Un cordiale saluto a tutti a nome della Commissione Episcopale per

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Convegno Nazionale
“Le sfide dell’educazione”
(Roma, 12-14 febbraio 2004)
INTRODUZIONE AL CONVEGNO
S. E. Mons. Angelo Bagnasco
Arcivescovo-Ordinario Militare
Segretario della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università
A tutti un cordiale saluto a nome della Commissione Episcopale per l’Educazione, la Scuola e
l’Università, del suo Presidente, S.E. Mons. Cesare Nosiglia, e mio personale. In particolare saluto
con gratitudine il Card. Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione
Cattolica, il Card. Camillo Ruini, Presidente della CEI che terrà la prolusione di questo Convegno, e
la Dott.ssa Letizia Moratti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
In voi, carissimi convegnisti, vedo e saluto non solo delle persone particolarmente qualificate,
ma vedo e saluto altresì tutto quel vasto mondo – genitori, docenti, operatori, istituzioni – che si
dedica con passione, impegno e fiducia alla grande missione educativa.
L’educazione è parte integrante e specifica della missione della Chiesa. L’evangelizzazione,
infatti, è di natura sua educazione: educazione alla fede e quindi educazione dell’uomo nella sua
interezza. La storia della Comunità Cristiana è una continua testimonianza di intelligente impegno
nella costruzione della persona, convinta che il servizio educativo è il più radicale atto di carità
verso l’uomo e quindi verso la società.
1.
Il lavoro della Commissione Episcopale
In questo permanente orizzonte d’impegno, la Commissione Episcopale ha promosso un
Simposio Europeo dedicato al tema “Le sfide dell’educazione: recuperi, promesse, impegni”, che si
celebrerà a Roma dall’1 al 4 luglio 2004. Il presente Convegno è un momento qualificato di sintesi
dei lavori seminariali già svolti, e di immediata preparazione al Simposio Europeo che vedrà la
riflessione e il confronto di Enti, Fondazioni e Associazioni di ricerca alla luce delle sfide e delle
politiche europee sull’educazione.
Il percorso individuato e perseguito – quattro Seminari tematici, il Convegno nazionale, il
Simposio Europeo – nonché il taglio fortemente qualificato degli invitati, manifestano chiaramente
due convinzioni. Innanzitutto della costante e ferma centralità della missione educativa intesa come
servizio alla costruzione della “civiltà della verità e dell’amore”. In secondo luogo della marcata
tendenza dell’Europa ad una sbilanciata e nefasta autocomprensione in termini di economia, di
efficienza scientifica e tecnologica. Sembra che il nostro continente non solo ragioni di fatto in
termini strumentali, ma dimentichi – quando addirittura voglia non riconoscere - la propria profonda
e radicale identità umanistica e cristiana. Tale riduzione della propria coscienza risulta non
solamente una forma di autotradimento rispetto al proprio avvenire, ma anche di impoverimento per
l’Occidente e, più in generale, per il mondo. Il punto, si comprende, non è una ipotetica visione
eurocentrica, ma la ricchezza della propria identità e della propria storia, che al tavolo dei popoli ha
da offrire apporti unici e decisivi per il bene di tutti.
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2.
La cultura dell’educazione
I problemi che emergono dalla modernità in genere e dai nuovi scenari della complessità
sociale, culturale ed etnica, sfidano la capacità razionale e la tenuta etica dei singoli e della società
nel suo insieme. Non tocca alla mia introduzione entrare nel merito. Certo è che la pluralità e il
groviglio delle questioni e delle circostanze, costringono a individuare il punto centrale a cui ogni
aspetto problematico afferisce, sapendo che ciò che è al centro non solo è il punto di unità, ma è
altresì il fine e quindi il criterio di giudizio per affrontare in modo non episodico e frammentario,
ma unitario ed efficace, la molteplicità e la complessità a tutti i livelli.
“L’uomo è, in terra, la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa” (Gaudium et spes 24),
ricorda il Concilio Vaticano II. Nessuna iniziativa, sistema, organizzazione, può dunque essere
autoreferenziale, ma ha come suo fine naturale il bene della persona, bene che deve sempre
integrarsi nella totalità buona e armonica, quindi ordinata, della persona umana.
Il punto centrale e unitario, dunque, la questione delle questioni, è la persona. Si tratta di
rimettere al centro l’uomo non solo nella sua dignità decantata, ma nella sua identità riconosciuta.
Siamo di fronte alla questione antropologica, che il Progetto Culturale della Chiesa Italiana ha
messo in assoluta evidenza. Il valore di ogni persona è proclamato dalle sponde più diverse: e ciò è
una grande acquisizione della coscienza moderna. A volte però si ha l’impressione che sia un
principio dichiarato ma fragile, in quanto non ancorato rigorosamente sui necessari fondamenti
teoretici. E’ comunque significativo che le tematiche legate all’ antropologia, al concetto di natura,
di diritto naturale ecc., siano ormai entrate anche nella cultura diffusa e nel dibattito pubblico.
Rimettere al centro la persona significa dunque promuovere la cultura dell’educazione e
riconoscerle, di diritto e di fatto, la priorità. Se non si vuole solamente rincorrere i diversi problemi
della società odierna – dalla politica all’economia, dalla sicurezza al lavoro, dalla ricerca scientifica
alla tecnologia, dall’intercultura alla globalizzazione – è necessario ancorarsi ad una chiara e
fondata visione antropologica da cui scaturiscono una conseguente linea educativa e un coerente
affronto dei problemi particolari.
E’ un compito che certamente coinvolge diversi soggetti - famiglia, scuola, Comunità
cristiana, Istituzioni sociali - : ma ognuno con peculiarità specifiche e irrinunciabili.
Mi è caro concludere la mia introduzione con una sintetica e profonda affermazione del
teologo austriaco Josef A. Jungmann: “L’educazione è l’introduzione alla realtà totale”. Perché
questa introduzione avvenga è necessario un orizzonte di senso che interpreta, dà misura e valore a
conoscenze, esperienze, fatti. E’ l’orizzonte di senso che introduce l’uomo al reale, permettendo un
orientamento e una sintesi armonica: ciò gli infonde fiducia in sé e coraggio di fronte alla vita.
Viceversa, si è non “introdotti” ma “gettati” nella realtà e il sentimento che ne deriva non è quello
di sentirsi a casa, ma di essere disorientati e smarriti, senza punti di riferimento certi e veri.
Di grande profondità sono le considerazioni di un grande educatore che fu un vero punto di
riferimento per intere generazioni di giovani, Romano Guardini: “Che cosa significa educare? (…)
significa che io do a quest’uomo coraggio verso se stesso. Che gli indico i suoi compiti e interpreto
il suo cammino. Che lo aiuto a conquistare la libertà sua propria (…) Devo dunque mettere in moto
una storia umana e personale. Con quali mezzi? Sicuramente avvalendosi anche di discorsi,
esortazioni, stimoli e metodi. Ma ciò non è ancora il fattore originale. La vita viene destata e accesa
solo dalla vita. La più potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso in prima persona
mi protendo in avanti e mi affatico a crescere (…). Da ultimo, come credenti diciamo: educare
significa aiutare l’altra persona a trovare la sua strada verso Dio. Non soltanto far sì che abbia le
carte in regola per affermarsi nella vita, bensì che questo ‘bambino di Dio’ cresca fino a
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raggiungere la ‘maturità di Cristo’. L’uomo è per l’uomo la via verso Dio” (Persona e libertà, La
Scuola 1987, pagg. 222-223).
Gesù Cristo ci rivela che l’orizzonte ultimo e totale dell’uomo e del mondo non è
un’ideologia, un codice, ma la persona stessa di Dio. Per questo Egli sta anche all’origine ed è il
criterio per affrontare con la responsabilità dovuta ogni frammento di storia, di quella personale
come della storia del mondo. Per questa ragione, capovolgendo l’affermazione di Cornelio Fabro
che descrive la situazione contemporanea, Dio non solo esiste, ma c’entra con la vita dell’uomo
concreto alle prese con se stesso, con i suoi interessi, i suoi problemi; c’entra innanzitutto con la
straordinaria responsabilità di educarsi e di educare; anzi, di educare educandosi.
In questa prospettiva, l’impegno di “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia” – come
afferma il titolo degli Orientamenti Pastorali per questo decennio – non è un’operazione esterna,
potremmo dire di chirurgia estetica; ma è immettere nella pasta della vita di ciascuno, come della
storia in generale, il lievito evangelico che la fa fermentare in tutte le sue potenzialità. L’esempio di
Cristo e la potenza vitale della sua Grazia, infatti, conducono l’uomo alla sua piena maturità.
D’altronde non possiamo dimenticare ciò che ricorda il Concilio con tanto splendore di verità, cioè
con tanta bellezza: “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (Gaudium et
spes, 41).
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