Recensione de La Brocca rotta
di Heinrich von Kleist
Tuoni! Fulmini! Gli attori si intravedono sul palco, lo spettatore è sconcertato, quasi intimorito: è
questo il lugubre prologo che preannuncia una commedia dai toni amari, che nascondono risvolti
tragici.
Subito dopo il ritmo si fa incalzante ed il pubblico è avvolto nella rete di equivoci, doppi sensi e
false piste tessuta da Kleist e magistralmente calata sulla scena da Cesare Lievi.
Siamo a Huisum, un villaggio dell’Olanda, al tempo della guerra con la Spagna; ambientazione
dietro cui si scorge la Prussia di Kleist.
Il giudice Adam (Gian Carlo Dettori), percorrendo agitato la sua camera da letto, si appresta a
celebrare un processo alla presenza del Consigliere di Giustizia Walter (Marco Balbi).
Marta Rull (Franca Nuti) accusa Ruprecht (Leonardo De Colle), fidanzato della figlia Eva, di aver
rotto una preziosa brocca introducendosi di soppiatto nella stanza della ragazza, durante la notte, e
chiede che ripari sposandola.
Dopo un resoconto dettagliato sulla storia della suddetta brocca (offerto in modo entusiastico da
Marta), ci accorgiamo di come il giudice tenti di travisare le risposte, sviare i testimoni con
argomenti fuorvianti e di distorcere i fatti a sfavore del povero Ruprecht.
Nonostante ciò il ragazzo si difende fermamente e dichiara di aver visto, la notte precedente, Eva
con un altro uomo, di averla pertanto seguita nella sua stanza e di aver colpito l’importunatore
mentre fuggiva dalla finestra, ma di non averne visto il volto. L’orcio si sarebbe rotto cadendo a
causa dell’urto provocato dallo sbattere della porta, dopo l’ingresso irruento di Ruprecht nella
camera da letto di Eva.
Brigida (Giuseppina Turra), sorella di Marta, porta a testimonianza il ritrovamento di una parrucca
bianca e dell’impronta di un piede equino e dice di credere che si sia trattato del demonio.
Adam, che conduce il processo a testa calva cosicché si vedono anche le ferite riportate nella
colluttazione, pur di allontanare i sospetti dalla sua persona, accredita questa tesi.
Infine Eva (Sandra Toffolatti), indignata, confessa la verità, accusando apertamente il giudice di
aver tentato di approfittare di lei in cambio di un esonero dal servizio di leva per il fidanzato.
Così, Adam, dopo qualche tentennamento nel tentativo di difendersi, fugge dall’alta finestra, dietro
la quale si intravede la neve cadere.
Il cancelliere Licht (Emanuele Carucci Viterbi) espone la frode organizzata da Adam, raggiungendo
in questo modo il fine che, probabilmente, aveva tramato fin dall’inizio: ottenere l’incarico di
giudice.
Il consigliere Walter, a garanzia del fatto che Ruprecht non verrà inviato in India, offre ad Eva dei
soldi e suggella il loro patto con un bacio paterno sulla fronte della ragazza. Tale gesto, in realtà, è
una velata promessa di altri favori.
Tutti sembrano soddisfatti, eccetto Marta, che non ha ottenuto alcun risarcimento per il danno
arrecato alla sua brocca e che pertanto ricorrerà al tribunale di Utrecht.
“Buio.”
Lo spettacolo si conclude con questa battuta di Franca Nuti, che durante la rappresentazione, con il
copione aperto sulle ginocchia, guida i movimenti degli altri interpreti, che si trovano sempre sul
palco, sovente addossati alle pareti della scena, spinti quasi dal desiderio di evasione, ma
imprigionati da una società gretta ed ottusa.
I personaggi camminano con destrezza sul pavimento a scacchi molto inclinato, che simboleggia la
stortura del mondo corrotto in cui vivono, della quale però non si accorgono, non avendo alcun
riferimento esterno.
Grazie ad espedienti come questo, la scenografia di Maurizio Balò, dalle imponenti pareti sghembe,
arredata da pochi mobili, scuri, come il resto della stanza, illuminata soltanto dalla luce di una
finestra posta nell’angolo, è molto suggestiva, nonostante non sia stata allestita in maniera ottimale,
a causa della struttura inadeguata del teatro.
Gli interpreti si muovono nei loro costumi dai colori autunnali, che sembrano tratti da una pittura
fiamminga, in modo così magistrale che tutti i personaggi sono caratterizzati in maniera puntuale,
anche quelli minori.
Spicca tra tutti Gian Carlo Dettori, che interpreta un giudice corrotto e vile, a tratti malizioso, a tratti
falsamente ingenuo, in modo assolutamente credibile, facendo sì, con la sua emozionante
recitazione, che il pubblico non rida degli aspetti grotteschi del personaggio, ma che rifletta sul
dramma che questi nascondono.
Altra protagonista indiscussa dello spettacolo è Franca Nuti, che attribuisce al suo personaggio una
straordinaria volontà e fermezza, caratteristiche che permettono a Marta, una volta crollate le sue
certezze, di continuare la sua ricerca di giustizia per l’unica cosa che le è chiara: la rottura della
brocca.
Sono rare le compagnie teatrali ben concertate come questa, in cui tutti gli attori sono molto validi,
cosicché i personaggi minori, che in poche battute si caratterizzano in tutte le sfaccettature del loro
ruolo, sono perfettamente all’altezza dei protagonisti.
Lievi, profondo conoscitore della lingua e della letteratura tedesca, ha saputo tradurre i versi di
Kleist in una prosa scorrevole e chiara, ma allo stesso tempo sottile e pungente.
La sapiente regia di Lievi amalgama così bene le scene che individuare i tagli è un’impresa ardua;
inoltre il regista, con un’arguta intuizione, ha reinserito nella rappresentazione una scena quasi
inedita, appartenente alla stesura originale dell’opera, che è molto utile ai fini della comprensione
del reale significato della commedia.
Grazie ad una siffatta esecuzione de La brocca rotta, lo spettatore è facilmente indotto alla
riflessione, in quanto, ad una visione attenta, si svelano man mano tutte le metafore e le simbologie
nascoste: il foro nella brocca indica la violata verginità di Eva, nonché l’onore secolare della
famiglia andato in frantumi insieme all’orcio; la vicenda di Adamo e di Eva ripropone il biblico
peccato originale, che si risolve con la cacciata da parte di Dio (il consigliere) di Adamo (suo
successore in terra, assimilabile quindi al Papa) e con la nomina di un giudice più rispettoso
dell’autorità superiore (Licht).
Quest’opera affronta il tema della giustizia in modo soltanto apparentemente semplice, dimostrando
che chiunque può essere colpevole di atti disdicevoli o addirittura criminosi, anche chi dovrebbe
giudicare. La critica, quindi, non è volta solo all’amministrazione corrotta della giustizia, ma anche
all’ipocrisia dell’uomo, che, conscio dell’impossibilità di ottenere giustizia, la cerca ostinatamente
di modo che almeno l’apparenza sia salva.
Lievi, nella sua regia, fa trasparire in modo chiaro la possibilità di attualizzazione di questa
commedia in quanto i temi trattati sono comuni a tutte le epoche. Infatti le scene si trovano al di
fuori di una dimensione precisa: ci troviamo in Olanda, come potremmo trovarci nella società
prussiana di Kleist o in molti altri luoghi.
Lia Volpatti
IIIB scientifico
Liceo Leopardi-Majorana
Recensione de La Brocca rotta
di Heinrich von Kleist
Thriller acidamente comico a sfondo fiammingo. La sua attualità non lascia scampo allo spettatore e
lo costringe a riflettere sulla consapevole certezza dell’ assenza della giustizia, sull’ ostinazione a
volerla ottenere e sulla verità che, in fondo, è irraggiungibile.
Kleist ricostruisce le fasi di un processo – quello intentato dalla signora Marta Rull al fine di
scoprire non solo il colpevole della rottura di una brocca di certo valore ma anche dell’ attentato al
decoro della figlia Eva - dimostrando l’ ambiguità degli oscuri processi della giustizia, amministrata
più sulla base delle parole che dei fatti concreti e delle prove schiaccianti.
Gian Carlo Dettori – il giudice Adamo, poco onesto e dotato di una fredda simpatia carognesca, che
si scopre poi essere il colpevole del misfatto- è molto abile nel conciliare una malizia quasi infantile
e ingenui tentativi di auto giustificarsi.
Franca Nuti( Marta Rull) è maestra nell’ arte dello star fuori - quando è regista in scena- e dentro il
personaggio: il suo monologo, su come fosse la brocca prima della rottura, e la sua arringa sono
dimostrazioni di maestria teatrale.
Suggestiva la scenografia di Balò: un’ unica stanza triangolare illuminata da una sola finestra e la
presenza in scena di tutti i personaggi, che, quando i muovono, sembra che escano dall’ incisione di
Veau a cui Kleist si ispirò. Questa è la metafora di un’ umanità che sta tutta sulla stessa barca, in cui
nessuno si può elevare sopra gli altri, soprattutto in senso morale, perché nessuno è puro e tutti
hanno comunque il loro segreto da nascondere. Una stessa barca che però non va da nessuna parte.
Infatti le pareti di questa stanza si concentrano in un punto dove non ci sono vie di fuga se non
quella su un altro livello, di cui approfitta il giudice alla fine per attuare la sua fuga.
Emblematica la frase conclusiva, pronunciata da Marta:” dov’è il palazzo del governo?”. Dopo tutto
quello che è successo lei chiede ancora di ottenere giustizia: ne ha bisogno, anche se è ingiusta.
Alessandro Battiston
Classe IIIBscientifico
Liceo Leopardi-Majorana
IL 14 GENNAIO ALL’AUDITORIUM CONCORDIA DI PORDENONE E’ STATA
MESSA IN SCENA LA “BROCCA ROTTA” DI H. VON KLEIST.
LA GIUSTIZIA E’ STATA MESSA SOTTO PROCESSO
E’ BASTATA UNA SEMPLICE BROCCA ROTTA PER FAR USCIRE FUORI LA
CORRUZIONE DEL SISTEMA GIUDIZIARIO.
…CRACK! Si è rotta! E’ andata in mille pezzi. E’ una brocca, ma con lei si è distrutta anche la
giustizia! Direttamente dai Paesi Bassi il 14 gennaio è arrivata all’ auditorium Concordia di Pordenone
un’ avvincente commedia ideata da H. Von Kleist: La brocca rotta.
Quest’ opera, nata da una scommessa e ispirata da un’ incisione, è diventata una delle commedie
tedesche più significative in quanto esprime la consapevolezza dell’assenza di una vera giustizia,
perché messa in ombra dalla sola apparenza.
Tutta la storia ha origine dalla rottura di una brocca, che comare Marta (interpretata da Franca Nuti)
porta in tribunale accusando Ruprecht, fidanzato della figlia Eva, di averla rotta. A giudicare il
colpevole sarà il disonesto giudice Adam (Gian Carlo Dettori), che la sera della rottura della brocca
aveva cercato di sedurre Eva con l’inganno e che questa volta non può risolvere la faccenda come
vorrebbe perché controllato dal consigliere di giustizia Walter. Quest’opera apparentemente banale
rivelerà una realtà più amara del previsto. La brocca infatti, silenziosa protagonista dell’opera, è il
simbolo dell’onore di Eva e del suo fidanzato, oltre che della reputazione del giudice.
Tutto inizia con dei lampi che illuminano la scena e un tuono che attira l’attenzione del pubblico,
preannunciando la tempesta che si sta per scatenare nell’aula di tribunale.
Fin dall’apertura dello spettacolo si possono individuare sul palcoscenico tutti i personaggi, che non
escono mai e sembrano imprigionati nella scena, da cui l’unica via d’uscita è una finestra simile a
quella di un carcere. Questa scelta registica e scenografica lascia intendere che ogni personaggio,
simbolo dell’intera umanità, è vincolato dalle sue colpe, dalle quali non può scappare.
Le scelte registiche di Cesare Lievi fanno risaltare soprattutto lo sfondo tragico della vicenda
rappresentata anche a causa della traduzione, dal tedesco da lui stesso curata nella quale ha
volutamente ripreso la prima versione dell’opera scritta da H. Von Kleist. Forse anche per questo
taglio volutamente tragico la recitazione degli attori risulta caratterizzata da ritmi troppo lenti, benché
non si possa escludere che per gli interpreti la rappresentazione sia ormai diventata una commedia di
routine. Bisogna inoltre tenere in considerazione l’inadeguatezza del palcoscenico che non ha
premesso l’utilizzo di tutti gli elementi dell’originaria scenografia, causando il disagio degli attori e
limitando quindi le loro indiscusse abilità recitative.
Belle comunque le scene, che sono caratterizzate da pochi mobili scuri; i costumi, tipici dei primi del
‘600, e le luci, prevalentemente di colori caldi, non a caso richiamano alla memoria i quadri
fiamminghi.
Cala il sipario. Il colpevole è stato scoperto. La verità è stata trovata. Gli attori sono stati più volte
applauditi e per il pubblico è arrivato il momento di tornare a casa e riflettere.
Castellarin Erika
Tius Francesco
Fabris Simone
Millotti Marta
IIIC pedagogico
Liceo Leopardi-Majorana
Messa in scena “La brocca rotta” di Von Kleist
NON E’ STATA SOLO LA BROCCA A ROMPERSI
Delude lo spettacolo di Lievi al Concordia
2005: forse la giustizia è ancora quella dei tempi di cui parla Kleist.
Ambientata in un villaggio olandese vicino Utrecht nel XVII secolo, la commedia prende
ispirazione dalle intricate vicende di un giudice che maschera fino all’ultimo la sua colpevolezza.
Egli, infatti, ha cercato di corrompere la giovane Eva, figlia di comare Marta, traendola in un
deplorevole inganno: il giudice Adam ha fatto credere alla fanciulla che il suo fidanzato Ruprecht
dovesse partire soldato in una località molto lontana e assai rischiosa per la sua incolumità. Adam,
con la falsa promessa di esonerare il fidanzato di lei dal servizio di leva, è riuscito ad entrare nella
camera di Eva ed è proprio qui che li ha sorpresi Ruprecht. In preda al panico Adam è scappato e
fuggendo ha rotto la preziosa brocca di comare Marta. Sarà quest’ultima a portare in giudizio il
fidanzato della giovane, credendolo causa del danno. Ma la realtà è stata tutt’altra: il vero colpevole
è proprio colui il quale sta conducendo il processo, un uomo che si identificava nella menzogna.
Sembra quasi che dica le bugie più per divertimento che per necessità di salvarsi, basta vedere
com’è fantasioso nell’inventarle e sciolto nel dirle. Questo mentire, però, tipico di un bambino che
racconta bugie, suscita nel pubblico attrazione e simpatia. Il pubblico quindi finisce per non
considerare il giudice Adam come una figura tragica, bensì comica. E’ proprio questo pubblico a
ridere ben più di una volta alle battute del giudice, che in realtà nascondono una tragica realtà: l’
apparenza inganna e l’inganno apre le porte all’inevitabile sconfitta di colui che vive in esso. Le due
pareti della scenografia, che formano uno spazio triangolare, stanno proprio a sottolineare il fatto
che il mondo in cui viviamo è un luogo angusto da cui nessuno può scappare e in cui tutti siamo
costretti a stare, perché, forse, siamo tutti un po’ colpevoli di una vita vissuta nel segno
dell’apparenza. Nessuno si salverà, neanche la giovane Eva, che sembrava la martire della
commedia, ma che alla fine si lascerà corrompere. Scelta del regista e traduttore Cesare Lievi
questa, che preferisce utilizzare la versione originaria del testo e non quella più corrente dove Eva è
l’unico personaggio realmente giusto e virtuoso. Altra decisione del regista è di tenere sempre
presenti sulla scena tutti gli attori, vestiti con abiti fiamminghi, contornati da una luce che sfuma dal
cupo alla luminosità brunastra, ma che si mantiene comunque su colori spenti. Spento e buio è
anche ciò che offusca la luce di una vita priva di verità e giustizia.
Sarebbe profonda la tematica della commedia, ma, a nostro parere, gli attori di Lievi non sono
riusciti nell’occasione ad esprimerla pienamente per la loro recitazione non sempre eccellente, che
ha provocato momenti di distrazione tra il pubblico. Forse però il problema sta anche, come ha
affermato Dettori (Adam), nel fatto che l’auditorium Concordia non è adeguato a questa
rappresentazione.
Avendo letto e conoscendo già prima dello spettacolo “La brocca rotta”, ci aspettavamo veramente
una rappresentazione degna di una delle opere più importanti del teatro tedesco, ma l’aspettativa è
andata delusa.
Barzan Elisa
Brescacin Giulia
De Mattia Jessica
Longo Vito
Sederino Marzia
III C pedagogico
Liceo Leopardi-Majorana
La “Brocca rotta” di Von Kleist debutta all’Auditorium Concordia
“IL PUZZLE DELLA GIUSTIZIA”
Un buon successo per una commedia scritta due secoli fa ma che ha dei risvolti molto attuali
Quando sentite la parola “giustizia”, che immagine si presenta alla vostra mente? Potrebbe
forse trattarsi di un puzzle? Beh, se così fosse i pezzi per ottenerla sarebbero messi insieme
uno dopo l’altro senza smarrirne neppure uno e tutti servirebbero a creare un’immagine
nitida della giustizia. E’ quest’ultima parola a esprimere il tema, oggi più che mai attuale, sul
quale verte la commedia “La brocca rotta” di Von Kleist andata in scena all’Auditorium
Concordia di Pordenone il 14 gennaio, una giustizia corrotta e, spesso, difficilmente
raggiungibile. La trama non è molto complessa: Adam (Gian Carlo Dettori), giudice olandese,
importuna una giovane ragazza, Eva (Sandra Toffolatti), proponendole di esentare il suo
fidanzato Ruprecht (Leonardo De Colle) dal servizio militare. Lei gli resiste, però nel
trambusto l’uomo rompe una brocca cara alla madre della ragazza, Marta (Franca Nuti).
Quest’ultima, per salvaguardare il suo onore, porta il fatto in tribunale accusando Ruprecht,
poiché l’aveva trovato nella camera della figlia accanto alla brocca rotta. Ma alla fine sarà
smascherato il colpevole? In ogni caso, l’orcio rotto non riacquisterà il valore perduto.
Nella rappresentazione non può passare inosservata la traduzione del testo curata dal regista stesso,
poiché Lievi ha prescelto la prima versione del dramma scritto da Kleist, nella quale l’ultima scena
è più lunga e dalla quale ha tratto forse la parte più tragica.
L’allestimento scenografico rimane pressoché invariato per tutta la durata della rappresentazione;
essenziale e, a tratti, poco illuminato è il palco, in cui i nostri attori, non uscendo mai dalla scena,
sembrano quasi imprigionati in una realtà d’ingiustizia e corruzione.La bella invenzione
scenografica è però guastata dai ritmi troppo lenti che sicuramente fanno calare l’interesse dello
spettatore. Ma appena ciò accade l’incalzante recitazione, solo inizialmente fredda e distaccata,
riporta il pubblico all’interno dell’intreccio della commedia.
Un particolare merito va attribuito al costumista Maurizio Balò per la scelta degli abiti che,
richiamando i quadri fiamminghi, rendono più calda l’atmosfera, turbata nelle prime battute da un
breve temporale spaventoso.
Alla fine la morale di questa divertente commedia non salta subito in mente, ma riflettendoci un po’
capiamo come possiamo trovare mille situazioni diverse e reali tutte... in una brocca rotta!
Bortolus Fabia
Ferracin Davide
Girardi Stefania
Serafini Chiara
Vitolo Elisabetta
III C pedagogico
Liceo Leopardi-Majorana
LA “BROCCA ROTTA” DI HEINRICH VON KLEIST, CON LA REGIA DI CESARE LIEVI,
HA DEBUTTATO IERI SERA ALL’ AUDITORIUM CONCORDIA DI PORDENONE.
GIUDICI COLPEVOLI, IMPUTATI INNOCENTI.
PIACEVOLE LO SPETTACOLO DI LIEVI, ECCELLENTI GLI ATTORI.
Si può ancora credere nella giustizia? E’ quello che gli attori vogliono far emergere nella
rappresentazione della commedia “ La brocca rotta” di Heinrich Von Kleist. La protagonista
della vicenda è, e questo vi stupirà, una brocca che con la sua misteriosa rottura ha dato inizio
ad una storia senza vincitori né vinti.
Quel che accade vicino ad Utrecht, in un paesino dell’Olanda del ‘600, nel corso di una notte
innesca una serie di false accuse che culminano con un processo. La signora Marta chiede
giustizia per la sua brocca infrantasi durante una lite tra sua figlia Eva e un misterioso
personaggio. Le accuse sembrano condurre al fidanzato di Eva, Roberto, ma ben presto
emergeranno nuovi particolari fino ad allora oscuri che sconvolgeranno la situazione di
partenza.
Il giudice Adamo, chiamato a presiedere il processo, si presenta senza la parrucca, pieno di
ferite, zoppicante e alquanto desideroso di chiudere la causa alla svelta. Il consigliere di
giustizia, Walter, proprio quel giorno giunto in paese per un controllo, chiede di assistere al
processo. Indizi, sospetti e accuse si accavallano fino a portare ad una soluzione tanto ovvia
quanto bizzarra della vicenda. Nonostante il colpevole sia identificabile da subito si rimane
sconcertati dalla sua abilità di doppiogiochista e bugiardo, oltretutto fatta risaltare in chiave
comica.Lo spettacolo si apre con un temporale che fa presagire la burrasca che si scatenerà a
causa dei vari colpi di scena della vicenda. La scelta del regista è quella di non proporre alcun
accompagnamento musicale durante lo spettacolo per far risaltare la vena tragica del
racconto. Secondo il nostro parere tuttavia si sarebbe potuto animare maggiormente la
situazione con un gioco di suoni e soprattutto di luci. Queste invece si concentrano in modo
particolare sui personaggi principali e solo a tratti, lentamente, si spostano sugli altri attori,
che rimangono all’interno della scena pur non prendendo parte all’azione.
I costumi non sono contemporanei ma si richiamano ai vestiti in uso nel 600; simili tra loro e
di colori scuri, sulle tonalità del marrone, si adeguano alla scenografia che risulta abbastanza
realistica. I mobili sono in stile povero provinciale e il pavimento è piastrellato con colori
chiari.Nella parte laterale della scenografia troviamo inoltre una porta-finestra, che risulterà
un elemento fondamentale per lo svolgersi dei fatti.
Gradevole la recitazione degli attori, in particolare dei due protagonisti (il giudice Adamo e
Marta rispettivamente Giancarlo Dettori e Franca Nuti), che riescono a interpretare il loro
ruolo con grande bravura e maestria.Meno apprezzata la volontà del regista di far risaltare
soprattutto l’aspetto tragico nel suo spettacolo; obbiettivamente però bisogna sottolineare che
questa scelta è stata penalizzata anche dal palco, che non si adattava alle esigenze
scenografiche limitando la buona riuscita della rappresentazione.
Certo è che il pubblico si aspettava una commedia nel vero senso della parola, cioè con battute a
raffica e con un ritmo molto più spedito. Nonostante tutto però è sembrato che gradisse
l’interpretazione del regista e degli attori, riconoscendo lo spessore di un’opera che tutt’oggi risulta,
per i suoi significati profondi e filosofici, un vero e proprio capolavoro del teatro tedesco.
Freschi Lorenzo
Devereux Jessica
Dimasi Vincenza
Sist Mara
Tocco Rosanna
III C pedagogico
Liceo Leopardi-Majorana
A Pordenone, l’Auditorium Concordia ospita “La brocca rotta”.
OMERTA’ IN UN’AULA DI (IN)GIUSTIZIA
Dal 14 al 16 gennaio sono in scena l’omertà e la “giustizia” nella Prussia del ‘600
in un’opera teatrale di Von Kleist.
Si apre il sipario: il religioso silenzio d’attesa del pubblico viene rotto da un fragore di tuoni e lampi
e dal rumore di pioggia, che appare incessante. Inizia così uno spettacolo di anime tormentate, che
vagano sulla scena in cerca di una vera giustizia.
Un giudice malandrino, una ragazza virtuosa, una madre infuriata e angosciata, un fidanzato geloso
e ferito, un consigliere di giustizia, protettore delle istituzioni, sono gli ingredienti di questa
incantevole e amara commedia tedesca, dove la protagonista incontrastata è una brocca.
L’opera è dominata dalla confusione e dai tentativi di nascondere il colpevole della rottura di una
brocca. Non è in gioco tanto il suo valore economico, ma piuttosto l’onore e la reputazione di una
ragazza e della sua famiglia, che sono rappresentati da quest’oggetto.
Lo spettatore intuisce fin dall’inizio chi è il colpevole: la comicità, ma allo stesso tempo la tragicità,
della vicenda sta nei buffi e goffi tentativi da parte di costui di infangare la verità. Come nell’opera
sofoclea Edipo si trova a giudicare e indagare su un crimine di cui egli stesso è colpevole, così il
giudice Adam (Gian Carlo Dettori) deve presiedere un’udienza, ben consapevole però, a differenza
del personaggio greco, di essere stato lui a profanare la brocca e l’onore di Eva (Sandra Toffolatti).
La commedia colpisce anche perché la scena sembra uscita da un quadro fiammingo, impressione
accentuata dall’uso di vestiti del XVII secolo; la scenografia e la scelta di una chiave cromatica
costituita da tonalità scure sembrano rispecchiare, amplificandoli, i sentimenti di angoscia, tristezza
e paura della verità, che aleggiano tra i personaggi.
La scelta di utilizzare la prima versione dell’opera, fortemente voluta dal regista Cesare Lievi che
l’ha anche tradotta dal tedesco, si è rivelata invece azzardata, perché in questo modo si è tralasciata
troppo la parte comica, ponendo l’accento sulla tragicità della vicenda. Tutto ciò ha avuto dei
risvolti negativi, come il rallentamento del ritmo della storia e, in certi momenti, la noia da parte del
pubblico, nonostante la bravura degli attori (soprattutto di Gian Carlo Dettori e Franca Nuti) che
sono riusciti a far trasparire le varie sfaccettature dei loro personaggi. La complessità
dell’interpretazione di Adam, in particolare, sta nel fatto che egli rappresenta e raccoglie in sé tutti
gli aspetti più negativi dell’uomo. La cosa che spaventa di più in lui è la sua parvenza di
“normalità”, che porta lo spettatore a riflettere su se stesso e sulla consapevolezza che in fondo
Adam rappresenta una parte di noi, pronti come siamo, pur di poterci salvare, a commettere azioni
meschine ed a sacrificare la verità. Inoltre tutto ciò porta a mettere in discussione la giustizia. Infatti
è sconcertante il silenzio di Eva, che, per salvaguardare i suoi interessi e il suo amore, preferisce
aver infangati l’onore e la reputazione e passare per una sgualdrina.
Il silenzio cala su ogni personaggio come una fitta nebbia, che offusca la realtà rendendola
apparenza, creando un gioco nel quale non si capisce più cosa sia male e cosa bene e lasciando tutti
inermi di fronte all’incertezza.
A nostro parere lo spettacolo, malgrado la buona recitazione degli attori e l’uso di espedienti
scenici simbolici assai significativi, è risultato in alcuni punti noioso e un po’ pedante. In ogni
caso il tema dell’opera ha un forte effetto sul pubblico, perché lo induce a riflettere sulla
società in cui vive e sul concetto di giustizia, provocando in lui smarrimento e dubbi su quelli
che riteneva principi morali indiscutibili.
Lo spettacolo termina com’è cominciato, con quel silenzio, o meglio con quell’omertà che ha
caratterizzato tutta l’opera. Questa volta, però, è rotto dal fragore degli applausi del pubblico in sala.
Alessia Fabris
Valentina Padovan
Daouda Sy
Serena Valerio
IIIC pedagogico
Liceo Leopardi-Majorana
La brocca rotta
Scenario d’ingiustizie
Impetuosi tuoni e spaventosi lampi che si infrangono lasciando intravedere
una scenografia statica che cattura fino a portare in un’ Olanda
del Seicento, in un paese sperduto in una camera da letto affollata
di gente. È questo l’inizio de “La Brocca Rotta“ l’avvincente
commedia di Henrich Von Kleist, tanto moderna da celare
al suo interno , pur se scritta secoli fa , un riflesso della
società odierna. Un palcoscenico su cui si alternano uomini
corrotti, vittime innocenti, persone che ricercano la giustizia o
che pretendono di farla. La commedia, tradotta e messa in scena
da Cesare Lievi, è interpretata da grandi nomi del teatro come Franca
Nuti e Gian Carlo Dettori, seguiti da una generazione di bravi trentenni teatrali
come Sandra Toffolatti, Emanuele Crucci Viterbi, Leonardo de Colle e molti altri .
a Questa narra la vicenda di Adam, giudice in un piccolo paesino Olandese, che tenta
un’ avventura notturna con Eva, una giovane e bella ragazza, che gli resiste; scoperto dal
fidanzato di lei, il giudice le prende di santa ragione fino a che riesce a scappare, senza essere
però riconosciuto. Nella lotta viene rotta una brocca di molto valore appartenente alla madre
della ragazza, la quale ne chiede un risarcimento con una querela presentata davanti al giudice.
In questo modo si richiede che venga fatta giustizia allo stesso colpevole che, invece di risolvere la situazione, rischiando di infangare
il suo nome, dà giudizi avventati e repentini sul giovane innamorato. Una tematica alquanto moderna, di corruzione ed ingiustizia che
mette tutti sulla stessa barca, uno spaccato sociale che evidenzia il marcio di una società in cui tutti, nessuno escluso, cercano il
benessere personale, con egoismo e avidità. Lievi, traducendo personalmente la commedia, ha voluto dare risalto al monologo finale di
Eva, un punto essenziale dello spettacolo (del 1808) che, di solito viene omesso. Questo monologo era presente anche nella prima
rappresentazione ma fu la causa del suo insuccesso, venne poi eliminato perché come sopra citato,
rappresentava una società dove non vi era il bene ma solo il male e perfino Eva, viene ad essere
non come una ragazza ingenua, succube della madre e del giudice, ma una ragazza dal forte
temperamento che infine si lascia addirittura corrompere accettando le venti monete d’oro
offertele dal consigliere di giustizia, alla presenza del quale si svolge il processo.
L’uomo di fronte alla giustizia è impotente e non può sfuggirvi, d’altro canto i personaggi
rimangono per tutta la durata della rappresentazione sulla scena, intrappolati tra due
pareti che si incontrano formando un angolo, sulle quali non ci sono porte o vie d’uscita ma
vi è solo una finestra posta in alto e difficile da raggiungere, simbolo dell’inferiorità
dell’uomo rispetto alla giustizia.
Una giustizia irraggiungibile che porta Marta, vittima dello scempio, ad appellarsi alla
corte di Utrecht per chiedere un risarcimento per la sua brocca.
Anche se sa bene che non potrà mai essere ripagata la donna è pronta ad affrontare un
altro processo, l’ultimo lume di speranza che illumina lei ed il consigliere di
giustizia, poi il Buio.
Dario Scattone, Elena Marson, Samanta De Biasio, Cristina Pivetta
Classe IIIDS
Sconvolgimento dell’Edipo: il giudice consapevole di giudicare sé stesso
La “Brocca rotta” diretta da Cesare Lievi. Applausi per Dettori
Dubbi e debolezze di una Prussia seicentesca
che si sta disgregando vengono svelati, in
questa commedia, da un fatto apparentemente
banale: la rottura di una brocca.
Lo spettacolo, diretto da Cesare Lievi, mette
subito in scena tutti i personaggi, per
sottolineare la comune condizione umana,
nella quale tutti sono trascinati, dagli sforzi di
inseguire una verità sfuggente.
Il vero colpevole della tragedia familiare, il
giudice Adam (Gian Carlo Dettori), si vede
costretto ad indagare per trovare il colpevole
della rottura della brocca, sotto l’occhio
attento dell’ispettore di giustizia Walter
(Marco Balbi). L’antica brocca, simbolo della
rispettabilità della famiglia, è stata infranta, e
Marta (Franca Nuti), la proprietaria, pretende
un risarcimento da Roberto, promesso sposo
di sua figlia Eva (Sandra Toffolatti), che
viene ingiustamente accusato dell’ infamante
atto. Nonostante la determinazione di Marta,
si intuisce che la vicenda rimarrà in parte
irrisolta, a causa della fuga di Adam; ma
l’onore di Eva ne uscirà comunque riscattato.
La colpevolezza del giudice si intuisce già
dall’apertura dello spettacolo in cui si
alternano eccentrici ed agghiaccianti effetti di
luci e suoni. Dal buio totale improvvisamente
una fredda luce bianca che sgomenta lo
spettatore predice la colpevolezza di Adam e
la sua solitudine di fronte ad un mondo alla
ricerca di una verità che lui non è può svelare.
Accanto a queste luci apocalittiche si fa strada
un breve ma notevole sottofondo musicale
che
mette in risalto questa situazione
tragicamente
comica.
Successivamente
l’attenzione viene spostata su Marta tramite
un cerchio di calda luce gialla che
preannuncia al pubblico la sua condizione di
madre nel disperato tentativo di proteggere la
dignità della figlia; questo bagliore di
speranza si ripete anche nell’ultima scena,
quando ormai l’onore della figlia è salvo ma
la brocca è ancora rotta. Una commedia
profonda che fa riflettere sulla condizione
umana e sui doveri di una giustizia non
sempre giusta ma di cui l’uomo comunque ha
un estremo bisogno.
Alice Poles
Alessandro Modolo
Luana Sartori
Daniela Di Gianantonio
IIID scientifico
Liceo “Leopardi-Majorana”
"L'uomo ha bisogno della giustizia, anche se questa è ingiusta"
Che cos'è la giustizia? Come può l'uomo giudicare se porta in se stesso "il proprio inciampo"? La
questione sulla giustizia e la giudicabilità dell'uomo è un problema eterno, nato con l'uomo e con
esso morirà. Queste sono le tematiche principali della commedia tragedia "La Brocca Rotta" (a
volte erroneamente rappresentata come una farsa bonaria) messa in scena da Cesare Lievi, che ha
tradotto lui stesso la prima stesura dell'opera quella che debuttò grazie all'intervento di Goethe nel
1808. Furono i primi spettatori, i nobili a capo di una Prussia massacrata, a bocciare l'opera poiché
mise a nudo le debolezze di allora ( e di oggi?).
Aperto il sipario: tutti i personaggi sono già sul palco illuminati per un attimo dal bagliore di un
lampo. Appartengono tutti alla stessa "barca", tutti fanno parte di questo mondo corrotto dove
nessuno ammette le proprie colpe ma ciascuno si nasconde dietro la propria "toga".
Protagonista di questa atipica commedia è una brocca ridotta in frantumi, che rappresenta la
verginità della figlia, per la quale Marta, interpretata da una nobile Franca Nuti, rivendicherà il suo
onore e quello della figlia. Sarà nel tribunale del paese, a cui si rivolgerà, che si consuma l'intera
vicenda. Man mano che la commedia procede, si scoprirà che il vero colpevole è il giudice Adam,
interpretato da un ormai esperto Giancarlo Dettori, capace di unire scaltra malizia a inverosimili e
comicamente ingenui tentativi di autogiustificazione.
La scenografia rispecchia in modo impeccabile ciò che l'opera vuole trasmettere. Per tutta la durata
della rappresentazione, i personaggi rimangono sul palco costretti in un ambiente triangolare dove
ogni via di fuga è ostacolata da mobili spettrali. La scena è sempre illuminata da una luce fioca che
penetra da un'alta finestra. In questa inedita aula di tribunale si muovono i personaggi, vestiti con
costumi che paiono tratti da una pittura fiamminga e sempre in scena, ora protagonisti, ora coro
silente ma non indifferente all'azione.
" Ditemi, signore, dove si trova la sede del governo, a Utrecht? Perchè bisogna pur rendere giustizia
a questa brocca, no?" Queste le ultime battute di un dramma che, cominciato per la rottura di una
banale brocca di coccio, finirà per rivelare la triste verità di questo mondo.
Giulia Alba
Valerie Biasibetti
Stefano Cappuzzo
Giulia Mecchia
Giovanni Vendramin
IIID scientifico
Liceo “Leopardi-Majorana”
Una riflessione sulla “giustizia ingiusta”
Cos’è la giustizia? E soprattutto l’uomo è in grado di giudicare? Sono questi i quesiti sui quali
l’eclettica opera di Heinrich Von Kleist, riadattata nella versione italiana da Cesare Lievi
invita a riflettere.
La scenografia stessa sottolinea l’improbabilità e l’instabilità della vita: gli attori infatti sono
chiamati a recitare su un piano in pendenza (da 0 a 16 cm). Sono inoltre abolite le entrate e le
uscite di scena in quanto tutta l’umanità è “sulla stessa barca”, che non va da nessuna parte,
come imprigionata in un vicolo cieco che non permette di fuggire dalle proprie responsabilità;
tutto ciò è reso sulla scena con una stanza asimmetrica e vagamente claustrofobica. Al centro
del dibattito c’è, come si deduce dal titolo, una brocca rotta. Questo oggetto d’uso comune è
andato in mille pezzi in circostanze poco chiare: ci sono di mezzo l’onore di una ragazza e il
buon nome di una famiglia. Ma bisogna prima fare un passo indietro. Adam, giudice
disonesto e cialtrone di un villaggio olandese, servendosi di un bieco ricatto ha tentato di
sedurre una giovane donna, Eva, che però gli ha resistito. Ma l’attempato uomo di legge è
stato colto in flagrante -senza essere riconosciuto- dal fidanzato della ragazza, che lo ha
colpito alla testa mentre fuggiva dalla finestra della camera di lei. Ed è proprio durante il
tafferuglio che la brocca è stata rotta, e ora Marta, la madre di Eva, ignara del colpevole,
chiede un giusto risarcimento citando dinanzi al giudice Adam l’innocente Ruprecht, il
fidanzato della ragazza. Solo la presenza di Walter, consigliere di giustizia, impedirà tragici
epiloghi.
In tal modo, condotto per mano da una regia pungente ed essenziale, lo spettatore segue
l’incalzare degli eventi che porteranno ad una conclusione facilmente presagibile
nell’intricata matassa dei fatti, che si snoda pian piano, con tempi perfettamente dosati.
È un bel classico, tutto sommato ben interpretato dall’ensemble, dal quale emerge
l’ineccepibile lavoro degli interpreti principali: Franca Nuti nel ruolo di Marta, madre che,
viste crollare le proprie certezze, si impunta sull’unico aspetto della vicenda che le è ancora
chiaro, la rottura della brocca. Nei panni del giudice Adam, Gian Carlo Dettori è capace di
suscitare sentimenti alterni, dalla simpatia al fastidio, dalla pietà all’irrisione.
A parola dello stesso Dettori questa commedia apre gl’occhi su quanto la vita dell’uomo abbia
bisogno della giustizia anche se talvolta essa è ingiusta.
Laura Bocchieri,
Francesco Codato,
Valentina De Nadai,
Gianluca Turrin
IIID scientifico
Liceo “Leopardi-Majorana”
L’altra faccia della medaglia
“La brocca rotta”: una commedia sulla ricerca di Verità
Per conoscere la Verità occorre immaginarsi una miriade di falsità.
Infatti, che cos’è la Verità?
Oscar Wilde
L’aula di tribunale concretizza l’ineffabile raggiungimento della verità e della giustizia, filo
conduttore della commedia nonché ossessione dell’autore, un drammaturgo del XVIII secolo,
Heinrich von Kleist.
In questo scenario si svolge l’alterco causato dalla rottura di un oggetto di valore, una brocca,
descritta ampiamente dalla proprietaria nel corso dell’udienza da lei stessa richiesta in cui accusa
erroneamente il futuro genero Ruprecht.
Questo aveva sorpreso in una notte di gennaio la fidanzata Eva in compagnia di un uomo, che prima
di essere riconosciuto scappa precipitevolmente causando la rottura della brocca.
Il fato vuole che il giovane venga scoperto da Marta, la madre della ragazza.
Il matrimonio, ormai prossimo tra i due, viene annullato e la vedova olandese rivendica oltre al
valore della brocca stessa anche l’onore perduto della figlia.
Il caso viene sottoposto al giudice del paese, Adam, nel quale si identifica la corruzione della
giustizia in quanto colpevole lui stesso del reato che deve giudicare.
Simile sorte capitò ad Edipo, giudice di sé stesso, e tuttavia tanto inconsapevole di essere il
colpevole quanto il giudice Adam è cosciente della sua colpa.
Tutta la vicenda si sviluppa in uno spazio claustrofobico, cuneiforme al cui vertice è posta un’alta
finestra. La scenografia, che ricordiamo opera di Maurizio Balò, ha un ruolo dualistico che
sottolinea la duplice funzione della rottura della brocca. Il letto del giudice muta in tavolo,
l’armadio presente in scena è adibito sia ad archivio sia a guardaroba, ma molto più rilevante è la
duplice funzione della finestra, che rappresenta insieme l’unico modo di evadere dalla giustizia
corrotta come pure l’unica fonte luminosa della stanza.
Da notare la contrapposizione espressa dalla figura del giudice mendace che evade dai suoi doveri
attraverso la finestra e la luce che penetra per mezzo di questa, e che simboleggia la giustizia; la
quale sovrasta, per l’intera durata della rappresentazione, i vari personaggi i quali si muovono
nell’aula senza mai estraniarsi dalla vicenda.
Ammirevole l’arguta scelta stilistica da parte del regista Lievi di rappresentare un’opera in cui tutti
gli attori prendono parte alla scena, rimanendo a seconda del loro coinvolgimento stretti e in ombra
verso il vertice della scenografia. Ciò rappresenta un’ulteriore difficoltà interpretativa che gli attori
hanno saputo rendere con grande capacità recitativa, voci suadenti si alternano a litigi, in cui parole
altisonanti inondano il teatro intimorendo lo stesso pubblico. Coinvolgente l’interpretazione
menzognera quanto ironica di Giancarlo Dettori nel ruolo del giudice Adam, sublime quella di
Franca Nuti, che ha affrontato degnamente il ruolo di parte lesa nei panni di Marta, unica tra tutti a
mantenere integra la sua moralità; cercando ostinatamente, se pur inutilmente, giustizia per la
brocca. Lodevole immedesimazione da parte degli altri attori, che nei loro eleganti costumi
fiamminghi della stessa tonalità e attraverso la tenue luce della stanza ricordavano le splendide
pitture dell’artista olandese Vermeer.
La stesura della commedia nasce inizialmente da una sfida, dare corpo letterario ad un’incisione in
rame veduta da Kleist anni prima in Svizzera. L’opera prende consistenza tra il 1802 e il 1808, anno
in cui Goethe decide di rappresentarla, senza però ottenere un grande successo avendo spezzato in
tre atti il ritmo unitario della commedia, inizialmente ad atto unico.
Alle tante traduzioni da parte di vari germanisti, quali Italo Alighiero Chiusano, che mai hanno
tradotto integralmente l’opera, si affianca il complesso lavoro di traslazione del bilingue Lievi,
regista di questa mirabile trasposizione de “La brocca rotta”.
Maddalena Cecchetto,
Maurizio Coden,
Davide Morettin,
Alissa Quagliariello,
Marco Verdelli
IIID scientifico
Liceo Leopardi-Majora