17.10.2005 TAR LAZIO - ( il medico di base ha diritto a ricevere scelte da parte di assistiti residenti in tutti i Comuni ricompresi nell’ambito territoriale della Azienda stessa) § - Se la ragione della riconosciuta possibilità di esplicazione della scelta del medico nell’intero ambito di un grande comune, comprendente più unità sanitarie, è quella di accordare il più ampio spazio possibile, consentito dall’organizzazione, alla facoltà di scelta degli assistiti, non può ammettersi il restringimento del potere di scelta in ambiti infracircoscrizionali quando le Unità Sanitarie siano pluricomunali, provocando tale illogica soluzione una irrazionale disparità fra i cittadini (e medici) dei grossi centri e gli abitanti (e medici) di piccoli comuni vicini accorpati - accorpati secondo un criterio di congrua continuità ed assimilazione ambientale - in unica U.S.L.(www.dirittosanitario.net) sentenza 8296/05 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO ROMA – SEZIONE PRIMA bis composto dai Magistrati: - ELIA ORCIUOLO Presidente - PIETRO MORABITO Consigliere - ELENA STANIZZI Consigliere Rel. Est. ha pronunciato la seguente SENTENZA omissis ....... CONTRO - l’Azienda U.S.L. di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandra Scalzini e dall’Avv. Elaine Bolognini ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Ugo De Carolis n. 6, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Bolognini e dell’Avv. Claudia Bolognini; PER L'ANNULLAMENTO - del provvedimento della Azienda U.S.L. di Viterbo prot. n. 534 del 27 febbraio 1995, recante il rigetto dell’istanza del ricorrente volta ad ottenere la facoltà, quale medico convenzionato per la medicina generale di detta Azienda, di ricevere scelte da parte di assistiti residenti in tutti i Comuni ricompresi nell’ambito territoriale della Azienda stessa; - di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione Sanitaria intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi, alla Pubblica Udienza dell’11 maggio 2005, l’Avv. Antonio Funari per la parte ricorrente e l’Avv. Elaine Bolognini per l’Amministrazione Sanitaria resistente - Giudice relatore il Consigliere Elena Stanizzi; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: FATTO Espone in fatto l’odierno ricorrente – medico convenzionato per la medicina generale dell’Azienda U.S.L. di Viterbo per l’ambito territoriale di Barbarano Romano e di Villa San Giovanni in Tuscia – di aver presentato istanze volte ad ottenere la possibilità di ricevere scelte da parte di assistiti residenti anche in altri Comuni, sempre ricompresi nell’ambito territoriale della Azienda stessa. Tale richiesta è stata rigettata dall’intimata Amministrazione, mediante adozione del gravato provvedimento, nella considerazione che la stessa potrebbe trovare accoglimento solo dalla adozione di una sentenza soggettiva. Avverso tale provvedimento parte ricorrente deduce i seguenti motivi di censura: - eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità; - violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6 e 45 del D.P.R. n. 312 del 1990 in relazione all’art. 48 della legge n. 833 del 1978; eccesso di potere per sviamento e carenza di motivazione. Nel richiamare, parte ricorrente, l’art. 48 della legge n. 833 del 1978, che sancisce i principi del rapporto ottimale tra medici e popolazione, da definirsi con accordi collettivi, e della libera scelta del medico per ogni cittadino, assume il contrasto del gravato diniego con tali principi, soggiacendo il principio di libera scelta al solo limite oggettivo della disponibilità dell’organizzazione dei servizi sanitari. Con la conseguenza che, ricomprendendo l’intimata Azienda più Comuni, deve essere consentito al cittadino di scegliere un medico convenzionato anche in Comune diverso da quello di residenza purchè ricompreso nell’ambito territoriale dell’Azienda. Invoca parte ricorrente, ad avvalorare i propri assunti, i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza amministrativa, ricordando come il principio del rapporto ottimale tra medico e pazienti ed il limite costituito dal massimale tendono anche a salvaguardare l’interesse del medico alla possibilità di conseguire il numero massimo di assistiti, evidenziando il proprio interesse alla possibilità di acquisizione di scelte da parte di assistiti residenti nell’intero ambito territoriale della U.S.L. di appartenenza in quanto titolare allo stato di solo 870 scelte. Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Sanitaria eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e sostenendo nel merito del ricorso, con articolate controdeduzioni, la sua infondatezza, con richiesta di corrispondente pronuncia. Con ordinanza n. 1024/1995 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione degli effetti del gravato provvedimento. Alla Pubblica Udienza dell’11 maggio 2005, la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti, trattenuta per la decisione, come da verbale. DIRITTO Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso il provvedimento, meglio indicato in epigrafe nei suoi estremi, recante il rigetto dell’istanza del ricorrente volta ad ottenere la facoltà, quale medico convenzionato per la medicina generale dell’Azienda U.S.L. di Viterbo, di ricevere scelte da parte di assistiti residenti in tutti i Comuni ricompresi nell’ambito territoriale della Azienda stessa. In via pregiudiziale, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla eccezione, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione Sanitaria resistente, di difetto di giurisdizione del giudice adito. L’eccezione non merita accoglimento, posto che – secondo quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa - rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il diniego opposto dall’Amministrazione Sanitaria ad un medico convenzionato in ordine all’accettazione tra i propri pazienti di cittadini di Comuni limitrofi, che lo hanno scelto come medico di fiducia, afferendo tale controversia a profili gestionali ed organizzativi della erogazione del servizio sanitario, e non al rapporto di prestazione di attività professionale. Quanto al merito del ricorso, il Collegio ne ravvisa la fondatezza. Ed invero, alla luce delle previsioni di cui all’art. 19, comma 1, ed all’art. 48, comma 3, della legge 23 dicembre 1978 n. 833, il diritto di libera scelta del medico soggiace soltanto al limite oggettivo della disponibilità dell’organizzazione dei servizi sanitari. Il che vale a dire che tale principio, pur non avendo valore assoluto ma operando solo nell’ambito dell’organizzazione sanitaria pubblica, trova il suo limite esclusivamente nelle esigenze organizzative della stessa. Giova in proposito ricordare che ai sensi dell’art. 25, comma 3, della citata legge, l’assistenza medica pubblica generica può essere erogata da medici dipendenti o da quelli convenzionati, operanti nella U.S.L.. E’ tra tali medici ed in tale ambito che quindi deve avvenire la scelta, la quale, però – ai sensi del quarto comma dell’art. 25 - è basata sulla fiducia, che assume un rilievo preminente sia dalla parte dell’assistito, sia da quella del sanitario. Ne discende dunque che, se la ragione della riconosciuta possibilità di esplicazione della scelta del medico nell’intero ambito di un grande comune, comprendente più unità sanitarie, è quella di accordare il più ampio spazio possibile, consentito dall’organizzazione, alla facoltà di scelta degli assistiti, non può ammettersi il restringimento del potere di scelta in ambiti infracircoscrizionali quando le Unità Sanitarie siano pluricomunali, provocando tale illogica soluzione una irrazionale disparità fra i cittadini (e medici) dei grossi centri e gli abitanti (e medici) di piccoli comuni vicini accorpati - accorpati secondo un criterio di congrua continuità ed assimilazione ambientale - in unica U.S.L. La corretta interpretazione dei sopra richiamati commi 3 e 4 dell’art. 25 della legge n. 833 del 1978 porta a ritenere, quindi, che l’ambito territoriale di operatività del personale sanitario convenzionato non può essere limitata a zone più ristrette rispetto a quella di competenza di una Unità Sanitaria Locale (in senso analogo : Cons. Stato – Sez. IV – 2 maggio 1995 n. 296), mentre tale ambito di operatività può essere ampliato qualora si versi nell’ipotesi di comuni rientranti nella competenza di più UU.SS.LL. Altrimenti detto, il riferimento al Comune di residenza del cittadino, operato dal richiamato art. 25, non può che costituire il minimum territoriale entro cui può esplicarsi l’attività del sanitario, dovendo allo stesso consentirsi di operare nel più ampio ambito territoriale laddove trattasi di U.S.L. a struttura pluricomunale, così come avviene nel caso di Comuni ripartiti tra diverse UU.SS.LL. Discende da quanto sopra illustrato che irrazionale ed in contrasto con la richiamata disciplina di cui alla legge n. 833 del 1978 appare il restringimento del potere di scelta del medico convenzionato in ambiti più ristretti rispetto all’intero ambito territoriale della U.S.L. di appartenenza a struttura pluricomunale, con la conseguenza della illegittimità del gravato diniego opposto dalla resistente Amministrazione Sanitaria al ricorrente alla richiesta di poter ricevere scelte da parte di assistiti residenti in Comuni diversi ma pur sempre rientranti nell’ambito territoriale dell’Azienda, provvedimento che quindi va annullato. Spese e competenze di giudizio possono equamente compensarsi tra le parti in causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Roma -Sezione Prima bis- Pronunciando sul ricorso N. 5653/1995 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il gravato provvedimento. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’11 maggio 2005. Dott. Elia ORCIUOLO – Presidente Dott.ssa Elena STANIZZI – Relatore Estensore