PROGRAMA ANALITICĂ Disciplina: LIMBA ITALIANĂ (Lexicologie) Specializarea: Română – Italiană Anul II ID, Semestrul II Titularul disciplinei: Lector univ. dr. RAMONA LAZEA Limba Italiană Denumirea disciplinei Codul disciplinei Semestrul Facultatea Litere Profilul Filologie Specializarea Română - Italiană I, II Numărul de credite Numărul orelor pe an / activităţi Total SI TC AT AA 56 36 Categoria formativă a disciplinei: DF - fundamentală, DG - generală, DS - de specialitate, DE - economică/managerială, DU - umanistă Categoria de opţionalitate a disciplinei: DI - impusă, DO - opţională, DL - liber aleasă (facultativă) Discipline anterioare Obiective Conţinut (descriptori) Obligatorii (condiţionate) Recomandate 8 8 12 DF DI - - însuşirea principalelor modalităţi de compunere a lexicului italian; - cunoaşterea structurii unui text scris, a subcodicelor si codicelor lingvistice; - însuşirea tehnicilor de analiză a unui text si sublinierea diferenţelor dintre limba vie şi limba vorbită; - insuşirea corectă a limbii italiene in manieră autonomă. Il testo: Al di sopra della frase. Che cos’è un testo. L’analisi di un racconto. I sette requisti del testo. Come si produce un testo. Lo studio del significato: Una rete di associazioni. Un triangolo e un campo. Il cambiamento di significato. La lingua e la società: le funzioni del linguaggio. Il repertorio linguistico. I sottocodici. I registri e gli stili del discorso. Lingua parlata e lingua scrittta: Com’è fatto un testo parlato. Parole in evidenza. L’enfasi. Il “che” polivalente. Imparare a scrivere: se possiedi l’argomento. Il piano. Riformulazioni. La parafrase. Il riassunto. Ripetere o non ripetere. Periodi brevi e periodi lunghi. La formazione delle parole La suffissazione: dal nome al verbo. Dall’aggettivo al verbo. Dal verbo al nome. Dal nome all’aggettivo. Dal nome al nome. La prefissazione: prefissati nominali e aggettivali. Prefissati verbali La composizione: I composti con base verbale. I composti con base nominale. I conglomerati. Il lessico: Il lessico e la grammatica. Livelli e varietà del lessico. I linguaggi settoriali. Le varietà sociali. I neologismi. La composizione del lessico italiano. Il prestito linguistico: tipi e caratteri del prestito linguistico. L’influsso della Francia, della Provenza e della Spagna. I latinismi. Le parole inglesi. Il prestito interno. L’uso del dizionario: Voci e lemmi. Morfologia e formazione delle parole. La sintassi. Semantica e dizionari. Modi di definire le parole. Vari tipi di dizionari. I gerghi. Il linguaggio dell’informatica. Forma de evaluare (E - examen, C - colocviu / test final, LP - lucrări de control) E Stabilirea - răspunsurile la examen / colocviu / lucrări practice 50% notei - activităţi aplicative atestate / lucrări practice/ proiect etc. finale - teste pe parcursul semestrului 25% (procentaje) - teme de control 25% Bibliografie Paolo D’Achille, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2003. generală Marcello Aprile, Dalle parole ai dizionari, Bologna, Il Mulino, 2005. Maurizio Dardano; Pietro Trifone, Grammatica italiana. Con nozioni di linguistica, Terza Edizione, Bologna, Zanichelli Editore, 1995. Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Bologna, UTET Libreria, 1989. Legenda: SI - studiu individual, TC - teme de control, AT - activităţi tutoriale, AA - activităţi aplicative aplicate SUPORT DE CURS Disciplina: LIMBA ITALIANĂ (Lexicologie) Anul II ID, Semestrul II Titularul disciplinei: Lector. univ. dr. RAMONA LAZEA INDICE INDICE La formazione delle parole La suffissazione Le linee principali della suffissazione 1. Dal nome al verbo 2. Dall’aggettivo al verbo 3. Dal verbo al nome 4. Dal verbo all’aggettivo 5. Dall’aggettivo al nome 6. Dal nome all’aggettivo 7. Dal nome al nome L’alterazione 1. Tipi di alterati 2. Alterati diminutivi 3. Alterati accrescitivi 4. Alterati verbali La derivazione mediante prefissi. La prefissazione 1. Prefissati nominali e aggettivali 2. Prefissi intensivi 3. Prefissi negativi 4. Prefissati verbali La composizione 1. Composti indigeni formati da un verbo e da un nome 2. Composti indigeni formati da nomi e aggettivi 3. Composti scientifici con elementi greco-latini Conglomerati e acronimi La formazione delle parole La lingua è il più evoluto e il più ricco sistema dei segni, il più importante e il più diffuso mezzo di comunicazione usato dagli uomini. L’unità fondamentale della comunicazione è la frase. Quando si parla si compongono catene di suoni più o meno lunghe, intervallate da pause. Ciascuna di queste sequenze ha un suo significato compiuto nel contesto del discorso e pur entrando in relazione con le altre, gode di una certa autonomia. La frase è un segmento più o meno lungo della catena parlata, seguito da una pausa lunga e dotato di in preciso significato nel contesto del discorso da cui fa parte. La frase può essere considerata l’unità fondamentale della comunicazione linguistica. Non è difficile distinguere, all’interno della frase, delle unità minori, che pur non avendo di per sé un significato così preciso e definito come è quello della frase che le contiene, hanno comunque un loro significato autonomo, tanto che ciascuno di noi saprebbe spiegare cosa vuol dire ciascuno di loro. Che queste brevi sequenze fonetiche abbiano la loro autonomia, lo dimostra il fatto che ognuna di esse si può trovare in un numero infinito di frasi diverse. Queste unità più piccole sono appunto le parole, i pezzi che costituiscono “i mattoni della lingua”, della cui esistenza reale hanno piena coscienza tutti i parlanti. Mentre le frasi sono costruite di volta in volta quando parliamo e sono del tutto imprevedibili perché sono diverse fra loro, le parole sono immagazzinate nel nostro cervello, sono depositate nella nostra memoria e costituiscono il materiale al quale attingiamo per mettere insieme le frasi. In altri termini, le frasi sono costruite dal parlante, le parole no. Dunque il discorso è analizzabile in frasi e le frasi sono analizzabili in unità significative più piccole, le parole che costituiscono le unità di base del sistema della lingua. L’insieme delle parole di una lingua ne forma il lessico. Le parole sono le più piccole forme libere dalla cui combinazione si generano le frasi. Al di là delle parole non ci sono più segmenti liberi, frammenti che godono di significato autonomo; ci sono le parole che si presentano tutte d’un pezzo e non sono analizzabili se non come una successione di suoni distinti, di per sé non significanti: ieri: i-e-r-i, oggi: o-g-g-i. Di solito le parole si presentano per lo più costituite da più pezzi dotati di significato (tranne la lingua cinese, ecc.): sart-o, sart-a, sart-i, sart-e guard-o, guard-ate, guard-are All’interno di ogni gruppo le parole presentano la stessa informazione di base, ma si distinguono fra loro per una informazione aggiunta: quella che riguarda il genere maschile o femminile e il numero singolare o plurale, o quella che riguarda la persona, il numero, il tempo e il modo. Si distinguono, dunque, due tipi di informazione: l’informazione di base (sant, guard) e l’informazione aggiunta (o, a, i, e, o, ate, are). Ogni segmento è dotato di in suo proprio significato. Ogni segmento può ricomparire in altre parole della lingua, sempre portando con sé il suo significato originario. La caratteristica di questi segmenti rimane sempre la loro mancanza di autonomia perché si usano sempre agganciati a qualche altro segmento della lingua. Ci sono parole che si possono dividere in un numero maggiore di parti ma c’è sempre un elemento che porta un significato concreto e preciso, mentre gli altri elementi aggiungono al concetto principale concetti secondari: cart-ell-on-e; ar-ri-ved-er-ci I grammatici chiamano radice l’elemento base del significato e affissi le altre parti, distinguendoli in prefissi e suffissi a seconda della posizione che assumono nei riguardi della radice: i prefissi prima, i suffissi dopo. Le unità elementari della lingua vengono chiamate morfemi; morfemi lessicali sono chiamati quelli che coincidono con le radici, morfemi grammaticali sono chiamati tutti gli altri. I morfemi rappresentano la più piccola forma linguistica dotata di significato. Una particolare categoria di morfemi grammaticali è costituita dalle desinenze, cosiddette per la loro posizione alla fine delle parole. In italiano, la maggior parte delle parole sono dotate di questi morfemi finali che per la loro possibilità di variare consentono la declinazione dei nomi, degli articoli, degli aggettivi, dei pronomi e la coniugazione dei verbi (queste parti del discorso per la loro possibilità di cambiare forma sono chiamate parti variabili del discorso; le preposizioni, le congiunzioni, gli avverbi e le interiezioni poiché non hanno desinenze e non mutano mai la loro forma, sono chiamati parti invariabili del discorso). Le trasformazioni prodotte dalle desinenze danno luogo a forme diverse, che appartengono tutte alla stessa voce lessicale e ne conservano intatto il significato. I suffissi veri e propri si inseriscono fra la radice e la desinenza ed entrano nel corpo della parola e ne mutano il significato originario, dando vita ad unità lessicali autonome: libro libraio, libreria La parola primitiva viene chiamata la parola costituita dalla sola radice unita alla desinenza. Partendo da una parola primitiva si possono derivare scambievolmente nomi, aggettivi, verbi, avverbi mediante l’aggiunta all’elemento radicale di precisi suffissi, che non mutano il concetto di base, ma denotano morfologicamente la funzione che la parola normalmente svolge all’interno della frase: quella appunto di nome, di aggettivo, ecc.: da natura derivano: natur-ale, natur-almente, natur-alizzare da facile derivano: facil-mente, facil-ità, facil-itare I suffissi offrono, per la formazione di parole nuove, dei veri e propri schemi compositivi, i quali hanno una tale produttività che rappresentano uno degli espedienti più attivi e più economici nel rinnovamento e nell’arricchimento del lessico. Il lessico di una lingua si arricchisce di continuo in due modi: - attingendo parole di provenienza straniera e di questo si occupa la lessicologia; - creando nuove parole da una base lessicale già esistente secondo modelli formativi ben determinabili. Questo meccanismo si colloca a metà tra lessico e grammatica. Si possono distinguere i seguenti procedimenti di creare delle nuove parole: - la suffissazione che consiste nel modificare una base mediante un affisso che segua la base stessa (affisso chiamato appunto suffisso): foresta forestale - l’alterazione che è una particolare forma di suffissazione con la quale il significato della parola di base non muta nella sua sostanza, ma soltanto per alcuni aspetti (quantità, qualità, giudizio del parlante): ragazzo ragazzetto - la prefissazione che consiste nell’aggiungere un affisso davanti alla base (affisso chiamato appunto prefisso): felice infelice - sviluppo di formazioni parasintetice. Si tratta di parole (quasi solo verbi) che utilizzano contemporaneamente il meccanismo della prefissazione e della suffissazione partendo da una base nominale o aggettivale. barca sbarcare - composizione che è la combinazione di due o più parole distinte che danno vita a una parola nuova: aspirapolvere. I primi quattro procedimenti costituiscono nel loro insieme la derivazione, rispetto alla composizione la differenza fondamentale sta nel fatto che la prima associa una parola autonoma a un elemento che non potrebbe sussistere da solo (-ale di nazionale), mentre la seconda riunisce due parole che hanno corso di per sé (aspira(re) e polvere) oppure che, pur non potendo usarsi autonomamente, sono portatrici di un preciso significato lessicale (come cerebro “cervello” in cerebrolesco). La suffissazione È un meccanismo di derivazione che consiste nell’aggiungere un affisso dopo la base. Nella suffissazione fondamentale è il passaggio da una categoria di parole ad un’altra: un verbo può dar luogo a un nome o a un aggettivo, un aggettivo a un verbo o a un nome e così via. La suffissazione si ha anche all’interno della stessa categoria di parole: da un nome ad un altro nome, da un verbo a verbo, ecc. (si tratta dell’alterazione). Tutti i suffissi possono classificarsi secondo due punti di vista: - denominali, deaggettivali deverbali, deavverbiali, a seconda che la base di partenza sia un nome, un aggettivo, un verbo o un avverbio. - nominali, aggettivali, verbali, avverbuali, a seconda che la parola d’arrivo sia un nome, un aggettivo, un verbo o un avverbio. Per esempio, -aio di giornalaio è un suffisso nominale perché giornalaio è un nome, denominale, perché la base è giornale, un altro nome; -abile di amabile è un suffisso aggettivale deverbale (la base è amare); -are di saltare è un suffisso verbale denominale (la base è salto) SUFFISSI NOMINALI AGGETTIVALI VERBALI AVVERBIALI DENOMINALI vino vinaio DEAGGETTI- noia noioso bello bellezza blu bluastro VALI DEVERBALI respirare amare amabile respirazione salto ginocchio saltare ginocchioni grande veloce grandeggiare velocemente mordere ruzzolare mordicchiare ruzzoloni DEAVVER- pressappoco sopra soprano indietro insieme BIALI pressappchismo (antiq. si trova in indietreggiare insiememente toponimi come (antiq.) Petralia Soprana) Nel passaggio da una base a un derivato possono intervenire alcune modificazioni fonetiche: - nella consonante finale della radice: amico – amicizia, sociologo – sociologia, sapiente - sapienza, borghese – borghesia; - le alternanze dovute alla conservazione nel suffissato di caratteri presenti nel latino: figlio (< lat. filium) – filiale; mese (< lat. mensem) – mensile; - l’alternanza dittongo / vocale (il cosiddetto dittongo mobile): nuovo – novità. In tutti questi casi come in altri (per es. i prestiti dal greco crisi – critico) si parla di base modificata. Le linee principali della suffissazione 1. Dal nome al verbo La trasformazione N – V può essere ottenuta con i suffissi: -are, -ire: arma – armare, canto – cantare, pittura – pitturare, sci – sciare, custode – custodire, veste – vestire. Si possono considerare come varianti di -are sia -iare (differenza – differenziare) sia icare (neve – nevicare). -eggiare: alba – albeggiare, onda – ondeggiare, scena – sceneggiare, schiaffo – schiaffeggiare. -izzare: alcol – alcolizzare, canale – canalizzare, lotto – lottizzare, scandalo – scandalizzare. -ificare: nido – nidificare, pane – panificare, persona – personificare, pietra – pietrificare. Un caso particolare di derivazione è rappresentato dai verbi parasintetici, nei quali si ha l’intervento simultaneo di un prefisso e di un suffisso: cappuccio – in-cappucci-are bandiera – s-bandier-are Distinguiamo i parasintetici secondo i prefissi: a- + raddoppiamento della consonante: bottone – abbottonare, casa – accasare, fetta – affettare, punta – appuntire. Davanti a base che inizia con vocale si ha la forma eufonica ad-: esca – adescare, opera – adoperare. de-: caffeina – decaffeinare, cappotta – decappottare. in- (i-, inn-, il-, im-, ir-): amore – innamorare, bottiglia – imbottigliare, lume – illuminare (base modificata secondo il latino lumen, genitivo luminis “lume, luce”), ruggine – irrugginire, scatola – inscatolare, scheletro – ischeletrire. Vì è anche il doppio prefisso re- + in- = rin- (rim-): faccia – rinfacciare, patria – rimpatriare. s- privativo: buccia – sbucciare, gozzo – sgozzare, natura – snaturare, polpa – spolpare. s- intensivo: bandiera – sbandierare, facchino – sfacchinare, forbice – sforbiciare. di-: ramo – diramare, vampa – divampare. dis-: bosco – disboscare, colpa – discolpare, sangue – dissanguare, sete – dissetare. tra-, tras-, trans-: vaso – travasare, bordo – trasbordare, morte – tramortire (valore attenuativo), sostanza – transustanziare (base modificata secondo il latino substantia “sostanza”). 2. Dall’aggettivo al verbo La trasformazione A-V può essere ottenuta con i suffissi: -are, -ire: attivo – attivare, calmo – calmare, gonfio – gonfiare, chiaro – chiarire, marcio – marcire. -izzare: formale – formalizzare, fraterno – fraternizzare, stabile – stabilizzare, vivace – vivacizzare. -eggiare: bianco – biancheggiare, grande – grandeggiare, largo – largheggiare, scarso – scarseggiare. -ificare: beato – beatificare, dolce – dolcificare, intenso – intensificare, solido – solidificare. Numerosi sono i verbi parasintetici che derivano da aggettivi: aspro – in-aspr-ire bizzarro – s-bizzarr-ire Anche qui distinguiamo i parasintetici secondo i prefissi: a-: largo – allargare, profondo – approfondire, simile – assimilare, vicino – avvicinare. di-: magro – dimagrire, rozzo – dirozzare. in-: aspro – inasprire, brutto – imbruttire, grande – ingrandire, pallido – impallidire. s- privativo: folto – sfoltire, paziente – spazientire. s- intensivo: bizzarro – sbizzarrire. dis-: acerbo – disacerbare, acido – disacidare. r(i)-: allegro – rallegrare. Spesso è unito ad un alto prefisso: caro – rincarare, giovane – ringiovanire, sereno – rasserenare. Il parlante di oggi considera rallegrare e ringiovanire come tratti direttamente da allegro e giovane, cioè come dei parasintetici; per lo storico della lingua, invece, questi verbi derivano da allegrare e ingiovanire (oggi non più in uso) e sono perciò dei prefissi verbali non parasintetici. 3. Dal verbo al nome I nomi deverbali si distinguono in due specie: - nomi che indicano l’azione: insegnare – insegnamento; - nomi che indicano l’”agente”, cioè la persona o la cosa che compie l’azione: lavorare – lavoratore, potare – potatoio. I nomi deverbali che indicano l’azione possono essere ottenuti con i suffissi: -zione: circolare – circolazione, lavorare – lavorazione, esportare – esportazione, operare – operazione. Si può considerare una variante di -zione il suffisso -sione, che comporta un mutamento nella base (la base è costituita dal participio passato o da una forma colta): accendere – accensione, aggredire – aggressione, dividere – divissione, invadere – invasione. -aggio: atterrare – atterraggio, montare – montaggio, lavare – lavaggio, riciclare – riciclaggio. -mento: cambiare – cambiamento, insegnare – insegnamento, censire – censimento, nutrire – nutrimento. -ura (la base è data dal participio passato): chiudere – chiusura, fornire – fornitura, cuocere – cottura, leggere – lettura. -anza, -enza: abbondare – abbondanza, somigliare – somiglianza, diffidare – diffidenza, adunare – adunanza, dipendere – dipendenza, compiacere – compiacenza. -ìo (indica azione continuata): calpestare – calpestio, cigolare – cigolio, mormorare – mormorio, ronzare – ronzio. -ato, -ito, -ata, -uta, -ita ecc. (trasformazione mediante la forma del participio passato maschile o femminile): tracciare – tracciato, udire –udito, cadere – caduta, ululare – ululato, ruggire – ruggito, nevicare – nevicata, telefonare – telefonata, cadere – caduta, spremere – spremuta, dormire – dormita, schiarire – schiarita, attendere – attesa, condurre – condotta, leggere – letta, sconfiggere – sconfitta. suffisso zero, cioè senza suffisso: abbandonare – abbandonato, comandare – comando, deliberare – delibera, rettificare – rettifica. Talvolta accanto al deverbale con suffisso zero ce n’è un altro con suffisso pieno: accumulo – accumulazione, delibera – deliberazione, prosieguo – proseguimento, rettifica – rettificazione. I nomi deverbali che indicano l’aggente possono essere ottenuti con i suffissi: -tore, -trice: giocare – giocatore, giocatrice; investigare – investigatore, investigatrice; lavorare – lavoratore, lavoratrice. Spesso la base è data dal participio passato: correggere – correttore, correttrice; dirigere – direttore, direttrice; leggere – lettore, lettrice. Il suffisso -tore, -trice è frequente in nomi del linguaggio tecnico – scientifico indicanti un apparecchio, uno strumento, una macchina ecc.: amplificare – amplificatore; trasformare – trasformatore, calcolare – calcolatore (calcolatrice), mitragliare – mitragliatore (mitragliatrice); copiare – copiatrice, trebbiare – trebbiatrice. Variante di -tore è il suffisso -sore, che comporta un mutamento nella base (la base è costituita dal participio passato o da una forma colta): difendere – difensore; invadere – invasore; opprimere – oppressore; comprimere – compressore; percuotere – percussore. Spesso i nomi in -tore, -trice e in -sore sono usati anche come aggettivi: lo studente lavoratore, agenzia investigatrice, l’avvocato difensore, un apparecchio amplificatore, una macchina copiatrice. -ante, -ente: cantare – cantante, insegnare – insegnante, commerciare – commerciante, supplire – supplente. Tra i nomi di cosa: colorare – colorante, disinfettare – dissinfettante, assorbire – assorbente. -ino: arrotare – arrotino, spazzare – spazzino, imbiancare – imbianchino. Tra i nomi di cosa: colare – colino, frullare – frullino, temperare – temperino. -one (ha valore accrescitivo – spregiativo): accattare – accattone, chiacchierare – chiacchierone, brontolare – brontolone, mangiare – mangione. -toio (forma nomi di strumenti e anche nomi di luogo): appoggiare – appoggiatoio, galoppare – galoppatoio, essiccare – essiccatoio, potare – potatoio. -torio (ha prevalentemente valore locativo): consultare – consultorio, dormire – dormitorio. -eria (ha valore locativo): distillare – distilleria, fondere – fonderia. 4. Dal verbo all’aggettivo La trasformazione V-A può essere ottenuta con i suffissi: -ante, -ente: abbondare – abbondante, incoraggiare – incoraggiante, compiacere – compiacente, diffidare – diffidente. Spesso gli aggettivi in -ante e in -ente sono soggetti a nominalizzazione: calmante, dipendente, lavorante, militante, partecipante, scioperante. -tore, -trice (si rimanda ai nomi deverbali che indicano l’agente). -bile (forma aggettivi di senso passivo esprimenti possibilità): giustificare – giustificabile (= che può essere giustificato); ossidare – ossidabile, realizzare – realizzabile. -evole (forma aggettivi con valore passivo e con valore attivo): ammirare – ammirevole (= che deve essere ammirato), biasimare – biasimevole, lodare – lodevole, girare – girevole (che gira), mutare – mutevole. -ivo (la base è data dal participio passato o da una forma colta): detergere – detersivo, eludere – elusivo, fuggire – fuggitivo. 5. Dall’aggettivo al nome La trasformazione A-N può essere ottenuta con i suffissi: -ezza: alto – altezza, lungo – lunghezza, bello –bellezza, triste –tristezza, grande – grandezza. -ìa: allegro – allegria, cortese – cortesia, folle – follia, geloso – gelosia. -ia: concorde – concordia, insonne – insonnia, misero – miseria, superbo – superbia. -izia: amico – amicizia, furbo – furbizia, avaro – avarizia, giusto – giustizia. -ità, -età, -tà: breve – brevità, bonario – bonarietà, capace – capacità, caparbio – caparbietà, felice – felicità, fedele – fedeltà. -itudine: alto – altitudine, grato – gratitudine, solo – solitudine. -ura: alto – altura, bravo – bravura, fresco – frescura. -ore: grigio – grigiore, gonfio – gonfiore, rosso – rossore. -aggine (ha valore negativo – spregiativo): cocciuto – cocciutaggine, balordo – balordaggine, lungo – lungaggine, sfacciato – sfacciataggine. -erìa: fantastico – fantasticheria, furbo – furberia, spilorcio – spilorceria. -ume (ha valore collettivo e si unisce per lo più ada aggettivi di senso spregiativo): putrido – putridume, sudicio – sudiciume, vecchio – vecchiume. -anza, -enza (formano nomi derivati dai corrispondenti aggettivi in -ante, -ente): arrogante – arroganza, elegante – eleganza, decente – decenza, paziente – pazienza. Spesso gli aggettivi di base hanno alle spalle un verbo: (abbondare) abbondante – abbondanza, (somigliare) somigliante – somiglianza, (compiacere) compiacente – compiacenza, (dipendere) dipendente – dipendenza. In questi casi il nome può essere considerato sia deaggettivale sia deverbale. -ismo, -esimo (formano nomi indicanti un movimento, un’ideologia, una disposizione dell’animo, un atteggiamento): ateo – ateismo, fatale – fatalismo, sociale – socialismo, cristiano – cristianesimo, urbano – urbanesimo. suffissi zero (è un settore molto importante e riguarda sia gli aggettivi sia i participi): il bello, il giusto, l’imponderabile, il (la) finale, la tangenziale, l’amante, il fabbricante, il ricavato, la sopraelevata. 6. Dal nome all’aggettivo La trasformazione N-A può essere ottenuta con i suffissi: -ato: accidente – accidentato, fortuna – fortunato, dente – dentato, velluto – vellutato. -uto: baffi – baffuto, pancia – panciuto, occhiali – occhialuto, punta – puntuto. -are: crepuscolo – crepuscolare, saluto – salutare, popolo – popolare, secolo – secolare. -ario: ferrovia – ferroviario, testamento –testamentario, finanza – finanziario, unità – unitario. -ale: commercio – commerciale, musica – musicale, industria – industriale, posta – postale. -ano: diocesi – diocesano, mondo – mondano, isola – isolano, paese – paesano. Si noti che molti aggettivi in -ano, come per esempio isolano e paesano, hanno subìto un processo di nominalizzazione. -aceo: carta – cartaceo, erba – erbaceo, perla – perlaceo. -aneo, -ineo: cute – cutaneo, femmina – femmineo, istante – istantaneo, fulmine – fulmineo. -igno: ferro – ferrigno, sangue – sanguigno. -ile: febbre – febbrile, giovane – giovanile, primavera – primaverile, signore – signorile. -ino: bove – bovino, capra – caprino, mare – marino. -izio: credito – creditizio, impiegato – impiegatizio, reddito – redditizio. -iero: albergo – alberghiero, costa – costiero, battaglia – battagliero, petrolio – petroliero. -esco (ha per lo più un valore spregiativo): avvocato – avvocatesco, bambino – bambinesco, carnevale – carnevalesco, polizia – poliziesco. -evole: amico – amichevole, colpa – colpevole, amore – amorevole, onore – onorevole. -ivo: abuso – abusivo, furto – furtivo, oggetto – oggettivo. -ico: atomo – atomico, nord – nordico, igiene – igienico, panorama – panoramico. In alcuni derivati -ico sostituisce il suffisso della base: difterite – difterico, esotismo – esotico, prosodia – prosodico. In alti derivati si ha una modificazione della base; il caso più frequente è -(at)tico: diploma – diplomatico, dramma – drammatico, problema – problematico; alcune varietà possono essere esemplificate con: analisi – analitico, energia – energetico, farmacia – farmaceutico, architettura – architettonico. -istico, -astico: arte – artistico, carattere – caratteristico, entusiasmo – entusiastico, orgia – orgiastico, calcio – calcistico. Molti aggettivi in -istico derivano dai corrispondenti nomi in -ismo; in questo caso si ha la sostituzione del suffisso: automobilismo – automobilistico, giornalismo – giornalistico, idealismo – idealistico, realismo – realistico. Si noti che aggettivi come artistico, automobilistico, giornalistico, idealistico ecc. possono anche considerarsi formati con il suffisso -ico qualora si prendano come base i nomi artista, automobilista, giornalista, idealista ecc. -ifico: pace – pacifico, prole – prolifico. -torio (-sorio): diffamazione – diffamatorio, infiammazione – infiammatorio, divisione – divisorio, preparazione – preparatorio. Essendo presente un verbo dietro ognuna di queste trasformazioni (diffamare – diffamazione – diffamatorio), si può considerare l’aggettivo sia come denominale sia come deverbale. -oso: aria – arioso, muscolo – muscoloso, noia – noioso. Gli aggettivi tratti da nomi geografici si formano principalmente con i suffissi -ano, -ino, -ese: Africa – africano, Parigi – parigino, Bologna – bolognese, America – americano, Perugia – perugino, Francia – francese, Roma – romano, Tunisia – tunisino, Milano – milanese. 7. Dal nome al nome I nomi denominali si distinguono in 5 specie: - nomi che indicano un’attività considerata con riferimento all’agente: benzina – benzinaio; - nomi che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio, ecc. e il luogo dove si svolge tale attività: acciaio – acciaieria; - nomi che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili: dito – ditale; - nomi che esprimono una quantità o hanno valore collettivo: cucchiaio – cucchiaiata; - nomi scientifici: polmone – polmonite. I denominali che indicano un’attività considerata con riferimento all’agente possono essere ottenuti con i suffissi: -aio: benzina – benzinaio, bottega – bottegaio, giornale – giornalaio, orologio – orologiaio. -aro: campagna – campanaro, scuola – scolaro, zampogna – zampognaro. -ario: biblioteca – bibliotecario, milione – milionario, proprietà – proprietario, visione – visionario. Alcuni nomi in -ario, come per es. milionario e visionario, sono usati anche come aggettivi. -aiolo: arma – armaiolo, bosco – boscaiolo, barca – barcaiolo, donna – donnaiolo. -iere: banca – banchiere, infermo – infermiere, giardino – giardiniere, magazzino – magazziniere. -ista: auto – autista, bar – barista, dente – dentista, piano – pianista. Per i nomi di mestiere il suffisso -aio appare in declino: i neologismi ricorrono prevalentemente a -ista (elicotterista, standista, vetrinista, visagiata) e, per attività meno specialistiche o comunque considerate subalterne, a -tore (verniciatore, imbrogatore). Nei casi in cui i suffissi -aio, -ista sono aggiunti alla stessa base possiamo avere una differenziazione semantica (giornalaio – giornalista) o dar luogo a due forme concorrenti che indicano lo stesso mestiere, ma con diversa sfumatura connotativa (fioraio – fiorista). Anche in termini che, pur non indicando propriamente un mestiere, si riferiscono a persona, il derivati in -aio ha generalmente connotazione negativa: guerrafondaio, parolaio. Molti nomi in -ista derivano dai corrispondenti nomi in -ìa e in -ismo; in questo caso si ha la sostituzione del suffisso: economia – economista, fisionomia – fisionomista, altruismo – altruista, comunismo – comunista, femminismo – femminista. Vi sono poi dei nomi in -ista che formalmente rinviano ad un aggettivo, ma in realtà hanno per base un’espressione costituita da un nome e un aggettivo: (diritto) civile – civilista, (conto) corrente – correntista, (medicina) interna – internista, (corsa) veloce – velocista. -ano: castello – castellano, guardia – guardiano, sagrestia – sagrestano. suffisso zero: biografia – biografo, lessicologia – lessicologo, pedagogia – pedagogo. Si noti che nomi come biografo, lessicologo, possono considerarsi non solo derivati dalla biografia e lessicologia, ma anche composti da bio- e -grafo, lessico- e -logo. I denominali che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio, ecc. e il luogo dove si svolge tale attività possono essere ottenuti con i suffissi: -erìa: acciaio – acciaieria, falegname – falegnameria, birra – birreria, orologio – orologeria. -ificio: calzature – calzaturificio, pasta – pastificio, maglia – maglificio, zucchero – zuccherificio. -aio (indica un luogo destinato a contenere o custodire qualcosa): bagaglio – bagagliaio, grano – granaio, pollo – pollaio. -ile (indica il luogo destinato a contenere o custodire qualcosa): campana – campanile, cane – canile, fieno – fienile. -ato (indica dignità, carica, ufficio, stato): ammiraglio – ammiragliato, commissario – commissariato, console – consolato, provveditore – provveditorato. Per estensione indica anche il luogo dove si esercita la carica, l’ufficio: il commissariato è la sede del commissario. I denominali che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili possono essere ottenuti con i suffissi: -ale: braccio – bracciale, gamba – gambale, dito – ditale, schiene – schienale. -ario: formula – formulario, scheda – schedario, lampada – lampadario, vocabolo – vocabolario. -iere: bilancia – bilanciere, candela – candeliere, brace – braciere, pallottola – pallottoliere. -iera: antipasto – antipastiera, insalata – insalatiera, cartuccia – cartucciera, tè – teiera. I denominali che esprimono quantità o hanno valore collettivo possono essere ottenuti con i suffissi: -ata (ha diversi valori): a. cucchiaio – cucchiaiata (il contenuto di un cucchiaio), pala – palata, secchio – secchiata; b. fiaccola – fiaccolata (insieme di fiaccole), figlio – figliata, scalino – scalinata; c. bastone – bastonata (colpo inferto con un bastone), coltello – coltellata, pugnale – pugnalata. Sovente due di questi valori (a, c) si possono riscontrare in uno stesso nome: borsata significa sia quello che può essere contenuto in una borsa, sia colpo inferto con la borsa. d. buffone – buffonata (atto proprio di un buffone), canaglia – canagliata, pagliaccio – pagliacciata. Talvolta ha valore intensivo: fiamma – fiammata, onda – ondata. Si noti la serie costituita con basi temporali: anno – annata, giorno – giornata, mattina – mattinata, notte – nottata, sera – serata. -eto, -eta (indica un luogo dove si trovano determinate piante o colture oppure dove c’è abbondanza di qualcosa): agrume –agrumeto, pino – pineta, canna – canneto, sasso – sasseto, frutto – frutteto. -ame: bestia – bestiame, pelle – pellame, foglia – fogliame, scatola – scatolame. -aglia: bosco – boscaglia, muro – muraglia, sterpo – sterpaglia. Talvolta al valore collettivo si aggiunge un senso spregiativo: gente – gentaglia, plebe – plebaglia. -iera: costa – costiera, raggio – raggiera, scoglio – scogliera. -erìa: argento –argenteria, fanale – fanaleria, fante – fanteria. Alcuni nomi in -eria hanno, oltre al valore collettivo, anche un valore un valore locativo: cristalleria può significare sia insieme di oggetti di cristallo, sia negozio di oggetti di cristallo. Per quanto riguarda i denominali del linguaggio scientifico i suffissi più comuni in alcune discipline sono: - nel vocabolario medico, il suffisso -ite significa “infiammazione acuta”, il suffisso osi vale “infiammazione cronica”, il suffisso -oma sta per “tumore”. La base (spesso costituita da un nome greco) indica la parte del corpo soggetta a un processo morboso: polmone – polmonite, tendine – tendinite, fibra – fibroma; - nel vocabolario delle scienze naturali, il suffisso -idi indica una famiglia di animali, il suffisso -ini, una sottofamiglia: cane – canidi, bove – bovini. Il suffisso -acee, indica una famiglia di piante, il suffisso -ali un ordine, il suffisso -ine una classe: rosa – rosacee, mirto – mirtali, felce – filicine (base modificata secondo il lat. filix, genitivo filicis = felce). - nel vocabolario della mineralogia, il suffisso più diffuso per indicare un minerale è ite; la base può essere costituita da un nome greco, dal nome del luogo dove è stato scoperto per la prima volta il minerale, dal nome dello scopritore, ecc.: antracite (dal greco anthrax = carbone), bauxite (dal nome della località Les Baux, in Provenza), dolomite (dal nome del geologo D. de Gratet de Dolomieu). L’alterazione È un particolare tipo di suffissazione, con la quale il significato della parola di base non muta nella sostanza, ma soltanto per alcuni particolari aspetti (quantità, qualità, giudizio del parlante). Così, per esempio, la parola casa ha gli alterati casetta, casona, casaccia, i quali disegnano sempre una casa, ma ci dicono nel contempo che si tratta di una casa piccola, grande, brutta. In nessun caso l’alterazione comporta il passaggio a una categoria di parole diversa rispetto a quella della base; si hanno infatti esclusivamente trasformazioni all’interno della stessa categoria di parole: - N – N: libro – libretto; - A – A: bello – bellino; - V – V: cantare – canticchiare. Nel determinare l’uso degli alterati ha un ruolo fondamentale l’affettività, cioè la disposizione emotiva, il sentimento personale di chi parla. Tuttavia non bisogna confondere il significato generale e il significato occasionale di un alterato: il primo è valido in tutti i contesti e per tutti i parlanti, mentre il secondo dipende dalla carica affettiva che il singolo parlante può attribuire in particolari contesti a un certo alterato. Ha grande importanza la distinzione tra alterati veri e alterati falsi. I secondi, che derivano dai primi, sono parole con un significato proprio, specifico: per es. fantino, cavalletto, manette, non sono un piccolo fante, un piccolo cavallo, delle piccole mani. Si definisce lessicalizzazione degli alterati il processo per il quale un alterato diviene un’unità lessicale autonoma, deviene cioè una parola fornita di un significato specifico. Proprio perché sono unità lessicali autonome, questo tipo di alterati appaiono nei dizionari come vocaboli a sé stanti; troveremo quindi corpino con la definizione “Parte superiore dell’abito femminile”. Si parla di alterati falsi perché non siamo di fronte ad alterati, ma a veri e propri derivati, cioè a parole di significato completamente diverso (nella sostanza, non soltanto in un aspetto particolare) rispetto alle parole di partenza. Rimane la possibilità di usare corpino come alterato vero con il senso di piccolo corpo, ma si tratta di una possibilità piuttosto remota, limitata fra l’altro dal rischio di fare confusione con i significati più comuni. Nella produzione di alterati si ha qualche restrizione di carattere formale. In genere si evita la successione della stessa vocale nella base e nel suffisso: da tetto si può avere tettino, tettuccio, ma non tettetto. Tipi di alterati La differenza di significato degli alterati rispetto alla base riguarda la quantità e la qualità: da una parte c’è un valore dimonutivo/accrescitivo, dall’altra un valore positivo/negativo. Questi valori non si escludono, anzi si richiamano a vicenda: alla piccolezza si riferisce la delicatezza e la gentilezza (casuccia, rondinella) oppure la debolezza e la meschinità (donnetta); alla grandezza si riferisce la forza e il valore (ragazzone, dottorone) oppure la bruttezza e l’incapacità (piedone, facilone). Distinguiamo gli alterati in due categorie principali: i diminutivi e gli accrescitivi, indicando i casi in cui si ha la prevalenza del valore di simpatia (vezzeggiativi) o del valore di disprezzo (peggiorativi). A parte vengono considerati gli alterati verbali. Alterati diminutivi Possono essere ottenuti con i suffissi: -ino: mamma – mammina, pensiero – pensierino, bello – bellino. Possiede anche due varianti con interfisso (elemento inserito tra la base e il suffisso): (i)cino e -olino: bastone – bastoncino, libro – libric(c)ino, topo – topolino, freddo – freddolino, magro – magrolino. Nella lingua parlata appaiono anche avverbi alterati: presto – prestino, tanto – tantino, tardi – tardino. Il suffisso alterativo -ino è quello con il quale si ha più frequentemente il cumulo dei suffissi: casa – casetta – casettina, gonna – gonnella – gonnellina. -etto: bacio – bacetto, lupo – lupetto, piccolo – piccoletto. È frequente il cumulo dei suffissi: scarpa – scarpetta – scarpettina. -ello: albero – alberello, asino – asinello, povero – poverello. Ci sono varianti con interfisso: -(i)cello e -erello: campo – campicello; fatto – fatterello; informazione – informazioncella. Si ha spesso il cumulo di suffissi: storia – storiella – storiellina; buco – bucherello – bucherellino. -uccio (ha valore peggiorativo o più comunemente vezzeggiativo): avvocato – avvocatuccio, casa – casuccia, cavallo – cavalluccio, caldo – calduccio. Variante di -uccio è -uzzo: pietra - pietruzza. -icci(u)olo: asta – asticci(u)ola, festa – festicciola, porto – porticciolo. Talvolta ha anche senso peggiorativo: donna – donnicci(u)ola. -ucolo (ha valore peggiorativo): donna – donnucola, poeta – poetucolo, maestro – maestrucolo. -(u)olo: faccenda – faccenduola, poesia – poesiola, montagna – montagn(u)ola. Consideriamo qui anche l’alterazione con -olo che si ha per lo più in combinazione con un altro suffisso: nome – nomignolo, via – viottolo, medico – mediconzolo (valore peggiorativo). -otto: contadino – contadinotto, pieno – pienotto, giovane – giovanotto. Indica un animale giovane in: aquila – aquilotto, lepre – leprotto, passero – passerotto. -acchiotto (ha valore diminutivo-vezzeggiativo): lupo – lupacchiotto, furbo – furbacchiotto, volpe – volpacchiotto. -iciattolo (ha valore diminutivo-peggiorattivo): libro – libriciattolo, fiume – fiumiciattolo, febbre – febbriciattola. Alterati accrescitivi Possono essere ottenuti con i suffissi: -one: febbre – febbrona (febbrone), libro – librone, pigro – pigrone. Si ha spesso cumulo di sufissi: uomo – omaccio – omaccione, pazzo – pazzerello – pazzerellone; talvolta il passaggio intermedio non è vivo nell’italiano di oggi: buono – bonaccione. -acchione (ha una connotazione ironica): frate – fratacchione; volpe – volpacchione; furbo – furbacchione; matto – mattacchione. -accio: ha valore peggiorativo; a volte ha la variante -azzo: coltello – coltellaccio; libro – libraccio; voce – vociaccia; avaro – avaraccio; amore – amorazzo; coda – codazzo. -astro (ha valore peggiorativo quando la base è costituita da un nome, mentre ha valore attenuativo quando la base è costituita da un aggettivo): medico – medicastro; poeta – poetastro; politico – politicastro; bianco – biancastro; dolce – dolciastro; rosso – rossastro. Al pari degli aggettivi in -astro, esprimono una qualità attenuata (soprattutto riferita ai colori) anche altri alterati aggettivali, formati con i suffissi: -iccio, -igno, -ognolo, -occio: bianco – bianchiccio; rosso – rossiccio; sudato – sudaticcio; aspro – asprigno; giallo – gialligno; amaro – amarognolo; azzurro – azzurrognolo; bello – belloccio; grasso – grassoccio. Alterati verbali L’alterazione V – V produce verbi frequentativi, diminutivi e accrescitivi; il suffisso alterativo serve a indicare un aspetto del verbo di base: ripetizione, intermittenza, assenza di continuità, saltuarietà, attenuazione. Gli alterati verbali possono essere ottenuti con i suffissi: -(er/ar)ellare: bucare – bucherellare; giocare – giocherellare; saltare – saltellare – salterellare; trottare – trotterellare. -ettare, -ottare: fischiare – fischiettare, piegare – pieghettare, scoppiare – scoppiettare, parlare – parlottare. -icchiare, -acchiare, -ucchiare: cantare – canticchiare; lavorare – lavoricchiare, rubare – rubacchiare, mangiare – mangiucchiare. La derivazione mediante prefissi – la prefissazione La prefissazione consiste nell’aggiungere un affisso all’inizio della base di una parola. I prefissi svolgono un ruolo di primaria importanza nel meccanismo produttivo della lingua. I prefissi non possono mutare la categoria grammaticale delle parole alle quali si pongono davanti: i nomi restano nomi, i verbi restano verbi e così via: fare (vb.) – rifare (vb.) capace (agg.) – incapace (agg.) campionato (nome) – precampionato (nome) Il compito specifico dei prefissi è quello di modificare il significato della parola originaria, a volte precisandolo, delimitandolo, a volte addirittura capovolgendolo. Per es., da porre derivano: apporre, comporre, deporre, contrapporre, frapporre, imporre, sottoporre, sovrapporre, supporre, riporre, esporre, tutte voci che aggiungono precisazioni diverse all’idea fondamentale espressa dalla radice. D’altro canto utilizzando altri tipi di prefissi avremo: da felice – infelice, da lecito – illecito, da occupato – disoccupato, da onesto – disonesto, da morale – immorale, amorale. In questi casi il prefisso ha l’effetto di rovesciare il significato della parola di partenza. Ci sono però dei prefissi che possono assumere entrambi i significati. Per es. il prefisso in- ha valore rafforzativo in parole come: in-formare, in-dire, mentre ha valore negativo in parole come: in-stabile, in-coerente. Si deve osservare che alcuni prefissi terminati in consonante, a volte, assimilano questa alla consonante iniziale della radice alla quale si congiungono. Si spiega così come mai si ha illecito invece di in-lecito, irresponsabile invece di in-responsabile. Si osserva anche che i prefissi contra-, fra-, sopra-, sovra-, esigono il raddoppiamento della consonante iniziale della parola a cui si uniscono: contrapporre, frapporre, sopralluogo, sovraffollato. I prefissi sono per lo più dei morfemi che hanno una loro esistenza anche in forma libera nella lingua, dove svolgono la funzione di preposizioni o do avverbi. Alcuni di essi (quelli che originariamente in latino o in greco erano vere e proprie parole autonome) funzionano solo come prefissi inseparabili: inter- (tra), trans- (al di là), ante- (prima), post(dopo), ipo- (sotto), para- (presso), pro- (davanti), peri- (attorno). Questi conservano ancora il loro significato originario, che come tale entra a far parte del significato complessivo del termine derivato: inter-nazionale; trans-atlantico; ante-guerra; post-operatorio; ipo-tensione; para-universitario; pro-muovere; peri-metro. Ci sono dei prefissi che, pur essendo dotati di un significato abbastanza preciso e concreto, già nelle lingue classiche non figuravano mai in forma autonoma, ma avevano esclusivamente la funzione di morfemi modificatori: - mis- con valore di negazione o peggiorativo: miscredente, misfatto; - dis- con valore di negazione o di separazione: disperdere, disordine, distanza; - re-, ri- con valore di ripetizione: revisione, ritornare, rivedere. Prefissati nominali e aggettivali Nell’ambito dei prefissati nominali e aggettivali si distinguono tre generi di prefissi: prefissi provenienti da preposizioni e avverbi, prefissi intensivi e prefissi negativi. Prefissi provenienti da preposizioni e avverbi Si distinguono i seguenti tipi di prefissi: - avan(ti)-, ante-, anti-, pre-, che esprimono l’anteriorità spazio-temporale: avantielenco, anteguerra, anticamera, preavviso; - post-, retro-, che esprimono la posteriorità spazio-temporale: postoperatorio, retromarcia; - dis-, che esprime allontanamento (questo significati rientra in quello di valore negativo): dismisura, disfunzione; - circum-, anfi-, peri-, che significano “intorno”: circumnavigazione, anfiteatro, pericardio; a volte i prefissi anfi- e peri- hanno anche altri valori: anfi- significa “da due parti”: anfiprostilo; peri- indica in astronomia il punto di maggiore vicinanza a un astro: perielio. - cis-, chesignifica “al di qua”: cisalpino, cispadano; - con- (co-, col-, com-, cor-), sin-, che significano “insieme”: coabitazione, connazionale, compaesano, collaterale, correo, sintonia; - contro-, contra-, anti-, che esprimono opposizione: controcorrente, contraccolpo, antifurto; - trans-, dia-, che significano “attraverso”: transalpino, diacronia; - sopra-, sovra-, super-, che esprimono superiorità: soprannaturale, sovrabbondante, supervisione; - extra-, fuori-, che indicano esteriorità: extracomunitario, fuoriprogramma; - intra-, entro-, endo-, che significano all’interno”: intramuscolare, entrobordo, endoscopio; - inter-, che significa “in mezzo”: intercostale, interplanetario; Da questo significato fondamentale si è sviluppato quello di associazione, di comunanza: interdisciplinare, internazionale. In molti casi si ha uno specifico valore di reciprocità: intercomunicante, interdipendente. - oltre-, ultra-, meta-, iper-, che significano “al di sopra, al di là”: oltretomba, ultrasuono, metalinguaggio, iperspazio; - para-, che indica affinità: parapsicologia; - sotto-, sub-, infra-, ipo- significano “sotto, al di sotto”: sottopassaggio, subacqueo, infrarosso, ipocentro; - vice-, pro-, che significano “in luogo di”: vicedirettore, proconsole; Il prefisso pro- indica indica anche gli ascendenti e i discendenti nei nomi di parentella: progenitore, pronipote. Prefissi intensivi Servono ad esprimere il grado di una base nominale o aggettivale, la loro funzione, entro certi limiti, può essere considerata analoga a quella del comparativo e del superlativo. In base al significato, si distinguono i seguenti gruppi di prefissi: - archi-, arci-, extra-, super-, stra-, ultra-, che esprimono il grado superiore di una gerarchia o il grado superlativo di una qualità: archidiocesi, arciprete, extrafino, supermercato, stracarico, ultrarapido; - iper-, sur-, che significano “al più alto grado” o indicano eccesso: ipersensibile, suralimentazione; - ipo-, sotto-, sub-, che esprimono inferiorità: ipocalorico, sottosviluppo, subnormale; - mezzo-, semi-, emi-, che significano “mezzo, a metà”: mezzaluna, mezzobusto che sono nomi composti; semiautomatico, emisfero; - ben(e)-, mal(e)-, eu-, caco-, che esprimono valutazione: beneamato, benpensante, maldicente, eufemismo, cacofonia; - bi(s)-, che significa “due, due volte”: bilinguismo, biscotto; indica anche, in nomi di parentela, un grado più remoto: bisnonno; in altri casi indica un grado successivo: biscroma; talvolta ha valore peggiorativo: bistorto. Prefissi negativi È un settore della prefissazione che riguarda in primo luogo che riguarda in primo luogo gli aggettivi. Hanno valore negativo i prefissi: - in- (il-, im-, ir-): illogico, immangiabile, incapace, irresponsabile. Con la nominalizzazione di questi aggettivi si ottengono sostantivi prefissati: impossibile – impossibilità, irresponsabile – irresponsabilità. Sono più rari i nomi non deaggettivali: successo – insuccesso. - s-: scontento, scortese. Molto frequenti sono i casi di nominalizzazione dell’aggettivo negativo: scortese – scortesia; più rari sono i nomi non deaggettivali: proporzione – sproporzione. - dis-: disamore, disonore, discontinuo. Si può avere la nominalizzazione di molti di questi aggettivi: discontinuo – discontinuità. - senza-, a- (an-): senzapatria, amorale, analfabeta; - non-, che è produttivo nella lingua di oggi con nomi e aggettivi: il prefissato può essere scritto in grafia unita (nonconformista, nonsenso), o più spesso, in grafia staccata (non aggressione, non credente). Prefissati verbali Nell’ambito dei prefissati verbali non parasintetici si distinguono due generi di prefissi: prefissi intensivi e prefissi con valore di aspetto e di modo. Hanno valore intensivo i prefissi: - s-: cancellare – scancellare; beffeggiare – sbeffeggiare. - stra-: cuocere – stracuocere, fare – strafare; - r(i)-: addolcire – raddolcire, empire – riempire. I prefissi verbali con valore di aspetto e di modo, in base al significato, si distinguono nei seguenti gruppi: - r(i), r(e)-: che significano “di nuovo”: fare – rifare, inserire – reinserire. Vi sono varie estensioni di significato: movimento all’indietro (rimandare, rispedire), recupero di ciò che si è perso (ritrovare, riacquistare), opposizione (reagire), reciprocità (riamare). - de-, di-, dis-, s-, che hanno valore negativo: colorare – decolorare, armare – disarmare, ubbidire – disubbidire, congelare – scongelare; - contro-, contra-, che esprimono opposizione: battere – controbattere, dire – contraddire; - inter-, (in)fra-, che significano “in mezzo”; da tale significati derivano alcune estensioni semantiche (collegamento, comunanza, reciprocità): agire – interagire, porre – interporre, mettere – (in)frammettere, mischiare – frammischiare. Insieme a (in)fra-, consideriamo anche (in)tra- che significa “dentro” e tra(s)-, che significa “attraverso, oltre”: mettere – intramettere, formare – trasformare, forare – traforare, passare – trapassare. Ci sono anche altri prefissi verbali che hanno valore di aspetto e di modo: a-, in-, s-, co(n)-: consentire – acconsentire, mischiare – immischiare, parlare – sparlare, piangere – compiangere, abitare – coabitare. La composizione Consiste nell’unire almeno due parole in modo da formare una parola nuova. Il nuovo termine prende il nome di composto o parola composta. È uno dei mezzi principali di cui l’italiano moderno si serve per accrescere dall’interno il proprio lessico. Ci sono dei composti con elementi indigeni: cassaforte, o composti con elementi in tutto o in parte esogeni (quasi soltanto greco-latini). Gli scienziati chiamano le parole che compongono i composti: forme libere: asciuga(re) – mano – asciugamano; in questo caso si ha la successione verbo + nome, o forme non libere: antropo (dal gr. anthropos “uomo” + fago (dal gr. phagein “mangiare”) – antropofago “chi mangia carne umana”; in questo caso si ha la successione nome + verbo, le due parole rappresentano due elementi colti greci. Composti indigeni formati da un verbo e da un nome L’elemento verbale è seguito da un sostantivo con funzione di c. oggetto singolare: copricapo, o plurale: coprivivande; Altri tipi di composti con base verbale: cartasuga, dove il verbo è in seconda posizione, batticuore, con sostantivo in funzione di soggetto. I composti di questa serie risultano: da un verbo di I coniugazione: portalavori; II coniugazione: perditempo; o di III coniugazione: apriscatole, che di solito sono privi di articolo. Dal punto di vista semantico possono riferirsi ad una persona (portalavori), o ad una cosa (spremilimoni). Ecco alcune basi verbali: accendi – accendisigari, appendi – appendiabiti, asciuga – asciugamani, aspira – aspirapolvere, attacca – attaccabottoni, bacia – baciamano, batti – battipanni, buca – bucaneve, cambia – cambiavalute, canta – cantastorie, cava – cavadenti, conta – contachilometri, copri – copritermosifone, ferma – fermacravatta, gira – giramondo, guarda – guardacaccia, guasta – guastafeste, lancia – lanciafiamme ecc. Molto rari sono i composti con due elementi verbali (spesso della pubblicità automobilistica: lavatergilunotto, tergilavalunotto). Dunque ci sono tre tipi di composti con base verbale: - entrambi i costituenti hanno forma italiana: porta – portacenere; - entrambi i costituenti hanno forma colta (si tratta in genere di elementi di origine greca). In questo caso la successione è nome + base verbale: -fagia/-faggo “mangiare” – antropofagia, antropofago. - la base verbale che è il secondo elemento del composto ha forma italiana, mentre il primo elemento ha forma colta: auto- “se stesso” – autocontrollo. Composti indigeni formati da nomi e aggettivi I composti di questo tipo possono essere suddivisi nella: - coordinazione delle componenti: pescecane; - subordinazione, attraverso una preposizione: a: pallavolo; di: capodanno; - giustapposizione dei due elementi: agopuntura „puntura con l’ago”, capostazione „capo della stazione”. Tra i composti coordinativi si possono distinguere quelli costituiti con: - aggettivo + nome: bassorilievo, gentildonna; - nome + aggettivo: girotondo, pastasciutta; - nome + nome: cartamoneta; - aggettivo + aggettivo: sociopolitico, surdomuto; - avverbio + aggettivo: l’aggettivo può essere un participio presente o passato; l’avverbio può essere un aggettivo con valore avverbiale: altoparlante. Composti scientifici con elementi greco-latini L’elenco dei composti in cui l’elemento fisso è anteposto o posposto: greco + greco greco + latino o italiano auto (da se): autografia autofinanziamento filo (amore): filantropo filofrancese idro (acqua): idrolisi idrorepellente lito (pietra): litofita litoincisione miso (odio): misantropo misostorico mono (un solo): monoteismo monocamera piro (fuoco): pirofilo piroscissione Tra i primi elementi di origine latina: quadri: quadridimensionale, quadrilatero; ovi: ovidotto, oviforme; roto: rotocompressore, rotonave. Secondi elementi: greco + greco latino (o italiano) + greco crazia (potere): democrazia partitocrazia fagia (mangiare): aerofagia fobia (terrore): agorafobia claustrofobia fonia (suono): stereofonia - grafia (scrittura): dattilografia - logia (studio): zoologia sociologia mania (fissazione): megalomania eroinomania metria (misurazione): stechiometria planimetria patia (sofferenza): cardiopatia vasculopatia scopia (osservazione): microscopia radioscopia Come secondi elementi di origine latina: -cida: – moschicida -colo: – tericolo -ficio: – calzaturificio -forme: – aeriforme -voro: – carnivoro. Da alcuni composti possono ricavarsi serie compositive autonome. Accanto all’autodi, autografia, esiste un altro auto estratto da automobile, che è presente in formazioni quali: autocisterna, autoraduno. Altri esempi: - foto (luce) – fotografia foto (fotografia) – fotoamatore - fotosintesi - Conglomerati e acronimi Le associazioni di parole del tipo saliscendi, toccasana, fuggifuggi, dormiveglia formano i cosiddetti conglomerati. Si trata di veri e propri spezzoni di frase i quali, per l’uso costante e ripetuto che se ne fa, si sono fissati fino a divenire unità a se stanti (di solito maschille invariabile). Alcuni conglomerati possono essere scritti alternativamente in grafia congiunta o in grafia staccata: un nonsoché – un non so che. Per acronimi intendiamo quelle formazioni ottenute dalla giustapposizione di parti staccate di parole, unite in modo imprevedibile: cantautore – cantante e autore, econologia – economia e ecologia, palacongressi – Palazzo dei Congressi. Nomi di animali immaginari: l’elepardo – animale che combina le doti di potenza dell’elefante e di agilità del leopardo; il rinovallo – rinoceronte + cavallo; il leoguro – leone + canguro ecc. DOMANDE Cosa è la parola. Cosa sono le parole primitive. Cosa sono le parole derivate. Come si arricchisce il lessico di una lingua? Definire la derivazione. Definire la suffissazione. Come si possono classificare i suffissi? Come avviene la suffissazione dal nome al verbo? Come avviene la suffissazione dall’aggettivo al verbo? Come avviene la suffissazione dal verbo al nome? Come avviene la suffissazione dal verbo all’aggettivo? Come avviene la suffissazione dall’aggettivo al nome? Come avviene la suffissazione dal nome all’aggettivo? Come si distinguono i nomi denominali? Descrivere i denominali che indicano un’attività considerata con riferimento all’egente. Descrivere i denominali che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio ecc. Descrivere i denominali che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili. Descrivere i denominali che esprimono quantità o hanno valore collettivo. Descrivere i denominali del linguaggio scientifico. Definire l’alterazione. Descrivere gli alterati diminutivi. Descrivere gli alterati accrescitivi. Descrivere gli alterati verbali. Definire la prefissazione. Descrivere i prefissi provenienti da preposizioni e avverbi. Descrivere i prefissi intensivi. Descrivere i prefissini nagativi. Descrivere i prefissati verbali. Definire la composizione. Descrivere i composti indigeni formati da un verbo e da un nome. Descrivere i composti indigeni formati da nomi e aggettivi. Descrivere i composti scientifici con elementi greco-latini. Cosa sono i conglomerati. Cosa sono gli acronimi.