CAMPOSCUOLA ACR 2012 “IL LIBRO DI GIONA” INTRODUZIONE PER L’EDUCATORE: Giona è l’unico profeta antico con cui Gesù identifica se stesso in modo drammatico nel Nuovo Testamento e al quale si riferisce esplicitamente per nome. Questa è un’indicazione chiara dell’importanza del libro di Giona. Quando, però, lo prendiamo in mano, coscienti della sua importanza, ci troviamo un po’ sconcertati, perchè il cosiddetto “libro” di Giona è in realtà un testo lungo solo poche pagine e Giona, il profeta, è un profeta di poco più di una frase. Più sorprendente è che Giona è un noneroe. Addirittura è una specie di anti-eroe. Solitamente pensiamo ai profeti come a uomini di carattere. Ma in questo caso tutto quello che possiamo dire è che il protagonista e le sue vicende sono grotteschi, incredibili, bizzarri e senza precedenti. Apparentemente la storia sembra abbastanza semplice, e di fatto l’insieme dell’opera consta di non più di 48 versetti. Eppure, per secoli, attorno a questo piccolo libro, come attorno alla nave sballottata di Giona, si sono scatenate le grandi onde di tempestose controversie. Correnti di pensiero profondamente diverse hanno assediato l’opera con interrogativi riguardanti la data di composizione, l’autore e il genere letterario, la sua tematica e lo scopo. Ma finora, e forse non c’è da stupirsi, si è raggiunto poco o nessun consenso. Gli esegeti hanno ormai accertato che nè i fatti narrati, nè l’autore sono storici; questo però nulla toglie alla verità e alla perenne veridicità del messaggio trasmesso (è, come tutta la Bibbia parola scritta da uomini ispirati da Dio!). Il libro di Giona è una parabola, un racconto didattico provocatorio, destinato a coinvolgere il lettore, ricco di colpi di scena, di elementi inverosimili, di ironia e di senso del ridicolo, scritto per spingere la comunità post-esilica a uscire dalla rigida separazione dagli altri popoli in cui si era chiusa in attesa del giudizio di Dio per tutti quelli che non professavano la fede di Israele. GIONA,UN LIBRO DELLA BIBBIA TRA I PIU’ BREVI E AFFASCINANTI 1 Sembra un libro scritto da un’umorista: breve, fine, piacevole, divertente, si direbbe “fuori posto” nella Bibbia, che ha un tono più solenne, sacro, religioso. Ha per protagonista uno strano profeta, Giona, che diventa simbolo di un popolo, quello di Israele, che si chiude in se stesso, con una mentalità gretta, individualista, in contrasto con quella di Dio. Non sembra, ma è Parola di Dio, che va proclamata, annunciata, testimoniata: parola di un Dio creatore e salvatore, dal cuore ricco di misericordia, buono e comprensivo, un Dio universale, che ha per confini del suo cuore l’infinito, senza esclusione di persone. Giona non è un eroe e neppure un santo: è un profeta, suo malgrado, che pare convertito a Dio ma non all’uomo. La storia inizia con una disobbedienza. Dio vuole mandare Giona a Ninive, la mitica città del peccato, ad annunciare che sarebbe stata distrutta. E’ una città pagana e Giona non ha alcuna intenzione di andarci, anzi, prende la direzione opposta: verso Tarsis. Ma si può scappare così facilmente a Dio? Giona si imbarca su una nave, ma incappa in una tempesta, provocata da Dio stesso, Signore dei cieli e della terra. I marinai si agitano, si danno da fare, mentre Giona dorme sonni tranquilli. Tirano a sorte per sapere chi sia il colpevole di questo mare mosso, che si ingrossa sempre più pericolosamente. La sorte cade su Giona: “Gettatemi in mare!” dice il profeta “e il mare si calmerà!”. I marinai tentano di tutto prima di dar retta a Giona: seguendo la legge del mare, lo vogliono salvare. Fatica sprecata: il mare si calmerà solo dopo che Giona sarà stato gettato in acqua. Dio, tuttavia, non permette che Giona muoia: verrà inghiottito da una balena, nel cui ventre “soggiornerà” per tre giorni e tre notti. Giona approfitta di questa sua forzata permanenza per pregare un salmo. Dio ascolta la sua preghiera e Giona viene vomitato dalla balena dalle parti di Giaffa, lo stesso punto da cui era partito. Missione fallita? No, il film, cioè la storia, continua. Di nuovo, Dio si rivolge a Giona perchè vada a Ninive. Questa volta Giona non si rifiuta: predica, annunicia, minaccia e Ninive si converte, si veste a penitenza, nella speranza che Dio la salvi. Per Giona è incredibile. Dio sospende la minaccia! Ninive è salva! Invece di essere contento, Giona va in tilt. Si deprime, si sdegna: non erano questi i patti! Lui si aspettava di assistere alla distruzione di Ninive, pari a quella di Sodoma e Gomorra! Arrabbiato, si rifugia fuori dalla città. Il caldo è bestiale! Dio, in modo meraviglioso, gli fa crescere accanto una pianta di ricino, che lo ripari dal solleone. Ma di notte un verme aggredisce la pianta, che muore. Giona ne soffre e desidera morire perchè la vita non ha più senso per lui. Dio gli rivolge allora una domanda, alla quale il profeta non risponde: “Te la prendi tanto per una pianta che non hai piantato e non hai cuore per i centomila abitanti di Ninive, uomini, bambini e animali?”. Schema dell’intreccio narrativo: 1. Situazione iniziale = cornice spazio temporale con presentazione dei protagonisti 2 2. Complicazione = insorgere di una difficoltà che drammatizza il racconto introducendo una tensione narrativa 3. Azione trasformatrice = intervento che si oppone all’ostacolo 4. Soluzione = descrive gli effetti conseguiti dall’azione trasformatrice 5. Situazione finale = descrive il punto di arrivo, positivo o negativo. PRIMA TAPPA: ASCOLTO Dio mi chi-ama BRANO: “Mi fu rivolta la parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni».Risposi: «Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane, ma va' da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e il Signore mi disse: «Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca. Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare».” (Geremia 1,4-10) OBIETTIVO: conoscere meglio la figura del profeta in generale; in secondo luogo, contestualizzare il libro di Giona, spiegare che è un libro scritto per aprirsi agli altri. Descrizione di Ninive. Spiegazione obiettivo: Il profeta è sempre un uomo scelto da Dio perché parli al popolo. I termini sia ebraico che greco indicano uno "che parla al nome di...", ed il profeta parla a nome di Dio. La vocazione del profeta è una vocazione terribile: deve stare in questa posizione di equilibrio tra Dio ed il popolo. Sta dalla parte di Dio per manifestarne la Parola, ma anche dalla parte del popolo per difendere il popolo stesso. La vocazione profetica è temeraria e di fatti la fine del profeta è sempre la persecuzione, l'odio. Nello stesso tempo, però, il profeta che è rifiutato si trova in un rapporto spesso di disagio con Dio, perché a Dio non va mai bene del tutto quello che fa il profeta. Per cui il profeta è uno che non è amato dal popolo al quale è mandato per un annuncio. In due testi di commenti rabbinici al libro di Giona si dice che ci furono tre profeti: · · · Mosè, che difese l'onore del padre Dio e l'onore del figlio Israele; Elia, che difese l'onore di Dio, piuttosto che quello di Israele; Giona che difese l'onore di Israele e non quello di Dio. 3 Chi erano i profeti? Coloro che ASCOLTANO la voce di Dio, coloro che PARLANO in nome di Dio e ANNUNCIANO. Cosa sappiamo dei profeti?Il libro di Giona appartiene al gruppo dei dodici profeti minori. L’epoca di composizione è incerta, probabilmente tra la fine del V sec. a.C. e l’inizio del IV, anche se recentemente alcuni studiosi tendono a situarla verso il VI secolo. Ma quali sono i profeti minori? A voi la risposta nei vostri gruppi di ragazzi! ;-) In secondo luogo approfondiremo in questo incontro lo scopo del libro di Giona. E’ un invito del Signore a tutti noi, ed in particolare al popolo di Israele, ad aprirci all’altro, a non considerarci migliori, perchè la salvezza è per tutti, anche per Ninive, la “città della perdizione”. Possiamo con i ragazzi provare a descrivere la situazione di Ninive all’epoca della scrittura del libro, per capire meglio in seguito il comportamento di Dio nei confronti dei niniviti. APPROFONDIMENTO: LA CITTA’ DI NINIVE Ninive,situata sul fiume Tigri, divenne capitale dell'Assiria sotto il re Senna-cherib (704 681 a.C.). Fondata da Nimrod, fu distrutta nel 612 a.C. da medi e caldei, che posero fine al grande regno assiro. Gli assiri erano un popolo feroce e il loro esercito era famoso per la sua crudeltà. Quando conquistavano un territorio, ne deportavano l’intera popolazione rimpiazzandola con un’altra. Ninive era quindi l’emblema della crudeltà e dell’oppressione. Per Israele è il nemico per antonomasia; gli assiri infatti distrussero il regno di Israele del Nord e la sua capitale Samaria nel 721 a.C., per essere poi soppiantati dai babilonesi. Per gli ebrei perciò Ninive rappresenta la guerra, una disumanità senza limiti e la peggior forma di paganesimo. SECONDA TAPPA: CHIAMATA Anche noi facciamo fatica a... 4 BRANO: “La parola del Signore fu rivolta a Giona, figlio di Amittai. Gli disse: <Su, va’ nella grande città di Ninive e proclama contro di essa che la loro malvagità è salita fino a me!>.” OBIETTIVO: comprendere che siamo chiamati da Qualcuno e a qualcosa di grande, che ci chiede di uscire da noi stessi, dalle nostre comodità, dal ragionare in base al “mi piace-non mi piace, ne ho voglia-non ne ho voglia”. Spiegazione obiettivo: Anche noi siamo chiamati e che fatica portare a termine i propri incarichi, quasi quasi è meglio far finta di non avere sentito, non provarci nemmeno. Quante volte anche noi fatichiamo a fare quello che Dio ci chiede! Ma Dio ci chiama, chiama te, ragazzo ed educatore, ogni giorno e un giorno per tutta la vita. La chiamata è personale: Dio chiama non un Giona qualsiasi, ma “Giona figlio di Amittai”, cioè proprio me, che sono identificato dal mio nome: non è affatto equivocabile! E in più, Dio mi cerca in tutti i modi possibili: è vero che la chiamata c’è una sola volta nella vita, ma la risposta non è una sola, bensì è da dare ogni giorno. C’è una chiamata diretta da parte da Dio: è vero che Egli si manifesta anche nelle persone e nelle situazioni, ma non va dimenticato che per ognuno di noi c’è una chiamata, c’è un Dio che parla proprio al mio cuore, nel silenzio, e che ha bisogno di me. La Parola di Dio cade su Giona: è un evento che sconvolge la sua vita, disturba la sua tranquillità. E’ una parola non solo inaspettata, ma indesiderata. Probabilmente egli se ne stava quieto a casa sua, pensando ai propri affari, quando percepì che il Signore gli comandava di alzarsi e andare proprio a Ninive, dove mai spontaneamente si sarebbe recato, essendo quella la “grande città”, simbolo della corruzione e dell’idolatria e, inoltre, in quanto capitale dell’impero assiro, sede del nemico più spietato degli ebrei. Quante volte il Signore manda proprio dove non si vorrebbe! TERZA TAPPA: RIFIUTO Dio mi chi-ama e ci ripenso IL RIFIUTO DI GIONA (mattino) 5 BRANO: “Giona partì, ma per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore: Scese a Giaffa e, trovata una nave che partiva per Tarsis, pagò la sua quota e vi salì per andare con loro a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore. Il Signore lanciò allora un forte vento sul mare e si levò una grande tempesta, cosicchè la nave minacciava di sfasciarsi. I marinai, spaventati, si misero a gridare ciascuno al suo dio e lanciarono in mare gli oggetti che erano sulla nave per alleggerirla. Giona invece era sceso nelle parti più appartate della nave e, adagiatosi, dormiva profondamente. OBIETTIVO 1 (mattina): riflettere sulle situazioni in cui tendiamo a scappare di fronte alla chiamate e alle nostre responsabilità. Pensare a cosa ci allontana da Dio, dal portare avanti la nostra chiamata, quali paure, legate al giudizio degli altri e al non voler rinunciare a nulla della nostra vita. Spiegazione obiettivo: Noi possiamo fuggire da Dio, ma il Suo bussare alla nostra porta non cesserà mai. Lui ci vuole bene a tal punto da continuare a cercarci anche quando sbagliamo o vogliamo fare di testa nostra! Giona, dunque, si ritrova, suo malgrado, investito di una terribile missione: andare a Ninive per invitare gli abitanti di quella città alla conversione poichè l’ira del Signore incombe su di loro. Chi poteva avere il coraggio di denunciare i peccati di quella gente malvagia? Questa parola di Dio è un ruggito di leone: chiede a Giona di andare a Ninive e, andare a Ninive in quel momento è come chiedere a qualcuno di andare a Berlino nel 1938, per predicare che il male del regime nazista ormai Dio lo conosce. Pensateci bene: chi l'avrebbe fatto? Giona si sente gravato da un incarico impossibile e, secondo il suo modo di vedere, anche ingiusto: se sono i nemici di Israele, perchè il Signore si cura di loro? Piuttosto bisognerebbe distruggerli. Giona non è d’accordo con il Signore, non condivide il suo progetto. Perciò, seguendo il suo impulso, decide di non andare affatto a predicare a Ninive. Tante volte anche noi non ci troviamo d’accordo con il Signore per il suo modo di agire, per la sua magnanimità verso chi, a nostro giudizio, meriterebbe castighi. Perchè espone al pericolo la vita di tanti innocenti e permette agli empi di prosperare? Perchè non mette fine alla malvagità del mondo, eliminando quelli che sono causa di tante sofferenze per tutti? Noi ci allontaniamo dal Signore quando, invece di trasformare in preghiera questi “perchè” che sgorgano dal nostro cuore turbato, giudichiamo Dio e ci chiudiamo alla fede, orgogliosamente certi, come Giona, di essere dalla parte della ragione. Ma il Signore, l’Emmanuele, il Dio-con-noi, è sempre vicino; anche se noi scappiamo e andiamo lontano, egli rimane sempre con noi e trova sempre la via per farsi incontrare, per riportarci vicini a lui. Di che genere è il sonno di Giona? Dorme profondamente, come per tranquillizzarsi, per non pensare, per dimenticare quello che è avvenuto. Abbiamo mai conosciuto questo tipo di sonno profondo? Non siamo mai stati tentati di non curarci di nulla e di fuggire in una specie di oblio della realtà? Giona non gode certo di quella pace che nasce 6 dall’abbandono fiducioso nelle mani del Padre. Egli, anzi, è ben consapevole della colpa che ha commesso trasgredendo la volontà del Signore, sa bene che la tempesta si è scatenata contro di lui e, nella sua tristezza, si addormenta. Egli è figura dell’uomo che, andando contro al disegno di Dio su di lui, si allontana sempre di più dalla via della vita e si trova poi in mezzo a una tempesta di sciagure che, provvidenzialmente, lo costringono a riflettere. Le domande che i marinai pongono a Giona sono semplici, chiare, fondamentali: impossibile sfuggire. Poniamole a noi stessi: Chi sono? qual è la mia vocazione, la mia missione? A che cosa sono stato chiamato? E’ davvero un mistero la tentazione dell’uomo di fuggire lontano da Dio, pur sapendo che non lo può fare, poichè Dio gli sarà sempre accanto! E’ la verità che fa libero l’uomo: Giona si senterà davvero libero solo quando si fermerà, nella balena, a contemplare la verità di se stesso, senza giudicare Dio, senza dargli colpe. APPROFONDIMENTO: LA TEMPESTA Il fatto che Dio, in risposta alla disobbedienza di Giona, scateni la tempesta va letto tenendo in considerazione l’Antico Testamento, di cui il libro di Giona fa parte. Al tempo si credeva infatti che qualsiasi tipo di disastro naturale o sciagura capitata all’uomo fosse conseguenza di un peccato di quell’uomo. L’autore del libro di Giona immagina, dunque, come conseguenza al rifiuto di Dio da parte di Giona, una punizione da parte di Dio stesso al Giona peccatore. Sarà poi Gesù, nel Nuovo Testamento, ad aiutarci a rileggere Dio non come padrone, ma come Padre. Ma noi, che leggiamo di questa tempesta, dobbiamo dedurre quindi che Dio non sia così buono come ci insegnano a catechismo? Dobbiamo pensare che ad ogni nostra disobbedienza corrisponda una punizione da parte sua? No, anche un evento tragico come quella terribile tempesta fa parte di un disegno d’amore: è una circostanza di cui Dio si serve per far crescere Giona, per farlo andare oltre se stesso. Forse poi quella tempesta ci sarebbe stata in ogni caso, al di là di Giona...Non fermiamoci al testo apparentemente duro, ma cerchiamo di vedere nella sfortuna di Giona la mano di Dio sempre presente. In fondo ognuno di noi avrà provato sulla sua pelle nel corso della vita che “la sfortuna fa riflettere”, fa maturare, fa andare oltre la nostra limitatezza umana, fa sbocciare, dalla presa di conoscenza di una fragilità, una forza nuova. Ma attenzione: le sfortune, le disavventure, fino ad arrivare alle tragedie non sono tutto volontà di Dio! L’unica cosa che Dio vuole da noi in quelle circostanze è che proviamo a viverle nell’ottica dell’Amore. La storia di Giona ci aiuta molto: la nostra vita è INEVITABILMENTE fatta anche di momenti difficili con cui dobbiamo confrontarci! E Dio è un perfetto Tom Tom: quando noi cambiamo strada Lui “ricalcola il percorso”, ci richiama! La tempesta è la strada giusta per Giona, che il Padre indica al figlio smarrito: è una tappa che serve a tirare fuori il bene che è in lui. Dio ha a cuore Giona ed ha un grande progetto su di lui, cioè riportare Ninive sulla retta via. IL RIFIUTO DEI MARINAI (pomeriggio) BRANO 2: “Il capo della ciurma, avvicinatosi a lui, gli disse:< Perchè dormi? Alzati, invoca il tuo Dio, se mai Dio si prenda cura di noi e non abbiamo a morire!>. Intanto si 7 dicevano l’un l’altro: <Venite, gettiamo le sorti per conoscere a causa di chi ci è venuta questa disgrazia!>. Gettarono le sorti e la sorte cadde su Giona. Allora gli domandarono: <Svelaci qual è la tua destinazione e da dove vieni; qual è il tuo paese e qual è il tuo popolo>. Rispose loro: <Io sono un ebreo e temo il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra!>. Quegli uomini ebbero un gran timore e gli domandarono: <Che hai fatto?>. Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dalla presenza del Signore, come aveva svelato loro. Gli domandarono: <Che dobbiamo fare affinchè il mare si calmi sopra di noi?>. Il mare diventava infatti sempre più furioso. Rispose loro: <Prendetemi e gettatemi in mare. Così il mare si calmerà sopra di voi! Riconosco infatti che per causa mia è venuta su di voi questa grande tempesta!>. Essi tentarono di ritonare a terra, ma invano, perchè il mare diventava sempre più furioso sopra di loro. Allora invocarono il Signore e dissero: <Deh, signore! Che non abbiamo a perire noi a causa di quest’uomo e non far ricadere su di noi sangue innocente! Tu infatti, o Signore, hai agito secondo il tuo beneplacito!>. Poi presero Giona e lo gettarono in mare; allora il mare si calmò dal suo sdegno. (..)Il Signore dispose che un grosso pesce divorasse Giona.” OBIETTIVO 2 (pomeriggio): riflettere su quante volte noi, come i marinai, cerchiamo di scaricare la colpa sugli altri, senza prenderci le nostre responsabilità, o semplicemente perchè non accettiamo il fatto che non sempre si riesca trovare un colpevole (finchè non si trova di chi è la colpa non stiamo bene!). Vedere e provare con mano che il rifiuto è CONTAGIOSO. Spiegazione obiettivo: E’ brutto a dirsi, ma per i marinai Giona è un “porta iella”, è colui che la sorte indica come il responsabile dei loro guai. I marinai non vogliono responsabilità, si lavano le mani, cercano qualcuno su cui gettare la colpa. Sì, è vero, provano a rimediare la situazione alleggerendosi degli oggetti superflui sulla nave. Ma invece che proseguire imperterriti sulla strada dell’impegno per salvarsi, si “abbandonano” alla strada più facile, cioè quella dello scaricare il peso della sventura..Per sentirsi più liberi, pensano loro, ma in realtà rifiutare Giona, rifiutare l’uomo, non è di certo la via per trovare pace nella tribolazione. I marinai sono l’immagine della mediocrità umana: non riescono a riconoscere la dignità della persona di Giona. Se rifiuto Dio (come fa Giona) rifiuto l’uomo e, viceversa, se rifiuto l’uomo (i marinai che rifiutano Giona) rifiuto anche Dio. QUARTA TAPPA: PREGHIERA Dio mi chiama e io lo cerco nella preghiera 8 BRANO: ””Così Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Allora Giona levò la preghiera al Signore suo Dio dal ventre del pesce e disse: <Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce. Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me. Io dicevo: Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio. Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l'abisso mi ha avvolto, l'alga si è avvinta al mio capo. Sono sceso alle radici dei monti, la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore mio Dio. Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora. Quelli che onorano vane nullità abbandonano il loro amore. Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio e adempirò il voto che ho fatto; la salvezza viene dal Signore>. Allora il Signore ordinò al pesce di vomitare Giona sulla spiaggia.” OBIETTIVO: ri-scoprire la bellezza della preghiera come dialogo con Dio, dove metto a nudo i miei sentimenti, li offro a Lui, sia per trovare conforto certo nelle difficoltà che per condividere con Lui le gioie. Vedere l’importanza del silenzio, prima e durante la preghiera. Spiegazione obiettivo: La preghiera è il momento in cui comprendiamo i disegni di Dio, ci sono più chari; conosciamo meglio Dio, anzi lo riconosciamo presente nella 9 nostra vita e ci sentiamo amati da lui, salvati. La preghiera come strumento per superare le nostre paure. Nella sua fuga Giona non solo si allontana da Ninive, e quindi da Dio, ma cerca di isolarsi dai suoi simili: sulla nave, mentre già infuria la tempesta, dorme rinchiuso nella stiva, incurante della sorte della nave e dei marinai. Questo isolamento diventa assoluto nel ventre del pesce, trasformandosi in reclusione. Giona cerca di isolarsi per proteggersi, per non dover affrontare ciò che la vita gli presenta, ma quell’isolamento, da protezione diventa prigione e lo costringe a chiedere a Dio di liberarlo da quella situazione in cui si è cacciato con le sue stesse mani. Giona, inghiottito nel ventre della balena, da profeta ribelle diventa la più luminosa figura di Cristo nel suo mistero pasquale di passione, morte e risurrezione. Entrando nel mare, sembrava a Giona di essere perduto; paradossalmente proprio facendo l’esperienza della perdizione, della morte, della desolazione, della lontananza da Dio, egli viene da Dio recuperato, ripescato. Nella lontananza non più spavalda come quando fuggiva, ma bensì sofferta, si fa più struggente e sincero il desiderio di Dio. E’ la morte che porta alla risurrezione! Abbiamo mai sperimentato nella nostra vita che, proprio mentre volevamo fuggire lontano dal Signore, ci siamo incontrati ancora di più con lui, e senza via di scampo? Il Signore può sempre trasformare in occasione di salvezza e di bene anche i nostri sbagli, le nostre paure, le nostre fughe, le nostre stesse disobbedienze. La nostra ostinazione alla fine si infrange perchè il Signore non si arrende; anzi, ci insegue ed entra ancora più prepotentemente nella nostra vita per farci diventare strumenti atti a realizzare il suo disegno di amore per molti. La preghiera di Giona che l’autore inserisce è un mosaico di tanti versetti biblici tratti da salmi di lamentazione o da inni di ringraziamento (stessa cosa si può dire del Magnificat di Maria). La preghiera diventa lo sfogo di un’angoscia nascosta che nel manifestarsi si trasfigura in speranza. Tutto il problema della vita è dunque questo: uscire dalla propria solitudine per entrare in comunione con l’Altro e con gli altri. La preghiera vera (non il monologo) è parola dell’uomo e insieme parola di Dio; è grido e insieme silenzio; è domanda e già anche risposta. Il Signore non si scandalizza della nostra esasperazione: ci lascia gridare e piangere accoratamente. Ci permette, quasi ci autorizza, a “protestare” contro di lui: come in famiglia, è meglio una lite piuttosto che il mutismo, il quale deriva dall’orgoglio, dal non volere ammettere e mostrare la propria vulnerabilità e fragilità. Si tratta di un inconscio atteggiamento di difesa nei confronti della sofferenza. Ma Dio soffre con noi!E’ proprio l’incontro con lui a trasfigurare l’angoscia in com-passione, in sofferenza vissuta con Gesù per la salvezza di tutti. 10 QUINTA TAPPA: INVIO Dio mi ri-chiama BRANO: “ La parola del Signore fu rivolta a Giona per la seconda volta. Gli disse: <Su, va’ nella grande città di Ninive e annunziale il messaggio che io ti dico!>. Giona si mise in cammino per andare a Ninive secondo la parola del Signore. (..)Proclamò: <Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!>. I niniviti credettero a Dio e proclamarono un digiuno, vestendosi di sacco dai più grandi ai più piccoli. (..) Dio vide le loro azioni, cioè che si erano convertiti dalla loro cattiva condotta. Dio allora si pentì del male che aveva detto di far loro e non lo fece.“ OBIETTIVO: capire cosa è chiesto a noi da Dio,qual è la nostra missione nel nostro piccolo, nel quotidiano. Dio ci chiede di tradurre in parole umane le sue parole. Non siamo supereroi, ma possiamo fare tanto anche con poco! Se abbiamo una missione è perchè ce la possiamo fare. Vedere che nel compiere ciò che Dio ci chiama a fare dobbiamo fare attenzione a servire Lui e a non mettere noi stessi al centro di tutto. L’obiettivo è particolarmente interessante nell’ambito del pre e post cresima, cioè per tutti i ragazzi del campo (e ovviamente anche per gli educatori già cresimati da un po’!!). Si potrebbe proprio fare riferimento ai 7 doni dello Spirito Santo e al mandato. Spiegazione obiettivo: La fiducia va riposta nel Signore, occorre lasciarci guidare da lui. La risposta di Giona è un SI’, parte e va a Ninive, predica, fa quello che gli aveva comandato Dio,ma..non basta! Non serve a molto eseguire gli “ordini” di Dio senza essere animati dal suo amore. L’invio è paragonabile al gesto che compiamo ormai quotidianamente con la tastiera del computer: è un mandare a compimento, concretizzare le parole pensate, farle arrivare all’altro. Così nella vita l’invio è la tappa del campo che ci vuole far prendere consapevolezza della necessità di spingere quel tasto Invio, di concretizzare nella testimonianza di ogni giorno il nostro sì detto al Padre. E’ facile scrivere grandi discorsi sulla tastiera del pc,più difficile inviare, decidere che il mio interlocutore veda quello che ho scritto e pensato: allo stesso modo dobbiamo scontrarci con la difficoltà tra il dirci cristiani e l’esserlo ogni giorno. Siamo chiamati ad andare anche dove non pensiamo di doverci impegnare (ognuno ha la sua Ninive, dove non vuole portare Gesù) e il compito che ci è stato affidato va oltre noi stessi. 11 Giona si è finalmente deciso a fidarsi di Dio e a fare quello che lui gli chiede, ma quello di cui si fida è Dio come Giona immagina debba essere, come lui vuole che sia, non com’è realmente. Il Dio giusto in cui lui crede non può che essere un Dio che punisce chi merita il castigo. In realtà, Giona ha un compito bellissimo, annunciare la misericordia di Dio, ma non se ne accorge nemmeno, perché lui vuole altro, vuole il “pagamento” di tutto ciò che Israele ha sofferto a causa di Ninive; in realtà vuole vendetta. Mandato da Dio a invitare alla conversione, dovrebbe stare “dalla parte” dei niniviti, invece il suo cuore non è “con” ma “contro”. Per lui Ninive è il peccato e lui non si riconosce come appartenente al peccato. Ciò di cui non si accorge è che è lui il primo destinatario del messaggio di cui dovrebbe essere portatore. Ninive è lui stesso, mentre per lui è “altro”, è il nemico da odiare, e finisce per essere un esule da se stesso. Giona si sdegna perché Dio ha usato misericordia a Ninive e non capisce che la stessa misericordia Dio la sta usando con lui. Non accetta la “debolezza” di Dio che rifiuta di punire e pretende di sostituirsi a lui: qui ci vuole qualcuno forte… E tenta di manipolare Dio, di piegarlo alla sua volontà e alla sua idea di giustizia. Per lui, essere Dio significa ignorare emozioni e sentimenti, mettere da parte l’indulgenza e mettere un freno agli odiati abitanti di Ninive. Nella sua bontà Dio ha una fiducia illimitata nell’uomo, è sempre pronto a riaccogliere chi gli ha disobbedito, chi è venuto meno nella fedeltà alla propria vocazione; nello stesso tempo, però, egli non cede ai nostri capricci: rinnova la chiamata, non la cambia secondo il nostro gusto, non muta il suo disegno. Giona questa volta ascolta e obbedisce. E’ il segno di una conversione,ma, si vede poi, le sue disposizioni d’animo non sono molto migliorate:per lui Ninive è ancora la città del male e quelli che vi abitano sono dei peccatori. La sua è ancora una conversione a metà. La predicazione di Giona ha un effetto immediato e insperato: la parola del profeta, portavoce del richiamo di Dio, tocca il cuore dei niniviti, che si mettono in stato di penitenza. Giona dovrebbe essere contento: il profeta compie davvero la sua missione non quando si avverano le sventure che minaccia, ma quando per la sua predicazione la gente si ravvede e il castigo non è più necessario. Le minacce di Dio fatte per bocca del profeta non indicavano il desiderio di distruggere la città, ma erano l’ultimo rimedio, l’ultima medicina per quel popolo “malato”. SESTA TAPPA: AMORE DI DIO Dio mi ama sempre BRANO: “ Ma ciò dispiacque molto a Giona che si irritò. Egli pregò il Signore e disse:<Deh, Signore! (..)Prendi la mia vita, perchè è meglio per me morire che vivere!>. Il Signore rispose: 12 < E’ giusta la tua collera?>. (..)Il Signore procurò un ricino che crebbe al di sopra di Giona, perchè vi fosse ombra sopra la sua testa e fosse liberato dal suo male. (..)Al sorgere dell’aurora del giorno dopo Dio inviò un verme; esso rose il ricono che si seccò. (..)Cosicchè il sole dardeggiò sulla testa di Giona. Egli si sentì venir meno e chiese di morire dicendo:< E’ meglio per me morire che vivere!>. Dio disse a Giona: <E’ giusto che tu sia irritato per il ricino?>. Rispose:<Sì, è giusto che io mi irriti fino a morirne!>. Il Signore soggiunse: < Tu hai compassione del ricino, per il quale non hai faticato e che non hai fatto crescere.(..)E io non dovevo avere pietà della grande città di ninive, nella quale ci sono più di centoventimila esseri umani che non distinguono la destra dalla sinistra e tanto bestiame?>.” OBIETTIVO: comprendere che l’amore di Dio per noi è talmente grande da apparire come logica opposta alla nostra. Dio non condanna il “”doppiamente peccatore” Giona, fa di tutto per salvarlo e riportarlo sulla sua via. Anche a noi Dio è capace di dare sempre un’altra possibilità. Come Israele non è migliore di Ninive, così noi non siamo i migliori, ma i perdonati dalla benevolenza di Dio. NOTA BENE: questa tappa fa da filo conduttore per tutte le altre, cioè possiamo vedere in questa conclusione del campo come l’amore di Dio non sia mai venuto a meno nei confronti di Giona e di Ninive! Dio ama Giona quando lo chiama, quando Giona lo rifiuta, nella preghiera, nell’invio..SEMPRE! Spiegazione dell’obiettivo: In tutto quello che aveva fatto Giona mancava una cosa: abbandonarsi nell’amore di Dio. Ascoltare, annunciare..Va tutto bene solo se fatto con AMORE, con lo stesso amore di Dio, con la stessa logica di Dio che è amore. Dio ama tutti gli uomini: anche i niniviti, persone ignoranti che non sanno addirittura distinguere la destra dalla sinistra! “Io ho altre pecore che non sono di quest’ovile”: non siamo gli unici nè i più belli: siamo amati da Dio insieme a tanti, tra cui anche chi non sembra meritare il suo amore. Conversione vera e totale è abbracciare e non solo compiere la volontà di Dio, è amare ciò che egli comanda, secondo l’esempio di Gesù che ha potuto dire di sè: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. Ninive è il simbolo di tutto il peccato: se Dio perdona a Ninive, nessuno può aver peccato tanto da non ottenere il perdono di Dio, nessun peccato, per quanto grande, è escluso dalla misericordia di Dio. È il messaggio che Gesù verrà a portare: «In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno»[Mc 3,28-29]. E questo in fondo è proprio il peccato di Giona: il rifiuto dell’amore di Dio, il rifiuto di lasciare che l’amore di Dio agisca in lui e lo cambi. Giona, nel perdono dei niniviti, trova sconcertante il comportamento di Dio, perchè non è secondo il suo modo di giudicare. Ci sembra di sentire le sue proteste: “Io non avrei fatto così! Tu sei un Dio debole e perciò ti lasci impietosire, mentre per essere giusto 13 dovresti essere un Dio forte che compie ciò che dice!E’ questione di giustizia, altrimenti tutti approfitteranno della tua bontà e noi ne pagheremo le conseguenze..”.Questa reazione di Giona rivela un basso livello di maturità umana e spirituale: soltanto il popolo di Israele doveva essere perdonato, risparmiato, solo lui aveva diritto alla pazienza di Dio! Giona ci fa la figura di un falso profeta, perchè predica una distruzione che non avviene! Giona si rifugia, allora, fuori dalla città: pensa che forse la sua protesta farà riflettere il Signore e giustamente ninive sarà distrutta. Fallito il tentativo del dialogo, il Signore si propone il raggiungimento di Giona per altra via. Escogita una divina astuzia per fargli capire quello che non vuole capire, neppure dopo essere passato per dure prove e avere sperimentato con mano la fedeltà del Signore: fa crescere il ricino a riparo del profeta e il giorno dopo, però, fa entrare in scena il verme a rosicchiarlo. Il librosi conclude con un domanda che è, oltre che per Giona, per noi: sappiamo accettare la misericordia di Dio nei confronti dei peccatori?Dio con il suo immenso amore vuole salvare Giona e ognuno di noi: ci conosce in profondità, conosce i nostri desideri, le ferite, le debolezze, gli sforzi e i tesori in noi nascosti; per ciascuno di noi inventa una via per raggiungerlo, per fargli conoscere il suo amore e per far sbocciare l’amore. Con il ricino, carezza di Dio, Egli invita Giona a sollevare lo sguardo dal suo piccolo mondo circoscritto. Per quanto possa essere un grande albero, ricco di foglie e generoso di ombra, il ricino è pur sempre un solo albero, una sola delle infinite varietà di piante che potrebbero allo stesso modo dargli sollievo e frescura. È un invito ad ampliare il suo orizzonte, a non ridurre la sua vita solo a ciò che vede, a ciò che conosce, a ciò che capisce, a ciò che può toccare. Dio si prende cura dei vicini e dei lontani – ci dice questo libro - non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva, e la sua grande fatica è condurre anche il religioso e fondamentalista Giona - il profeta renitente - ad aprirsi ad un incontro nuovo con Dio che immediatamente implica un modo diverso di guardare gli altri, i lontani. E' il segno che conduce al discorso finale del racconto, discorso che si chiude con una domanda: il libro si chiude infatti non con una conclusione edificante ma con una domanda sospesa. Dio chiede a Giona di aprirsi ad accettare la sua misericordia e la pietà: la presenza di Dio nella grande città, non sta nella punizione e nel rifiuto, ma nella comunione ritrovata e nella pazienza dell'amore.Il viaggio di Giona non è concluso: anche in questa generazione forse Giona attende compagni che come lui si lascino provocare dalla Parola, e provocati dagli eventi della loro storia, si lascino coinvolgere nella passione di Dio perché „tutti siano salvi‟. 14 Ancora una volta Dio mette Giona di fronte alla verità della sua persona per indurlo a uscire dalla sua illusione di essere giusto e a riconoscersi bisognoso di compassione e misericordia proprio come i tanto odiati abitanti di Ninive. Il libro di Giona si conclude con una domanda, perché ora la prossima mossa tocca a Giona. Dio ha esercitato la sua libertà rivendicando il suo diritto di essere misericordioso e di donare gratuitamente; ora rispetta la libertà di Giona e attende che anche lui faccia la sua scelta. L’autore non ci dice come risponderà Giona, se rimarrà fermo sulle sue posizioni o se si lascerà vincere dall’amore di Dio: lascia indeterminata la risposta alla domanda di Dio, perché è la domanda rivolta a ciascuno, e ciascuno deve dare la sua risposta. 15