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NOVEMBRE 4, 2016 BY IL BARATTOLO DELLE IDEE LEAVE A COMMENT
La candela
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In effetti ho ben presente il periodo in cui scrivevo queste poesie. Era l’estate
del 1997, avevo finito da poco di lavorare e scrivevo lunghissime
corrispondenza alla mia compagnetta di banco. Ci scambiavamo un quanderno
tutti i giorni durante l’inverno e d’estate io le scrivevo quasi ogni giorno. La sera
sopratutto, quando tutti andavano a dormire. L’estate per me era un periodo
molto noiso, i miei non organizzavano praticamente nulla ed io lavoravo per
tutta la prima parte della paura scolastica, grosso modo sino al 15 Agosto. Poi
mio padre entrava in ferie e noi fratelli interrompevamo il lavoro. Io m’ero
cercato da solo il posto dove andare a lavorare, facevo il giro di bar, meccanici,
negozi e chiedevo a tutti se cercassero un ragazzo per lavorare. All’inizio mi
vergognavo da matti a chiedere quell’informazione, anche perché spesso le
cassiere non capivano bene di che stessi parlando. Poi dopo un pò ci facevo
l’abitudine e diventava una frase automatica. Quell’anno avevo trovato lavoro
nel bar Castiglione angolo via Perez, esiste ancora il bar e i proprietari. Era
terribile non poter precisare che studiavo e che il lavoro mi serviva per qualche
mese, mia madr mi diceva di non dirlo e io giocavo di ambiguità finché non
saltava fuori. Poi in un modo o nell’altro mi licenziavo o venivo lincenziato.
Adesso da adulto, proprio non riesco a capire perché mia madre si convincesse
a farci lavorare nei primi mesi delle vacanze. Quelli più pieni, vigorosi e
chiassosi, per poi lasciarci liberi dalla seconda metà d’Agosto in poi. Restavano
di fatto due settimane di vacanza, perché finito Agosto, i primi di Settembre si
entrava nell’ottica che la scuola stesse per ricominciare. Ecco era questo il
periodo in cui mi anniavo più in assoluto, Settembre era un mese triste,
rappresentava per me l’estate morente e pochi compagni restavano in città, per
cui di fatto ero solo e annoiato e stavo lì ad aspettare che cominciasse la scuola.
Mio fratello soffriva meno la noia lui sin da piccolo si buttava davanti la
televisione e non rompeva le scatole. Io di giorno non avevo granché da fare,
ero sempre stato un tipo solitario e poi sai com’è se non ti sei mai potuto
coltivare le amicizie, perché d’inverno studi e d’estae lavori, alla fine quando sei
libero stai da solo.
Ricordo le liti furbonde, perché mia madre voleva che le dessi i soldi che
guadagnavo e che cavolo, me li sudavo, almeno lasciameli in tasca per farmi
divertire quei 15 giorni. Ma divertimento è una parole che le non conosce,
rigore, disciplina, depressione e rabbia sono gli unici sentimenti che tutt’oggi
conosce. Gli rubavo parte delle mance che mi davano, perché lei voleva gli
dessi anche quelle. Non aveva certo bisogno dei miei soldi e se l’economia
familiare fosse dipesa da quei due mesi di lavoro miei saremmo stati apposto.
Non credo prendessi più di 70.000 lire a settimana. Era la cosa che più mi
faceva ammattire. Mio fratello maggiore non protestava mai di questa cosa,
mentre a me la cosa faceva sempre imbestialire e poi c’era sempre mio padre.
L’eterno assente, che pur di non litigare con mia madre, cosa che puntualmente
succedeva lo stesso, preferiva dargli sempre ragione e cercava con il suo
filosofeggiare di spiegarmi che i miei discorsi non avevano senso, che in
famiglia non c’erano soldi di nessuno e che se avessero dovuto chiedermi
indietro tutti i soldi che avevano speso per me non l’avremo finita più, quindi
non aveva senzo raggionassi in quei termini.
Invece ce lo aveva e come, perché quei soldi erano miei, me li ero sudati e li
avrei voluti come ricompensa per dei sacrfici che già era assurdo fare.
Più in là mi dissi che abituarmi al mondo del lavoro sin da piccolo era stato
importante, ma adesso penso che non abbia più senso. Ogni cosa ha la sua
età e l’unico risultato fu viversi delle estati costellate i solitudine e noia, di cui
queste poesie sono il diretto risultato.
Passa sola la fiammella di una candela
che si riflette nei miei occhi
agitandosi come le mie passioni e dolori
il suo tiepido giallore
infittisce l’aria tetra
che tutt’attorno di respira
e alla gente che ancora spera
non dico nulla
lasciandoli sognare
Tanto a poco serve sapere
che il sogno mai s’avvera
e alla gente che ancor spera
racconto la mia storia
che si perde tra i dolori
amori illusori e passioni vissute a metà
e ora lasciatemi stare
tra i miei grandi sbagli
e il mio animo che fallace
si specchia nella fioca candela
che sola e solitaria
ci illumina della luce di una fede
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CasaSuperStar About 2 hours ago
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Si certo :). Ovviamente ha un gusto molto particolare sia per l'impasto che pe ril condimento....
Ma veramente buon… https://t.co/RWmFzUMAG7 giugno 1, 2017 8:20 pm
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