LETTERA SULLA PASTORALE VOCAZIONALE
(Vicenza, Episcopio, 29 aprile 2007)
Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?
Vicenza, 29 aprile 2007
Cari sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose
e fedeli laici della Diocesi di Vicenza,
in occasione della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni in
programma domenica 29 aprile 2007, vi invito a rendere grazie al Signore
per la fede cristiana, che abbiamo ricevuto nel Battesimo, e per gli
innumerevoli doni con cui il Signore arricchisce la nostra vita e quella della
Chiesa.
Ci ricorda l'apostolo Paolo:"Per grazia siete stati salvati mediante la fede e
questo non viene da noi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere perché
nessuno possa vantarsene" (Ef 2,8-9).
La rinascita battesimale ha compiuto tutto ciò non per speciali nostri
meriti, ma per puro dono di Dio, che ci amato in Cristo prima che noi
nascessimo e ci ha chiamato all’esistenza e alla vita divina, fonte di
speranza per l’eternità. E' in questa prospettiva di gratuità e di fedeltà, da
parte di Dio nei nostri confronti, che si colloca la nostra risposta. Se
gratuitamente siamo stati amati e scelti, gratuitamente dobbiamo restituire a
Dio quanto ci ha dato con una vita degna e santa, come si conviene a figli
riconoscenti e fedeli. Comprendiamo allora che la vocazione è dono e
chiamata, accoglienza e servizio. E’ un cammino di graduale
appropriazione della volontà di Dio e di impegnativa risposta, che si
realizza nella comunità dei discepoli del Signore secondo le vie che lo
Spirito suscita e indica a ciascun credente per la sua santità e il bene di
tutta la Chiesa.
La Giornata di preghiera per le vocazioni incentra il suo obiettivo
primario nella chiamata al sacerdozio e alla vita consacrata, che
rappresentano le vocazioni specifiche “per il Regno dei cieli”, volute da
Cristo per chi si mette alla sua sequela e ne accoglie ed imita la stessa vita
di povertà, castità e obbedienza. Il carattere ministeriale e carismatico e la
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profondità d’amore che queste vocazioni esprimono le rendono speciali nel
popolo di Dio e per questo hanno sempre avuto una cura ed una attenzione
da parte della comunità e dei suoi pastori.
Oggi, in un contesto di fede e di vita cristiana debole ed in una
cultura dove prevale la difficoltà di impegnare tutta la propria vita per il
Signore e la Chiesa, queste vocazioni diminuiscono e rischiano di apparire
sempre più difficili da proporre e da perseguire. Eppure resta forte l’invito
che il Signore fa risuonare nel cuore di tanti giovani e ragazze: "Vieni e
seguimi".
Come sostenere la risposta generosa a questa chiamata? E’ un
compito decisivo di tutta la comunità, delle famiglie, dei sacerdoti, religiosi
e religiose, di ogni credente. Particolarmente per la vocazione al sacerdozio
ministeriale diventa decisivo un più capillare e sistematico impegno da
parte di tutti, affinché non venga meno la necessaria presenza di coloro che,
nella Chiesa, garantiscono l’Eucaristia e la guida pastorale delle comunità.
Di questo credo che ogni credente si renda sempre più conto e si chieda
come e che cosa fare al riguardo.
1. La preghiera per le vocazioni
"Pregate il padrone della messe, perché mandi operai alla sua messe"
La preghiera è il primo dovere e la via più efficace per suscitare
disponibilità, aprire i cuori all’ascolto della chiamata, donare forza a chi è
indeciso, rendere efficace ogni iniziativa di pastorale vocazionale. La
preghiera è la condizione insostituibile per far rifiorire anche il deserto e
fecondare il terreno più arido e refrattario. Ogni comunità cristiana è
impegnata a promuovere occasioni e momenti di preghiera continuata e
permanente per le vocazioni, a dare vita a specifici gruppi di preghiera
vocazionale, in parrocchia, nelle comunità religiose e sacerdotali, nelle
stesse famiglie. I malati e gli anziani, in particolare, siano invitati ad offrire
le loro sofferenze e la loro preghiera per questa intenzione.
Momento fontale di grazia per tutti è l’Eucaristia e la celebrazione
del sacramento della Penitenza. Lo è in particolare per i giovani e per i
ragazzi. Occorre accompagnarli a vivere con gioia l’incontro con Cristo in
questi sacramenti. L’Eucaristia domenicale, ma anche feriale se possibile,
promuove quella familiarità con Cristo e la Chiesa, che apre l’animo ad
accogliere una possibile chiamata. Così pure l’esercizio della
riconciliazione nel sacramento affina il desiderio di amore a Cristo e
sostiene una vita di grazia ricca di carità.
2. L’amore a Cristo conosciuto e incontrato nella sua Parola
"Beati coloro che ascoltano e custodiscono la Parola di Dio"
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La forte accentuazione cristologica che oggi hanno la predicazione e
l’insegnamento della Chiesa e la conseguente insistenza, nella formazione,
sulla fede nella persona e nel mistero del Figlio di Dio, Salvatore di tutti gli
uomini, fa emergere l’importanza della catechesi da cui purtroppo evadono
tantissimi ragazzi e giovani, che abbandonano le comunità dopo la
celebrazione del sacramento della Cresima. Anche in quelli che continuano
a frequentare i gruppi ecclesiali si nota una crescente debolezza cognitiva
della fede, che scade in forme di religiosità superficiali e sempre meno
ancorate ai contenuti del messaggio e dell’etica cristiani. Pur con tutta la
gradualità necessaria, non ci si può limitare a curare l’’animazione e la
socializzazione, ma occorre aprire ai giovani l’immenso patrimonio
conoscitivo, spirituale, umano, culturale di cui il cristianesimo è depositario
e portatore nella storia e che ha il suo punto di riferimento nella Bibbia e nel
Magistero della Chiesa. Suscitare amore a Cristo mediante l’accostamento
coinvolgente alla sua Parola con la lectio biblica e altre iniziative di ascolto,
silenzio, contemplazione è un preciso impegno dei sacerdoti, degli
animatori, di chiunque opera nel mondo giovanile e che esige, a monte, una
solida formazione catechistica da parte loro insieme alla testimonianza di
una vita coerente e generosa nel servizio.
3. L’amore alla Chiesa
"Amatevi come io vi ho amato"
La vocazione è legata al servizio nella Chiesa e per la Chiesa. Oggi
molti ragazzi e giovani manifestano difficoltà nei riguardi della Chiesa e,
fatto ancora più preoccupante, quanti non appartengono ad un gruppo
ecclesiale si dichiarano anche non semplicemente appartenenti alla Chiesa.
Questo dato interpella profondamente tutti: vescovo, sacerdoti, famiglie
cristiane, intera comunità. Occorre aprire le parrocchie ed ogni realtà
ecclesiale all’accoglienza dei giovani, dare spazio al loro protagonismo e
far toccare con mano che la Chiesa non è estranea ai loro problemi e attese.
Il volto della Chiesa e di ogni sacerdote ed educatore deve apparire
trasparente del volto di Cristo e del suo profondo amore per i giovani.
Ma è anche necessario che l’amore alla Chiesa e la positività di starci
dentro emerga con evidenza nella testimonianza dei sacerdoti, degli
educatori e degli adulti. Il principio "Non si può avere Dio per padre, se
non si ha la Chiesa per madre" va attuato con coerenza e fedeltà da parte di
coloro che dalla Chiesa ricevono il mandato di essere pastori del popolo di
Dio o catechisti e animatori dei ragazzi e giovani. Una critica erosiva verso
la Chiesa, un prendere le distanze dall’insegnamento del Magistero, in
questo o quel campo della dottrina o della morale cristiana, non può certo
aiutare i giovani a maturare un amore alla Chiesa tale da accettare di
servirla nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata. E’ una attenzione
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che ogni persona, che ha un responsabilità educativa nella Chiesa, deve
avere sempre nella predicazione, nella catechesi, nella testimonianza,
vissute nella sincerità ed obbedienza a quanto la Chiesa indica come via di
fedeltà a Cristo e al Vangelo, andando a volte anche controcorrente rispetto
alla mentalità e alla cultura dominanti.
4. La testimonianza di coloro che per vocazione possono dire: "Io ho
incontrato il Signore"
"Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo"
E’ sempre stata questa una via privilegiata per suscitare nell’animo
dei giovani la risposta alla chiamata. Perchè l’esempio trascina più delle
parole e dei consigli. Un sacerdote, una religiosa, una comunità cristiana,un
gruppo di amici che crescono nella fede: tanti sono i testimoni possibili.
Non tanto e non solo nel fare e nel servire, ma nell’amare Dio. E’ questo
primato dell’amore di Dio in Cristo che trascina sulla stessa strada e suscita
coinvolgimento ed interesse. L’affanno dell’operare è anzi, a volte, una
contro-testimonianza, perché può far apparire la vocazione solo una
autorealizzazione o un servizio agli altri, senza esprimere chiaramente i suoi
fondamenti, che sono l’amore di Dio, l’amicizia con Cristo, il desiderio di
stare con lui e di considerarlo il centro del proprio cuore, della propria vita.
Il presbitero e la religiosa non sono dei funzionari, dei leaders, ma
dei discepoli innamorati dell’unico Maestro e Signore per il quale hanno
lasciato tutto e al quale donano tutto se stessi. Ad ognuno di loro dico: la
riconoscenza per il dono ricevuto susciti nel nostro cuore l’impegno della
restituzione a Dio e alla Chiesa di quanto ci è stato dato, favorendo, come
ogni buon padre e madre, la nascita e la crescita di vocazioni sacerdotali e
alla vita consacrata.
5. L’accompagnamento in famiglia e in parrocchia
"Non temere: Io sono con te tutti i giorni"
Tanti sono anche oggi i giovani e le ragazze, che sentono la chiamata
del Signore, ma spesso non sono aiutati ed accompagnati da chi è loro
accanto come educatore, guida e amico. I genitori, in primo luogo, sono
chiamati ad assumere la responsabilità primaria di fare la volontà di Dio nei
confronti dei figli e quindi ad ascoltare e discernere i segni che in essi si
manifestano circa una possibile vocazione sacerdotale o religiosa. La
felicità di un figlio e di una figlia, infatti, non sta nella scelta di vie
umanamente più promettenti per il loro futuro, ma nella sequela di Dio e del
suo disegno su di loro. I genitori di tutto questo sono i primi custodi e
servitori sull'esempio di Maria, che, pur non comprendendo la vocazione
misteriosa del Figlio, conservava nel cuore tutte le cose che le capitavano e
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che il figlio stesso le diceva, aprendosi all’ascolto di Dio e alla sua
rivelazione.
L’accompagnamento è compito precipuo poi dei sacerdoti. Una
pastorale dei ragazzi, dei giovanissimi e dei giovani meno anonima e
massificata e più personalizzata permette di cogliere, in qualcuno di loro, i
segni evidenti di una possibile apertura alla vocazione. Tocca al sacerdote
discernere ed aiutare i giovani a capire e a seguire la chiamata. I ragazzi e i
giovani necessitano di figure significative di riferimento e ricercano il
dialogo e l’incontro sia sotto forma di direzione spirituale, che come
accompagnamento amicale, attenzione e sollecitudine profonda,
disponibilità all’ascolto.
L’amicizia con un sacerdote, una suora o un educatore ricco di
umanità, di pazienza e di gioia resta nel cuore dei ragazzi e dei giovani
come un fatto molto positivo che portano con loro, anche se si allontanano
dalla parrocchia e dal gruppo. Questa è un’apertura di credito decisiva che
occorre saper gestire con frutto nella pastorale missionaria dei sacerdoti e di
ogni educatore cristiano, sia all’interno della comunità che nei vari ambienti
giovanili, come la scuola, l’università, lo sport, la strada. Occorre farsi
trovare lì dove i ragazzi e i giovani vivono, studiano, si incontrano.
6. Una comunità missionaria con i giovani
"Andiamo altrove, perché anche là io devo predicare"
L’estendersi del fossato tra chi è appartenente alla Chiesa e chi è
fuori dei normali circuiti catechistici e formativi delle nostre comunità
segnala un fatto preoccupante: l’indebolimento della forza e dello slancio
missionario. Questa situazione sollecita tutta la comunità, e i giovani
credenti in primo luogo, ad uscire “dall’accampamento” protetto della
parrocchia o del gruppo per ricercare le vie più efficaci possibili, per
avvicinare, con una presenza amicale e forte, tutti i ragazzi e giovani nei
loro ambienti di vita, di studio e di tempo libero.
Certo, l’impegno missionario deve fare i conti con la cultura sociale,
che circonda e circuisce le nuove generazioni. La costante erosione dei
principi e dei valori della fede e della tradizione cristiana, i modelli
reclamizzati di uomo e donna “riusciti”, i messaggi di una vita gaudente e
disimpegnata dalle proprie responsabilità etiche verso se stessi e gli altri,
concorrono a promuovere una cultura, che è all’opposto di quella
vocazionale basata sul dono gratuito di sé e sul servizio generoso al Signore
e alla comunità. Incidere sulla cultura sociale diventa dunque la frontiera
più difficile, ma anche più necessaria, se si vuole favorire un terreno adatto
allo sbocciare della vocazioni. Si tratta di un’impresa coinvolgente tutti i
cristiani, non solo gli specialisti ed i responsabili degli ambiti della cultura,
della politica, dell’economia, dei mass-media. Se la Chiesa oggi non è
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missionaria, fatalmente è destinata a farsi corresponsabile della sparizione
progressiva della fede cristiana. La necessità della missione si fonda sulla
proposta della santità come modello possibile di vita alternativa al mondo,
ma ricca di significato e di gioia interiore per se stessi e per gli altri.
7. I ragazzi e i giovani protagonisti e responsabili del loro futuro
vocazionale
"Se vuoi essere mio discepolo, rinuncia a tutto e seguimi"
La chiamata del Signore continua a farsi sentire nel cuore di tanti
ragazzi e giovani, ma spesso trova ostacoli insormontabili per ottenere una
risposta generosa e disponibile. Eppure, malgrado tante difficoltà sorprende
sempre “il miracolo delle vocazioni” a cui spesso assistiamo, anche nel
nostro tempo, e che sollecita un impegno ancora più grande e perseverante
da parte delle nostre comunità, ed in particolare dei sacerdoti ed educatori,
nel seminare e nell’accompagnare con pazienza e fiducia il cammino dei
giovani sulla via misteriosa ed affascinante della chiamata. E’ questo
l’aspetto positivo e interessante che si evince da tutte le inchieste, che, di
volta in volta, si fanno sulla vocazione. Emergono, infatti, diverse aperture
di credito significative per dare vigore e forza alla proposta vocazionale,
inserendola in un cammino di fede e di missione, che si investa dei
problemi e delle attese proprie dei ragazzi e dei giovani, sia di quelli
appartenenti alle nostre comunità che di quelli non appartenenti e che
vivono ai margini o lontani da esse.
Una nota positiva nella nostra Diocesi è relativa alla qualità delle
iniziative vocazionali offerte ai ragazzi e ai giovani, i quali non le rifiutano
pregiudizialmente, anzi prestano loro attenzione e disponibilità
considerandole un fatto significativo ed importante. E’ però necessario
sostenere tali iniziative, a cominciare da quelle del Seminario Minore per i
ministranti, che si svolgono regolarmente durante l’anno nei vicariati. Lo
stesso vale per le proposte del Sichem, de "Il Mandorlo" e del Seminario
Maggiore per i giovani.
Le parrocchie, i movimenti e gruppi ecclesiali, le associazioni e
realtà laicali impegnate nel campo giovanile, sia sul piano della formazione
che della spiritualità e della solidarietà, sono chiamati ad attuare uno sforzo
concorde e collaborativo per dare vita ad una rete di impegni comuni volti a
sostenere l’annuncio e l’invito vocazionale, in spirito di comunione e di
gioioso entusiasmo.
Si darà avvio nel prossimo anno pastorale ad un Centro vocazionale e ad
una rete collegata sul territorio per sostenere il discernimento dei giovani
che vogliono riflettere sulla possibilità di orientare la loro vita al sacerdozio
ministeriale. Guidato da una équipe stabile di sacerdoti ed in stretto
raccordo con la pastorale vocazionale, il Sichem ed "Il Mandorlo", il Centro
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proporrà iniziative ed offrirà un luogo di "sosta spirituale" a quei giovani
che lo chiederanno, trovando così un ambiente ed un accompagnamento
sereno e positivo per maturare le loro scelte.
Cari amici,
credo che il Sinodo dei giovani debba investirsi di queste
problematiche e offrire un riferimento chiaro per affrontarle seriamente con
i giovani stessi, ponendo in risalto gli obiettivi e i cammini essenziali di
sempre per un rapporto fecondo verso i giovani: la formazione permanente
sulla Parola di Dio e la preghiera, la paternità spirituale, un ambiente
comunitario ricco di valori umani e cristiani dove crescere e maturare la
propria personalità libera e responsabile.
Resta poi decisivo l’impegno missionario, che porta ad avvicinare i
giovani nei luoghi e situazioni della loro vita concreta e ad incidere, per
quanto è possibile, sul cambiamento della cultura sociale in cui sono inseriti.
E su questa via il Sinodo avvierà la seconda fase, che mi auguro sia sentita
ed accolta con entusiasmo da tutti i giovani, i sacerdoti e diaconi, i religiosi
e religiose, le famiglie ed i fedeli delle comunità cristiane.
Questo non è più il tempo delle lamentazioni, ma del coraggio e
dell’intraprendenza spirituale e pastorale, cogliendo nei segni dei tempi
l’invito a promuovere tutti insieme come Chiesa quel cammino di ripresa di
vita cristiana incentrata sulla fede in Cristo risorto, speranza del mondo,
testimoniato a tutti con la gioia di chi sa di portare un “Vangelo” atteso dal
cuore di ogni uomo, di ogni giovane. Se la temperatura cristiana e spirituale
della nostra Chiesa crescerà in santità, comunione e missione, allora
prepareremo un terreno propizio per accogliere la chiamata del Signore, che
risuona anche oggi forte e non cessa di inquietare il cuore di tanti giovani.
+ Cesare Nosiglia, arcivescovo
vescovo di Vicenza
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