani...) e, non
considerando innanzitutto la famiglia come specifico soggetto sociale intergenerazionale,
non è riuscito ad alleggerire efficacemente i compiti di cura tra le generazioni, ma anzi ha
prodotto sbilanciamenti perversi. Esempio tipico di tale dinamica di sovraccarico sociale
sono gli attuali genitori dei giovani adulti sui quali tendono a scaricarsi i costi delle politiche
sociali: le generazioni di mezzo sono sottoposte così ad una pressione crescente perché
si devono fare carico di molte generazioni (figli, genitori anziani e a volte nipoti).
Pare perciò urgente che il nostro Paese si doti di una politica sociale
intergenerazionale che, in una prospettiva di benessere condiviso, renda virtuoso il
legame tra generazioni familiari e sociali.
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