trattazionesint 11-12 classe 5 classico-linguistico

1
SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE ANNO SCOLASTICO 2011-2012
Classe 5 Classico - Classe 5 Linguistico
Argomenti di fisica - Trattazione sintetica
Insegnante: M. Grazia Bevitori
Rappresentanti di classe: Federico Bartolini, Francesca Capicchioni
Benedetta Bonci, Althea Ceci
1.
Lavoro e Potenza. La prima definizione di lavoro e la sua prima misurazione, ci vengono da Charles
Augustine Coulomb (fine 18° secolo): egli calcolò il lavoro compiuto da un uomo che trasporta un carico in
salita, proporzionale al peso e alla quota raggiunta. Quindi L = Fpeso · h
Il lavoro che una forza compie, quando agisce su un corpo a cui è applicata, si definisce come:
L = F ·S· cos  ; dove F è la forza, S è lo spostamento,  è l’angolo compreso fra i due vettori.. L è un
prodotto scalare: F ed S devono essere nella stessa direzione; F cos  è la componente della forza nella
direzione dello spostamento, solo questa componente fa lavoro. Se F ed S sono perpendicolari fra loro, allora
L = 0, la forza non fa lavoro; è il caso della forza centripeta nel moto circolare, dove la forza agisce lungo il
raggio della circonferenza e lo spostamento tangente alla traiettoria è perpendicolare al raggio. La forza
centripeta fa cambiare direzione alla velocità, ma non fa cambiare l’energia cinetica del corpo. Il lavoro si
misura in N·m = Joule (J).
La potenza W è il lavoro compiuto in una unità di tempo: W = L/t ( lavoro fatto in un secondo) ; nel
sistema di misura internazionale l’unità di misura è il Watt ( W ) cioè Joule/secondo. ( il cavallo vapore, HP,
corrisponde a circa 735 W).
F

S
2.
Energia cinetica. Un corpo possiede energia cinetica se ha massa e si muove con velocità v. La
formula che esprime l’energia cinetica deriva da quella del lavoro ed è Ec = ½mv2. Un corpo che possiede
energia cinetica può fare lavoro. Teorema dell’energia cinetica : Il lavoro che una forza compie, quando agisce
su un corpo di massa m, libero di muoversi, è uguale alla variazione di energia cinetica.
L = ½mv2 - ½mvo2
(L = Ecfin - Eciniz )
Si ricava da L = F · S = m · a ·( ½ a t2 + vo·t) ; sostituendo ad a il valore: a = (v – vo) /t , e semplificando si
ottiene l’espressione del teorema: Lavoro della forza = variazione dell’energia cinetica
3.
Lavoro della forza peso ed energia potenziale. La forza di gravità ( peso) è una forza conservativa:
il lavoro che essa compie dipende solo dalla posizione iniziale e finale di un corpo che si sposta sotto l’azione
della forza e non dallo spostamento effettuato. In ogni punto si definisce l’energia potenziale del corpo, quindi
il lavoro si ottiene facendo la differenza fra i due valori di energia potenziale (iniziale meno finale). Il lavoro
della forza peso è indipendente dallo spostamento ( se non agiscono forze d’attrito).
L = F ·S · cos L = - mg · (h1 – h0) (F = -mg è la forza peso negativa perché verso il basso,
S = h1 – h0, verticale,  = 0° , cos = 1). Moltiplicando, si ottiene: L = mgh0 – mgh1, cioè
L = U0
-U1 U = mgh è l’energia potenziale gravitazionale di un corpo di massa m, posto ad una altezza h, in
prossimità della superficie terrestre.
4.
Conservazione dell’energia meccanica. La somma di energia cinetica ed energia potenziale rimane
costante in ogni punto del campo gravitazionale (che è
g = F /m = 9,8 m/s2 e diminuisce con il quadrato
della distanza , come il campo elettrico E = KQ /r2 ). Poiché
L = ½ m v12 - ½ m v02 ; ed è anche L = mgh0 – mgh1 allora possiamo scrivere la
conservazione dell’energia in vicinanza della superficie terrestre dove h << Raggio terrestre.
Uguagliando le due espressioni otteniamo: ½ m v12 - ½ m v02 = mgh0 – mgh1 ;
che
diventa :
½ m v12 + mgh1 = ½ m v02 + mgh0 . Questa equazione ci dice che: in ogni
punto del campo gravitazionale, la somma di energia cinetica ed energia potenziale è costante.
L’energia meccanica di un corpo si conserva.
2
5.
Pressione. Per esercitare una forza su un fluido posto in un recipiente, occorre esercitare una forza
mediante uno stantuffo (pistone) a tenuta, di area A. Si definisce Pressione P , il rapporto F/A , cioè la
pressione è la forza che agisce sull’unità di superficie e si misura nel sistema internazionale
in Pascal = N/m2 (Pa). (Blaise Pascal (1623-1662)
6.
Principio di Pascal: la pressione esercitata su un fluido si trasmette inalterata all’interno del fluido
in tutti i punti e in tutte le direzioni. Il torchio idraulico si basa su questo principio:
F1
A1
A2 F2/A2 = F1/P1
F2
P2 =P1
Se A2 >A1 (per es. 10 volte maggiore) anche F2 sarà 10 volte maggiore di F1. Quindi il torchio permette di
sollevare pesi molto grandi o potrà esercitare forze molto intense come nelle presse.
7.
Densità di un fluido: è la massa di una unità di volume:  = M/V si misura in kg/m3 nel
Sistema Internazionale di misura oppure anche in kg / dm3 ( 1 dm3 = 1 litro; 1 m3 = 1000 litri); l’acqua
ha densità 1 kg / dm3 o meglio 1000 kg / m3 ).
8.
Principio di Stevino (Simon Stevin 1548-1620): In un fluido, pesante, incomprimibile, la pressione
cresce con la profondità h
P = Po +  g h ; dove Po è la pressione atmosferica esterna, è in kg/m3 la densità del fluido. P
aumenta linearmente con la profondità.
9.
Pressione atmosferica, esperimento di Torricelli (1606-1647): l’aria pesa, quindi esercita pressione.
L’esperienza di Evangelista Torricelli permette di calcolare la pressione atmosferica che vale Po = 1,013 10 5
Pa. Un tubicino pieno di mercurio, alto circa un metro, viene capovolto dentro una vaschetta anch’essa piena di
mercurio (Hg). Il tubicino dovrebbe svuotarsi, ma se si fa attenzione a non far entrare aria, il mercurio scende
fino a 760 mm sopra il livello della vaschetta. Il mercurio non può scendere di più perché sul livello libero del
mercurio della vaschetta, l’aria col suo peso, esercita pressione atmosferica, che equilibra la pressione della
colonnina di mercurio alta 0,76 metri.. Nel tubicino non c’è aria e in alto sopra il mercurio si crea una zona di
vuoto ( non c’è pressione atmosferica) , allora per la legge di Stevin:
Po =  ∙ g ∙h; la densità del mercurio è  = 13,59 ∙ 103 kg / m3 quindi si calcola Po
Po = 9,8 ∙ 0,76 ∙ 13,59∙ 10 3 = 1,013∙ 105 Pa Questa esperienza dimostra che l’aria “pesa” e che il
vuoto è realizzabile; Aristotele (4° secolo a.C.) e poi Erone di Alessandria (2° secolo a.C.) ipotizzavano il
principio dell’orrore del vuoto da parte della natura).
10.
Principio di Archimede. (Siracusa 287-212 a.C.). Se un corpo è immerso in un fluido (totalmente o
parzialmente), riceve una spinta (forza) diretta verticalmente dal basso verso l’alto e la sua intensità è uguale al
peso del fluido spostato dal corpo stesso.
FArc = m fluido ∙ g ; FArc = fluido ∙Vcorpo ∙ g . La massa del fluido spostato è data dalla densità
del fluido x il volume del fluido che corrisponde al volume del corpo immerso ( m =  V) . Questo principio
spiega perché i corpi aventi densità minore del fluido in cui sono immersi, galleggiano. Un blocco di legno
galleggia in acqua perché, quando è totalmente immerso, riceve una spinta F A maggiore del suo peso Fp: con il
suo volume sposta un uguale volume d’acqua che pesa di più del blocco di legno. Allora una parte di volume
emerge affinché FA sia uguale a Fp.
3
11.
Scale termometriche. La temperatura è la grandezza fisica che misura il livello termico di un corpo.
Può essere misurata sfruttando la dilatazione termica dei corpi, quando vengono riscaldati. Un termometro
utilizza un liquido contenuto in un bulbo provvisto di un tubo capillare. Si prendono due punti fissi di
riferimento, (ghiaccio fondente, acqua bollente), si considera il livello del liquido nel tubicino nei due punti e si
suddivide l’intervallo termico in un numero di parti uguali dette gradi. La scala Celsius (°C) è centigrada: da 0°
a 100°. La scala Fahrenheit (°F) va da 32°F (ghiaccio fondente) a 212°F (acqua bollente). La scala assoluta
(Kelvin) è centigrada: da 273,15 K (ghiaccio fondente ) a 373,15 K (acqua bollente). Non ha valori negativi; il
valore 0 K (zero assoluto), corrisponde a – 273,15 °C dove Pressione e Volume di un gas diventano
teoricamente nulli.
Dilatazione termica. Quando un corpo (solido,liquido, gas) varia la sua temperatura, cambia le sue
caratteristiche geometriche (lunghezza, superficie, volume), che aumentano linearmente al crescere della
temperatura. Ogni materiale o sostanza dilata a seconda delle sue caratteristiche chimiche e fisiche.
12.
Leggi dei gas perfetti. Per gas perfetto si intende un aeriforme perfettamente comprimibile,
monoatomico, i cui atomi possono essere considerati punti materiali che interagiscono fra loro solo mediante
urti totalmente elastici dove si conserva l’energia cinetica delle particelle. Un gas perfetto non cambia le sue
caratteristiche anche se viene raffreddato fino a valori molto bassi della temperatura. Un gas reale invece se
raffreddato e compresso subisce il passaggio di fase della liquefazione e quindi si comporterà come un liquido
che non è comprimibile. Per descrivere lo stato di un gas (cioè un sistema termodinamico) occorre conoscere il
valore delle coordinate termodinamiche: pressione P, volume V, temperatura assoluta T. Un gas compie una
trasformazione termodinamica quando modifica il proprio stato (cambiano le sue coordinate termodinamiche).
Prima legge di Gay-Lussac, isobare
V = Vo( 1+t ) , P costante,  = 1/273,15 °C-1 coefficiente di
dilatazione dei gas.
Seconda legge di Gay-Lussac, isocore P = Po( 1+t ) ,V costante,  = 1/273,15 °C-1 Vo e Po volume e
pressione a 0°C
Legge di Boyle, isoterme P·V = Po·Vo; P·V = costante, T costante. Cambiando la scala delle temperature
da °C a Kelvin, T = t + 273,15 le due leggi di Gay-Lussac diventano
V = Vo  T ;
P = Po  T ; diretta proporzionalità con T.
Da queste tre leggi, segue la legge dei gas perfetti PV = nRT ; PV/T =PoVo/T = R costante dei gasi; n
numero di moli. La mole è la quantità di materia dell’elemento, contenente il numero di Avogadro di
molecole ( 6,02∙ 10 23 particelle). Corrisponde alla massa molecolare ( numero di protoni e neutroni del
nucleo), espressa in grammi. Esempio: 1 mole di idrogeno (la molecola è costituita da due atomi) “pesa” 1+1 =
2 grammi. 1 mole di elio (monoatomico, nel nucleo ha 2 protoni e 2 neutroni) = 4 grammi. 1 mole di acqua
H2O = 1 + 1 + 16 = 18 grammi.
13. Teoria cinetica dei gas perfetti. La teoria cinetica dei gas dimostra che la pressione esercitata da un gas
sulle pareti del recipiente che lo contiene è dovuta solo agli urti totalmente elastici compiuti dalle sue molecole.
Ogni molecola possiede solo energia cinetica. Si dimostra che l’energia cinetica di ogni singola particella di un
gas monoatomico, vale:
1/2 m vm2 = 3/2·R/No T ; R costante dei gas, No numero di Avogadro , m massa di una particella, vm
velocità media . R/No = K è la costante di Boltzmann. La legge di Boltzmann è quindi:
1/2 m vm2 = 3/2· K·T ; essa dice che l’energia cinetica di un gas è direttamente proporzionale alla
temperatura assoluta T; per cui possiamo dire che T rappresenta la misura dello stato di agitazione delle
molecole del gas. Dalla legge si può ricavare la vm di una singola particella del gas.
4
14. Il calore Q. E’ una forma di energia in “transito” cioè che fluisce da un corpo all’altro a causa di
differenze di temperatura. Microscopicamente si tratta di trasmissione di energia cinetica fra molecole di corpi
a contatto (conduzione o convezione) mediante urti elastici. Il calore però si trasmette anche attraverso il vuoto
tramite onde elettromagnetiche (irraggiamento). Essendo “energia” , cioè capacità di fare lavoro, si misura in
chilocalorie oppure in Joule; 1 kcal = 4 186 J.
15. Quantità di calore – Calore specifico. Mediante esperienze di laboratorio si è riusciti a dare una
definizione operativa di calore per poterlo misurare. La relazione fondamentale della calorimetria dice che : Q
= c m t, cioè che Q (calore assorbito o ceduto da un corpo di massa m), è proporzionale alla massa e alla
variazione di temperatura t .
c = Q/(mt) è il calore specifico del corpo (caratteristico del materiale), ed è la quantità di calore necessaria
per far variare di un
grado centigrado la massa di 1 kg di una determinata sostanza. L’acqua ha calore specifico c =1 kcal /kg°C,
se utilizziamo come unità di misura la vecchia kcal. Oggi l’unità di misura del calore è il Joule (dopo le
esperienze di Joule per dimostrare che esso è una forma di energia, come l’energia meccanica. L’equivalente
meccanico del calore è
1 kcal = 4186 J; (1 cal = 4,186 J) , ricavata con l’esperienza del mulinello di Joule, dove l’energia
potenziale gravitazionale di due masse, si trasforma in energia termica: le masse cadendo molto lentamente,
fanno girare una serie di palette all’interno di una massa nota di acqua che aumenta la sua temperatura di un
valore t misurato da un termometro.
Con l’equazione della calorimetria si ricava Q in kcal e si confronta con
U = mgh in Joule.
16. Lavoro in una trasformazione termodinamica. Se un gas perfetto (sistema termodinamico) viene fatto
espandere in un cilindro munito di pistone capace di muoversi, il gas compie lavoro. Occorre considerare una
situazione ideale dove la trasformazione subita dal gas sia “quasi statica”, cioè passi per stati successivi di
equilibrio, dei quali sono noti sempre Pressione, Volume e Temperatura. La trasformazione viene detta
reversibile perché può essere percorsa anche in senso inverso per riportare il gas nello stato iniziale. Le tre
coordinate sono in relazione nell’equazione PV = nRT. Riportando nel piano P-V, l’andamento della pressione
in funzione del volume, il lavoro è rappresentato dall’area sottostante il grafico, fino all’asse dei volumi. E’
positivo se VB >VA, è negativo se VB < VA (vedi figura seguente)
PA
L = ∫ P(V) dV
PB
VA
VB
Esempi:
Isobara P = costante
L = P (VB –VA)
isocora V= costante
L = 0 ; perché V=0
isoterma PV= nRT
adiabatica Q = 0
5
17.
Primo principio della termodinamica. In una trasformazione termodinamica la quantità di calore totale
scambiato da un sistema, si trasforma parte in lavoro e parte in variazione dell’energia interna del sistema.
Questo principio ci dice che l’energia si conserva; ma essendo il calore una forma di energia cinetica
disordinata, non tutto il calore diventa lavoro meccanico; una parte fa variare l’energia interna del sistema. In
formula : Q = LU.
U è detta energia interna, è in pratica energia cinetica molecolare ed è una funzione
di stato, dipende cioè solo dallo stato in cui si trova il sistema, la sua variazione U dipende solo dalla
variazione di temperatura.
18.
U = Q – L .
2° Principio della termodinamica. Enunciato di Kelvin Planck: E’ impossibile realizzare una
trasformazione ciclica il cui unico risultato sia quello di sottrarre calore ad un’unica sorgente e trasformarlo
integralmente in lavoro meccanico. (occorrono sempre almeno due sorgenti a diversa temperatura.. Enunciato
di Clausius: E’ impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di far passare il calore
da una sorgente a temperatura T1 ad un’altra a temperatura T2 > T1. ( Il calore fluisce spontaneamente da un
corpo a temperatura maggiore a un corpo a temperatura inferiore; per ottenere il passaggio contrario, occorre
spendere energia, fare lavoro. Questo si ottiene con una macchina frigorifera che spendendo energia, preleva
calore dalla cella frigorifera a temperatura bassa e lo cede all’ambiente esterno a temperatura più alta,
mantenendo freddo l’ambiente dentro il frigorifero).
19. Teorema di Carnot: Nessuna macchina irreversibile (reale), può avere un rendimento maggiore di una
macchina reversibile (ideale), che lavora tra le stesse sorgenti della macchina reale. Il rendimento di una
macchina ideale (di Carnot), dipende solo dalle temperature assolute a cui si trovano le due sorgenti. Il ciclo di
Carnot è costituito da due trasformazioni isoterme e da due trasformazioni adiabatiche (cioè senza scambi di
calore con l’esterno), ed ha il rendimento massimo. Il rendimento è dato da:
= L / Q2 = (Q2 – Q1 )/Q2
(Q2 : calore assorbito dalla sorgente calda,
<1
sempre
Q1 : calore ceduto alla sorgente fredda che non diventa lavoro
meccanico). Si dimostra che per il ciclo di Carnot, il rendimento è := (T2 – T1) / T2
20.
<1.
2° principio – Entropia: Si definisce “variazione di entropia” in una trasformazione termodinamica:
S = Q /T
la somma di tutti i calori scambiati, diviso le temperature costanti a cui questi scambi
avvengono. I calori assorbiti sono
positivi, quelli ceduti sono negativi. In una trasformazione ciclica, ideale,
la variazione di entropia è nulla. Anche l’ambiente esterno non subisce variazione di entropia quando il ciclo è
reversibile; quindi l’entropia del sistema isolato
S = 0.
(macchina + ambiente esterno), rimane costante:
Se invece in un sistema isolato avvengono trasformazioni irreversibili (reali), allora
l’entropia aumenta sempre. Qualsiasi trasformazione reale lascia un segno nell’ambiente, quindi:
S > 0. Questa funzione di stato detta entropia è stata introdotta da Clausius (coniando la parola da un
verbo greco e vuol dire “andare verso”), per esprimere il 2° principio, perché indica il verso spontaneo delle
trasformazioni e l’irreversibilità del tempo, ciò che è “prima”, ciò
che è “dopo”. Se pensiamo all’universo
intero come un sistema isolato che non scambia energia, allora possiamo dire che per il 1°principio l’energia
totale dell’universo si conserva, per il 2° principio la sua entropia tende ad aumentare. Quando l’entropia
avrà raggiunto il valore massimo, non saranno più possibili scambi di energia e quindi scambi termodinamici
. Questa situazione viene chiamata “morte termica dell’Universo”. L’aumento di entropia è un indice
degradazione dell’energia, che si conserva, ma non è più utilizzabile.
della
6
21. Carica elettrica: è una proprietà della materia che genera la seconda forza presente nell’universo (la forza
elettromagnetica). Le particelle atomiche possiedono cariche, convenzionalmente,
il protone + e l’elettrone
- . Se la materia perde o acquista elettroni , si dice che si carica, per cui fra due
corpi elettrizzati, si manifesta una forza attrattiva o repulsiva, detta Forza di Coulomb.
Quantizzazione della carica: le cariche presenti in natura, o prodotte, sono multipli interi di una quantità
minima, indivisibile (quanto di carica) che in valore assoluto è la carica dell’elettrone ( 1,602 10 -19 C). Legge
di conservazione della carica: la somma algebrica delle cariche elettriche di un sistema isolato si mantiene
costante, qualunque siano i fenomeni che in esso hanno luogo.
22. Legge di Coulomb: Due corpi puntiformi elettricamente carichi interagiscono con una forza F attrattiva o
repulsiva che è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche, inversamente proporzionale al quadrato
della distanza r. La costante di proporzionalità K dipende da mezzo interposto (dielettrico). Per il vuoto Ko = 9
109 Nm2/C2,
F = K∙Q∙q/r2
; è massima nel vuoto. In un dielettrico diverso (vetro, acqua, olio…), la forza
diminuisce. Si divide la forza nel vuoto Fo
considerato(per l’acqua r vale circa 80) .
per r, costante dielettrica relativa, tipica del dielettrico
F = K∙Q∙q / (r ∙r2 )
23. Campo elettrico: Se in una zona dello spazio è presente un corpo carico, esso fa sentire la propria azione
su altri corpi carichi. Si definisce il vettore campo elettrico E, in un punto dello spazio, la forza risultante F che,
in quel punto, agisce sull’unità di carica. In formula: E = F/q , si misura in N/C (oppure Volt/metro). Quindi in
ogni punto P dello spazio esiste un vettore (che ha modulo, direzione e verso) e l’insieme di questi vettori
costituisce il campo elettrico generato. Una carica Q isolata, puntiforme, genera un campo radiale, che
diminuisce col quadrato della distanza r, diretto lungo r. Si rappresenta mediante linee di forza orientate (linee
di Faraday), che in ogni punto hanno come tangente il vettore campo E.
Configurazioni di campi
_
+
+ ++
+
+
+ E=0
+
+
+
E
+ + ++
ro
Per una sfera di raggio ro, caricata con carica Q, il campo all’interno è nullo, perché internamente non ci sono
cariche, (schermo elettrostatico). Le cariche si distribuiscono sulla superficie esterna della sfera.
7
-
+
+
+
24. Confronto fra la forza di Coulomb - campo elettrico E, e la forza di gravitazione di Newton - campo
gravitazionale g.
La legge di gravitazione universale. Isaac Newton (1642- 1727) fu il primo a capire che la forza che fa cadere
i corpi qui sulla superficie terrestre è la stessa che fa muovere la Luna sulla sua orbita intorno alla Terra: è la
forza di attrazione che si esercita su corpi che possiedono massa ( massa gravitazionale: capacità che ha un
corpo di attrarre altre massa). Due masse M1 ed M2 poste a distanza r, interagiscono a distanza; queste si
attraggono con una forza uguale ed opposta, che è direttamente proporzionale al prodotto delle masse ed
inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra esse. La costante di proporzionalità G si
chiama costante di gravitazione universale, e vale G = 6,67·10 -11 Nm2/kg2: fu misurata con precisione da
Henry Kavendish nel 1798, ha un valore estremamente piccolo, è la forza con cui si attraggono due
masse da un kg ciascuna poste a distanza di un metro.
F = G·M1·M2 /r2 ( la forza si misura in Newton)
Si chiama campo gravitazionale la forza gravitazionale che agisce su una massa unitaria (1 kg).
g = F /m = G·M / r2 sulla superficie terrestre dove r = 6,38 · 106 m, g vale 9,8 m/s2, poi diminuisce con il
quadrato della distanza r dal centro della Terra. Si misura in N/kg. ( Si chiama anche accelerazione di
gravità). Forza e campo gravitazionale sono solo attrattivi.
Anche il campo elettrico generato da una carica Q isolata nello spazio ha lo stesso andamento
( E = k·Q/r2),ed è la forza che agisce sull’unità di carica ( 1 Coulomb); si misura in N/C.
25. Energia potenziale e potenziale elettrico: la forza elettrostatica è una forza conservativa. Il lavoro che
essa compie quando una carica si sposta da un punto A ad un punto B all’interno del campo elettrico, dipende
solo dalla posizione iniziale e finale, non dal percorso. Una carica q all’interno di un campo elettrico possiede
energia potenziale U dipendente dalla sua posizione. Se la carica q si muove all’interno di un campo uniforme
E, il lavoro della forza (F = E · q) è dato da L = F ∙ S ∙ cos , si misura in Joule, come l’energia. Solo la
componente della forza parallela allo spostamento fa lavoro, quindi il lavoro è dato da : L = E · q · S. Il lavoro
si esprime come differenza fra l’energia potenziale UA e l’energia potenziale UB.
L = UA – UB.
Il potenziale V in un punto P del campo è l’energia potenziale in quel punto per unità di carica.
V = U/q si misura in J/C che si chiama V (volt). La differenza di potenziale V (o d.d.p., o tensione, o forza
elettromotrice ) VA – VB tra due punti del campo, è il lavoro che la forza compie per unità di carica, è
il lavoro del campo elettrico E. U(in Joule) e V(in Volt) sono scalari.
V = U/q; V = E · S; V = K Q /r
;
VA – VB = (UA – UB)/q = L/q
L = (VA – VA) q ; VA – VB = F r = E r ; la differenza di potenziale VA – VB è il lavoro del campo
elettrico, viene indicata anche con V semplicemente.
8
26. La corrente elettrica nei conduttori solidi: la
corrente elettrica è uno spostamento ordinato di
cariche elettriche che si ha in un conduttore quando ai suoi estremi viene applicata una d.d.p. L’intensità di
corrente è la quantità di carica che attraversa la sezione di un conduttore in un secondo; i = q/t.
(
E’ la derivata prima, rispetto al tempo della funzione q(t )) . E’ una grandezza fisica, la sua unità di misura è
l’Ampère (A). (Nel sistema internazionale è una misura fondamentale, come il metro, il kg, il secondo).
1A
= 1 C/1sec. I portatori di carica in un metallo sono gli elettroni esterni degli atomi: questi elettroni,
delocalizzati, sono liberi di muoversi da un atomo all’altro. Invece gli ioni positivi occupano i nodi del reticolo
cristallino e possono compiere piccole oscillazioni intorno alla posizione di equilibrio, per agitazione termica,
ostacolano quindi il moto delle cariche e sono responsabili della resistenza elettrica che gli elettroni
incontrano quando si muovono all’interno di un conduttore. Gli elettroni si muovono da punti a potenziale
minore, verso punti a potenziale maggiore, in verso contrario al campo (dal – al +). Per convenzione invece il
verso della corrente è quello dal + al - , come se fossero cariche positive a spostarsi. Questo perché, quando si
cominciò a studiare le correnti, non si conosceva ancora l’esistenza dell’elettrone, scoperto da Joseph John
Thomson (1856-1940), intorno al 1897. Ebbe il premio Nobel nel 1906.
27. Le leggi di Ohm: se ai capi di un conduttore si applica una d.d.p. V, esso viene attraversato da una
intensità di corrente i, tale che vale la seguente relazione: R = V/i dove R è costante e viene detta resistenza
elettrica. La sua unità di misura è l’ ohm: 1  = 1V/1A.
1a legge di Ohm:
V = R i ; i conduttori che seguono questa legge sono detti ohmici ; R è una grandezza
caratteristica del conduttore e dipende dalle condizioni in cui esso si trova (temperatura, pressione). Se R è
grande, la corrente che circola sarà piccola (inversa proporzionalità fra R ed i), R esprime la difficoltà che
incontrano le cariche a muoversi nel conduttore. R dipende dalle caratteristiche geometriche e chimiche del
conduttore;
la 2a legge di Ohm esprime proprio questo:
R =  L/A
dove è la resistività del materiale (caratteristica chimica), L è la lunghezza del conduttore
(filo), A è l’area della sua sezione. La resistività  è molto piccola nei metalli, ma cresce con la temperatura. Il
movimento degli elettroni di conduzione è ostacolato dalle vibrazioni degli ioni del reticolo cristallino. Con
l’aumentare della temperatura cresce l’ampiezza delle oscillazioni degli ioni attorno alle loro posizioni di
equilibrio nel cristallo, quindi aumenta la resistenza elettrica R.
R aumenta se il conduttore è molto lungo oppure ha sezione piccola (filo sottile).
28. Effetto Joule: consiste nella produzione di una quantità di calore Q da parte di un conduttore di resistenza
R, quando è attraversato da una intensità di corrente i =q/t, per un certo tempo t. Ricordando che quando una
carica q si sposta da potenziale VA a potenziale VB, il lavoro che le forze compiono è dato da L = q (V A-VB) e
sapendo che la potenza è il lavoro compiuto in un secondo di tempo ( W = L/t in Watt), allora l’energia
erogata dal generatore U, pari a L, nella resistenza si trasforma in calore. Chiamando V = V A-VB l’energia è :
U = q V t; ponendo q/t = i, allora U = i V t ;
ma i = V/R , quindi U = V2 t /R, oppure U = i2 R t.
Dividendo per t si ottiene la potenza W.
L’energia al secondo (potenza) è : W = i V, oppure ponendo V = R i , diventa
W = i2 R in Watt,
o anche
W = V2 / R
Questa è l’energia che si trasforma in calore (unità di misura joule o kcal, 1 kcal =4186 J). Le stufe elettriche,
il ferro da stiro, le resistenze di un forno elettrico, l’asciugacapelli, sfruttano l’effetto Joule: trasformano
l’energia elettrica in calore).
9
29. Resistenze in serie in un circuito: si collegano i resistori unendoli uno di seguito all’altro,in modo che
siano attraversati dalla stessa intensità di corrente i. La d.d.p. erogata dal generatore si divide in parti
direttamente proporzionali alle singole resistenze. Avremo quindi diverse d.d.p. (cadute di tensione), ai capi di
ciascuna resistenza, ma per la conservazione dell’energia, la somma di queste tensioni parziali ( V1, V2, V3,
come in figura) ai capi delle singole resistenze (o lampade), sarà uguale alla d.d.p. (o forza elettromotrice)
erogata dal generatore.
V1 + V2 + V3 = V per tre resistenze in serie : R1i + R2i + R3i = Rei
dove i è la stessa nel circuito.
Semplificando i troviamo che la resistenza equivalente di un circuito in serie è pari alla somma delle singole
resistenze: R1 + R2 + R3 = Re .
R1
Serie
R2
+
R3
-
Collegamento di resistenze in parallelo: il collegamento in parallelo viene realizzato in modo che tutte le
resistenze o lampade, siano soggette alla stessa tensione (o d.d.p.).
parallelo
+
_
R1
R2
R3
La corrente si divide invece nei vari rami del parallelo, ma per la conservazione della carica, la corrente in
entrata è uguale alla somma delle correnti in uscita.
Questo è il primo principio di Kirchhoff. Nel nodo A avviene che i = i1 + i2 + i3. Per la 1a legge di Ohm
V = V + V +V
1/Re
fra i punti A e B c’è la stessa d.d.p. V , ne segue che
= 1/R1 + 1/R2 + 1/R3 ;
nel nodo A la corrente i entrante è uguale alla somma delle correnti
uscenti.
La resistenza equivalente del circuito Re è tale che il suo inverso è uguale alla somma degli inversi delle
singole resistenze.
i2
i1
A
i3
i4
Nel nodo A
i1 = i2+i3+i4