Lezione di Emergenze Prof. Sabato (by Stefania P.) 10/05/2004 (ore 8-11) Il dolore I meccanismi del dolore sono stati chiariti negli ultimi anni e il termine dolore è sempre stato sinonimo di sintomo. L’universo dolore è stato visto in tutti i suoi aspetti, dalle terminazioni nocicettive, indicando con noxa il dolore acuto, quando c’è un danno sia tissutale che del SN. Un dolore che nasce dalle regioni del SN è tutta una patologia completamente diversa; poi c’è un dolore di tipo psicogeno e tutte le capacità cognitive, emozionali e di sensazioni che nascono sul dolore. Noi abbiamo una componente del dolore, diciamo autonomia, molto importante che scompare intorno al 33°-35° anno, tant’è che gli antichi romani, che avevano scoperto questa variabile, facevano diventare senatori la gente a quell’età, perché non sudano più le mani, non abbiamo più la tachicardia e tutti i meccanismi di fuga neurovegetativi scompaiono. L’altro concetto fondamentale è che oggi (e questa è la definizione accettata dalla Consiglio Europeo) il dolore, se viene mantenuto per troppo tempo, diventa proprio una malattia, perché questo non è solo un fatto teorico, ma è un fatto anche di tipo biochimico, cioè se noi abbiamo una situazione di dolore che si perpetua per parecchio tempo, questo dolore innesca dei meccanismi di fisiologia, di biochimica e di patologia a livello delle corna posteriori che sostengono il dolore, tanto che la causa può essere tolta, ma il dolore permane. Non si sa perché avviene un passaggio da un dolore che per un certo periodo può essere ancora trattato ad un dolore che diventa malattia, perché avviene solamente in un numero limitato di persone, quando si verifica, quali sono gli elementi biochimici o anatomici necessari e quali sono i meccanismi che vi predominano e che possono darlo(?). L’altro problema fondamentale sul dolore è che non c’è un’uniformità linguistica: l’altra settimana ho partecipato ad una riunione di 8 ore della Lega(?) Europea per la definizione per es. del dolore neuropatico, cioè non si riesce ancora a definire cos’è il dolore neuropatico. Per i neurologi il dolore neuropatico è solo quando c’é una lesione; altri gruppi, come i reumatologi(?) e gli anestesisti, dicono che basta che non ci sia una lesione definitiva, basterebbe ad es. una contusione o una compressione del nervo per definire un dolore neuropatico. Per i neurologi, se non c’è una lesione dimostrata elettrofisiologicamente, non si può definire dolore. Qui nasce un altro problema: il dolore è trasmesso da fibre C-Aδ le quali non sono misurabili con gli attuali sistemi di elettrofisiologia; siccome il laser provoca dolore attraverso il calore e le fibre C trasportano calore, si possono studiare le fibre C solo attraverso i potenziali evocati laser, una nuova via che ha pochi anni di vita, però ad es. qui da noi i potenziali laser non li abbiamo e in tutta Roma esistono solamente dal prof. Tuzzi(?) alla Sapienza, per cui vedete che anche lo studio della via dolore non è così facile. La IASP nell’86 tentò di fare una classificazione, di dividere il dolore e lo definì “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o danno potenziale, o descritta in termini di danno”, cioè, anche se voi non trovate la causa o non riuscite a studiarla, ma la pz ha il dolore, possiamo definirlo dolore. L’altro concetto fondamentale è che si parla di esperienza; esiste una percentuale molto bassa di persone che non hanno assolutamente la sensazione del dolore, cioè per tutta la vita non hanno dolore: si schiacciano una mano, si tagliano la mano, sono dei soggetti molto particolari e l’unica cosa che è stata trovata è che hanno dei tassi di calcitonina elevatissimi a livello del liquor e non si sa perché. Si è tentato di trattare i pz mettendo calcitonina nel liquor e non si è avuto lo stesso risultato. Sono persone che muoiono perché non si accorgono che si sono fatte un taglio e vanno quindi in emorragia: c’era un ragazzo che perse i piedi perché andava in motocicletta e frenava con i talloni a piedi nudi e non aveva dolore, perciò alla fine si ruppe completamente tutti e 2 i talloni e si scoprì da allora che non aveva la sensibilità assoluta. Il concetto di esperienza è importante perché l’esperienza porta alla formazione di ………, cioè noi non abbiamo inizialmente il dolore: il bambino comincia ad imparare ad avere dolore e pian piano poi capisce che certi meccanismi portano dolore. 1 Un’altra cosa importante è che il dolore viene poi realizzato attraverso meccanismi di condizionamento: ad es. noi generalmente non sappiamo che il fuoco fa male, però sappiamo che, avvicinandoci al fuoco, arriva lo “scappellotto” della madre; questo meccanismo è un meccanismo di condizionamento, per cui tante situazioni di dolore non le apprendiamo direttamente, ma le apprendiamo attraverso un condizionamento che ci viene fatto da altre persone. Qui poi nasce il discorso tra dolore fisiologico e dolore patologico: quando abbiamo una risposta corretta al dolore (che può essere una risposta di difesa), abbiamo un dolore che è corretto come risposta (…direi che questa frase non fa una piega!!! Comunque sul lucido c’è scritto che il dolore è fisiologico quando rappresenta una corretta risposta di adattamento, essenziale per evitare danni tessutali; diventa patologico quando vi è un’alterata risposta di adattamento ad un insulto); quando invece abbiamo un dolore patologico, non abbiamo una risposta corretta al danno (che ci può essere o non essere), ma abbiamo un sistema di adattamento particolare di tipo biochimico centrale, che ci porta ad una situazione continua di dolore, anche se non l’ha(?). Ad es. il dolore da cancro è un dolore che non è fisiologico, ma è un dolore patologico, in quanto non c’è una risposta di reazione alla situazione dolore che è positiva (tolto il cancro non c’è più dolore); il dolore è un dolore che persiste senza una ragione precisa(?), per cui oggi si è diviso il dolore acuto, in cui rientra il dolore nocicettivo, dal dolore cronico in 2 unità patologiche distinte con meccanismi completamente diversi. Il tempo per cui da difesa diventa offesa e la patologia diventa cronica non è ancora stato definito: ci sono persone che soffrono di dolore post-erpetico cronico per 10 anni, altre persone per 6 anni, però il meccanismo di quando diventa cronico non lo sappiamo; ci sono persone che per es. dopo 7 mesi hanno restituito ad integrum, pz che l’hanno dopo 1 anno, pz che dopo una patologia erpetica cominciano ad avere dolore dopo 4 mesi e pz che non l’hanno mai avuto(?); non si sa assolutamente quali siano i meccanismi scatenanti per cui avviene questo. Comunque oggi il dolore come malattia è un’entità anatomico-funzionale complessa e ben definita. Incidenze di costi e di domanda sanitaria: sicuramente c’è una percentuale di pz che superano certi limiti di dolore per cui rientrano in disabilità molto elevate con costi molto elevati. In Francia il 56% dei pz ha dolore; noi abbiamo fatto un’indagine nostra per es. sui pz ricoverati al PTV e ben il 70% dei pz ha riferito che nel loro ricovero hanno avuto un’esperienza dolore da minimo a forte che spesso non è controllata dalla lidocaiana(?). In conclusione possiamo dire su questa prima parte che: il dolore deve essere considerato una malattia, disfunzione del sistema specifico biologico; è una patologia che riconosce meccanismi diversi e complessi; va quantificato e valutato in maniera obiettiva ed accurata; bisogna imparare che ci sono segni e sintomi particolari per definire il dolore e i meccanismi che lo sostengono; oggi si tenta non tanto di trattare il dolore sulla sintomatologia, ma di trattare il dolore sui meccanismi patogenetici che lo determinano: capire perché il pz ha dolore, capire quali sono i meccanismi che lo sostengono, trattare quelli e non trattare il dolore solamente da un punto di vista sintomatologico. Fisiopatologia Mostra un famoso disegno di Des Cartes, detto Cartesio, il quale definì questo dolore come una “miccia” che si accendeva in periferia ed arrivava al cervello. Noi sappiamo oggi che questa definizione di Des Cartes era sbagliata e, se continuiamo a considerare il dolore attraverso quel meccanismo micciacervello, abbiamo il problema che non applicheremo(?) mai il nostro trattamento(?) in maniera corretta, quindi esiste tutta una serie di patologie per cui i colleghi ci chiamano, perché anche dando la morfina il dolore non è passato e non sanno che certi meccanismi di dolore non sono responsivi alla morfina. Oggi correttamente definiamo il dolore in 3 categorie: dolore acuto, detto nocicettivo; dolore cronico, detto neuropatico; 2 dolore cronico misto, parzialmente nocicettivo e parzialmente neuropatico. Il dolore nocicettivo da noxa (che significa, da nocère, far male) è un dolore in cui il nervo è sano e trasmette l’informazione di danno tissutale dalla periferia al SNC: è quello che avviene quando battiamo il gomito e lo spostiamo, c’è una spina e togliamo la mano, ecc.; sono tutti meccanismi che rientrano nei meccanismi di difesa ed è quel dolore che viene chiamato generalmente dolore fisiologico, per cui noi abbiamo un dolore nocicettivo sui tessuti e il danno tissutale viene trasmesso attraverso 3 neuroni: il 1° neurone con il ganglio a livello della catena paramidollare; poi abbiamo un neurone a livello del corno posteriore; poi un neurone a livello talamico. Questa definizione dal punto di vista trineuronale e schematica non è corretta. Generalmente abbiamo dalla periferia una liberazione di sostanze in base alla lesione che viene fatta, le quali vanno ad eccitare i terminali periferici portando l’impulso dolore verso il corno posteriore del midollo. Il meccanismo fondamentale è che abbiamo in questo neurone di 1° ordine 2 tipi di meccanismi: 1- uno che porta l’impulso dalla periferia (dove c’è bradichinina, istamina, serotonina e K + c’è la liberazione); 2- poi c’è una risposta antitrofica, cioè l’impulso che va verso il corno posteriore, attraverso quei rami periferici, va a liberare sostanza P che provoca vasodilatazione, eccita le mast cell, libera istamina e aumenta l’eccitazione. La sostanza P è un potente vasodilatatore, tant’è che, se voi andate a battervi o a pizzicarvi la cute, provocandovi dolore, vedrete che piano piano la vostra cute si arrossa e si forma un alone rosso sempre più grande che è esattamente la liberazione di sostanza P. Ci sono anche altri vasodilatatori potenti, ma quella che aumenta è la sostanza P, chiamata così dalla terminologia substance of pain (=sostanza del dolore), perché, liberando sostanza P, aumenta la liberazione di sostanze come bradichinina, prostaglandina e nitrosamina(?) ed aumenta il dolore. L’altro concetto che dovete avere è che la prostaglandina da sola non provoca dolore; diciamo che è un amplificatore dello schema dolore, tanto che, se noi prendiamo le prostaglandine e le iniettiamo nel vaso o intramuscolarmente, non abbiamo dolore da prostaglandine da sole, ma lo abbiamo solamente se c’è un’associazione di queste sostanze. Quando arriviamo al corno posteriore abbiamo l’altro neurone che porta lo stimolo dal corno posteriore al talamo, attraverso il fascio spino-talamico e questo è chiamato neurone di 2° ordine. Tra il passaggio di questi 2 neuroni esiste il concetto di modulazione. Abbiamo un 1° concetto di trasduzione, cioè l’impulso da chimico o da meccanico viene trasformato in impulso elettrico (e questo è chiamato principio di trasduzione), viene trasdotto e riletto in termini elettrofisiologici; questo impulso elettrico viene poi trasmesso dal neurone al corno posteriore. Tra il corno posteriore e il 2° neurone c’è un concetto di neuromodulazione: abbiamo quello che è chiamato il sistema a cancello in cui le più vecchie delle sostanze che conosciamo sono le enkefaline che fanno parte del gruppo delle endorfine, sono liberate in quella zona e modulano il dolore. Per cui abbiamo un passaggio dalla cute al corno posteriore (1° CERVELLO CxFx neurone), poi abbiamo un 2° neurone fino al talamo, poi un 3° neurone Neurone di che va alla corteccia frontale e talamo-corticale. In tutti questi 3° ordine passaggi (1°-2°, 2°-3°, 3°-corteccia frontale) abbiamo questo TALAMO sistema di neuromodulazione che viene attivato. Neurone di Quello che è importante riconoscere è che questo neurone di 1° 2° ordine ordine è un neurone particolare: è un neurone che gioca la parte più MIDOLLO CUTE importante di tutta la trasmissione del SN-dolore, perché è un Neurone di sistema a 2 neuroni. Noi abbiamo in questa prima fase di 1° ordine trasmissione 2 neuroni: 1- mielinizzato e formato da fibre Aδ; 2- amielinico e formato da fibre C, molto importante perché la fibra C è una fibra molto sottile e, non avendo mielina, disperde nell’acqua. 3 E’ come avere 2 fili elettrici: uno che ha la plastica ed uno che non è plastificato; la fibra C non ha mielina e quindi, se noi prendiamo la corrente elettrica e vogliamo accendere la luce con un filo che passa nell’acqua, la luce non si accenderà perché abbiamo dispersione di corrente nell’acqua. Per fare accendere la lampadina, se vogliamo accenderla, dobbiamo dare un passaggio di corrente, un’intensità di corrente molto molto forte su quella fibra, per farla arrivare ad una piccola accensione di luce al di là della ………; se invece abbiamo un filo immerso nell’acqua, ma è mielinizzato, cioè c’è la plastica, noi accendiamo e si accende immediatamente la luce. Per cui la fibra Aδ trasmetterà immediatamente l’impulso perché non ha dispersione, la fibra C avrà bisogno di un impulso molto forte e di una continua energia per poter trasmettere e l’impulso sarà sempre molto basso. Questo ci dà la possibilità di avere fibre Aδ (che sono chiamate “large”) che trasmettono l’impulso completamente dall’altra parte; invece le fibre C, che hanno dispersione di corrente, hanno un problema di dispendio di corrente molto forte e l’impulso sarà molto lieve. A noi serve molto questo fatto, perché, se noi abbiamo un impulso dolore sul gomito, possiamo tirare pure subito il braccio; se avessimo solo una trasmissione di fibre C per la trasmissione del dolore, avremmo il problema che sentiremmo così tardi il dolore e l’impulso dovrebbe essere così forte che avremmo una lesione sempre costante nella parte dove abbiamo avuto il dolore. Per cui il gioco in questo fatto avviene anche Fibre L + S Fibre attraverso un meccanismo duplice che fu Aδ C riconosciuto da 2 autori (Ronald Melzack, che è ancora vivo, e Patrick Wall) i quali fecero la teoria del cancello, che rimane una teoria perché non è + stata poi completamente accertata: le fibre large (che erano le fibre Aδ) e le fibre C (che erano le sottili, amieliniche) convergono sullo stesso neurone a livello del corno posteriore; la stimolazione delle large depolarizzava il neurone di + trasmissione per cui, quando arrivava l’impulso delle fibre C, l’impulso non veniva trasmesso. Questa ad es. è una cosa che viene fatta banalmente quando venite a farvi un’iniezione: a volte vedete gli infermieri o i medici che, quando fanno un’iniezione intramuscolare, danno uno schiaffo sul gluteo e poi entrano con l’ago; dare uno schiaffo porta all’immediata depolarizzazione del neurone di trasmissione del corno posteriore e si sente meno dolore quando entra l’ago. Questo è un meccanismo che viene utilizzato spesso nella trasmissione delle fibre Aδ: ad es. se abbiamo dolore su una parte, cerchiamo di sfregare la parte dolorosa, perché sfregando andiamo ad eccitare le fibre Aδ di pressione, le quali vanno ad “ingolfare” la via del corno posteriore e si diminuisce il dolore; oppure, se c’è dolore, molte volte invece andiamo a stimolare: se ci fa male la mano, andiamo a premere fortemente il polso e quella pressione forte stimola i recettori di pressione (pressocettori), i quali vanno ad “ingolfare” la via dei neuroni di trasmissione e le fibre C che trasmettono con lentezza e con meno potenza non vengono trasmesse a livello del corno posteriore. Comunque questa situazione descritta da Ronald Melzack e Patrick Wall è molto più complessa: non sono 3 neuroni, ma nel corno posteriore abbiamo quella che è chiamata la laminazione di Rexed che è molto più complessa, per cui un impulso di fibre C e Aδ può essere trasmesso al corno posteriore non solo attraverso una via iniziale, ma può essere trasmesso anche attraverso altre vie che sono le Aβ e le Aα che poi rientrano(?) nei meccanismi patologici. Concettualmente però, nel momento in cui noi abbiamo depolarizzato sia la II che la V lamina, l’impulso inibitore(?) dovrebbe essere controllato. Questo impulso sale dallo spino-talamico al talamo (soprattutto il nucleo centro-laterale) e poi alla corteccia frontale passando attraverso (cosa molto importante) delle strutture pontine e del troncoencefalo molto importanti perché, dal momento che l’impulso passa attraverso di loro, soprattutto a livello del rafe magno e del grigio periacqueduttale (PAG), l’impulso va sopra, ma va a liberare delle sostanze che sono degli oppioidi endogeni, i quali per via retrograda ritornano verso il 4 corno posteriore e provocano quella neuromodulazione che abbiamo visto formarsi a livello periferico. L’impulso immediatamente fa ritorno(?) e libera nel PAG endorfina e catecolammine (che sono noradrenalina e serotonina), si liberano enkefaline, le quali vanno a scatenare un impulso attraverso la via (che a questo punto diciamo che è centro-periferica), vanno al corno posteriore e modulano il dolore; per cui non c’è solamente la fibra Aδ che vado a stimolare e a depolarizzare, ma c’è una fibra di ritorno che va a stimolare e depolarizzare il corno posteriore. Abbiamo visto in definitiva come fisiologicamente abbiamo un dolore nocicettivo che viene trasmesso dalla periferia al centro. Quello che ci confonde un po’ le idee è quando non abbiamo un danno periferico con la trasmissione, ma la via di trasmissione stessa viene lesa e qui abbiamo il problema che questo dolore non è un dolore nocicettivo, ma è un dolore in cui il SN che spesso è leso va, sia strutturalmente che funzionalmente, a portare dalla periferia al centro delle informazioni di dolore, perché è il SN che trasmette che qualcosa non funziona all’interno del sistema stesso (che sia periferico o centrale). L’unico modo per informare il cervello che qualcosa non funziona è il dolore, per cui dice continuamente che qualcosa non funziona e non funziona ……… Il meccanismo non è danno nocicettivo (sposto il braccio, non ho più dolore), quindi non so più spostare il braccio perché la via di trasmissione stessa è presa nella situazione dolore. Quindi si parla di dolore neuropatico quando abbiamo un danno della via di trasmissione. C’è poi un dolore psicogeno che sarebbe la via nella parte della corteccia, ma che oggi si fa rientrare nel quadro del dolore neuropatico. Oggi quello che viene chiamato dolore psicogeno viene considerato un dolore neuropatico di origine centrale come tutti i meccanismi(?) di dolore. Tipi di dolore: fisiologico; acuto; nocicettivo, che è una corretta risposta di adattamento al danno tissutale per evitare il danno tissutale; patologico; cronico, che è un dolore patologico; neuropatico, che è il dolore della lesione della trasmissione ed è un’alterata risposta di adattamento ad un danno tissutale nervoso o non nervoso; l’importante è che non sia periferico(?). L’altra idea che dovete avere è che, mentre il SNC e la cute hanno la stessa origine ectodermica, per cui tutto ciò che è periferico viene molto ben riconosciuto nella proiezione del nostro homunculus, noi non abbiamo una proiezione del nostro SN di trasmissione del nostro homunculus: abbiamo il mantello cutaneo e il cervello che nascono dall’ectoderma e poi abbiamo un sistema di trasmissione tra queste 2 parti; abbiamo dal punto di vista centrale una bella visione di tutto ciò che è mantello cutaneo e tutto ciò che è danno cutaneo lo riconosciamo bene; abbiamo una cattiva informazione e non abbiamo un homunculus per es. del sistema muscolare, non abbiamo l’homunculus del sistema viscerale e vengono organizzate le informazioni trasmesse in maniera particolare, per cui un danno di tutto questo sistema di trasmissione non viene ben riconosciuto a livello centrale e abbiamo tutti i problemi di dolori di proiezione, di dolore riferito, ecc. Cosa succede quando abbiamo una stimolazione dovuta ad una lesione del SN periferico? Inizialmente avevamo sul dolore nocicettivo una depolarizzazione della via a livello della lamina di Rexed-………; se io però ho una stimolazione continua dovuta ad una lesione delle fibre Aδ-C o Aα-Aβ, avrò quello che è chiamato un “firing”, una specie di microepilessia a livello del nervo, il quale continuerà a “sparare” informazioni verso il corno posteriore, il quale non andrà a depolarizzarsi semplicemente, ma andrà a formare degli impulsi di eccitazione continua a livello del corno posteriore. Questa eccitazione continua porta che il campo recettoriale a livello della II e V lamina di Rexed viene amplificato sempre di più, si vengono a formare dei nuovi recettori, questo campo recettoriale si porta dalle curve di aumento dell’eccitazione e va a diventare sempre più ampio, per cui va a finire che un piccolo sfioramento della cute, trasmesso dal SN periferico, porta ad un dolore terribile. Questa è un’esperienza per es. che si 5 ha nell’Herpes Zooster: nella neuropatia post-erpetica vedete i pz che vi dicono: “Basta che io mi soffio sulla cute e ho un dolore terribile”; nasce con quella sintomatologia che viene chiamata allodinia dal punto di vista fisiologico, cioè significa che uno stimolo che sia normale (toccare, sfiorare, solleticare, ecc.), cioè non uno stimolo doloroso, porta ad un dolore terribile che è dovuto a questa amplificazione dei campi recettoriali, i quali sono stimolati continuamente dal sistema periferico e vanno in amplificazione patologica. Questa amplificazione si può vedere anche se noi diamo uno stimolo continuativo per es. in un punto della cute: se io vado a stimolare la cute continuamente, vedrò che l’area di dolore si andrà allargando sempre di più per il problema(?) di sostanza P e avrò una lesione di iperalgesia, cioè una lesione molto dolorosa che, se viene toccata, causa molto dolore al pz ed un’iperalgesia secondaria che avviene attraverso questo meccanismo. Questo meccanismo, che può essere innescato perifericamente, col dolore neuropatico viene innescato senza un problema di lesione cutanea, ma viene innescato al di là della regione cutanea attraverso una stimolazione del SN che si automantiene nella sua stimolazione. Le lesioni che possiamo avere sono delle lesioni di tipo gangliare, partendo dal basso, cioè il ganglio che è entrato(?) dentro; ovviamente nella neuropatia post-erpetica si ha sia la 1a che la 2a oppure possiamo avere lesioni radicolari e questa è tipica per es. tra il neurone delle radici e il corno posteriore (ad es. è tipica dell’erniazione di un’ernia discale che può provocare una lesione a questo livello); poi possiamo avere lesioni a livelllo talamico che sono generalmente dovute a patologie ictali(?), a ictus cerebri ……… sulla parte del talamo, provocando un dolore continuativo da deafferentazione di tutto l’emisoma controlaterale. Invece di andare a vedere la lesione o la lastra per vedere se c’è stata artrosi o vedere se c’è stata una rottura di un braccio, che è il principale dolore nocicettivo, bisogna andare a vedere se il pz ha un dolore cronico: vanno ricercati segni di ipersensibilità, più che i segni di nocicezione, e bisogna fare esattamente il recupero di questa ipersensibilità piuttosto che trattare il dolore, perché non è un vero e proprio dolore o un ……… di tipo periferico. Esistono i dolori neuropatici legati all’alterazione per es. anche infiammatoria del nervo (le neuriti), però generalmente una lesione nervosa da amputazione che porta dolore è una lesione alla quale è inutile dare dei farmaci che bloccano la nocicezione, ma bisogna solo dare dei farmaci che bloccano l’eccitazione del nervo, la microepilessia periferica per controllare il dolore. Vi troverete sempre con i colleghi che vi dicono: “Ho dato la morfina al pz e il dolore non è passato”; la morfina è un farmaco tipico di neuromodulazione nel controllo del dolore nocicettivo. Per cui a questo punto noi abbiamo 2 tipi di strade: lo studio dei meccanismi che provocano il dolore (l’abbiamo visto nel dolore nocicettivo); lo studio dei meccanismi che sostengono il dolore, che sono i meccanismi che sostengono il dolore di tipo neuropatico. I primi sono chiamati nel dolore nocicettivo; i secondi nel dolore neuropatico o dolore cronico di per sé, perché non solo il dolore neuropatico ha questi meccanismi di amplificazione, ma anche un dolore continuativo di tipo cronico benigno (che potrebbe essere il mal di schiena) può innescare dei meccanismi di tipo cronico neuropatico. Quello che abbiamo visto è che i meccanismi del dolore neuropatico cronico sono meccanismi di eccitabilità intrinseci del SN e questi meccanismi sono presenti sia lungo il decorso del nervo, sia a livello del midollo, sia a livello del cervello, cioè dove abbiamo dei punti di contatto tra il 1°, 2° e 3° neurone, a tutti e 3 i livelli neuronici possiamo avere 3 tipi di meccanismi che sostengono il dolore. Come si cura il dolore di tipo neuropatico rispetto al nocicettivo? E’ un dolore in cui bisogna controllare un po’ tutta l’eccitabilità del nostro neurone: mentre per gli altri tipi di dolore bastano tutti gli analgesici classici, qui abbiamo bisogno di ridurre l’eccitabilità e per far questo bisogna utilizzare i farmaci antiepilettici, che non sono molto vecchi. Prima del ’74 avevamo solo i barbiturici, i quali servivano per trattare il dolore neuropatico, l’epilessia, le malattie del sonno, ………, cioè all’epoca non avevamo le cure, le benzodiazepine, per cui tutta la patologia nervosa si trattava con i cortisonici, la B6-B12 e i barbiturici; non c’era altra terapia. Diciamo che negli anni ’70 la generazione degli antiepilettici comincia con la CARBAMAZEPINA e poi vedete tutta la serie di nuovi antiepilettici che sono stati tirati fuori. ……… Questi agiscono su vari gruppi di correnti di trasporto di eccitazione neuronale: la Carbamazepina per es., lavora come un anestetico locale sui canali del Na+; la cosa 6 ’74Carbamazepina ’75Clonazepam ’78Valproato ’93Felbamato Gabapentin ’95Lamotrigina ’97Topiramato Tiagabina incredibile è che la Carbamazepina lavora molto bene per es. sul dolore come quello da nevralgia trigeminale e non lavora molto bene per es. sul dolore da compressione da sciatico: io vado a legare(?) lo sciatico sull’animale sperimentale, gli do la Carbamazepina e il dolore non gli passa; se poi gli faccio una lesione del sistema trigeminale, all’animale passa il dolore. Perché ci sia questo tropismo della Carbamazepina solo verso il dolore di tipo trigeminale ancora non si è capito. Poi abbiamo il CLONAZEPAM che è una benzodiazepina che agisce anche, oltre alle correnti del Na+ (vedete il colore un po’ rosato, un po’ di meno rispetto alla Carbamazepina), ma lavora soprattutto sulle correnti del Cl -, sulla stabilità di membrana. Poi abbiamo 2 farmaci importanti sul dolore che sono la Gabapentina e la Lamotrigina. La GABAPENTINA lavora poco sulle correnti del Na+, ma lavora moltissimo sulle correnti del Cl- e lavora soprattutto sulle correnti del Ca++; questo problema delle correnti del Ca++ è molto importante perché si è visto che il Ca++ è la sostanza la quale, entrando nella cellula, mantiene la memoria del dolore. Il dolore ha una sua memoria attraverso la formazione di ……… a livello centrale che mantengono il dolore; non solo, ma vanno ad attivare la formazione di nuovi recettori silenti che sono a livello della membrana del neurone, i quali, attivandosi, aumentano l’amplificarsi del dolore a livello delle corna posteriori nel caso del dolore cronico continuato. L’unico farmaco che ha avuto riconoscimenti a livello internazionale per quanto riguarda il farmaco per il dolore è stata la Gabapentina, che anche dallo Stato italiano è l’unica riconosciuta per il dolore neuropatico; la Carbamazepina è riconosciuta per il dolore da nevralgia trigeminale; tutti gli altri sono farmaci che sono antiepilettici, ma non hanno avuto, diciamo, il riconoscimento ufficiale e, se li utilizzate, diciamo che li utilizzate a vostro rischio, perché sapete che voi potrete utilizzare tutti i farmaci che riterrete utili, però, se succede qualcosa, la responsabilità non è della ditta che ha prodotto il farmaco, ma è solamente del medico che l’ha somministrato. Blocco correnti Na+ CARBAMAZEPINA CLONAZEPAM GABAPENTIN LAMOTRIGINA FENITOINA TOPIRAMATO GABA rs correnti Cl- Blocco correnti Ca++ Blocco correnti mediate GLU ? ? ? ? ? ? Poi abbiamo il dolore misto nel quale la componente neuropatica e ……… nocicettiva; ad es. la lombosciatalgia: da una parte abbiamo la compressione del disco intervertebrale che va a schiacciare il nervo, però questo schiacciamento provoca una liberazione di sostanze perché è un danno da compressione e ci sarà anche un edema per liberazione di sostanze come la sostanza P, l’istamina, ecc., perché la componente è mista: abbiamo una componente neuropatica e la componente nocicettiva, per cui è una patologia in cui bisogna dare sia i classici antinfiammatori o gli oppiacei e insieme si potrebbe dare, se non si riesce a controllare, una sostanza bloccante l’eccitazione neuronale come la Carbamazepina. Abbiamo visto questa differenziazione in 3 tipologie di acuto, neuropatico cronico e misto; le conclusioni sono che i farmaci antinfiammatori classici voi forse li avrete chiamati ancora come FANS e sarebbe ideale chiamarli come anti-COX1, anti-COX2 misti(?), perché purtroppo sia le ciclossigenasi di 1° che di 2° tipo sono i farmaci di 1a scelta in fase acuta e per il trattamento cronico andrebbero utilizzati solo i COX2, perché non provocano danni a livello gastrico nel loro trattamento. 7 Gli antiepilettici, soprattutto il Gabapentine, sono i farmaci di 1a scelta nel dolore neuropatico e, in caso misto, bisogna associare i primi con i secondi. Questo linguaggio comune è molto importante (viene detto da un collega di Pavia ad ogni congresso), perché è molto importante che noi ancora non riusciamo ad avere un colloquio soprattutto con gli internisti, perché il linguaggio dolore non è ancora correttamente utilizzato da tutti. Trattamento del dolore Vi faccio vedere 3 posizioni che l’amico Zucco di Garfagnate ha piacere sempre di presentare; lui dice che riguardo al dolore possiamo utilizzare 3 tipi di modalità: un approccio ad imbuto in cui, conoscendo solo un farmaco o solo un’impostazione, trattiamo tutte le modalità, le forme patologiche con questo tipo di trattamento. Questo porta ad una caratteristica ……… curva di Gauss che può essere più o meno allargata, in cui avremo un 33% di pz che risponderanno benissimo, un 33% di pz che risponderanno parzialmente bene ed un 33% di non-responders. In qualsiasi tipo di patologia, usando un approccio di questo tipo, avremo una risposta ………; un approccio ad innaffiatoio, che è il sistema che nasce soprattutto tra gli anestesisti; in anestesia utilizziamo più meccanismi per controllare il pz, cioè noi conosciamo diverse modalità terapeutiche e, sempre in maniera critica, le utilizziamo più o meno contemporaneamente: mettiamo un po’ di uno, un po’ di questo, un po’ di questo, un po’ di questo, un po’ di quest’altro con un altro meccanismo particolare, per cui non sappiamo poi qual è il farmaco giusto. Quindi, se noi usiamo sempre 3-4 farmaci a disposizione per correggere (potrebbe essere neuropatico gli do un antineuropatico(?), potrebbe essere di tipo periferico gli do il FANS, potrebbe essere anche un problema di neuromodulazione ……… gli do anche un po’ di oppioidi), faccio una miscela ed anche qui il risultato sarà che avremo il 33% che risponderà bene, il 33% che risponderà più o meno bene, il 33% che non risponderà per nulla. un approccio a scacchiera: bisognerebbe pensare che il dolore è un nostro avversario e bisogna fare una diagnostica continua, cercando di capire, attraverso le modalità antalgiche, che tipo di dolore abbiamo di fronte, cioè vedere con le somministrazioni del farmaco se il dolore ha una corrispondenza di tipo nocicettivo, misto o neuropatico. Mezzi per il trattamento: mezzi chimici; mezzi fisici; mezzi chirurgici; mezzi che qui definisce né chimici né chirurgici. I chimici sono i farmaci che si dividono in classi farmacologiche e tipi(?) molto ben definiti; hanno meccanismi simili di azione; devono essere dati in maniera consequenziale ed in associazioni particolari, devono essere dati in maniera particolare di somministrazione e le vie di somministrazione devono essere chiare(?) ………. Abbiamo ad es. tantissimi farmaci analgesici, sia di tipo oppiaceo sia di tipo non oppiaceo; per es. se voi andate a vedere il gruppo dei FANS, i bloccanti la COX1-COX2, abbiamo l’Aspirina, l’Aulin, il Paracetamolo, abbiamo forse oltre 50 farmaci che corrispondono a questi. Perché abbiamo questo ………? Abbiamo un bloccante delle COX1-COX2 o un bloccante solo di uno o dell’altro, tant’è che troverete 3 farmaci(?): un bloccante delle COX1-COX2, un bloccante delle COX1, un bloccante specifico delle COX2. Abbiamo tanti farmaci perché purtroppo (anche qui come per gli antiepilettici) non tutti i dolori rispondono ad un farmaco nella stessa maniera e nelle stesse persone in maniera uguale, cioè la risposta è veramente diversificata nel dolore. Molto dipende dal fatto che abbiamo nelle 3 sostanze(?) i FANS che si accumulano per es. soprattutto nell’osso, che la cinetica li porta ad accumularsi nell’osso, quindi sono farmaci che vanno bene nel dolore osteo-articolare; ci sono farmaci che si vanno ad accumulare soprattutto a livello del muscolo, per cui nelle situazioni di dolore 8 muscolare andrebbe usato quel tipo di farmaco, per cui anche nei FANS, negli antinfiammatori classici, bisognerebbe conoscere le cinetiche di deposito del farmaco per darlo anche in maniera corretta. Concetti da comunicare: Tutti questi farmaci hanno fra di loro un’equipotenza antalgica, cioè non è detto che per es., se io do il Quietorolam(?), che è un farmaco analgesico molto potente, mi risponda uguale all’aspirina, anche perché per es. i farmaci analgesici non steroidei, cioè non oppiacei, hanno 3 caratteristiche: sono antipiretici, analgesici ed antinfiammatori, per cui io posso avere che uno stesso farmaco può avere una grossa capacità antinfiammatoria ed una scarsissima capacità antipiretica ed analgesica. Per es. nessuno di noi dà il Brufen per la febbre, perché la componente antipiretica del Brufen è quasi 0, però ha una componente antinfiammatoria molto potente e discretamente antidolorifica. Abbiamo il Ketorolac, che sarebbe il famoso Toradol, che ha solo una componente di tipo analgesico, non ha nessuna componente di tipo antinfiammatorio e non ha nessuna componente di tipo antipiretico. Per cui, quando andate a vedere questi farmaci, quando dovete dire la farmacologia dovete cercare di capire bene e di sapere qual è la componente migliore, perché ce ne sono tanti e non tutti hanno le stesse caratteristiche. Un altro concetto è l’emivita antalgica: ci sono dei farmaci, come ad es. la morfina, che hanno un’emivita antalgica di 4 ore, per cui, se un pz prende morfina, dovrebbe prenderla ogni 4 ore; ci sono farmaci, come ad es. gli inibitori della COX2 di ultima generazione, che hanno delle emivite di 12 ore, per cui anche questa è una cosa molto importante. L’altro concetto fondamentale è ……… l’effetto tetto, cioè tutti i FANS, i bloccanti delle ciclossigenasi di 1° e 2° tipo, hanno effetto tetto, cioè significa che, se aumenta il dolore, ad un certo punto non funzionano più. Se noi facciamo un grafico in cui mettiamo da una parte il dolore e dall’altra parte la concentrazione di farmaco, comunque, aumentando il dolore, arriveremo ad un punto dove il farmaco non funzionerà più e bisogna passare ad una categoria di farmaci diversi, cioè non bisogna cambiare FANS (antinfiammatorio, analgesico, antipiretico), bisogna passare ad una categoria maggiore, bisogna passare alla categoria degli analgesici oppiacei minori e, se questo non fa passare il dolore, bisogna passare al concetto di farmaco oppiaceo maggiore. Anche gli analgesici oppiacei minori hanno l’effetto tetto che può essere legato anche ad un effetto di complicanze, cioè se un pz prende un farmaco e il farmaco gli fa bene al dolore, ma gli provoca un vomito incoercibile, è chiaro che quel farmaco ha un effetto tetto legato alle complicanze e agli effetti indesiderati del farmaco stesso. Poi la tolleranza-dipendenza è tipicamente legata agli effetti degli oppiacei; generalmente la tolleranza è legata ad un meccanismo di somministrazione errata dell’oppiaceo. La tossicità è un concetto importante (sul lucido c’è anche la iatrogenicità). Gli effetti collaterali sono molto importanti. Oggi c’è il problema dei costi. Equipotenza antalgica: Farmaci differenti possono avere una identica efficacia antalgica seppure a dosaggi diversi. Occorre però riferirsi a dosaggi terapeutici equipotenti per poter equiparare l’efficacia di farmaci antalgici differenti. Queste osservazioni hanno portato alla modifica nazionale della normativa prescrittiva, in senso semplificativo (ricetta di 30 gg), ampliandone i campi di applicazione consentita (anche nel dolore cronico grave). Legge n. 12-8 Febbraio 2001 L’equipotenza antalgica è molto importante soprattutto quando si parla di analgesici oppiacei, perché per quanto riguarda i FANS c’è, ma è molto mal praticata e molto poco conosciuta, perché il riferimento è sempre ad 1 gr di aspirina, cioè lo studio di riferimento è 1 gr di aspirina ed è il punto di riferimento di equipotenza antalgica di tutti gli altri farmaci. Quando voi vedete e dite che c’è scritto per es. che il Ketorolac ha una potenza analgesica maggiore dell’aspirina, non è riferito mai alla nostra compressa di aspirina da 500 mg, ma ad una compressa di aspirina da 1 gr. Per cui, quando noi diamo l’aspirina a 500 9 mg, la diamo sottodosata se la vogliamo utilizzare come farmaco analgesico; se invece la vogliamo usare come farmaco antinfiammatorio o farmaco antipiretico il dosaggio è più che giusto. Se noi vogliamo paragonare una fiala o una compressa di 30 mg di Ketorolac, dobbiamo ad un certo punto paragonarla a 2 gr di aspirina come potenza antalgica, però se andiamo a confrontare la sua potenza antinfiammatoria è 0, se andiamo a confrontare la sua potenza antipiretica è 0. L’altro concetto fondamentale è che gli oppiacei hanno avuto una nuova liberazione nel 2001 del ricettario del medico, cioè qualsiasi medico può ricettare oppiacei, anche se lavora in un ospedale, anche se è un dipendente pubblico. Questo è un concetto che viene espresso nella legge dell’8 Febbraio 2001 di Veronesi, però è una legge che per es. non dà rimborso, cioè, se un ospedaliero firma a nome suo una ricetta di oppiacei e la manda al farmacista, il farmacista gli dice: ”Va bene: una parte la tengo io, una parte la do allo Stato”; mancando il numero di riferimento del medico, il codice (perché il medico ospedaliero non ce l’ha), il farmaco non viene rimborsato da parte dello Stato. L’ospedaliero potrebbe mettere un timbro dicendo “Ambulatorio di Terapia del Dolore” o “Ambulatorio di Medicina Generale” o “di Chirurgia” dell’ospedale, però, se lo fa a casa, questo è un utilizzo improprio di una firma, perché lui per farlo dovrebbe vederlo e firmarlo in ambulatorio; se lo chiamano a casa perché il pz sta male, secondo Veronesi lui potrebbe riempirlo lo stesso, però non potrebbe mettere il timbro dell’ospedale perché sta a casa e c’è una piccola problematica che non è stata ancora risolta. Comunque è arrivato il concetto che tutti i medici possono arrivare a firmare e la legge è molto importante, perché ha fatto un passaggio fondamentale: fino al 2001 noi avevamo che la morfina non rientrava fra i farmaci, cioè il controllo della morfina non avveniva attraverso una legge che la controllava come farmaco, ma veniva controllata attraverso la legge della tossicodipendenza, per cui il medico che sbagliava la ricetta veniva punito in base alla legge della tossicodipendenza e non in base alla legge del farmaco, per cui andava in penale, mentre adesso il massimo può essere una multa per l’errore di una ricetta, come avviene per qualsiasi farmaco. Per cui per molti anni i medici non si azzardavano a firmare, non avevano il ricettario a casa per paura che, se questo ricettario veniva rubato o sbagliavano qualche cosa, avevano un giudizio penale. Cosa ha fatto l’OMS per il dolore? Negli anni ’70 è uscito il concetto di “laterge”(?), di scaletta, cioè di dare piano piano dei farmaci sempre più potenti. Per il dolore cronico, ma soprattutto per il dolore oncologico, bisognerebbe partire prima sempre con i Libertà dal dolore farmaci non oppioidi (sono gli antinfiammatori, Oppioidi per dolore moderato-severo antipiretici, analgesici) più o meno adiuvanti. ± Non oppioidi ± Adiuvanti Se si arriva ad un tetto, il farmaco non funziona più, il Dolore che persiste o cresce dolore persiste e cresce e non si riesce a controllare, Oppioidi per dolore lieve-moderato bisognerebbe dare gli oppioidi che sono più deboli (il ± Non oppioidi ± Adiuvanti Tramadolo, il cerotto di Buprenorfina); sempre si Dolore che persiste o cresce possono associare a questi non oppioidi i farmaci del 1° Non oppioidi gradino, che sono i FANS, sono analgesici minori e poi si ± Adiuvanti possono associare adiuvanti. Se il dolore persiste, si passa agli oppiodi maggiori, cioè alla morfina e ai derivati della morfina, i quali hanno la caratteristica fondamentale di non avere tetto. Quindi per i farmaci del 1° e 2° gradino, se il dolore aumenta e aumenta il farmaco, noi abbiamo solo effetti collaterali, ma non abbiamo analgesia; i derivati della morfina hanno la caratteristica che, se il dolore aumenta, aumento la morfina e il dolore passa, cioè c’è un effetto lineare tra aumento del dolore ed aumento del farmaco, per cui la libertà dal dolore è sempre raggiunta e, se non si raggiunge, è perché la componente neuropatica è superiore rispetto alla componente nocicettiva. Se ad un pz che ha il cancro date un oppiaceo forte, gli aumentate il dosaggio e vedete che non gli passa, pensate sempre che ci sia una componente neuropatica e dovete dargli un farmaco non antinocicettivo, ma dovete dargli un farmaco antiepilettico. Si passa da un gradino all’altro attraverso: un criterio clinico, cioè c’è un’insufficienza da gestire: non controllo più il dolore; 10 un criterio farmacologico: ho raggiunto il dosaggio massimo di quel farmaco; ad es. se sto usando in quel caso il Paracetamolo, superati i 4 gr, diventa tossico a livello epatico oppure do un farmaco ad un dosaggio tale che mi può cominciare a dare problemi renali, perché dà vasocostrizione renale massiva, perché supero il dosaggio; ad es. il Ketorolac (che è il Toradol classico) superati i 90 mg al giorno dà problemi, cioè sono arrivato al dosaggio massimo, oltre il quale so che l’effetto tetto è legato a complicanze e passo ad un farmaco ………. Nel 1° gradino si usano: gli Aspirina-simili; l’Aspirina (ASA); i FANS derivati (acidi o non acidi); il Paracetamolo, che non è un farmaco che è bloccante delle cicloossigenasi di 1° o 2° tipo periferico, ma di tipo centrale e non dà problemi di gastroreazione. Al 2° gradino posso utilizzare: la Codeina attraverso la somministrazione(?) di farmaci che per es. prevedono delle somministrazioni miste e quindi c’è già paracetamolo associato a codeina; la Buprenorfina ed adesso c’è un cerotto di Buprenorfina che si cambia ogni 72 ore; il Tramadolo, che conviene usarlo a gocce in fase iniziale e, trovato il dosaggio che copre tutta la giornata, si passa a quello retard; il Desopropossifene o il Propossifene che però si può usare solo per brevi periodi perché ha dei fenomeni di tossicità. Al 3° gradino, quando abbiamo un dolore conclamato che non si riesce a controllare, usiamo i farmaci senza tetto che sono: il vago(?) principio è la Morfina, che oggi esiste sia come compresse slow-release che a gocce con effetto molto rapido che si prendono per bocca; il Metadone, che è un farmaco molto importante, ma di difficile utilizzo perché va in accumulo per cui ha dei rischi di diventare(?) tossico; il Fentanyl transdermico, che è un derivato della morfina, 100 volte più potente della morfina a parità di dose e ha questo rilascio transdermico molto comodo: il pz lo cambia ogni 72 ore e controlla molto bene il dolore; l’Ossicodone, che dovrebbe uscire e sta in discussione adesso alla URP(?) nazionale qui da noi per il farmaco, ma pare che forse non ce la fa a passare; ha il vantaggio di avere la caratteristica di controllo del dolore neuropatico; l’Idromorfone sicuramente non passerà mai in Italia, per lo meno per i prossimi 5 anni(?). Poi abbiamo quelli che abbiamo visto nella scaletta, gli adiuvanti, cioè in ogni punto ci sono molti adiuvanti, che non sono analgesici, ma potenziano l’effetto degli analgesici. Continuiamo a chiamarli adiuvanti, ma sono dei farmaci con meccanismi molto particolari e sono tantissimi: gli steroidei: i cortisonici vengono utilizzati soprattutto per l’effetto antinfiammatorio (sul lucido c’è scritto che sono stabilizzatori di membrana), soprattutto per il dolore neuropatico di tipo centrale, tipo per le metastasi cerebrali. Non sappiamo quanto verranno spiazzati come effetto antinfiammatorio dagli anti-COX2 di nuova generazione, perché considerate che, se facciamo il rapporto COX1/COX2 (quanto un farmaco lavora su uno o sull’altro), mentre nell’aspirina il rapporto è 1, cioè significa che l’aspirina al 50% lavora come antinfiammatorio sui COX1 ed al 50% come antinfiammatorio sulle COX2 come bloccante, il cortisone ha un effetto di questo rapporto 2.000 volte più verso le COX2 rispetto alle COX1. I nuovi antiCOX2 di nuova generazione (tipo il celebre ………) stanno intorno ai 400-500 di rapporto, cioè 500 volte la quota di farmaco è di più rispetto alle COX2. I nuovi antinfiammatori (il cortisone arriva fino a 2.000) arrivano fino a 28.000, per cui non sappiamo quanto questo questi cortisonici saranno utilizzati se questi farmaci nuovi, di nuova generazione spiazzeranno come antinfiammatori i cortisonici ………; gli antidepressivi e qui abbiamo 2 concetti: quando abbiamo visto la via discendente vi ho detto delle enkefaline, noradrenalina e serotonina; la serotonina e la noradrenalina sono 2 11 sostanze che vengono regolate molto bene dai farmaci antidepressivi, che bloccano il reuptake della serotonina e della noradrenalina, dato che la depressione viene controllata proprio bloccando il re-uptake delle 2 sostanze. Queste 2 sostanze vengono utilizzate dalla via discendente di controllo del dolore da parte del PAG e del rafe magno, per cui noi possiamo avere un controllo del dolore parzialmente anche con l’uso di antidepressivi; gli anticonvulsivanti li abbiamo già visti (e sono fondamentali nel dolore neuropatico); gli anestetici locali: sappiamo che se abbiamo una gamba che fa male e vogliamo operarla, noi anestesisti facciamo un blocco di anestetico locale e controlliamo il dolore (hanno un effetto iperpolarizzante sulle membrane nervose, con blocco non selettivo della trasmissione sensitiva e motoria). Esistono anestetici locali di tipo orale che vengono utilizzati soprattutto come bloccanti: la Mexiletina, che è un derivato della lidocaina, viene utilizzato come antiaritmico di 1° tipo a principio(?) orale e noi lo possiamo utilizzare come bloccante generale della trasmissione nervosa, anche questo per via orale; gli anestetici sistemici; i neurolitici; le benzodiazepine per il controllo dell’ansia e dell’insonnia correlata al dolore; i neurolettici; i bifosfonati per i dolori ossei; gli antinfettivi; gli antispastici: ci può essere un dolore che dà uno spasmo muscolare o uno spasmo intestinale, per cui, se io do un oppiaceo da solo o un analgesico da solo, non ce la fa, per cui si associa per es. l’antispastico; queste sono situazioni molto particolari. Per il controllo del dolore da cancro, invece, l’approccio farmacologico è molto più complesso e molto variato; possiamo dare per via: orale; percutanea; rettale; sottocutanea; intramuscolare; endovenosa; peridurale; subaracnoidea; altre. Nel dolore oncologico usiamo altre vie, perché ad es. se noi abbiamo un tumore dell’esofago, il pz non potrà prendere farmaci per bocca; se noi abbiamo un problema di farmaci che vanno in accumulo o che devono essere metabolizzati, in un pz che ha un fegato che funziona male, non possiamo somministrarli, per cui bisogna dare delle vie di somministrazione particolari. Una cosa per es. particolare è che la via orale è la prima via dell’OMS difficile da utilizzare nel pz oncologico, perché la mucosa del pz oncologico è una mucosa che assorbe male, è un pz che si alimenta male; il pz oncologico è un pz che comincia a deperire rapidamente perché la via metabolica del glucosio e l’assorbimento, per il problema di aumento delle citochine e di altre sostanze tumorali, ……… si è attivata, per cui si ha un’intolleranza del glucosio e il glucosio va in iperglicemia rapida, però non si riesce ad assorbire il glucosio; il pz deperisce, la mucosa intestinale classica si altera e i farmaci per bocca non è sicuro che vengano ………; per es. io utilizzo molto la transdermica, perché sono sicuro che ……… L’altro concetto del dolore nel pz oncologico, ma anche nel dolore cronico è che, se io do il farmaco a richiesta creo quello che è chiamato il “concetto di intervallo”: se il pz ha dolore, gli do il farmaco, il dolore viene controllato con un picco farmacologico per un certo periodo, poi ritorna il dolore ed il pz riprende il farmaco; questo ad es. è il tipico meccanismo che provoca tolleranza nel pz che usa oppiacei. (vedi grafico) 12 1 10 2 farmaco a richiesta dolore 0 Se vogliamo evitare la formazione di tolleranza o allungare i tempi di tolleranza, bisogna dare 10 farmaco a orari fissi un farmaco che sia continuo, cioè ad orari fissi, in maniera tale che il picco sia sempre al di sopra della stimolazione di dolore ed il pz non abbia il meccanismo “Ho dolore, prendo il dolore farmaco” e poi il farmaco non riesce a controllare il dolore e deve prenderne sempre di più. Io definisco per un concetto di praticità 0 che il dolore è come un cane rabbioso che sta legato ad una catena: se rompi la catena ogni 1 2 3 volta, per andarlo a riacchiappare per legarlo alla catena, si fa sempre più fatica. Questo concetto della fatica è come aumentare il farmaco ………, quindi aumentare il farmaco è andare a riprendere questo cane e legarlo; se lo tieni sempre legato,la quota di farmaco che devi dare è sempre più bassa. 10 farmaco in somministrazione continua dolore ad intensità variabile 0 10 0 inizio di somministrazione continua Se il farmaco è dato in somministrazione continua, è ancora meglio: se gli mettiamo un cerotto, una pompa sottocutanea o una pompa midollare, si può somministrare una concentrazione di farmaco che sia tale da controllare sempre la soglia dolore per tutto il tempo. Se poi il dolore è acuto, questo è un problema che noi chiamiamo versus pain(?), cioè il pz può avere dei picchi di dolore, per cui deve avere la capacità, oltre di prendere il farmaco, di avere quella che noi chiamiamo una rescue dose(?), una dose di salvataggio, in maniera tale che in qualsiasi momento possa gestire il suo dolore. Per un pz oncologico oggi abbiamo la soluzione, perché abbiamo la Morfina Fast orale: il pz prende 4-8 gocce di Morfina Fast orale ed entro pochi minuti riesce a 13 controllare il dolore. Negli Stati Uniti ad es. hanno il Fentanil “lollipop”, cioè il lecca-lecca di oppiaceo: cominciano a leccarlo, se lo mettono vicino alla gengiva e immediatamente gli passa il dolore. Attualmente è uscito, ad es. per il Fentanest, che è un sistema cutaneo per cui, schiacciando un pulsante, si forma un campo ionico (che riprende il concetto della ionoforesi) e fa passare immediatamente una dose di farmaco sottocute. E’ un farmaco che si potrebbe utilizzare anche per il dolore post-operatorio. Quindi riguardo alla rescue dose, la dose-salvataggio il pz sa che ad una certa ora gli viene il dolore: può prenderla prima oppure prenderla nel momento in cui ha il dolore, può aumentare la concentrazione di farmaco immediatamente e controllare il suo dolore. Per cui diciamo, da questo punto di vista, che si sta portando avanti sempre di più, soprattutto nel dolore oncologico, la somministrazione continua o via elastomero(?) ……… meccanici o sistema di pompe e microinfusori elettronici, la somministrazione di farmaci sottocute o endovenosa. Veramente oggi nel pz oncologico il pz porta una via artificiale per somministrare farmaci, può essere utilizzata in maniera abbastanza comoda(?), per cui i sistemi transdermici più utilizzati sono le pompe siringhe meccaniche, gli elastomeri, pompe elettroniche che possono essere impiantate, le impiantabili. Esistono adesso delle pompe meccaniche in cui l’impianto è sottocute, hanno un costo enorme che sta intorno ai 6.000-7.000 euro apposta per il dolore cronico benigno: si possono impiantare e il pz la ricarica, schiaccia il pulsante sotto la cute ed una certa dose di farmaco può essere immessa o a livello peridurale o a livello ematico. Mostra la pompa classica che chiamiamo Becher controller angina(?), cioè il pz può controllare il suo dolore schiacciando dei pulsanti nel momento in cui ha bisogno di una dose in più. Ultimamente è diventata famosa questa tecnica della stimolazione perimidollare per i dolori cronici benigni: è una tecnica che ha circa 20 anni, ma è stata rilanciata ultimamente anche in Italia, però il funzionamento di questa tecnica non sappiamo quale sia. Si mette un elettrodo stimolante perimidollare e lo utilizziamo soprattutto per il dolore vascolare, però non sappiamo ancora come funziona il meccanismo di azione sul dolore. Una teoria parla di “ingorgo”, cioè andiamo ad “ingolfare” la via a livello del neurone di trasmissione in maniera tale che il dolore non venga trasmesso. Poi abbiamo tecniche antalgiche miste, in cui ad es. abbiamo una neuromodulazione chimica spinale: possiamo intervenire con il catetere sia a livello subaracnoideo o subdurale o epidurale e mettere morfina o clorichina(?); per es. nella spasticità, nei pz che hanno dolori spastici, questa è una terapia che si può utilizzare, molto importante, riconosciuta come salva-vita di questi pz: si può mettere un cateterino subaracnoideo, una pompa impiantata, con somministrazione di Vagoflen(?) in un pz che ha una spasticità patologica oppure si mette un catetere subaracnoideo, una pompa di morfina in certe patologie della colonna, che possono essere una spondilolistesi molto accentuata per cui il pz ha una microdose di farmaco che gli viene somministrata continuamente attraverso un sistema totalmente impiantato. Per quanto riguarda tutta la problematica di dare oppiacei nel pz cronico benigno, cioè non oncologico, si è arrivati al concetto che si deve dare l’oppiaceo in un pz che non ha la soluzione(?) dell’oppiaceo che controlla il dolore, però per es. gli americani sollevano una problematica: molte volte si danno degli oppiacei in mano a questi pz., possono essere anche orali o a cerotto; è un problema di commercio, quindi ad es. gli americani fanno un contratto molto preciso che se il pz perde un cerotto, deve fare un colloquio e rientrare in un meccanismo per capire se questo cerotto l’ha perso o l’ha venduto, per cui c’è una specie di contratto del pz. Il pz può avere ricettazione del farmaco oppiaceo solo da un medico e solo da un farmacista: lui non può comprare oppiacei da tutte le farmacie della sua contea, deve comprarli esattamente da quel farmacista che ha fatto un contratto, per cui il medico dice: “Tu puoi andare da quel farmacista e quel farmacista ti dà il farmaco”. Così si evita anche ad es. la falsificazione di ricetta o il pz che per es. dice: “Ho perso la ricetta”, va da un altro medico e gli dice: “Io sono un pz del dottor Bianchi, mi fa la ricetta?”. La ricetta può essere fatta solo da un medico e somministrata solo da un farmacista. Errori da evitare: Se noi stiamo usando un FANS, non si usano 2 FANS (sul lucido dice che non si devono utilizzare 2 o più farmaci della stessa classe): non si possono dare Aulin ed aspirina insieme o Aulin e 14 Toradol insieme. Il FANS ha un effetto lento e non ha effetto sommatorio l’uno con l’altro. Si possono dare casomai 2 farmaci di 2 categorie diverse: per es. possiamo dare (esistono già in commercio) paracetamolo, che ha un effetto centrale, e un FANS, che ha un effetto periferico, così vado a controllare 2 vie insieme, ma non posso utilizzare 2 FANS della stessa categoria. Non sottodosare mai i farmaci analgesici: i farmaci analgesici vanno dati sempre a dosaggio pieno. Se del farmaco c’è scritto che il dosaggio massimo ……… è 90 mg, non è dato perché se lo sono inventato, ma perché a 90 mg c’è l’effetto tetto del farmaco. Se io do 120 mg di quel farmaco in una giornata, io avrò tutti gli effetti indesiderati, ma non avrò un effetto aumentato di tipo antalgico (quindi non superare la dose tetto). Non utilizzare vie improprie del farmaco; questo soprattutto per noi anestesisti, perché bbiamo somministrato per via peridurale tutti i farmaci che esistono sul commercio, creando dei fatti terribili. Non utilizzare farmaci di cui non si conoscono a fondo tutte le caratteristiche di dosaggio, effetti collaterali, tossicità e controindicazioni. Poi abbiamo le tecniche antalgiche che sono né chimiche né fisiche; una tecnica antalgica classica è l’ipnosi, però ricordatevi che questi tipi di tecniche, se noi mettiamo il dolore in una scala che va da 0 a 10, indicando con 0 il dolore minimo e con 10 il dolore massimo del pz (generalmente questa scala che può essere numerica bisogna farla, chiedendo al pz: “Dove metteresti il tuo dolore tra 0 a 10, considerando che 0 non è dolore e 10 è il dolore peggiore che tu abbai mai avuto?”), le tecniche funzionano per un dolore che va da 0 a 3 o da 0 a 4, cioè un dolore lieve-moderato. Un dolore forte, fortissimo, terribile, che può essere scala 10, oncologico, ovviamente non si riesce a controllare con l’ipnosi. Se andiamo a vedere tecniche antalgiche e i livelli di azione, in base a quello schema che abbiamo visto ……… dalla base periferica (recettore tissutale), corno posteriore e poi talamo e dal talamo all’encefalo, possiamo vedere che i farmaci agiscono in maniera diversa: a livello periferico possiamo usare degli anestetici locali, si parte(?) con un patch di anestetico locale (esiste l’Emla, che è un anestetico locale in crema che va messo sulla parte dolorante), gli antinfiammatori non steroidei oppure fare un’elettrostimolazione, che è la classica TENS (quelle macchinette che vedete in televisione) che non fanno altro che creare quel disturbo di accumulo dell’informazione a livello del corno posteriore, utilizzando le fibre Aδ della propriocezione; se vogliamo lavorare sul neurone di 1° ordine o di 2° ordine, dobbiamo usare tecniche che vanno sulla conduzione: possiamo usare gli anestetici locali, gli anticonvulsivanti oppure una stimolazione elettrica perimidollare, con un catetere in stimolazione elettrica perimidollare; se vogliamo lavorare sui punti di connessione fra i neuroni (tra il 1° e il 2°, il 2° e il 3°), dobbiamo usare farmaci che lavorano sulla sinapsi, che aumentano la neuromodulazione ed i farmaci che noi usiamo sono gli oppiacei, perché normalmente abbiamo gli oppioidi, ma possiamo usare i glucosido-simili per avere un aumento d’azione a questo livello; se vogliamo lavorare sui neuroni di 3° ordine, cioè sulla via talamo-encefalica, possiamo usare gli antidepressivi, i neurolettici, gli oppioidi, gli anticonvulsivanti oppure un’elettrostimolazione che può essere fatta di tipo ventricolare, cercando di bloccare o di interferire sulla via di trasmissione talamo-encefalica. Ogni farmaco che noi andiamo ad utilizzare (antidepressivi, neurolettici, anticonvulsivanti, che quelli che avevamo visto coadiuvanti il pz oncologico) ha un suo meccanismo d’azione e una sua ragione di essere. 1° P.S.: i lucidi di questa lezione dovrebbero essere disponibili su dischetto. 2° P.S.: chiedo scusa per tutti i punti interrogativi ed i puntini di sospensione, ma il prof. in “alcuni” momenti bisbigliava ed anche a lezione non si capiva cosa dicesse………ho cercato di fare del mio meglio! Buono studio! 15