f o r m a z i o n e: scheda n. 3 l`umiltà e la mitezza per il Servo / per la

F O R M A Z I O N E: scheda n. 3
L’UMILTÀ E LA MITEZZA
per il Servo / per la Serva di Maria
Con l’aiuto di questa terza scheda noi, Servi e Serve di Maria Secolari, vogliamo fermare la
nostra attenzione su due virtù: l’umiltà e la mitezza, e richiamare l’importanza che esse hanno
per la vita di ciascuno di noi. Nel linguaggio corrente, “umiltà” e “mitezza” hanno per lo più
una connotazione negativa. Viste invece alla luce di Gesù sono vie che conducono alla
perfezione dell’amore, meta di ogni vocazione cristiana. “Dov’è l’umiltà, ivi è la carità”, dice
sant’Agostino. L’umiltà è la radice, il fondamento, il legame di tutte le virtù. La mitezza è una
beatitudine evangelica: “beati i miti, perché erediteranno la terra” (Matteo 5,5); fa parte di quel
“frutto dello Spirito” di cui parla san Paolo nella lettera ai Galati (5,22). La mitezza non è
debolezza: è forza, è fermezza; chi è mite non aggredisce, sa attendere, sa amare, sa perdonare.
Consideriamo anzitutto Gesù, il vero mite; accenneremo alla vita umile e mite dei Primi
Padri; quindi rivolgeremo la nostra attenzione a Maria, l’umile serva del Signore.
Gesù ‘mite e umile di cuore’
Matteo 11, 29
Umili e miti si diventa soprattutto contemplando Gesù: “Egli, pur essendo nella condizione
di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio…, umiliò se stesso, facendosi obbediente
fino alla morte e a una morte di croce” (Filippesi 2, 6-8). Gesù ci invita ad assomigliargli:
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo
sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra
vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Matteo 11,28-30).
Questo brano del vangelo di Matteo si apre con un invito: “venite a me”; invito pressante e
gioioso di Gesù a seguire lui, unico nostro maestro; a lasciarsi attirare dalla sua persona.
“Imparate da me”: secondo il linguaggio evangelico, il verbo imparare non significa soltanto
apprendere, ma anche seguire, farsi discepolo nel senso pieno della parola; un atteggiamento
che non tocca soltanto l’intelligenza, ma anche la persona e la vita. Perché imparare da Gesù?
Perché “mite e umile” indicano l’atteggiamento di Gesù verso Dio e verso gli uomini. Verso
Dio: di confidenza, obbedienza, docilità. Verso gli uomini: di accoglienza, pazienza,
disponibilità al perdono e al servizio. L’aggiunta “di cuore” ha la sua importanza: indica che le
disposizioni di Gesù, verso il Padre e verso i fratelli, si radicano nella sua interiorità e
coinvolgono tutta la sua persona. Gesù non è mite e umile in forza di una necessità, ma la sua è
una scelta libera, frutto di un amore profondo e personale. La vita di Gesù e il suo annuncio
della Buona Novella rivelano il mistero di Dio, mistero che per manifestarsi non si serve della
categoria della grandezza, ma della mitezza e dell’umiltà.
Alle origini dell’Ordine dei Servi di Maria
Dalla Legenda de origine apprendiamo che l’Ordine è “fondato nell’umiltà” dei nostri Padri.
“Questi uomini gloriosi, spiega la Legenda, scesero allora dal monte della mondana superbia e,
nel desiderio di rimanere saldamente legati al Signore, arrivarono fino all’umiltà che è il
fondamento delle virtù. Sulla base dell’umiltà innalzarono l’edificio delle virtù fino a
raggiungere la carità che è il loro culmine. In questo modo, con l’aiuto del Signore provvidero
al proprio bene e alla propria perfezione e, sicuri di osservare la volontà di Dio, accolsero nella
loro comunità molti fratelli e compagni, cari a loro e a Dio, e in quel momento, guidati da Dio,
cominciarono a ricevere parecchi conventi adatti alla loro vita penitente” (n. 49).
Non il fare miracoli è indice di santità, afferma ancora la Legenda (n. 23). “Amare invece
Dio sopra tutte le cose, praticare la carità verso tutti, essere umili di cuore, questo è l’attributo
dei veri e perfetti religiosi. Nostro Signore non ha detto: imparate da me a risuscitare i morti o a
dare la luce ai ciechi, ma: imparate da me che sono mite e umile di cuore (Matteo 11, 29); e
ancora: vi ho dato l’esempio che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato (Giovanni 13,
15.34)”. Gesù incarna la sapienza delle beatitudini; ci salva facendosi povero. “È questa una
verità semplice, ma fondamentale, spiega p. Pier Giorgio M. Di Domenico; e giustamente
occupa un posto centrale nella spiritualità dell’Ordine. Il testo legislativo più antico dei Servi, le
cosiddette Constitutiones antiquae, hanno una sola citazione biblica esplicita ed è Matteo 11,
29, ricordato a proposito dei novizi, ai quali il maestro deve insegnare “ad avere l’umiltà del
cuore e del corpo secondo il detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore”.
Un particolare esempio di umiltà e mitezza ci viene da sant’Alessio, di cui quest’anno 2010
ricorre il settimo centenario della morte. La Legenda narra che “nelle azioni, nelle parole e in
tutto il suo agire conservava umiltà e carità… e in questo modo manifestava l’amore verso i
fratelli e l’umiltà del cuore” (n. 27). Il priore generale, p. Ángel M. Ruiz Garnica, nella sua
lettera dal titolo Fra Alessio, uno dei Sette, rivolta a tutta la Famiglia Servitana (frati, monache,
suore, laici), mette in risalto la sua vita esemplare di frate laico: vede in lui il “testimone dei
fatti e della vita delle origini [...] la non ricerca del privilegio ‘dovuto’ [...] l’amore al lavoro,
anche manuale [...] la delicata attenzione ai giovani religiosi”. Sul suo esempio, “anche la nostra
testimonianza -auspica il priore generale- possa essere più incisiva e significativa” per noi e per
gli altri.
Maria, donna mite e umile
In Maria, “la faccia che a Cristo più si somiglia” (Dante, Paradiso, XXXII) troviamo la vera
espressione dell’umiltà cristiana. Guardare a lei è il nostro atteggiamento abituale, come
cantiamo nella Supplica dei Servi: “lo sguardo fisso in te, seguire Cristo”. Per Maria, ‘umiltà’
significa prendere coscienza della propria condizione di creatura davanti a Dio e aderire con
gioia al progetto divino. Ella esprime questa sua consapevolezza rispondendo all’angelo: “Ecco
la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Luca 1,38), e proclamando nel
Magnificat che Dio “ha posato lo sguardo sull’umiltà della sua serva” (Luca 1,48). Maria è
anche donna mite, in quanto comprende che la mitezza è farsi strumento docile tra le mani di
Dio. Il suo cuore mite non si sofferma sulle tristezze, ma è magnanimo nel donarsi, sensibile
alla compassione. Ai piedi della Croce, Maria “come mite agnella unita al sacrificio del
mitissimo agnello” -così si esprime la liturgia- riceve in dono dal Figlio l’intera umanità.
Per la riflessione, la condivisione e un impegno di vita
Nel solco di questa luminosa tradizione le attuali Costituzioni dei Servi dedicano due
articoli all’amicizia fraterna (art. 10 e art. 109). La comunione e l’amicizia sono da ricreare
ogni giorno, perché diversi sono le età e i caratteri, il sentire e le opinioni. Ma anche le
tensioni, che scaturiscono inevitabilmente da questa diversità, sono segno di vita e occasione
di arricchimento.
Maria, Madre di misericordia
Nel cuore dell’Ordine e di ogni nostra comunità/fraternità c’è la presenza umile e nascosta
della Vergine gloriosa, la Madre della grazia e della misericordia, che ai piedi della Croce
diviene madre dei discepoli di Gesù (cf. Giovanni 19, 25-27), madre dell’umanità redenta. Il
documento Servi del Magnificat esorta ad essere segno e prolungamento della misericordia
della Vergine; ad allargare quindi la comunione e l’amicizia fino ad abbracciare il mondo
intero. La misericordia per noi Servi e Serve di Maria, come per tutti i discepoli di Gesù, è
compassione attiva, presenza affettuosa, comunione; è rivolgere lo sguardo verso l’altro e
fargli del bene con cordiale solidarietà (cf. n. 100).
Per la riflessione, la condivisione e un impegno di vita
Chiediamoci: Il testamento spirituale di Gesù descritto da Giovanni (15,12-17) lo sento
rivolto a me, a noi, oggi? Quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il
Signore?
Proponiamoci di non aver niente di più caro della comunione con il Signore e tra di noi e di
divenire sempre più uniti, sempre più fratelli e amici.
Chiediamo a santa Maria che ci aiuti, perché il nostro cuore, come quello di Gesù, sia umile
e mite, e non si chiuda di fronte alle prove della vita.