Cass. 2087/2012 - I terzi danneggiano socio o società? Cass., sez. II, 14 febbraio 2012, n. 2087 18.06.2017 www.personaedanno.it Avv. Adolfo Tencati Pag. | 1 Sommario Sommario Principi. 1 La fattispecie esaminata dalla S.C. 2 Legittimazione della sola società all'azione risarcitoria. 2.1 Ragioni giuridiche della non risarcibilità del «danno indiretto». 2.2 Le ragioni economiche della non risarcibilità del «danno indiretto». 3 Un punto fermo sull'azione risarcitoria individuale. 4 Bibliografia Principi. Il socio non è legittimato ad ottenere il risarcimento del danno, conseguente alla condotta di un terzo, lesiva del patrimonio sociale. Nulla, ovviamente, vie ta al socio stesso di agire in responsabilità contro gli amministratori se non si attivano per ottenere il risarcimento dal responsabile Pag. | 2 1 La fattispecie esaminata dalla S.C. Ponendosi in diretta continuità con Cass., sez. I, 23 giugno 2010, n. 15220 (DResp, 2011, 23; Soc, 2011, 253. Sulla sentenza cfr. Bugatti 2011, 25; Di Donato 2011, 255, oltre alle considerazioni ed all'ampio corredo bibliografico presentato da Tencati 2010, 1), l'attualmente considerata Cass. 2087/2012 traccia il confine tra la legittimazione del socio e quella della società all'azione risarcitoria, conseguente all'altrui inadempimento, che menoma il patrimonio sociale. Per apprezzare le argomentazioni giuridiche presentate dalla S.C. bisogna riepilogare la vicenda. Una società promette in vendita ad un'altra società alcuni terreni agricoli. Comunicato il preliminare all'affittuario, lo stesso rifiuta il rilascio del fondo, eccependo che il contratto d'affitto ha durata fino al 2014. Condividendo tale eccezione, il prezzo viene «rimegoziato al ribasso». Un socio della promittente venditrice pertanto si ritiene direttamente legittimato ad azionare la pretesa risarcitoria contro gli amministratori. Nasce un contenzioso, che presenta spetti agrari e societari. Il taglio della trattazione sconsiglia di approfondire i temi legati al «processo agrario» (sul quale v. Nappi F. 2008, 617). Sul versante societario, invece, si pone l'interrogativo : il risarcimento dev'essere corrisposto al socio od alla società? Il quesito è il riflesso sul piano sostanziale di quello, proposto sul terreno processuale, relativo alla legittimazione all'azione contro gli amministratori. Pag. | 3 2 Legittimazione della sola società all'azione risarcitoria. Cass. 2087/2012, attualmente analizzata, non richiama direttamente l'art. 2395 c.c., sebbene la norma costituisca il presupposto dell'intero ragionamento. Bisogna infatti stabilire se l'inadempimento del terzo — quand'anche determinante provvedimenti interdittivi a carico della società come nel caso giudicato dalle Sezioni Unite con sentenza 27346/2009 (sulla quale v. in seguito) — danneggia direttamente la società, ovvero il socio. Nel menzionato intervento delle Sezioni Unite, queste hanno superato il contrasto giurisprudenziale, rimesso alla loro attenzione, «in conformità dell'orientamento secondo il quale, qualora una società di capitali subisca, per effetto dell'illecito commesso da un terzo, un danno, ancorché tale danno possa incidere negativamente sui diritti attribuiti al socio dalla partecipazione sociale, nonché sulla consistenza di questa, sia con riferimento agli utili, sia con riferimento al valore della quota di liquidazione, il diritto al risarcimento compete solo alla società e non già anche a ciascuno dei soci, in quanto l'illecito colpisce direttamente la società e il suo patrimonio e obbliga il responsabile a risarcirle il danno, costituendo l'incidenza negativa sui diritti del socio nascenti dalla partecipazione sociale un effetto indiretto di detto pregiudizio e non conseguenza immediata e diretta dell'illecito» (Cass. sez. Un., 24 dicembre 2009, n. 27346, GI, 2010, 1080. La citazione proviene dal DVD). [La sentenza è stata ampiamente analizzata dagli studiosi. Si leggano: Fotticchia 2011, 359; Pinto 2011, 138]. La riferita soluzione è puntellata da ragioni giuridiche ed economiche. 2.1 Ragioni giuridiche della non risarcibilità del «danno indiretto». La non risarcibilità del danno indirettamente subito dal socio «alla redditività ed al valore della partecipazione sociale» (così si esprime l'art. 2497, 1º co., I periodo, c.c. Sui rapporti tra la norma e l'art.2395 c.c. cfr. Bonelli F. 2004, 214, nota 290) contrasta con l'idea «secondo la quale il socio può agire nei confronti dei terzi che abbiano cagionato un danno alla società. in quanto il danno incide sul suo diritto agli Pag. | 4 utili e alla quota di liquidazione. (Tale idea: N.d.A.) si pone in conflitto con il principio fondamentale secondo il quale, essendo le società di capitali fornite di personalità giuridica, ed essendo a questa coessenziale una perfetta autonomia patrimoniale, ciò comporta la netta separazione tra il patrimonio della società e quello personale dei soci, così da essere i rispettivi patrimoni direttamente insensibili alle rispettive vicende. Coerentemente, alla normale limitazione del rischio economico per il socio all'ammontare del conferimento corrisponde, nella normativa delle società di capitali, l'esclusiva imputabilità alla società degli atti compiuti e dell'attività svolta dai propri organi rappresentativi, con le relative conseguenze patrimoniali passive» (Cass., sez. Un., 24 dicembre 2009, n. 27346, GI, 2010, 1080. La citazione proviene dal DVD). Prova ulteriore del distacco tra le vicende della partecipazione e quelle del patrimonio sociale consiste, sempre a giudizio delle Sezioni Unite, nel fatto che la posizione del socio è incorporata in un titolo idoneo a circolare disgiuntamente dai beni componenti il patrimonio sociale. azione. Tale titolo è l'azione, costituente «l’unità base di misura della partecipazione sociale, suscettibile di circolazione secondo le regole dei titoli di credito (ma non rappresentativa di un diritto di credito, in quanto i soci divengono immediatamente titolari di un insieme di facoltà e poteri, ma non dei diritti agli utili ed alla quota di liquidazione, che sono inesigibili ed eventuali)» (Spiotta 2010, 1084. La citazione proviene dal DVD). Le azioni sono dunque «beni di secondo grado» (Ascarelli 1952, 385), indipendentemente dall'essere esclusivamente cartacee (come quando l'Autore scriveva), ovvero in larga parte dematerializzate, come avviene oggi. Le scritturazioni nei conti degli intermediari, infatti, dimostrano (come sopra detto riguardo alle azioni cartacee) che le azioni circolano indipendentemente dai cespiti formanti il patrimonio sociale. Il presupposto per configurare le azioni come «beni di seccondo grado» risiede nell'alterità del socio, legittimato a far circolare la partecipazione, e la società, titolare del patrimonio rappresentato dalle azioni stesse. Tale alterità è riflesso della personalità giuridica attribuita alle società di capitali. Peraltro personificazione delle società di capitali non è capace di spiegare la non risarcibilità del danno patito dal socio, quale riflesso della menomazione inferta da un terzo al patrimonio sociale. Infatti la «persona giuridica[è un] concetto normativo. [In quanto tale, non riesce ad] ad esprimere qualcosa di diverso e di ulteriore rispetto alla disciplina in esso riassunta. [Donde] la sua (…) incapacità di costituire la base per ulteriori Pag. | 5 deduzioni logiche. (Come diceva Galileo Galilei, "i nomi e gli attributi si devono accomodare all’essenza delle cose e non l’essenza ai nomi, perché prima furono le cose e poi i nomi")» (Pinto 2007, 924, nota 64; Spiotta 2010, versione su DVD). [I richiamati Autori, pertanto, concordano con quanto un illustre studioso della materia societaria affermò oltre 50 anni or sono: «la normativa riassunta con "persona giuridica" è a sua volta risolubile in una normativa concernente atti di uomini nati da ventre di donna; con" persona giuridica" vogliamo perciò solo brevemente indicare una disciplina normativa ed una disciplina normativa poi risolubile in norme pur sempre concernenti relazioni tra uomini (…); in verità persona giuridica non costituisce direttamente un dato normativo, ma solo una espressione abbreviata di una disciplina normativa» (Ascarelli 1957, 921)]. Stante l'evidenziata insufficienza del riferimento alla personalità giuridica, bisogna percorrere un'altra via per giustificare la soluzione concordemente prospettata dalle sentenze di legittimità recentemente espressesi in argomento (Cass., sez. Un. 27346/2009; Cass. 15220/2010; Cass. 2087/2012, attualmente esaminata). 2.2 Le ragioni economiche della risarcibilità del «danno indiretto». non La giurisprudenza menzionata al termine della pregressa fase espositiva ricorda prima di tutto che il valore delle azioni non è legato da una «corrispondenza biunivoca» all'entità del patrimonio, appartenente all'emittente. Su tale valore, infatti, incidono pure avvenimenti macroeconomici o socio – politici. Con ciò si offre una giustificazione economica all'autonomia della «partecipazione azionaria» rispetto ai beni sociali. Con l'ulteriore corollario di negare al socio la legittimazione a pretendere il risarcimento del «danno indiretto», recato da terzi al patrimonio, costituente la somma di quei beni. Alla negazione della legittimazione (e, sul piano sostanziale, del risarcimento) al socio si può però giungere per diversa via. Agli inizi del XX secolo, infatti, un importante commentatore del c. comm. 1882 scrisse: «il socio, ove fosse destinatario del risarcimento del “danno riflesso”, verrebbe a ritirare, per obliqua via, una parte del capitale conferito, prima che i creditori sociali siano soddisfatti; si verrebbe cioè a ridurre il capitale senza le garanzie volute dalla legge» (Vighi 1902, 124). Pag. | 6 L'entrata in vigore dell'attuale c.c., succeduto alla legislazione commerciale ottocentesca, non ha tolto smalto a queste osservazioni. Anche sulla scorta dell'odierna normativa, infatti, «disaggregare, in favore del socio, la riparazione di un pregiudizio rispetto al quale il patrimonio sociale non è “neutrale” significherebbe legittimare una fuoriuscita volontaria” di elementi positivi in favore del partecipante, con risultati non diversi dalla distribuzione di utili (…), senza passare per il necessario “filtro” imposto dal regime vincolistico del patrimonio d’impresa» (Pinto 2007, 928). È, in altri termini, la tutela dei creditori sociali ad esigere che i soci possano ottenere il risarcimento del solo danno agli stessi direttamente causato dagli amministratori o dai terzi. In caso contrario, il medesimo danno sarebbe risarcito due volte: atteso che la condotta antigiuridica lede il patrimonio sociale, la società sarebbe titolare della pretesa risarcitoria e legittimata ad azionarla in giudizio. Essendo peraltro lesi «la redditività ed il valore della partecipazione sociale», anche il socio sarebbe titolare della pretesa risarcitoria ed abilitato a farsene portavoce nelle aule giudiziarie. Indipendentemente dall'ottica con cui si guardi, il danno in questione è tuttavia unico. Pertanto non ci sono valide ragioni per risarcirlo due volte (così Cass. sez. Un. 27346/2009; Cass. 2087/2012) Pag. | 7 3 Un punto fermo individuale. sull'azione risarcitoria Alla luce delle considerazioni finora svolte, la tutela ex art. 2395 c.c. diviene residuale. Ma non per questo i soci sono meno tutelati. Spetta infatti ad essi la pretesa risarcitoria (fatta valere con l'azione di responsabilità ex art. 2393 c.c., od ex art. 2393 bis c.c.) a carico degli amministratori che non si attivano contro il responsabile per farsi risarcire il danno da lui recato al patrimonio sociale (Cass. 2087/2012). Si può quindi ribadire la conclusione, alla quale lo scrivente era giunto in un su precedente intervento (Tencati 2010, 1), per cui il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull'art. 2395 c.c. è davvero giunto al capolinea. Pag. | 8 4 Bibliografia Ascarelli T. 1952 in tema di titoli azionari, personalità giuridica e società tra società. in BBTC, I, 385. 1957 Personalità giuridica e problemi delle società. in RS, 921. Bonelli F. 2004 Gli amministratori di spa - Dopo la riforma delle società. Milano: Giuffrè. Bugatti L. 2011 Amministratore, danni al socio o al terzo e azione diretta. in DRsp, 25. Di Donato C. 2011 Azione di responsabilità «individuale» del socio verso l’amministratore. in Soc, 255. Fotticchia A. 2011 Osservazioni in tema di illecito del terzo e danno riflesso nelle società di capitali. in GCo, II, 359. Nappi F. 2008 Processo agrario. in ED - Annali, 617. Pinto V. 2007 La responsabilità degli amministratori per “danno diretto" agli azionisti. In P. Abbadessa, & G. B. Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gianfranco Campobasso.Torino: UTET Giuridica, 893. 2011 Illecito del terzo, danno riflesso e legittimazione dell’azionista. in BBTC, II, 138. Pag. | 9 Spiotta M. 2010 La nozione di «danno diretto» nella fattispecie, da negligente revisione) secondo le Sezioni Unite. in GI, 1084; versione su DVD Tencati A. 2010 Il ‘danno diretto‘ nell'art. 2395 c.c. in www.personaedanno.it, 23 giugno 2010. Vighi A. 1902 I diritti individuali degli azionisti. Parma: Battei.