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GLI INCONTRI DI GESU’ NEL VANGELO DI GIOVANNI
di don Faustino Guerini
NICODEMO
Sintesi di Carmine Bordieri
- Introduzione:
Nicodemo è nominato in tre episodi nel Vangelo di Giovanni, mentre non ve ne è traccia alcuna
negli altri Vangeli.
Nel primo episodio (Gv 3,1-14) è riferito un dialogo, attraverso il quale Gesù vuol fare passare
Nicodemo (e con lui ciascuno di noi) dalla capacità di cogliere i segni a quella di comprenderne il
loro significato.
Il Figlio dell’Uomo crocifisso rivela l’amore del Padre: chi lo vede e aderisce a Lui è figlio del
Padre.
Il passaggio che invita a fare nella fede è quello “dalle attese dell’uomo, alla promessa di Dio”. Ed è
una promessa che supera ogni attesa, ma è profondamente diversa da quell’attesa.
Dio non solo ci fa alcuni doni, ma vuole donare a noi se stesso: Dio si compromette per noi.
Il dialogo con Nicodemo toglie l’ambiguità: Dio non compie i nostri desideri, che generalmente
sono le nostre paure, le nostre voglie. Dio si dona così com’è: questa è la promessa di Dio!
- Versetto 1 (Presentazione di Nicodemo)
Nicodemo viene presentato come un “Capo dei Giudei”, un fariseo, facente parte del Sinedrio.
Quindi, non uno sprovveduto, ma una personalità nella società ebraica, particolarmente istruito
riguardo alla Legge.
- Versetto 2 (Nicodemo va da Gesù)
E’ descritto un movimento: è Nicodemo che si reca da Gesù. Quando succede questo, nel Vangelo,
c’è da preoccuparsi perché solitamente è Gesù che va verso gli uomini. Chi va di sua iniziativa
viene un po’ maltrattato, come succede nell’analogo episodio dell’incontro con il cosiddetto
“giovane ricco” (Mc 10,17-22).
Questo ci pone un primo interrogativo: come possiamo passare dal prendere noi l’iniziativa (che
presuppone un presentare i nostri desideri) all’accogliere ciò che Dio desidera?
- (di notte)
Nel Vangelo di Giovanni l’espressione “notte” indica “il male”. Significa che sta accadendo
qualcosa mentre regna “l’impero delle tenebre”, l’uomo è preda delle tenebre.
E’ la notte (Nicodemo) che vuol venire al giorno (Gesù). Nicodemo è nel dubbio e cerca la Verità.
E’ la figura degli uomini che cercano la luce della Verità. Le parole di Gesù porteranno Nicodemo
ad accogliere la Luce.
Solo nel momento in cui si rende conto di essere nel buio (cieco) può accogliere la luce.
Le tenebre non possono pretendere di produrre la luce, ma devono solo essere pronte ad
accoglierla.
Nicodemo attendeva il Messia potente e dovrà accettare ed accogliere un Messia crocifisso.
Tutti abbiamo delle attese su Dio, ma dobbiamo passare ad accogliere Dio come è.
Nicodemo è la figura emblematica di chi cerca la luce della vita.
- (Rabbì)
Nicodemo chiama Gesù “maestro”, lui che era Capo dei farisei. Questo dimostra che Gesù era un
ebreo che aveva frequentato le scuole rabbiniche del tempo (potremmo dire: aveva frequentato
l’università). La sua è un’autorità che gli discende da un approfondita opera di studio e
approfondimento.
Nicodemo, però, subito si accorge che non si trova di fronte un “semplice collega”, ma si rende
conto che Gesù è venuto da Dio, perché ha visto i “segni” compiuti da Lui e conclude che Dio è con
Gesù maestro.
Nel Vangelo di Giovanni non sono descritti tanti miracoli di Gesù, ma solo pochi “segni” che
compie e che hanno sempre un grande significato. Nicodemo ha letto bene quei segni.
Nel primo approccio di Nicodemo l’evangelista non riporta alcuna domanda rivolta a Gesù. Ma
possiamo immaginare quale fosse quell’interrogativo: Se tu sei il Messia, come si fa ad entrare nel
regno di Dio?”.
- Versetto 3 (Gesù risponde)
Gesù vuol portare Nicodemo (e tutti noi) al di sopra della Legge.
Gesù dice che la Vita non è prodotta dal nostro fare, ma dal nostro essere. Nessuno si fa da sè!
Tutti noi siamo generati da qualcun altro. L’esperienza di essere amati gratuitamente dai nostri
genitori genera la nostra identità. Questa è l’esperienza umana comune.
Gesù vuol far capire che non possiamo diventare pienamente figli di Dio con la nostra buona
volontà, cercando di non trasgredire alla Legge, ai Comandamenti di Dio. Il nostro impegno non ci
può portare ad essere figli di Dio: a renderci tali non è il nostro FARE!
Gesù dice che bisogna partire dal capire di essere un figlio da sempre amato da Dio.
Entrare nel regno di Dio non è opera dell’uomo, ma esclusivo dono di Dio.
Dalla consapevolezza di aver ricevuto il dono della Vita può scaturire una esistenza che è
esperienza di azione di grazie.
- Versetti 4 – 13 (dialogo)
Il dialogo fra Gesù e Nicodemo si sviluppa secondo un andamento che rientra in quella che
possiamo definire “ironia giovannea”, usata spesso dall’evangelista.
Gesù fa un discorso, ma gli uomini capiscono diversamente! Non capiscono o comunque si verifica
un fraintendimento. Giovanni usa questo metodo per aiutare i lettori a capire che i pensieri di Dio
non sono i loro pensieri.
Dio non ha “buon senso”. L’amore di Dio è esorbitante: con il buon senso, in realtà, non si è molto
cristiani; il buon senso “tarpa” le ali all’amore di Dio.
- Versetto 4 (riflessione sulla rinascita e sulla morte)
Nicodemo esprime un ragionamento di buon senso, dettato da un riscontro “statistico”: tutta
l’umanità è in cammino inevitabilmente verso la morte. Sono inutili quei discorsi che parlano di
“rinascita” o “reincarnazione”: la vita dell’uomo è una e una sola, unica e irripetibile!
- Versetto 14 (il Figlio dell’Uomo innalzato)
E’ il clou dell’episodio, è la risposta ad ogni ambiguità.
Gesù fa riferimento all’episodio descritto dal Libro dei Numeri (21,4-9).
Il popolo ebreo, uscito dall’Egitto, volge lo sguardo a se stesso; volge lo sguardo indietro,
rimpiange la schiavitù che comunque assicurava più agi del deserto. Volge le spalle a Dio e alcuni
serpenti minacciano il popolo, molti muoiano per i morsi dei serpenti. Mosè chiede aiuto al Signore
e innalza un serpente di bronzo. Chi volgeva lo sguardo verso l’alto, verso il serpente, viene salvato
dal veleno mortale.
Allo stesso modo – dice Gesù – bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo.
E’ necessario che l’umanità rinasca dall’alto.
Nel Vangelo di Giovanni “essere innalzato” è sinonimo di “essere glorificato” e la glorificazione di
Gesù, per l’evangelista, è la croce.
Gesù è il Messia, come ha intuito Nicodemo, ma non è come lo pensava: la gloria del Messia è la
croce!
Nel Vangelo di Giovanni ci sono tre “predizioni” dell’innalzamento di Gesù in croce. Una è proprio
quella del Capitolo 3, le altre sono al Capitolo 8 (Gv 8,28) e al Capitolo 12 (Gv 12,32).
Nella seconda predizione Gesù dice che quando il Figlio dell’Uomo sarà innalzato, allora
conoscerete che “Io Sono” (“Io Sono” è l’espressione usata dalla Bibbia per indicare il nome di Dio
“Yahwhè”).
Nella terza dice che quando sarà innalzato attirerà tutto a se: il Crocifisso diventa punto di
riferimento di tutta l’Umanità che anela a risorgere.
Contemplando Gesù crocifisso, siamo liberati dalla menzogna di temere Dio come giudice severo.
La verità di Dio è che ci ama. La nostra identità è l’amore di Dio per noi.
Emblematica è, nel Vangelo di Giovanni, la figura del “discepolo che Gesù amava”, che la
tradizionale interpretazione identifica con l’evangelista stesso.
Chi è Dio? E’ Colui che mi ama.
Chi sono io? Sono colui che è amato da Dio.
Questa profonda verità la possiamo sperimentare nel momento in cui Gesù è innalzato.
Questa verità ci permette di amare gli altri senza remore.
Guardando al Crocifisso, vediamo i mali del mondo inchiodati sulla croce.
Guardando al Crocifisso, vediamo il bene di Dio.
Contemplando la croce, comprendiamo che Dio non ignora il male (sarebbe sciocco presentare un
Dio che ci tiene fuori dai mali del mondo), lo porta su di sé e lo vince attraverso il perdono.
Ed è attraverso il perdono che noi conosciamo chi è Dio.
ALTRI MOMENTI IN CUI E’ PRESENTE NICODEMO
Nel Sinedrio (Gv 7,50-52)
Nel Vangelo di Giovanni riappare Nicodemo nel Sinedrio, quando si sta decidendo di uccidere
Gesù. Nicodemo, come detto, è uno dei Capi, ma non condivide le ragioni degli altri. Per questo suo
atteggiamento è definito ignorante. Ma lui prende la Legge nella sua integrità e accusa il Sinedrio di
stravolgere il significato della Legge: questo è un grave rischio che l’Umanità corre quando piega la
Legge ai propri desideri e la fa diventare strumento di ingiustizia.
La risposta degli altri Capi è un vero e proprio insulto a Nicodemo per coprire la loro malafede (è
quello che fanno spesso gli uomini).
Nicodemo sperimenta che se si testimonia la Verità si rischia in prima persona: Gesù, o lo
accogliamo con tutte le conseguenze, o lo “uccidiamo”, eliminandolo dalla nostra vita!
Dopo la morte di Gesù (Gv 19,39)
Nicodemo (il cui nome significa “vincitore del popolo”), che è entrato ormai nel mistero d’amore,
contemplando il “Trafitto”, risponde all’amore di Gesù con un gesto d’amore, analogo a quello
della donna di Betania che profuma Gesù (Mt 26,6-16).
Possiamo dire che Nicodemo “entrando nella ferita di Gesù crocifisso” può veramente rinascere
dall’alto.
Il momento della sepoltura di Gesù è una “scena nuziale”: Gesù dona tutto se stesso alla sua sposa,
l’Umanità.
Nicodemo offre cento libbre (circa Kg. 33) di profumo: in effetti è un po’ tanto per ungere un
corpo!
Quel corpo trafitto, espressione dell’amore di Dio, viene consacrato dal gesto di unzione con il
profumo, viene riconosciuto da Nicodemo come il Cristo (unto del Signore, Messia), tanto che
possiamo attribuire a Nicodemo l’appellativo di “primo cristiano”.
Da notare come il profumo rappresenti l’amore, in quanto per sua natura si consuma, per sua natura
si dona e impregna tutto della sua essenza. “Profumo diffuso è il tuo nome” (Cantico dei cantici).
Dio è amore
Quindi, l’abbondante quantità di profumo offerta da Nicodemo è la congruente risposta all’amore
sovrabbondante di Dio.
Ora, sulla Terra c’è un sepolcro nuovo: il sepolcro di Cristo è il nostro cuore.
A noi spetta il compito di fare memoria dell’amore di Dio, a noi il compito di ricordare (nel senso di
ri cor dare, cioè rimettere nel cuore).
Fare memoria dell’amore ricevuto da Dio fa passare a quella visione della vita dall’alto, che il
Signore vuole indicarci con la vicenda di Nicodemo.
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