534 – 1 AUTORE – CLASSE 5 L`etica della responsabilità Pista di

534 – 1 AUTORE – CLASSE 5
L’etica della responsabilità
Pista di riflessione:
Nel Novecento la riflessione sulla responsabilità ha posto in evidenza alcune problematicità –
emergenze, declinandosi dall’etica della responsabilità ( M. Weber) all’etica come
responsabilità (E. Lèvinas).
Illustra, in sintesi, questo “cammino” di crescita e di consapevolezza umana, civile, politica e
sociale.
Nella lingua latina il termine che corrisponde alla parola italiana responsabilità è sponsio che vuol
dire propriamente promessa, impegno: suo sinonimo è prestatio che significa rendersi garante di
qualcuno o di qualcosa. Responsabile è colui che spondet pro aliquo, si fa mallevadore di qualcun
altro. La responsabilità è, allora, una presa in carico: impegnarsi a rispondere a qualcuno o a se
stessi delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano o meglio si dice che una persona è
responsabile se, quando agisce, cerca di prevedere le conseguenze delle sue azioni e le corregge
sulla base di tale prevenzione. La responsabilità, pertanto, assume un triplice significato: se da un
lato siamo responsabili (di qualcosa) per le azioni compiute che ci vengono imputate, dall’altro lo
siamo se cerchiamo di prevedere e valutare le conseguenze di ciò che faremo; infine, siamo
responsabili (di qualcuno) se assumiamo il potere di agire in vista del suo bene.
L’atteggiamento,molto diffuso nella società post-moderna, è quello di non assumersi le
responsabilità, di delegare o colpevolizzare, evitando, in questo modo, ogni scelta, i possibili rischi
e le eventuali conseguenze.
La riflessione sulla responsabilità è stata caratterizzata da alcune emergenze, nel pensiero del
Novecento; in ognuna è venuto in primo piano uno dei significati sopra riportati. Si tratta di una
storia di crescente drammaticità, che vale la pena ripercorrere, sia pur brevemente.
Uno tra i maggiori esponenti è sicuramente il sociologo Max Weber (1864 – 1920) che, in una
celeberrima conferenza del 1919, contrapponeva all’etica della convinzione, l’etica della
responsabilità. Per etica della convinzione o dell’intenzionalità egli intende un’etica assoluta che
esige un rispetto incondizionato dei comandamenti o degli ideali che propugna. L’agire dell’uomo
politico, invece, dovrebbe essere improntato all’etica della responsabilità, secondo la quale
“bisogna rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni” (La politica come
professione 1919; in Il lavoro intellettuale come professione, Einaudi, To 1976, p. 109). Secondo
Weber l’etica della convinzione e quella della responsabilità sono due modalità opposte, ma non
inconciliabili, che fanno capo a due diversi modi di intendere la politica ( e senz’altro l’etica della
responsabilità è connessa alla politica proprio perché non perde mai di vista le conseguenze
dell’agire).
Sulla riflessione weberiana si innesta il pensiero del filosofo tedesco Karl Otto Apel ( nato nel
1922) che ha elaborato un’originale deontologia morale chiamata “etica della comunicazione”, o
“etica del discorso”.Apel ha declinato l’etica della co-responsabilità come modalità specifica non
solo dell’uomo politico, ma anche di tutti gli uomini: ogni uomo, in quanto essere che pensa, parla e
comunica, si trova da sempre necessariamente collocato in una dimensione linguistica regolata da
principi universalmente evidenti e incontestabili, che rendono possibile la comunicazione. Il dialogo
è visto come un’apertura agli altri, attraverso il quale gli uomini sono capaci di accordarsi ed
implica una sorta di pariteticità, eguaglianza, reciproco rispetto.
Un’altra emergenza è espressa da Hans Jonas(1903 – 1993). Nella sua opera “Il principio
responsabilità” del 1979, il filosofo tedesco esprime il principio cardine di un’etica razionalista
applicata in particolar modo ai temi dell’ecologia. Egli sostiene la necessità di applicare il principio
della responsabilità ad ogni azione umana prendendo in considerazione le conseguenze dell’ agire,
anche in una prospettiva futura. Gli uomini, forse per la prima volta,devono prendere coscienza dei
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rischi, ossia che stanno mettendo in gioco la loro stessa esistenza, non solo come individui singoli,
ma come genere umano. Egli, quindi, prospetta l’imperativo deontologico del riconoscimento non
solo della dignità dell’uomo ma anche dell’intera umanità. Alla base dell’etica di Jonas c’è la
consapevolezza della forza distruttiva e non solo produttiva della tecnica nella società industriale: la
vulnerabilità della natura, la responsabilità umana di fronte alle generazioni future, per i danni
irreversibili che tale intervento determina nella biosfera, il carattere non utopico di tale
responsabilità, la contrapposizione della “paura” al principio utopico di “speranza”. Tali concetti
possono essere sintetizzati secondo la formula di ispirazione kantiana “ agisci in modo tale che gli
effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana”.
Un grande contributo al tema della responsabilità è offerto dalla filosofa Hannah Arendt (1906 –
1975) nel saggio “Colpa organizzata e responsabilità universale” in cui afferma che al male si può
attribuire un giudizio morale solo se è riconosciuto come tale dalla coscienza individuale: “la colpa
implica la consapevolezza della colpa”. Tale meditazione è intrecciata con quella di Jaspers, il quale
in “La questione della colpa”si pone il problema delle responsabilità individuali e collettive, in
merito ai crimini contro l’umanità compiuti dai nazisti. Egli distingue quattro tipi di colpa:
criminale,morale, politica e metafisica.
Su un altro versante si pone la riflessione di Emmanuel Lèvinas (1905 – 1995) per il quale è
senz’altro limitativo parlare di etica della responsabilità, ma si deve alludere ad un’etica come
responsabilità, in quanto non vi può essere etica che non sia risposta alla richiesta dell’altro:
l’essere responsabile verso altri è quindi l’etica stessa “il nostro rapporto con il mondo, prima
ancora di essere un rapporto con le cose è un rapporto con l’altro”
Ognuno di noi è responsabile di quello che fa e di ciò che è; ognuno da solo è responsabile anche
per gli altri. Se ciascuno non perviene a sentire come proprio il dolore dell’altro, non vi sarà mai
un’autentica solidarietà tra gli uomini e senza la solidarietà non vi potrà essere un senso collettivo
della responsabilità.
Riferimenti bibliografici essenziali:
- Apel Karl Otto, Il problema della fondazione di un’etica della responsabilità nell’età della
scienza
- Apel Karl Otto, Comunità e comunicazione
- Apel Karl Otto, Etica della comunicazione
- Arendt Hannah, Le origini del totalitarismo, 1951
- Arendt Hannah, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, 1963
- Jasper Karl, La questione della colpa, Cortina, Milano 2000
- Jonas Hans, Il principio responsabilità, Einaudi, Torino, 1990, p. 29
- Lévinas Emmanuel, Totalità e infinito, 1961, trad. it. Jaca Book, Mi, 1980
- Lévinas Emmanuel, La traccia dell’altro, 1967, trad. it. 1970
- Lévinas Emmanuel, Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, 1974
- Natoli Salvatore, Parole della filosofia, Feltrinelli, Mi, pp. 137/140
- Weber Max, La politica come professione (1919), in Volontà Paolo (a cura di), L’etica della
responsabilità, La Nuova Italia, Firenze, 2000 pp. 108 e 112/113
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