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CASARTIGIANI – CONFARTIGIANATO – CONFCOMMERCIO – CONFESERCENTI - CNA
PREMESSA
Le organizzazioni dell’artigianato, del commercio, del turismo, dei
trasporti e dei servizi sottolineano congiuntamente, e con forza, la
necessità di una profonda modifica dell’impianto della manovra
finanziaria. La ragione è che questa contraddice, in molti suoi
contenuti, le finalità espresse nel DPEF di coniugare assieme il
perseguimento di obiettivi di sviluppo, con quelli di risanamento e di
equità sociale.
Accrescere la competitività e la produttività delle imprese e del
sistema dei servizi è un’occasione straordinaria per rilanciare lo
sviluppo e l’occupazione. Per questo è necessario uno sforzo
straordinario e convergente delle forze politiche, del Governo, del
Parlamento, delle imprese e del lavoro per affrontare la crisi
strutturale del nostro sistema produttivo e gli effetti del suo
spiazzamento competitivo all’interno del mercato globale.
Le Confederazioni denunciano, inoltre, come la loro disponibilità al
confronto non si sia per nulla tradotta in azione del Governo che ha,
invece, sostanzialmente e acriticamente preso atto di “altre opzioni”
espresse in “altre sedi”: la concertazione tanto predicata dal Governo
è stata realizzata in una forma assai singolare, coinvolgendo di fatto i
Sindacati dei lavoratori dipendenti ed una sola parte del mondo delle
imprese.
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LA LEGGE FINANZIARIA
Il disegno di legge Finanziaria per il 2007 parte dal presupposto di
intervenire prioritariamente sull’esigenza di contenere il debito
pubblico e di rispettare gli impegni presi con l’Unione Europea.
Per quanto concerne lo sviluppo è necessaria l’adozione di misure di
politica economica atte a consolidare e a rilanciare strutturalmente la
crescita in quanto la ripresa economica in atto non presenta
caratteristiche di stabilità e durata.
Muovendo da questa breve, ma doverosa, premessa si esprime un
parere fortemente critico circa l’impostazione culturale e politica
dell’intera manovra finanziaria, che colpisce il ceto medio produttivo
ed è comunque insufficiente in termini di misure di rilancio della
competitività e di sostegno al mondo dell’impresa.
Nel provvedimento si registrano consistenti aumenti delle imposte, un
utilizzo della revisione degli studi di settore non coerente con le
finalità e le caratteristiche di questo strumento ed un pesante
incremento della pressione contributiva sul lavoro autonomo.
Contemporaneamente le imprese dell’artigianato, del commercio, del
turismo, dei trasporti e dei servizi si vedono in larga parte escluse
dalle previste misure per il rilancio della competitività. Né vi è traccia
nel provvedimento di significativi interventi a sostegno dei consumi
interni.
Nel complesso siamo di fronte ad una manovra di finanza pubblica
troppo condizionata da una presunta filosofia redistributiva e troppo
poco attenta alla necessità di sostenere il passo di crescita
dell’economia del Paese.
Infatti, le politiche di bilancio adottate da un lato trascurano la
necessità di assumere efficaci interventi di riorganizzazione e
riduzione della spesa pubblica e dall’altro penalizzano il sistema di
imprese da noi rappresentato che in questi anni hanno garantito
l’occupazione e la tenuta sociale ed economica del Paese.
Le nostre Confederazioni, inoltre, respingono l’assunto, errato e
provocatorio, che attribuisce al mondo della piccola impresa,
dell’artigianato e del terziario il primato dell’evasione fiscale.
Le Confederazioni, altresì, sottolineano come le risorse mancanti per
lo sviluppo vadano ricercate in quella vasta area dell’evasione totale e
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dell’economia sommersa che con decisione va portata allo scoperto e
ricondotta al rispetto delle regole dello stato di diritto.
La Politica Delle Entrate
La crescita della pressione fiscale complessiva, stimabile almeno nella
misura dell’1,3% tra il 2006 ed il 2007, costituisce la “cifra” di questa
manovra finanziaria accanto alla sostanziale rinuncia ad incidere
strutturalmente sulla spesa pubblica.
All’aumento della pressione fiscale concorreranno anche i maggiori
margini di manovra per il “fisco locale” per effetto, tra l’altro, dei
nuovi tributi di scopo e della riedizione della tassa di soggiorno che
colpisce fortemente la competitività del settore turistico.
L’aumento delle aliquote previdenziali di artigiani e commercianti
determina un ulteriore aggravio sul costo del lavoro per 1,4 miliardi di
euro nel 2007 e 1,7 a regime.
Non possiamo, inoltre, non stigmatizzare che tali aumenti siano stati
decisi senza un preliminare ed approfondito confronto sull’andamento
delle diverse gestioni INPS del lavoro autonomo ed al di fuori di una
più ampia riflessione sulle prospettive del sistema previdenziale
pubblico, che tenga conto, in particolare, dell’esigenza di una robusta
previdenza integrativa anche per il lavoro autonomo.
L’unica “controriforma” fatta, in materia di previdenza, è stata quella
del conferimento presso l’istituendo Fondo INPS del 100% dei flussi
maturandi del TFR inoptato dai lavoratori delle imprese con oltre 50
dipendenti.
La soluzione adottata è stata realizzata con un metodo che ha di fatto
discriminato le nostre organizzazioni in quanto convocate solo dopo il
raggiungimento dell’accordo tra Governo, Confindustria, Cgil, Cisl e
Uil.
Resta, inoltre, inoltre il fatto che siamo di fronte ad una operazione
che sconta una contraddizione profonda tra lo smobilizzo del TFR al
fine del decollo della previdenza integrativa ed il conferimento
all’INPS di una quota parte dei suoi flussi ai fini del rafforzamento del
“capitale pubblico”.
Con l’aumento della contribuzione per gli apprendisti, che di fatto
qualifica come “precario” un istituto che in realtà, per oltre 50 anni,
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ha creato lavoro e professionalità per intere generazioni di dipendenti
e imprenditori dei nostri settori, si colpisce l’unico strumento rimasto
di ingresso agevolato nel mercato del lavoro, accompagnato dalla
formazione. La rilevanza nel mondo del lavoro di questa forma
contrattuale è confermata da numero di persone occupate in questa
posizione che, secondo le rilevazioni dell’ISTAT, sono circa 250 mila.
Larga parte degli intenti socialmente redistributivi della manovra è
affidata ad una nuova struttura degli scaglioni delle aliquote IRPEF,
denotando un’eccessiva fiducia nella capacità della leva fiscale ad
agire a questi fini.
Inoltre, mentre per i lavoratori dipendenti ed i pensionati il livello di
reddito oltre il quale si ha un aggravio di imposizione è di circa € 40
mila, nel caso degli autonomi in contabilità semplificata tale livello
reddito scende ad € 32 mila. E’ come se il reddito dei lavoratori
autonomi avesse un peso diverso dagli altri. E’, invece, vero il
contrario in quanto i dipendenti od i pensionati non devono fare i
conti con il rischio imprenditoriale.
L’operazione di rimodulazione della aliquote IRPEF, non è poi a saldo
“zero” in quanto dall’intervento sono stimate maggiori entrate.
La Riduzione Del Cuneo Fiscale E Contributivo
Quanto alla riduzione del cuneo fiscale e contributivo le nostre
imprese riceveranno ovviamente un minor beneficio in ragione del
minor numero di lavoratori dipendenti per ciascuna unità d’impresa. A
questo si aggiunge il fatto che poiché le nuove deduzioni risultano
alternative a quelle attualmente previste si potrebbe arrivare, in
taluni casi, ad un paradossale effetto di disincentivazione della
trasformazione di contratti a termine in rapporti di lavoro a tempo
indeterminato.
Tale effetto discorsivo va sanato. Sarebbe poi realizzabile un’ampia
“no-IRAP area”, perseguibile attraverso il raddoppio dell’attuale
franchigia.
Si deve anche tenere conto dei lavoratori con contratto a termine,
operanti nei settori caratterizzati da un ciclo stagionale o da picchi di
attività. Per questi lavoratori non è prevista l’applicazione della
manovra sul cuneo anche se essi operano in settori estremamente
rilevanti per il nostro Paese, ad esempio nel turismo e nella
distribuzione commerciale. Si tratta, dunque, anche in questo caso di
una impostazione da riconsiderare.
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La Rideterminazione Dei Premi Inail
Tra gli oneri a carico delle imprese la finanziaria elude,
inspiegabilmente, il tema della rideterminazione dei premi INAIL
versati dalle imprese artigiane e del terziario all’Istituto per
l’assicurazione infortuni sul lavoro. Da questo punto di vista una
manovra che vuole essere equa non può che eliminare l’assurda
sperequazione che vede gli imprenditori versare contributi largamente
superiori rispetto alle prestazioni ricevute.
La riduzione è tanto più necessaria in considerazione dell’ottimo
andamento 2005 delle gestioni di artigianato e del terziario presso
l’Inail e dei positivi risultati dell’impegno delle imprese per garantire
la sicurezza sul lavoro.
I notevoli avanzi di esercizio registrati negli ultimi anni, infatti,
potrebbero agevolmente consentire di conseguire una riduzione dei
premi per i settori.
Studi Di Settore, Controlli E Sanzioni
Quanto alle misure concernenti gli studi di settore, ribadiamo con
determinazione il nostro interesse ad un loro progressivo
affinamento, alla loro sempre maggiore selettività.
L’efficacia degli studi deve essere puntata sulla capacità di cogliere le
differenziazioni tra i diversi cluster d’impresa e di individuare in modo
selettivo i contribuenti che presentano situazioni di palese incoerenza
fra la struttura aziendale e il dato dei ricavi dichiarati.
Dalla lettura del disegno di legge risulta chiaro che il Governo intende
modificare la modalità di “revisione” degli studi sulla base di indicatori
di contabilità nazionale esogeni alla logica di costruzione degli stessi.
Riteniamo profondamente erronea ogni ipotesi di revisione sviluppata
in riferimento a dati di contabilità nazionale che, per le loro
caratteristiche di sintesi, non sono oggettivamente applicabili alla
metodologia degli studi e che, lungi dal mantenerla, falserebbero, nel
medio periodo, la loro rappresentatività rispetto alla realtà economica
cui si riferiscono, facendola piuttosto virare in direzione di
“automatismi”, che minerebbero il diritto/dovere di ogni contribuente
ad essere tassato sulla base del suo reddito reale.
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Così come va mantenuto fermo il riconoscimento del fatto che l’azione
di accertamento non possa essere basata solo sui risultati degli studi
di settore, senza la necessità di alcun riscontro diretto, secondo
quanto, del resto, più volte confermato in sede giurisprudenziale.
E, ancora, se già l’elaborazione di indicatori di coerenza a regime non
può non suscitare allarme, rispetto alla capacità selettiva degli studi,
per il suo generico riferimento “a comportamenti considerati normali
per il relativo settore economico”, del tutto inaccettabile risulta, poi,
la previsione di “indicatori di normalità economica”, definiti in
autonomia dall’amministrazione finanziaria e destinati ad essere
retroattivamente applicati sugli studi già vigenti per il 2006.
Si viola, così ed ancora una volta, non solo lo Statuto del
contribuente, ma anche quel principio di confronto e di collaborazione
tra categorie economiche e amministrazione finanziaria, che
costituisce la filosofia di riferimento del Patto istitutivo degli studi.
Si è scelto, invece, di agire senza attendere gli esiti di un confronto
ancora in corso e cifrando, intanto e ad ogni buon conto, gli effetti di
maggior cassa attesi dagli interventi sugli studi di settore in circa 3,3
miliardi di euro per il 2007, 3,8 per il 2008, 4,9 per il 2009.
Il tutto – entro e oltre il perimetro degli studi – si accompagna ad una
filosofia generale di forte inasprimento di controlli e sanzioni.
Con il decreto fiscale contestuale al disegno di legge finanziaria, si è
registrato un nuovo picco sanzionatorio di cui la vicenda dello
scontrino fiscale costituisce l’emblema.
Controlli e sanzioni certamente servono. Ma è un terreno rispetto al
quale è a tutti utile procedere con ragionevolezza e con senso della
misura. Nel rispetto della privacy del contribuente, come ha
sottolineato anche l’Autorità garante in materia, e con una doverosa
gradualità nelle sanzioni.
Le Politiche Per Lo Sviluppo
Sul terreno delle politiche per lo sviluppo, si segnala l’anticipo, nel
corpo dell’articolato della finanziaria, di una parte rilevante del
provvedimento predisposto dal Ministro Bersani sotto il titolo
“Industria 2015” e che, nel suo insieme, ha l’ambizione di segnalare
nuove linee strategiche per la competitività e lo sviluppo e di
riordinare fondi e strumenti a sostegno di tali obiettivi.
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Si tratta di scelte strategiche che il disegno di legge “Industria 2015”
sottoponeva ad un percorso concertato, basato sulla redazione delle
cosiddette “Linee strategiche per la competitività e per lo sviluppo” da
approvare in sede politica individuata nel CIPE, con l’apporto di tutte
le Amministrazioni interessate alla gestione dei provvedimenti e delle
parti sociali.
La Finanziaria 2007, invece, già individua le aree produttive
strategiche oggetto dei progetti di innovazione industriale, a cui
andranno la maggior parte delle risorse del Fondo per la
competitività. E’ una selezione che limita le possibilità per i settori
economici diversi dall’industria in senso stretto, di trovare spazio
all’interno dei progetti per l’innovazione.
Il testo come formulato induce, comunque, rilevanti perplessità in
ordine alla reale capacità – attraverso gli strumenti individuati - di
valorizzare le peculiarità del sistema manifatturiero, costituito in
larghissima parte da piccole e microimprese, e del sistema dei servizi.
In tal senso è auspicabile una politica che vada nella direzione del
rafforzamento del tessuto imprenditoriale attraverso la specifica
destinazione di uno stock delle risorse disponibili per progetti di
innovazione strategica favorendo i processi di crescita dimensionale,
di aggregazione reticolare e di cooperazione interaziendale.
Sul versante dello sviluppo e della logistica pur considerando
apprezzabile l’attenzione riservata al sistema portuale si riscontra
come risultino ancora insolute le questioni relative al sistema
dell’autotrasporto.
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CONCLUSIONI E RICHIESTE
E’ necessario cambiare profondamente questa legge finanziaria
riequilibrando un impianto che è fortemente penalizzante per i
comparti dell’artigianato, del commercio, del turismo, dei trasporti e
dei servizi.
Le modifiche che chiediamo con forza nel percorso parlamentare sono
in sintesi le seguenti:
 radicale revisione dell’aumento della contribuzione pensionistica
degli imprenditori e di quella degli apprendisti, nel contesto di un
più generale confronto sulle prospettive del sistema previdenziale
pubblico;
 correzione sostanziale delle norme che hanno introdotto la
contribuzione per gli apprendisti e hanno modificato la previdente
disciplina;
 riduzione delle tariffe INAIL in rapporto agli andamenti positivi
delle gestioni infortuni;
 riconferma della validità dello strumento degli studi di settore,
senza introdurre ipotesi di revisione degli stessi basata su
automatismi palesi o dissimulati, perché contrastanti con i principi
su cui si fonda la realizzazione di tali strumenti, sanciti nel
protocollo di intesa tra le categorie ed il Ministro delle Finanze del
1996;
 soppressione della tassa di soggiorno;

accoglimento dell’esigenza di una robusta previdenza integrativa
anche per il lavoro autonomo;
 incremento dell’efficienza dell’amministrazione finanziaria per il
contrasto ed il recupero dell’evasione e dell’elusione;
 riequilibrio degli effetti dell’IRPEF su lavoro dipendente e lavoro
autonomo;
 sviluppo delle forme di garanzia collettiva fidi e della loro rete;
 adeguato
sostegno
ai
processi
di
innovazione,
di
internazionalizzazione, di crescita dimensionale, di aggregazione
e di rete dedicati alle imprese diffuse e del terziario;
 soluzione delle questioni poste nell’ambito dell’autotrasporto.
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