Attendiamo l’Emmanuele
Siamo nell’ultima domenica di avvento, quella prima di Natale. Abbiamo vissute
queste domeniche preparandoci al nuovo Natale.
Nella prima domenica d’Avvento avevamo parlato di vigilanza perché dobbiamo capire
che l’incontro con Dio non s’improvvisa. Tanti giovani rimandano il pensiero di Dio a
quando saranno anziani ma noi non sappiamo quando il Signore verrà a chiamarci ed è
certo che ci chiamerà. Dobbiamo parlare della morte perché è una realtà e se ci
pensassimo un po’ di più il nostro stile di vita cambierebbe.
Noi siamo cristiani e dobbiamo impostare la nostra vita in modo cristiano. Nel giorno di
Natale noi attendiamo Gesù Cristo; entrare nel cuore del Natale significa prepararci
all’incontro con il Signore e questo incontro deve portarci ad una verifica della vita
nostra e ad una conversione.
Nel progetto di Dio il Natale ci è stato donato per restituire l’uomo all’uomo perché ci
siamo persi. Tanta gente vive tutta la vita male non perché non vuole bene agli altri ma
perché non accetta sé stesso. Dobbiamo capire una cosa importante: Dio ci ama per
quello che siamo, se Gesù si è incarnato è per liberare l’uomo. Gesù è venuto per i
peccatori non per i giusti o per quelli che pretendono di essere giusti, è venuto per i
malati e non per i sani, Gesù è venuto per noi quando nella nostra umiltà sentiamo il
bisogno di Dio e ci sentiamo peccatori. Siamo tutti peccatori e più ci
avviciniamo a Dio più ci accorgiamo di esserlo perché quando siamo accanto a Dio Lui
ci illumina e ci fa vedere anche le piccole cose che rimangono nascoste tra le pieghe
della nostra coscienza. Di fronte alla grandezza e alla bontà di Dio, di fronte alla sua
perfezione non si può non sentirsi poveri peccatori. Anche San Francesco si sentiva un
grande peccatore. A Gesù piace quando noi riconosciamo quello che siamo ed è allora
che lui ci viene incontro e ci aiuta. Quando invece ci sentiamo a posto con la nostra
coscienza che ormai abbiamo addormentato e ci diciamo “ma io cosa faccio di male?”, è
allora che sorge il problema perché se è importante “non fare il male” il vero dramma è
“non fare il bene”, perché il bene non fatto è un peccato, è un peccato di omissione. Un
cristiano è un missionario, la gente deve riconoscere nel modo in cui egli vive il
messaggio di Gesù. Se un cristiano vive da cristiano mette in crisi tutti quanti e noi
dobbiamo essere orgogliosi di essere cristiani e provarne anche la gioia. Poi rimaniamo
poveri peccatori anche perché abbiamo le nostre frustrazioni, le nostre angosce.
Guardate le famiglie, anche i vostri figli sono agitati perché i genitori non sono sereni, i
figli hanno bisogno di esempi e noi dobbiamo saper essere testimoni. Gesù è venuto
per dirci che siamo figli di Dio, per dirci che Dio ha un suo progetto su ciascuno di noi e
che il nostro destino è cominciato un giorno quando i genitori ci hanno concepito e Dio
ci ha creati ma poi durerà per l’eternità, questa è la grandezza del Natale. Dio è venuto a
noi ed è nato in una stalla ed il presepio ce lo ricorda. Ecco perché in ogni casa del
cristiano a Natale ci dovrebbe essere un presepe e non un albero con le palle appese.
Noi dobbiamo cercare di ritrovare la nostalgia di Dio, di questo Dio creatore. Invece
siamo tanto presi dalle cose che non guardiamo più il creato, la natura, l’erbetta, le
piante, gli uccelli che ci riempiono il cuore. Noi la natura l’abbiamo massacrata e un
giorno forse si ribellerà, dobbiamo cominciare ad avere rispetto per questo dono di Dio.
San Francesco era amante del creato perché in esso egli riconosceva il tocco del Signore.
Dobbiamo avere rispetto per questo dono di Dio.
Gesù è chiamato l’Emmanuele che vuole dire il Dio con noi, se ci pensassimo con fede ci
scoppierebbe il cuore dalla gioia, Dio è con noi, condivide insieme a noi questo mondo
così confuso, fa ancora nascere la vita, i bambini, ciò significa che non si è stancato di
noi e tutti gli anni ci manda la sua proposta di incamminarci verso il cuore delle cose, di
andare verso Betlemme per trovare Maria, questa donna che poco più che bambina
riceve l’annunzio dell’angelo. Pensate che emozione ma anche che fatica! Maria non
risponde subito alla richiesta, aspetta che l’angelo la rassicuri dicendole nulla è
impossibile a Dio, anche Elisabetta partorirà un bambino e a queste parole la Madonna
crede e si affida a Dio, se anche noi avessimo questa fede sposteremmo le montagne e
potremmo chiedere tutto al Signore.
Che bello quando San Giovanni dice a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di
diventare figli di Dio. Non ha detto servi di Dio, ha detto figli! Gesù ci ha insegnato a
chiamare Dio con il nome di Padre, Abbà, papà! Che bella confidenza! Noi siamo figli
di Dio per grazia, ricevuta con il battesimo. Se pensassimo più spesso ad una realtà così
grande, quante stupidaggini lasceremmo da parte!
Allora stiamo attenti a non tradire il Natale a non rinunziare a quanto di bello ci porta.
Il nostro deve essere un Natale di solidarietà. Gesù è nato nella povertà, in una stalla ed
è il figlio di Dio, non lo dimentichiamo mai altrimenti il Natale può diventare un
insulto a Dio. Nella stalla di Gesù vi erano gli animali e i primi a visitarlo furono i
pastori, considerati degli impuri a quei tempi, non erano nemmeno ammessi al tempio
perché vivevano a contatto con le bestie, eppure il primo annunzio è stato fatto a loro,
gente emarginata. San Francesco volle ricreare a Greggio l’atmosfera di umiltà in cui
nacque il figlio di Dio e fece il suo presepe. Facciamo un piccolo presepe anche noi,
guardiamolo e diciamo “questo ha fatto Dio per me per venire incontro alla mia
povertà, per venire incontro alla mia miseria!” Comincerà così ad arrivare un po’ più di
serenità.
Vi auguro che questo sia il Natale più scomodo della vita vostra, scomodo perché avrete
invitato un povero, qualcuno che è solo e sarà come se aveste invitato il Signore.