La Costituzione Italiana delle Scuole Statali Noi tutti, insegnanti e

annuncio pubblicitario
La Costituzione Italiana delle Scuole Statali
Noi tutti,
insegnanti e personale delle scuole, lavoratori e cittadini del popolo d’Italia “Repubblica democratica,
fondata sul lavoro”
Art. 1
intendiamo esercitare pienamente la nostra sovranità a tutela della democrazia e del lavoro in Italia.
Art. 2
Pertanto mai accetteremo che passi alcun provvedimento di legge che svilisca “i diritti inviolabili
dell’uomo”, sia come singolo cittadino, studente o lavoratore, anche precario e disoccupato, ma
comunque dotato di pieni diritti, sia nelle scuole statali, perché le scuole statali sono tra le prime e più
importanti “formazioni sociali” ove l’uomo “svolge la sua personalità”. Anzi, ricordiamo che proprio grazie
alle scuole lo Stato stesso dà pieno adempimento ai suoi “doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”.
Art. 3
Non accetteremo che passi la legge 953 perché con i suoi provvedimenti dissolve una scuola aperta a tutti
i cittadini con pari dignità sociale e in eguaglianza davanti alla legge, ma crea singoli istituti con
insegnamenti diversi proprio a seconda “del sesso, della razza, della lingua” o dialetto, “della religione, delle
opinioni politiche, delle condizioni personali e sociali” degli studenti iscritti e delle loro famiglie, dei loro
insegnanti, dei loro dirigenti scolastici, degli enti e dei privati che vi intervengono. Non accetteremo che
passi la legge 953 perché con essa lo Stato accetta e crea “gli ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
impedendone l’istruzione paritaria nelle libere e democratiche scuole statali.
Art. 4
Non accetteremo che passino gli articoli della Legge di Stabilità riguardanti la scuola perché i
provvedimenti in essa contenuti creano un pericolosissimo vulnus alla legislazione sul lavoro e mettono a
rischio qualunque categoria di lavoratori dipendenti: ledono il diritto al lavoro del personale della scuola
tutto e creano le condizioni per cui, dopo lo Stato, qualunque datore di lavoro potrà impunemente assumere,
licenziare, stabilire stipendi e orari dei suoi dipendenti in deroga ad ogni normativa in materia. Gli articoli
della Legge di Stabilità riguardanti la scuola caricano gli insegnanti di un orario e di un impegno assurdi,
eccessivi e controproducenti. Lo stress, che ne deriva, impedirebbe loro di “svolgere, secondo le proprie
possibilità”, il lavoro che si sono scelti e che sono chiamati ad onorare; comprometterebbe la qualità
dell’attività e della funzione docente e “il progresso materiale e spirituale” degli studenti ad essi affidati.
Art. 5
Non accetteremo che passi la legge 953 perché con questa legge la Repubblica Italiana cessa di essere “una
e indivisibile” ed anziché “promuovere lo sviluppo delle autonomie locali”, in nome di un troppo ampio
decentramento amministrativo e culturale, lo Stato svincola le scuole da un’amministrazione e da un
insegnamento paritario e allo stesso tempo rinuncia a “promuovere lo sviluppo” dei singoli territori e
dei loro abitanti creando di fatto scuole di diversa categoria a seconda del diverso territorio – più o meno
sviluppato, ricco, o centrale, abitato da persone più o meno istruite, più o meno rispettose della legge
nazionale, più o meno inserite nel tessuto statale – in cui le scuole stesse sono istituite. Inoltre la legge 953
rende il personale delle scuole tutto, dipendente dalle Regioni anziché dallo Stato, con un grave vulnus allo
status dei lavoratori che al momento dell’assunzione avevano firmato per un contratto statale, unico e valido
su tutto il territorio nazionale. Questo, poi, proprio nel momento in cui le Regioni dimostrano maggiormente
la loro crisi ed in cui i legislatori stanno rivedendo gli ambiti di competenza delle stesse. Infine
l’applicazione della legge 953 renderebbe immediatamente non valido sul territorio nazionale il titolo di
studio acquisito dagli studenti già a partire dal prossimo anno scolastico.
Art. 6
L’indizione del concorso a cattedre per gli insegnanti prima che sia esaurita la graduatoria ad
esaurimento crea minoranze all’interno delle minoranze. Ricostituisce infatti un doppio canale di
assunzione che metterebbe di fatto nuovi precari contro i vecchi.
La riduzione della possibilità di servirsi della legge 104 attraverso una decurtazione dello stipendio per i
lavoratori con a carico familiari gravemente malati mette a rischio un’altra minoranza da tutelare. Se si
1
vogliono prendere provvedimenti contro singoli imbroglioni e fannulloni, si perseguano i singoli, e non
l’intera categoria.
I provvedimenti contro i docenti inidonei si scagliano contro la minoranza da tutelare dei docenti ammalati.
Tali docenti spesso si sono ammalati proprio per cause di servizio, cause che però la legislazione italiana non
riconosce loro: sono perciò una categoria di lavoratori doppiamente deboli e da tutelare. Invece i nuovi
provvedimenti, già approvati e divenuti ormai norma di legge, declassano i docenti inidonei costringendoli
ad accettare un lavoro di segreteria amministrativa di ruolo inferiore e di genere diverso da quello per cui
sono stati assunti; li costringono ad accettare un lavoro per il quale non sono preparati, del quale nulla sanno
e che – per il diverso servizio pregresso e per la loro malattia inabilitante – non sono in grado di svolgere; li
costringono ad imparare un nuovo lavoro quando proprio a causa della loro malattia sono più fragili e
dovrebbero essere maggiormente tutelati.
Art. 7
Gli stessi provvedimenti contro i docenti inidonei mettono in grave difficoltà i lavoratori A.T.A.
effettivamente assunti per svolgere il lavoro di segreteria, amministrazione e cura degli Istituti Scolastici.
Mettono in difficoltà gli A.T.A. in primo luogo perché, invece di provvedere a svolgere il proprio lavoro,
essi devono controllare che i nuovi “colleghi” svolgano correttamente il loro: ciò non può non creare
ulteriore disagio, stress, fatica e difficoltà. Mette pertanto i lavoratori A.T.A. nell’impossibilità di curare a
dovere l’amministrazione delle scuole. In secondo luogo, ma non secondariamente, tali provvedimenti
creano ulteriore precariato e disoccupazione tra gli A.T.A. stessi. Tutto ciò, per di più senza risparmio per lo
Stato, perché il lavoro mal fatto (dai docenti declassati, in questo caso) non può creare guadagno: si lasci
ciascuna categoria di lavoratori nel proprio ruolo, senza creare commistioni prive di senso.
Art. 8
Ricordiamo qui che gli insegnanti di religione benché pagati dallo Stato, sono selezionati, assunti, trasferiti
e licenziati con modalità diverse da quelle di tutti gli altri insegnanti. Riapriamo la questione
dell’insegnamento dell’ora di religione ponendola in termini di costituzionalità. Contestiamo duramente che
nella legge di stabilità si taglino i fondi alle scuole statali e li si attribuiscano invece alle scuole private.
Art. 9
Le scuole statali, da noi riconosciute come uno dei più importanti patrimoni storico-culturali del territorio
italiano, non solo non si sentono tutelate dalla Repubblica Italiana che le ha istituite, ma si sentono
addirittura danneggiate nel loro compito di “promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica”.
Art. 10
I docenti ed i lavoratori tutti delle scuole sentono di non essere trattati in maniera conforme al diritto
internazionale europeo. I loro stipendi sono di gran lunga inferiori a quelli dei colleghi europei mentre lo
stesso non si può dire dell’orario di lavoro, che è analogo, se non superiore. Ai docenti italiani – a differenza
di quelli europei – non viene riconosciuto il lavoro svolto al di fuori delle aule scolastiche. Essi non hanno
uffici né mense per poter continuare la loro attività nel pomeriggio. Inoltre gli edifici scolastici, cioè i nostri
luoghi di lavoro, a differenza di quelli europei, di solito non sono né dignitosi né attrezzati né idonei, ma
spesso cadenti e perfino non a norma: mettono pertanto a rischio la vita stessa del personale e degli studenti
che vi si recano ogni giorno.
Art. 11
Consideriamo tutti questi provvedimenti di legge e tutti gli altri che colpiscono la scuola statale, un grave
attacco alla Costituzione Italiana, all’unità indivisibile della Repubblica, ai suoi lavoratori, ai suoi
cittadini, ai suoi residenti stranieri o richiedenti asilo, a tutte le sue minoranze, al suo patrimonio
culturale. Chiediamo, come atto di pace, il ritiro di tutti i provvedimenti contro la scuola statale,
pubblica e egualitaria. Noi scuole ci costituiamo in coordinamento nazionale a difesa e a tutela dei
diritti di tutti i soggetti in elenco.
Art.12
Gli articoli di questa “Costituzione Italiana delle Scuole Statali” sono la nostra bandiera ed il nostro punto di
riferimento nella lotta, una lotta pacifica e nei termini riconosciuti dalla legge grazie al diritto di sciopero e di
protesta. Non smetteremo di combattere politicamente fino a quando non vedremo ripristinata la legalità
costituzionale con il ritiro di tutti i provvedimenti di legge in oggetto.
2
Scarica