DUNI INFORMATICA AMMINISTRATIVA PARTE PRIMA 1. L’informatica pubblica: terminologie equivalenti — Nello studio delle relazioni esistenti fra il diritto e l’informatica da tempo si opera la distinzione tra diritto dell’informatica ed informatica del diritto, precisandosi che il primo considera il fenomeno dell’informatica “dall’esterno” e da questo punto di vista ne disciplina aspetti quali il diritto d’autore sui software oppure i reati commessi a mezzo dell’informatica; la seconda riguarda invece l’uso delle nuove tecnologie nelle attività giuridiche (1). In questo campo, evidentemente, rientrano l’informatica amministrativa (2) e l’amministrazione digitale. Si tratta di un gruppo organico di argomenti e problematiche nel quale l’informatica e la telematica possono svolgere un ruolo decisivo nell’ammodernamento del sistema, in quanto più complessa è la realtà maggiori sono i vantaggi. Basti pensare alla complessità del procedimento amministrativo: moltiplicando il numero delle amministrazioni coinvolte per il numero dei passaggi interni a ciascuna di esse otteniamo una quantità di interventi a volte impensabile. Se ogni passaggio importa dei tempi obbligati dalla fisicità delle carte, la dematerializzazione e la gestione telematica, azzerando il problema, creano per ogni pratica da gestire miglioramenti non riscontrabili in egual misura in altri campi delle attività giuridiche, utilizzando in esse le nuove tecnologie. È importante comunque che, così come già previsto dall’art. 15 l. 15 marzo 1997, n. 59, «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa», e nel d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa», pure il d. lg. 7 marzo 2005, n. 82, «Codice dell’amministrazione digitale» (mod. dal d. lg. 4 aprile 2006, n. 159) preveda espressamente l’applicazione delle norme sulla dematerializzazione anche nei rapporti privati (comma 3 dell’art. 2). L’espressione «amministrazione digitale» assurge ad importanza giuridica rilevante a seguito del titolo prescelto dal Governo nell’emanare il d. lg. n. 82, cit. Riunendo in una fonte coordinata le principali regole che spostano il riferimento giuridico formale dalla carta alla forma elettronica, si definisce il tutto come «amministrazione digitale», espressione che tende oggi a soppiantare quella di e-government (3), ove si includa in essa tutto quanto attiene alla gestione della cosa pubblica a mezzo delle tecnologie informatiche e telematiche o comunque con il loro ausilio. Il titolo del decreto legislativo sottolinea quindi la contrapposizione netta tra l’amministrazione (1) BORRUSO, DI GIORGI, MATTIOLI e RAGONA, L’informatica del diritto, Milano, 2004, XVII, 7, 295 ss.; BORRUSO, Informatica giuridica, in questa Enciclopedia, Aggiornamento, I, 641; MARONGIU D., L’attività amministrativa automatizzata, Rimini, 2005, 13 ss.; TADDEI ELMI, Filosofia del diritto e informatica giuridica, in Dalla giuritecnica all’informatica giuridica. Studi dedicati a V. Frosini a cura di D. LIMONE, Milano, 1995, 331, nonché, poi, ID., Corso di informatica giuridica, Napoli, 2003, 19 ss. e ID., Abilità informatiche per il diritto, Milano, 2006, 13 ss.; TARANTINO, Elementi di informatica giuridica, Milano, 1998, 28. Più ambigua è invece l’espressione «informatica giuridica», per altro ancora molto usata perché tradizionale. Borruso la ritiene comprensiva di tutti i rapporti tra diritto ed informatica; gli altri autori la ritengono invece equivalente all’informatica del diritto (per Borruso «informatica giuridica in senso stretto»). Gli equivoci terminologici cesserebbero di esistere riservando al termine il significato letterale che ricalca gli albori della nascita dell’espressione e corrispondente alla etimologia delle parole: informazione automatica nel diritto, ossia la creazione e l’utilizzazione informatica delle banche dati di interesse giuridico (informatica giuridica documentale). Sulla struttura ed utilizzazione delle banche dati giuridiche, cfr. TADDEI ELMI, Abilità informatiche, cit., 147 ss. Un ulteriore campo di ricerca, tuttavia ancora distante dalla realtà pratica, è quello dell’intelligenza artificiale applicata alle decisioni giuridiche: evoluzione che dovrebbe condurre a livelli molto avanzati l’automazione degli atti giuridici, di cui v. infra, § 13. (2) BORRUSO, DI GIORGI, MATTIOLI e RAGONA, op. cit., 9, e in particolare, DI GIORGI, L’informatica nell’attività della pubblica amministrazione, ivi, 251 ss. (3) Nel sito del Dipartimento delle tecnologie troviamo la seguente definizione dell’e-government: «L'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) per rendere la Pubblica Amministrazione sempre più veloce, efficiente e vicina al cittadino». Il 16 giugno 2001 fu approvato il programma «Piano d’azione per la società dell’informazione», il cui secondo punto è intitolato «egovernment». attuale, nella quale predomina ancora la documentazione cartacea, ed un nuovo modo di amministrare la cosa pubblica, che si basa sulla sostituzione della burocrazia cartacea con quella in forma elettronica (4). Non va trascurato poi che l’uso delle tecnologie informatiche e telematiche non ha conseguenze limitate alla mera “dematerializzazione” (5) degli atti, ma amplia le possibilità di azione amministrativa verso obbiettivi di nuovi servizi e di nuove modalità di esercizio della funzione pubblica, quali l’informazione e la comunicazione pubblica attraverso i siti web istituzionali, ovvero con strumenti efficaci quali la posta elettronica certificata. L’uso della telematica nell’azione amministrativa, del resto, non è più un principio limitato a leggi specifiche sulla informatizzazione, bensì un principio generale del nuovo diritto amministrativo, espresso nella stessa l. 7 agosto 1990, n. 241 (art. 3-bis, in generale, ed art. 14 comma 5-bis, per la conferenza di servizi informatica: disposizioni introdotte con la l. 11 febbraio 2005, n. 15). L’uso della telematica («tecnologie dell’informazione e della comunicazione») è obbiettivo primario della riforma, volto al miglioramento dell’azione amministrativa (art. 15 d. lg. n. 82, cit.). Va chiarito subito che parlare di amministrazione digitale pone l’accento sulla forma dell’attività ed in particolare degli atti. Espressioni quali «atto informatico» o «elettronico» portano in sé una certa ambiguità che solo il contesto della frase in cui è inserito può chiarire. Esiste infatti l’«atto ad elaborazione elettronica», che da anni è operativo nel nostro sistema giuridico; atto che, predisposto dal computer, viene stampato e firmato. Diverso è invece il concetto di «atto in forma elettronica», redatto nel computer con validità giuridica primaria: idea più semplice, ma tuttavia più rivoluzionaria per la riorganizzazione dell’intera attività amministrativa, in quanto la forma elettronica consente la gestione in rete di tutta l’attività amministrativa formale. L’atto ad elaborazione elettronica ben può avere valore nella forma elettronica; in tal caso le due caratteristiche, nella loro indiscutibile diversità, coesistono con un effetto di sinergia particolarmente efficace. L’atto ad elaborazione elettronica è il nucleo centrale dell’automazione della pubblica amministrazione, della quale si accenna più oltre (v. infra, § 13). (4) Il Consiglio di Stato (Cons. St., sez. consultiva per gli atti normativi, parere 7 febbraio 2005, n. 11995/04, sullo schema di decreto recante il codice dell’amministrazione digitale, § 12.1) ha fatto presente alcune incongruenze tra la terminologia scientifica e quella adoperata nel codice, indicando l’interessante esempio di «digitale» e «informatico», concetti che nel linguaggio tecnologico hanno le funzioni rispettive di genere e specie, e che invece nel codice sono intesi inversamente, il primo come specie del secondo. Sottolinea CAMMARATA, Firme elettroniche. Problemi normativi del documento informatico, Trento, 2005, 23 che il termine più corretto è «digitale» in quanto fa riferimento alla espressione inglese «digit», cifra, ed ai numeri di base del linguaggio informatico 0 e 1. La firma elettronica sarebbe più opportunamente definibile come «firma informatica». Motiva l’argomentazione osservando da un lato che l’elettronica riguarda una molteplicità di strumenti, tra i quali la radio, e, d’altro canto, che i dati informatici possono essere registrati su banda magnetica o su supporto ottico, che prescindono dagli elettroni. Tuttavia, poiché il linguaggio comune e legislativo non è basato su tali precisi abbinamenti tra terminologia e concetti, in questa sede «digitale», «informatico», «dematerializzato» ed «elettronico» saranno adoperati indifferentemente. Del resto, anche sul piano tecnico, la memorizzazione ottica e quella magnetica entrano in gioco in un sistema che ne prevede comunque, anche per la sola lettura, l’utilizzazione attraverso computers e quindi la loro gestione elettronica. A maggior ragione il momento elettronico è fondamentale nell’amministrazione digitale, che per l’aspetto più significativo è amministrazione telematica, basata cioè sulla trasmissione di dati che non può essere se non di tipo elettronico. La connessione della elettronica con gli aspetti dinamici della materia è sottolineata da CIACCI, La firma digitale, Milano, 2002, 111. (5) Era comune opinione che il documento in forma elettronica non è immateriale, ma di una materialità diversa, impercettibile direttamente dall’uomo: DUNI, Teleamministrazione, in Enc. giur., XXX, 1993; DI BENEDETTO e BELLANO, I linguaggi del processo, Milano, 2002, 134; ORLANDI, La paternità della scrittura, Milano, 1997, 97. Va tuttavia osservato che l’avvento della firma digitale, rendendo trasferibile ovunque il documento, duplicabile in un numero indefinito di originali identici, lo sgancia non tanto dai supporti (se viene cancellato ovunque risulta infatti distrutto), quanto da specifici ed individuati supporti, imponendo una nuova teorizzazione: DUNI, Ancora sul procedimento amministrativo: le ultime novità della ricerca in materia (Relazione al III Convegno nazionale sul diritto amministrativo elettronico, Catania, 3-4 luglio 2004), in L’evoluzione del procedimento amministrativo. Dai procedimenti sequenziali al procedimento a stella, in Telejus, www.telejus.it, marzo 2005. In linea generale, per l’immaterialità del documento informatico, in quanto sganciato dal supporto, MASUCCI, Documento informatico e sottoscrizione elettronica, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2004, 541 ss., modificando la precedente opinione espressa in I D., Il documento amministrativo informatico, in ARENA, BOMBARDELLI, GUERRA e MASUCCI, La documentazione amministrativa, Rimini, 2001, 173 ss., in particolare 178 s. 2 Più precisa è l’espressione «documento informatico» o «elettronico», poiché, facendosi riferimento al modo con il quale l’atto si presenta, implica di per sé l’indicazione della sua forma; «atto informatico» o «elettronico» potrebbe avere i due significati sopra indicati, viceversa l’aggettivo, attribuito alla parola «documento» appare univoco. Da qualche anno, quindi, la dottrina si è orientata a parlare di «documento informatico», quando intende trattare della dematerializzazione dell’attività giuridica (6). L’abbandono delle carte, o amministrazione paperless, è un passaggio puramente strumentale per il perseguimento di obbiettivi di efficienza di estremo interesse (7). L’eliminazione delle carte in sé costituisce un vantaggio alquanto limitato; è anzi dubbio che la diffusione dei computers abbia realmente ridotto la quantità di carta consumata: la facilità di stampare copie, di correggere più volte bozze di testi o di avere tabulati di riepilogo ha probabilmente prodotto un maggior consumo di carta rispetto all’epoca delle macchine da scrivere; ciò è sicuramente vero nell’attuale fase di amministrazione basata sulla «informatica parallela» (8), legata al valore giuridico della carta (9); ma questa realtà, che al momento non salva gli alberi, non è destinata a mutare eccessivamente dando valore giuridico alla forma elettronica: una riduzione effettiva del consumo della carta inizierà solo in una prossima generazione, che non sentirà più la necessità di stampe di lavoro o di verifica su carta, ma sarà più avvezza a lavorare integralmente sul monitor (10). Comunque, quando si parla di «abbandono delle carte» si intende un aspetto molto preciso della trasformazione, ossia la sottrazione al supporto cartaceo del riferimento formale dell’attività amministrativa, relegando quindi le stampe a fasi meramente eventuali di lettura intermedia o strumentale, nonché ad eventuali copie cartacee di originali informatici (11). (6) Per una chiara distinzione tra atto e documento, cfr. MASUCCI, Il documento amministrativo informatico, cit., 173 ss., in particolare 174-176. (7) Per il complesso di risultati derivanti dalla dematerializzazione dei procedimenti, v. DUNI, La teleamministrazione: una “scommessa” per il futuro del Paese, in Informatica e attività giuridica (Atti del V Congresso internazionale, Roma, 3-7 maggio 1993) a cura di O. FANELLI e E. GIANNANTONIO, II, Roma, 1994, 381 ss.: «l’eliminazione delle carte, sostituite da atti e procedure elettroniche aventi valore formale, non costituisce obbiettivo primario, ma strumentale al conseguimento di un complesso di risultati innovativi, tra i quali anche tutti i principali obbiettivi della l. 241/90. La ‘pulizia’ estetica dei singoli uffici e la concentrazione di interi armadi di archivio in un piccolo disco è un risultato utile ed interessante, ma certamente non il più importante della teleamministrazione». (8) Per informatica parallela si intende la fase «nella quale l’uso degli elaboratori è previsto come mero ausilio alle procedure amministrative tradizionali», in contrapposizione alla fase, successiva, la quale «prevede che gli atti amministrativi non siano più redatti in forma cartacea, bensì direttamente nelle memorie degli elaboratori»: così DUNI, La teleamministrazione come terza fase dell’informatica amministrativa. Dalla “informazione automatica” sulle procedure burocratiche al procedimento in forma elettronica, in Dall’informatica amministrativa alla teleamministrazione a cura di G. DUNI, Roma, 1992, 18 e 23. Recentemente il Consiglio di Stato si è così espresso: «È stato più volte constatato come le amministrazioni hanno evidenziato difficoltà nella definizione, avvio e realizzazione di progetti di informatizzazione capaci di ottenere miglioramenti dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese e troppo spesso i processi elettronici hanno affiancato quelli cartacei invece di sostituirli, con l'effetto che, talvolta, le procedure amministrative sono diventate addirittura più complesse» (Cons. St., sez. consultiva per gli atti normativi, parere 30 gennaio 2006, n. 31/06, sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative al d. lg. n. 82 del 2005). (9) Fino a quando non si completerà il processo di trasformazione, basato su di un solido corpo normativo, la situazione delle amministrazioni italiane non potrà spostarsi dalla più tradizionale amministrazione cartacea: quella stessa che Predieri illustrava in una sua monografia (PREDIERI, Gli elaboratori elettronici nell’amministrazione dello Stato, Bologna, 1971), con la sola differenza che le resistenze all’innovazione ivi esposte non si riscontrano più; anzi l’impiegato privo di computer si sente oggi sminuito. Significativa è la denunzia che fin da allora l’illustre autore faceva in merito ad una mancanza di coordinamento nell’informatica pubblica, all’epoca affidata al Ministero del tesoro, provveditorato dello Stato. (10) Questa evoluzione è auspicata da CATRICALÀ, Intervento al Forum P.A. 2006 su «Innovazione nella PA, innovazione nel Paese», in http://www.forumpa.it/forumpa2006. (11) Sulle copie cartacee di documenti informatici, DUNI, La teleamministrazione: una “scommessa”, cit. Nel d. lg. n. 82 del 2005 tali copie sono disciplinate dall’art. 23 comma 2-bis. Il punto è posto in risalto anche da MASUCCI, Informatica pubblica, in Dizionario di diritto pubblico diretto da S. CASSESE, IV, Milano, 2006, 3115 ss. 3 2. (Segue): fonti, dalle prime norme alla delega del 2003 ed al codice dell’amministrazione digitale. — È sufficientemente noto che in questa materia il legislatore ha iniziato ad accettare la dematerializzazione con notevole ritardo, sia rispetto agli studi italiani ( 12), sia rispetto a quelli sviluppati negli Stati Uniti (v. infra, § 3). Nella legislazione italiana i primi spunti di dematerializzazione si rinvengono soltanto nel 1985, in norme che prevedono la consegna delle trascrizioni immobiliari su supporti informatici (13), e nel 1990, con la possibilità di rilascio automatico di certificati (14). Disposizioni comunque di carattere settoriale, non inquadrate in un progetto di riforma globale del sistema amministrativo. La normativa sull’informatizzazione della pubblica amministrazione è vastissima, pertanto in questa sede ci limitiamo a considerare le fonti rilevanti nell’ambito del più generale discorso sulla dematerializzazione degli atti e dei procedimenti. Alla luce di tale criterio, la prima disposizione che ha carattere generale e persegue — sia pure con formulazioni criticabili — l’obbiettivo specifico dell’evoluzione dell’amministrazione cartacea sia verso l’automazione che verso la dematerializzazione è l’art. 3 d. lg. 12 febbraio 1993, n. 39, «Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 2, comma 1, lettera mm, della legge 23 ottobre 1992, n. 421» (15). La l. n. 241 del 1990 nella sua formulazione originaria, sovente indicata come antesignana della forma elettronica, era nata in un’epoca nella quale il problema non era ancora sentito a livello politico (16). Comunque ancora nel 1993 si aveva una consapevolezza prevalentemente generica dell’importanza dell’informatica nella pubblica amministrazione: con il d. lg. n. 39, cit. fu infatti istituita l’Autorità per l’informatica della pubblica amministrazione (AIPA) e nel d. lg. 3 febbraio 1993, n. 29, il concetto che la pubblica amministrazione dovesse essere riorganizzata anche a mezzo dell’informatica è ripetuto numerose volte. Lo stesso art. 3 d. lg. n. 39, cit., introdotto esorbitando dalla delega, non poté produrre risultati rilevanti di carattere generale a causa della sua già detta cattiva formulazione. Unica applicazione dell’art. 3 fu l’avvio della riforma dei mandati di pagamento (12) Si fa riferimento ad un nostro lavoro presentato al quinquennale Convegno della Corte di cassazione del 1978: DUNI, L’utilizzabilità delle tecniche elettroniche nell’emanazione degli atti e nei procedimenti amministrativi. Spunti per una teoria dell’atto amministrativo emanato nella forma elettronica, in Riv. amm., 1978, 407 ss. (13) L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 16 e 20; disposizioni attuate comunque in epoche successive. È anche prevista la possibilità dell’invio telematico da parte dei professionisti abilitati. (14) Art. 15-quinquies d.l. 28 dicembre 1989, n. 415, aggiunto in sede di conversione dalla l. 28 febbraio 1990, n. 38. Si consideri che il rilascio cartaceo di un certificato anagrafico, sia in modo automatico, sia allo sportello, ma tramite terminale, ha sempre come presupposto il riconoscimento della validità della banca dati informatizzata, alla quale è quindi riconosciuto il valore giuridico necessario affinché se ne possa estrarre la copia richiesta su supporto cartaceo. (15) Si riporta il testo della norma: «1. Gli atti amministrativi adottati da tutte le pubbliche amministrazioni sono di norma predisposti tramite i sistemi informativi automatizzati. 2. Nell’ambito delle pubbliche amministrazioni l’immissione, la riproduzione su qualunque supporto e la trasmissione di dati, informazioni e documenti mediante sistemi informatici o telematici, nonché l’emanazione di atti amministrativi attraverso i medesimi sistemi, devono essere accompagnate dall’indicazione della fonte e del responsabile dell’immissione, riproduzione, trasmissione o emanazione. Se per la validità di tali operazioni e degli atti emessi sia prevista l’apposizione di firma autografa, la stessa è sostituita dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile». In DUNI, L’illegittimità diffusa degli appalti di informatica pubblica, in Dir. inform., 1995, 35, si è evidenziato: 1) che con sintesi anomala per una trasformazione epocale si intende disciplinare gli atti automatici e la forma elettronica in genere; 2) che il documento stampato con mera indicazione a stampa dell’autore è una copia che presuppone implicitamente a monte come originale l’atto informatico sulle cui garanzie vi è totale silenzio; 3) che la espressione «di norma» si presta a forti dubbi interpretativi (l’interpretazione proposta è che la transizione al nuovo è obbligatoria solo in caso di rinnovo globale del sistema informatico di una pubblica amministrazione). (16) L’art. 22 l. n. 241 del 1990 anticiperebbe l’accettazione del documento informatico; nell’originario comma 2 recitava: «È considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa». Nel 1983 era certo già nota alla “Commissione Nigro”, che redasse il testo poi emanato nel 1990, l’esistenza di varie forme di memorizzazioni, ma essa era ben lungi da avere in mente di avviare o disciplinare una trasformazione dell’attività amministrativa nella direzione della dematerializzazione. 4 informatici da parte delle amministrazioni statali (d.P.R. 20 aprile 1994, n. 367, di modifica del regolamento di contabilità, r.d. 23 maggio 1924, n. 827); il d.P.R. n. 367, cit., dovette sopperire alla carenza di indicazioni del d. lg. n. 39, cit. e la riforma è divenuta operante solo a partire dalla primavera del 1999. Per giungere ad una norma chiara in tema di riconoscimento del valore giuridico degli atti in forma elettronica è necessario arrivare al 1997: art. 15 comma 2 l. n. 59, cit.; questa disposizione riconosceva (e riconosce) in modo chiaro valore giuridico agli atti pubblici e privati in forma elettronica, rinviando ad un emanando regolamento le condizioni della validità: condizioni che furono disciplinate dal d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513 (17). Fra queste norme di partenza ed il codice dell’amministrazione digitale si inseriscono: la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 dicembre 1999, n. 1999/93/CE, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche; il d.P.R. n. 445 del 2000, che recepisce il d.P.R. n. 513, cit. senza adeguarsi alla già emanata direttiva comunitaria. Adeguamento che avvenne successivamente con le modifiche apportate al testo unico dal d. lg. n. 23 gennaio 2002, n. 10, di attuazione della direttiva del 1999, e poi dal d.P.R. 7 aprile 2003, n. 137 (18). Le fonti più recenti partono dalla l. 29 luglio 2003, n. 229, «Legge di semplificazione 2001», che, nell’art. 10 («Riassetto in materia di società dell'informazione»), contiene deleghe fra le quali le più importanti ai fini dell’amministrazione digitale sono quelle relative al documento informatico, alle firme elettroniche, ai servizi resi in via telematica, al procedimento amministrativo ed all'accesso alle banche dati. Sulla base di tali deleghe è stato emanato il d. lg. n. 82 del 2005, poi modificato dal d. lg. n. 159 del 2006. 3. La forma elettronica e le garanzie di autenticità del documento informatico: la firma elettronica. — L’amministrazione digitale è un tema estremamente ampio, equiparabile all’intera materia del diritto amministrativo, vista in funzione del passaggio alla sua gestione informatica e telematica. Dovendosi condensare in questa sede un così vasto complesso di argomenti, diventa necessario limitarsi a dare un quadro generale, concentrandosi su quanto è basilare. Va subito chiarito che nel nuovo concetto di informatica pubblica — inteso prevalentemente come modalità dell’azione — non si disconosce l’importanza dell’informatica documentale: si tratta di un profilo fondamentale dell’informatica tradizionale, i cui due aspetti erano, appunto, la creazione e la gestione delle banche dati e l’automazione di alcuni così detti “processi”, come la contabilità, le carriere dei dipendenti, ecc. (19). Questi temi verranno più oltre trattati brevemente; ciò che si ritiene necessario approfondire, alla luce del recente codice della pubblica amministrazione digitale, è il passaggio alla nuova informatica che pone al centro dell’innovazione l’abbandono delle carte non solo nella documentazione (momento statico), ma soprattutto nell’attività telematica (momento dinamico). In questo ambito un posto primario merita la teoria della forma sia dei documenti sia dell’attività volta alla loro produzione (20). Questa problematica, essendo di teoria generale, acquista carattere preliminare ad ogni altro argomento; il punto di partenza sarà quindi l’analisi del concetto di documento informatico e delle garanzie che lo devono accompagnare, che, per consuetudine terminologica, vengono definite «firme elettroniche». Occorre essere però consapevoli che quasi mai un atto amministrativo nasce da un’attività di un solo organo pubblico, ma è il risultato di una pluralità di interventi nell’ambito del procedimento amministrativo, che è quindi il secondo punto basilare del presente studio. (17) Per una panoramica della situazione al 1997, TORSELLO e MINERVA, Documento informatico e pubblica amministrazione, s.d. (ma 1998), in www.giustizia-amministrativa.it e in Formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici (d.p.r. 10 novembre 1997, n. 513), in Le nuove leggi civili commentate, 2000, n. 3/4, sub art. 18-22, 819 ss. (18) Sulla evoluzione fino al 2002, D'ELIA I., Informatica e pubblica amministrazione: quadro normativo e istituzionale, in Lineamenti di informatica giuridica a cura di R. NANNUCCI, Napoli, 2002, 329-364. (19) DUNI, Teleamministrazione, cit. (20) È stato già da noi più volte sottolineato che la sola previsione normativa dell’atto in forma elettronica non è sufficiente per il passaggio all’amministrazione digitale, poiché a monte della nascita dell’atto vi è il procedimento, che deve essere disciplinato nella sua nuova modalità dematerializzata. V., da ult., DUNI, Verso un’amministrazione integrata dei procedimenti amministrativi, in Informatica e diritto, 2005, 43 ss. 5 Teoria generale, ma, evidentemente, diritto positivo, in quanto l’accettazione della validità del documento informatico e delle condizioni di garanzia richieste compete al legislatore nazionale, nel rispetto delle direttive comunitarie. Accettazione che il legislatore italiano ha operato già a partire dal 1993, ma che oggi troviamo compiutamente disciplinata nel codice dell’amministrazione digitale (d. lg. n. 82 del 2005) attraverso una pluralità di disposizioni, che verranno esaminate nei paragrafi seguenti. Fin dalle prime idee di dare valore giuridico ad un documento in forma elettronica (21) fu ritenuto ovvio che ciò potesse avvenire unicamente se, in alternativa alle garanzie del mondo cartaceo, fossero possibili soluzioni tecniche in grado in qualche modo di garantire anche il documento in forma elettronica. Forma elettronica e firma elettronica, a parte la somiglianza verbale dei termini, erano considerate inseparabili. Dematerializzazione (alias: forma elettronica; alias: documentazione digitale) e firma elettronica (nella più ampia concezione terminologica) sono due facce della stessa medaglia, nel senso che non vi può essere dematerializzazione di attività giuridica se non vi sono tecniche che assicurino l’attribuibilità del documento, e quindi dell’atto, al suo autore (22). In pratica, posto che l’espressione «firmare» era comunque un uso traslato dal mondo delle carte di un atto non ripetibile in modo identico sul documento elettronico ( 23), firma elettronica assumeva solo il significato di garanzia realizzata attraverso sistemi vari nel mondo dell’informatica e della telematica. Ancor più traslata è l’espressione «sottoscrizione elettronica», poiché anche l’apposizione della firma digitale è solo una operazione tecnica che investe un documento preparato nella memoria del computer, senza che vi sia alcun “sotto” o “sopra”. L’avvento della firma digitale sembrò tuttavia circoscrivere a questa tecnologia il concetto, sia pure traslato, di «firma», in quanto questa tecnologia si incorpora nel documento, a differenza di ogni altro metodo basato sulla mera identificazione dell’operatore al momento dell’accesso. Nulla escluderebbe quindi di riservare alla sola firma digitale la terminologia «firma» o «firmare» e lasciare ad ogni altra soluzione una più generica definizione di «garanzia» nelle attività di rilevanza giuridica, ivi compresi i documenti in forma elettronica privi della firma digitale e pur tuttavia accettati come validi dall’ordinamento (24). Riteniamo tuttavia questa proposta terminologica non utile perché, a livello legislativo, sono previste equipollenze di tale rilevanza da porre praticamente le soluzioni alternative sullo stesso piano funzionale giuridico. Quindi, pur nella consapevolezza della superiorità della soluzione «firma digitale», alla data odierna è da ritenere che esista un concetto ampio di «firma elettronica», nell’ambito del quale rientrano soluzioni di garanzia varie, compresa la più evoluta firma digitale. Il primo criterio che il giurista deve considerare è quello di affrontare il problema conoscendo le soluzioni teoricamente possibili dal punto di vista tecnologico, ma procedere poi alla verifica in merito al loro effettivo recepimento nelle fonti del diritto. E come fonti vanno considerati la direttiva n. 1999/93/CE, cit., sulle firme elettroniche, ed il d. lg. n. 82 del 2005, con le modifiche introdotte dal d. lg. n. 159 del 2006. Fondamentali saranno i classici criteri della interpretazione sistematica e secondo la “intenzione del legislatore”. Nella direttiva comunitaria, la “intenzione del legislatore” è in gran parte esplicitata nei «considerando» (25) che precedono la parte normativa vera e propria. Sia per la direttiva, sia per il (21) DUNI, L’utilizzabilità delle tecniche elettroniche, cit. (22) Correttamente è stata negata rilevanza giuridica ai meri files informatici, come conseguenza della sola definizione p dell’art. 1 d. lg. n. 82 del 2005 («documento informatico») e dello stesso art. 15 l. n. 59 del 1997, omettendo di completare l’indagine interpretativa sulle norme che disciplinano i requisiti specifici quali condizione di validità: CAMMARATA, Firme elettroniche, cit., 53 ss. (23) Cfr. CIACCI, La firma digitale, cit., 111 s., dove in nota riporta le opinioni del mondo notarile, che propongono l’espressione «sigillo»: RAGOZZO e GIAQUINTO, Il sigillo informatico, in Notariato, 1997, 80 ss. e BARRESI, Aspetti comparatistici del notariato tra Italia ed Inghilterra, in Vita not., 1998, 1799 ss. (24) OSNAGHI, Firme elettroniche e documento informatico: il codice richiede ulteriori integrazioni, in Astrid Rassegna, www.astrid-online.it, 2006, n. 10, sostiene che la definizione 1 dell’art. 2 direttiva n. 1999/93/C E, cit. e la definizione q dell’art. 1 d. lg. n. 82, cit. non definiscano firme, ma solo metodi di autenticazione, a loro volta diversi dalla identificazione; CAMMARATA, op. cit., passim e 41 ss. (25) In relazione alle argomentazioni del presente lavoro, tra i «considerando» si segnalano: i vari riferimenti al commercio elettronico, che sottintendono la necessità di liberalizzazione e semplificazione delle regole di firma; la modifica ad opera della Commissione dell’incarico ricevuto nel 1997 (cfr. «considerando» 6 codice dell’amministrazione digitale è altresì rilevante la realtà sulla quale il legislatore comunitario e nazionale vanno ad incidere con le norme. Si vuole cioè repentinamente sconvolgere quanto sta già avvenendo nel mondo dell’informatica e della telematica? Oppure si intende accettare un presente operativo, disciplinandolo e mirando ad una graduale transizione verso soluzioni più garantite? Nel procedere secondo il criterio della interpretazione sistematica non si è sempre agevolati dalle definizioni contenute negli articoli introduttivi delle fonti di riferimento; già altri (26) ha riscontrato che talune definizioni non trovano alcuna rispondenza nella normativa (27); quasi tutte le definizioni comunque si completano in modo molto incisivo con gli articoli susseguenti del d. lg. n. 82, cit.: non solo con quelli che fanno espresso riferimento ad esse, ma con tutti quelli che disciplinano in concreto le operazioni nelle quali entra in gioco un’attività amministrativa, o comunque giuridica, di rilevanza formale (28). Altri autori hanno affrontato il tema, concentrando per lo più l’attenzione sulle connessioni fra i presupposti tecnologici e le definizioni contenute nelle fonti (29). L’intento che ci si pone in questa sede è quello di completare il quadro interpretativo alla luce dell’intero sistema delle fonti, ossia tenendo anche presenti, come si è già detto, le norme (diverse dalle definizioni) che disciplinano le attività giuridiche in forma elettronica. L’espressione «firmare elettronicamente» nel campo dell’informatica applicata al diritto si rinviene per la prima volta in un nostro lavoro del 1978 (30). In quegli anni la firma digitale era ancora ignota ai giuristi in genere ed italiani in particolare; «firmare elettronicamente» significava soltanto garantire che l’intervento in forma elettronica fosse compiuto da chi ne aveva il diritto ed il potere. In tale studio pionieristico si suggerivano una serie di soluzioni per garantire l’attribuibilità dell’atto al suo autore. In realtà il giurista non intendeva interferire con i ruoli dei tecnici: ciò emergeva chiaramente dalla voluta ed assoluta genericità del quinto caposaldo della teleamministrazione, enunciato nel Convegno della Corte di cassazione del 1993 ( 31), che era formulato nei seguenti termini: «la firma (elettronica) consiste nella identificazione dell’identità dell’operatore a mezzo di tecniche sofisticate». In sostanza il giurista esponeva l’esigenza della garanzia degli atti giuridici e “commissionava” ai tecnici la risoluzione del problema. Ancor prima di quelle date due matematici, Withfield Diffie e Martin Hellman, studiavano tecniche per superare il metodo classico della criptazione simmetrica, che richiede il possesso del medesimo codice da parte del mittente e del destinatario, e che ha il difetto di esaurire la sua validità dopo ogni uso (32) e mette in relazione un mittente con un destinatario preciso o al massimo con una cerchia ristretta. L’invenzione fu la criptazione asimmetrica: una chiave di criptazione per cifrare un documento ed una differente per leggerlo. In questo modo la chiave di n. 3): avrebbe dovuto predisporre una proposta di direttiva sulle firme digitali, ma predispose invece una direttiva sulle firme elettroniche, con ciò attuando una evoluzione di orientamento verso l’opportunità di accettare più soluzioni e non la sola firma digitale. (26) Cfr. Il codice delle Pubbliche amministrazioni digitali: prime osservazioni (Gruppo di lavoro di ASTRID), in Astrid Rassegna, www.astrid-online.it, 2005, n. 1. Si trattava in verità di osservazioni sulle bozze iniziali del codice, parzialmente accolte dal legislatore delegato; Cons. St., sez. consultiva per gli atti normativi, parere 7 febbraio 2005, n. 11995/04, cit., § 12.1; anche in questo caso vi è stato un accoglimento solo parziale nella redazione dell’art. 1 definitivo, come fa notare SCORZA, in Il codice della pubblica amministrazione digitale. Commentario al d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005 a cura di G. CASSANO e C. GIURDANELLA, Milano, 2005, sub art. 1, 7. (27) Così per la firma elettronica avanzata, ma non qualificata, nella direttiva n. 1999/93/C E, cit. (28) DE GRAZIA, Firma elettronica non avanzata. Una personale opinione sulla c.d. “firma elettronica debole”, in Diritto e diritti, 2004: http://www.diritto.it/materiali/tecnologie/testi.html, sottolinea l’esistenza di attività giuridiche che non si concretizzano nella produzione di documenti e fra queste menziona il prelievo di danaro nei Bancomat. (29) In sede di commento al d.P.R. n. 445 del 2000, cfr. CIACCI, La firma digitale, cit. e CAMMARATA e MACCARONE, La firma digitale sicura, Milano, 2003, 45 ss. (30) DUNI, L’utilizzabilità delle tecniche elettroniche, cit. (31) DUNI, La teleamministrazione: una “scommessa”, cit. (32) GARDNER, Un nuovo tipo di cifrario che richiederebbe milioni di anni per essere decifrato, in Le Scienze, dicembre 1977, 126 ss. (Le Scienze è la versione italiana di Scientific American. L’articolo di Gardner era apparso sul numero di agosto della rivista americana). 7 criptazione poteva essere usata un numero indefinito di volte. Il documento decriptato non poteva essere alterato neppure di una virgola, pena la non attribuibilità al mittente. Questi matematici compresero anche che la loro invenzione garantiva l’attribuibililtà del documento a colui che lo aveva criptato ed iniziarono a parlare di «firma» (33), pur senza intuire appieno le potenzialità rivoluzionarie che si aprivano in campo giuridico. Nel 1977 gli studi di Diffie ed Hellman furono ripresi da tre ricercatori, Ron Rivest, Adi Shamir e Leonard Adleman, i quali perfezionarono e incrementarono l’ottica della funzione di “firma” della crittografia asimmetrica e, dopo un primo lavoro pubblicato internamente al Massachusetts Institute of Technology (MIT) (34), divulgarono al mondo della scienza questo nuovo metodo di firmare i documenti (35), che dai loro cognomi prese il nome acronimo di sistema RSA, che useremo anche noi nel presente lavoro con riferimento alla firma digitale realizzata a mezzo della criptazione asimmetrica. Si tratta, in effetti, di una soluzione tecnologicamente avanzata che, come vedremo oltre, offre garanzie di autenticità non consentite da altri sistemi. Tuttavia, il mondo giuridico e quello dei tecnici rivelò subito una scarsa comunicazione reciproca, tant’è che la scoperta non solo non si diffuse in Italia, ma anche negli USA migrò con lentezza dal mondo dei matematici a quello dei giuristi. La prima legislazione al mondo che disciplinò l’uso della firma digitale fu l’Utah Digital Signature Act (36), che contiene tutti gli elementi essenziali adottati poi dall’Italia nel d.P.R. n. 513 del 1997, sulla firma digitale. È chiaro quindi che nel 1978 e per molti anni successivi i giuristi elaboravano idee parallele agli studi dei tecnici e gli uni agivano all’insaputa degli altri. D’altronde il nostro legislatore iniziò a pensare alla forma elettronica solo nel 1993, con il già criticato art. 3 d. lg. n. 39, cit. (37): si era ben lungi dal conoscere la soluzione RSA. Nel 1997 l’Italia tentò il grande salto con la l. n. 59, cit., che all’art. 15 autorizzò gli atti giuridici in forma elettronica, rimettendo ad un emanando regolamento «i criteri e le modalità di applicazione», ossia le garanzie di paternità degli atti. Il regolamento fu emanato con il d.P.R. n. 513, cit., le cui prescrizioni sono state sostanzialmente in vigore fino al d. lg. n. 10 del 2002, che modificò l’art. 10 d.P.R. n. 445 del 2000, il quale aveva recepito il regolamento senza adeguamenti alla sopravvenuta direttiva comunitaria del 1999 in materia di firme elettroniche. La modifica del 2002 recepì invece (con ritardo) la direttiva, avente finalità liberalizzanti da più punti di vista (38). Al d. lg. n. 10, cit. seguì poi il d.P.R. n. 137 del 2003. L’Italia fu implicitamente accusata da due punti di vista: rallentare il passaggio alla dematerializzazione del diritto (commercio elettronico e facili interazioni fra pubblica amministrazione e cittadini) e, attraverso l’inderogabilità dell’accreditamento, ostacolare la concorrenza tra possibili erogatori di certificati per la generazione della firma digitale. La direttiva fu quindi un chiaro invito all’Italia a consentire soluzioni alternative; all’Italia va comunque riconosciuto il merito di essere stata la prima in Europa ad avventurarsi in questo campo assai delicato. (33) DIFFIE e HELLMAN, New directions in Cryptography, in IEEE Transaction on Information Theory, novembre 1976, 644 ss. (34) RIVEST, SHAMIR e ADLEMAN, On Digital Signatures and Public-Key Cryptosystems (MIT Laboratory for Computer Science), Technical Report, MIT/LCS/TR-212, gennaio 1979. Ne riferisce GARDNER, op. cit. La vicenda è raccontata in modo alquanto romanzato anche da LEVY, Crypto. I ribelli del codice in difesa della privacy, trad. it. di S. CICCONI e G. CARLOTTI, Milano, 2000, cap. 3. (35) V. la pubblicazione conclusiva ufficiale degli studi dei tre ricercatori: RIVEST, SHAMIR e ADLEMAN, A method for obtaining digital signature and public key cryptosystems, in Communications of the ACM, vol. 21, febbraio 1978, 120-126. (36) Utah Code del 1995, § da 46-3-101 a 46-3-504 (Enacted by l. 1995, ch. 61). La legge dell’Utah fu commentata in una brillante tesi di laurea di Francesca FLORA, Evoluzione della informatica nel sistema di governo degli Stati Uniti d’America (Cagliari, facoltà di Scienze politiche), novembre 1996. A livello federale si dovette attendere il 1998: US Senate, S. 1594, Digital Signature and Electronic Authentication Law (SEAL) of 1998. — US House of Representatives, H.R. 3472, Digital Signature and Electronic Authentication Law (SEAL) of 1998. (37) Commentato in DUNI, L’illegittimità diffusa, cit. (38) DELFINI, L’evoluzione normativa della disciplina del documento informatico: dal d.p.r. 513/1997 al Codice dell’amministrazione digitale, in Riv. dir. priv., 2005, 531 ss. 8 9