La derivazione mediante prefissi – la prefissazione

PROGRAMA ANALITICĂ
Disciplina: LIMBA ITALIANĂ
Specializarea: Română – Italiană
Anul III ID, Semestrul I
Titularul disciplinei: Lector univ. dr. RAMONA LAZEA
Limba Italiană
Denumirea disciplinei
Codul disciplinei
Semestrul
Facultatea
Litere
Profilul
Filologie
Specializarea
Română - Italiană
I, II
Numărul de credite
Numărul orelor pe
an / activităţi
Total
SI TC AT AA
56
36
Categoria formativă a disciplinei: DF - fundamentală, DG - generală,
DS - de specialitate, DE - economică/managerială, DU - umanistă
Categoria de opţionalitate a disciplinei: DI - impusă, DO - opţională,
DL - liber aleasă (facultativă)
Discipline
anterioare
Obiective
Conţinut
(descriptori)
Obligatorii
(condiţionate)
Recomandate
8
8
12
DF
DI
-
- însuşirea principalelor modalităţi de compunere a lexicului italian;
- cunoaşterea structurii unui text scris, a subcodicelor si codicelor
lingvistice;
- însuşirea tehnicilor de analiză a unui text si sublinierea
diferenţelor dintre limba vie şi limba vorbită;
- insuşirea corectă a limbii italiene in manieră autonomă.
Il testo: Al di sopra della frase. Che cos’è un testo. L’analisi di un
racconto. I sette requisti del testo. Come si produce un testo.
Lo studio del significato: Una rete di associazioni. Un triangolo e
un campo. Il cambiamento di significato.
La lingua e la società: le funzioni del linguaggio. Il repertorio
linguistico. I sottocodici. I registri e gli stili del discorso.
Lingua parlata e lingua scrittta: Com’è fatto un testo parlato. Parole
in evidenza. L’enfasi. Il “che” polivalente.
Imparare a scrivere: se possiedi l’argomento. Il piano.
Riformulazioni. La parafrase. Il riassunto. Ripetere o non ripetere. Periodi
brevi e periodi lunghi.
La formazione delle parole
La suffissazione: dal nome al verbo. Dall’aggettivo al verbo. Dal
verbo al nome. Dal nome all’aggettivo. Dal nome al nome.
La prefissazione: prefissati nominali e aggettivali. Prefissati verbali
La composizione: I composti con base verbale. I composti con base
nominale. I conglomerati.
Il lessico: Il lessico e la grammatica. Livelli e varietà del lessico. I
linguaggi settoriali. Le varietà sociali. I neologismi. La composizione del
lessico italiano.
Il prestito linguistico: tipi e caratteri del prestito linguistico.
L’influsso della Francia, della Provenza e della Spagna. I latinismi. Le
parole inglesi. Il prestito interno.
L’uso del dizionario: Voci e lemmi. Morfologia e formazione delle
parole. La sintassi. Semantica e dizionari. Modi di definire le parole. Vari
tipi di dizionari.
I gerghi. Il linguaggio dell’informatica.
Forma de evaluare (E - examen, C - colocviu / test final, LP - lucrări de control)
E
Stabilirea
- răspunsurile la examen / colocviu / lucrări practice
50%
notei
- activităţi aplicative atestate / lucrări practice/ proiect etc.
finale
- teste pe parcursul semestrului
25%
(procentaje)
- teme de control
25%
Bibliografie
Paolo D’Achille, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2003.
generală
Marcello Aprile, Dalle parole ai dizionari, Bologna, Il Mulino, 2005.
Maurizio Dardano; Pietro Trifone, Grammatica italiana. Con nozioni
di linguistica, Terza Edizione, Bologna, Zanichelli Editore, 1995.
Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi),
Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Bologna, UTET
Libreria, 1989.
Legenda: SI - studiu individual, TC - teme de control, AT - activităţi tutoriale,
AA - activităţi aplicative aplicate
SUPORT DE CURS
Disciplina: LIMBA ITALIANĂ
Anul III ID, Semestrul I
Titularul disciplinei: Lector. univ. dr. RAMONA LAZEA
INDICE
INDICE
La formazione delle parole
La suffissazione
Le linee principali della suffissazione
1. Dal nome al verbo
2. Dall’aggettivo al verbo
3. Dal verbo al nome
4. Dal verbo all’aggettivo
5. Dall’aggettivo al nome
6. Dal nome all’aggettivo
7. Dal nome al nome
L’alterazione
1. Tipi di alterati
2. Alterati diminutivi
3. Alterati accrescitivi
4. Alterati verbali
La derivazione mediante prefissi. La prefissazione
1. Prefissati nominali e aggettivali
2. Prefissi intensivi
3. Prefissi negativi
4. Prefissati verbali
La composizione
1. Composti indigeni formati da un verbo e da un nome
2. Composti indigeni formati da nomi e aggettivi
3. Composti scientifici con elementi greco-latini
Conglomerati e acronimi
La formazione delle parole
La lingua è il più evoluto e il più ricco sistema dei segni, il più importante e il più
diffuso mezzo di comunicazione usato dagli uomini.
L’unità fondamentale della comunicazione è la frase.
Quando si parla si compongono catene di suoni più o meno lunghe, intervallate da
pause. Ciascuna di queste sequenze ha un suo significato compiuto nel contesto del discorso e
pur entrando in relazione con le altre, gode di una certa autonomia.
La frase è un segmento più o meno lungo della catena parlata, seguito da una pausa
lunga e dotato di in preciso significato nel contesto del discorso da cui fa parte. La frase può
essere considerata l’unità fondamentale della comunicazione linguistica.
Non è difficile distinguere, all’interno della frase, delle unità minori, che pur non
avendo di per sé un significato così preciso e definito come è quello della frase che le
contiene, hanno comunque un loro significato autonomo, tanto che ciascuno di noi saprebbe
spiegare cosa vuol dire ciascuno di loro. Che queste brevi sequenze fonetiche abbiano la loro
autonomia, lo dimostra il fatto che ognuna di esse si può trovare in un numero infinito di frasi
diverse.
Queste unità più piccole sono appunto le parole, i pezzi che costituiscono “i mattoni
della lingua”, della cui esistenza reale hanno piena coscienza tutti i parlanti.
Mentre le frasi sono costruite di volta in volta quando parliamo e sono del tutto
imprevedibili perché sono diverse fra loro, le parole sono immagazzinate nel nostro cervello,
sono depositate nella nostra memoria e costituiscono il materiale al quale attingiamo per
mettere insieme le frasi. In altri termini, le frasi sono costruite dal parlante, le parole no.
Dunque il discorso è analizzabile in frasi e le frasi sono analizzabili in unità
significative più piccole, le parole che costituiscono le unità di base del sistema della lingua.
L’insieme delle parole di una lingua ne forma il lessico.
Le parole sono le più piccole forme libere dalla cui combinazione si generano le frasi.
Al di là delle parole non ci sono più segmenti liberi, frammenti che godono di significato
autonomo; ci sono le parole che si presentano tutte d’un pezzo e non sono analizzabili se non
come una successione di suoni distinti, di per sé non significanti:
ieri: i-e-r-i, oggi: o-g-g-i.
Di solito le parole si presentano per lo più costituite da più pezzi dotati di significato
(tranne la lingua cinese, ecc.):
sart-o, sart-a, sart-i, sart-e
guard-o, guard-ate, guard-are
All’interno di ogni gruppo le parole presentano la stessa informazione di base, ma si
distinguono fra loro per una informazione aggiunta: quella che riguarda il genere maschile o
femminile e il numero singolare o plurale, o quella che riguarda la persona, il numero, il
tempo e il modo.
Si distinguono, dunque, due tipi di informazione: l’informazione di base (sant, guard)
e l’informazione aggiunta (o, a, i, e, o, ate, are).
Ogni segmento è dotato di in suo proprio significato. Ogni segmento può ricomparire
in altre parole della lingua, sempre portando con sé il suo significato originario.
La caratteristica di questi segmenti rimane sempre la loro mancanza di autonomia
perché si usano sempre agganciati a qualche altro segmento della lingua.
Ci sono parole che si possono dividere in un numero maggiore di parti ma c’è sempre
un elemento che porta un significato concreto e preciso, mentre gli altri elementi aggiungono
al concetto principale concetti secondari:
cart-ell-on-e; ar-ri-ved-er-ci
I grammatici chiamano radice l’elemento base del significato e affissi le altre parti,
distinguendoli in prefissi e suffissi a seconda della posizione che assumono nei riguardi della
radice: i prefissi prima, i suffissi dopo.
Le unità elementari della lingua vengono chiamate morfemi; morfemi lessicali sono
chiamati quelli che coincidono con le radici, morfemi grammaticali sono chiamati tutti gli
altri. I morfemi rappresentano la più piccola forma linguistica dotata di significato.
Una particolare categoria di morfemi grammaticali è costituita dalle desinenze,
cosiddette per la loro posizione alla fine delle parole. In italiano, la maggior parte delle parole
sono dotate di questi morfemi finali che per la loro possibilità di variare consentono la
declinazione dei nomi, degli articoli, degli aggettivi, dei pronomi e la coniugazione dei verbi
(queste parti del discorso per la loro possibilità di cambiare forma sono chiamate parti
variabili del discorso; le preposizioni, le congiunzioni, gli avverbi e le interiezioni poiché non
hanno desinenze e non mutano mai la loro forma, sono chiamati parti invariabili del discorso).
Le trasformazioni prodotte dalle desinenze danno luogo a forme diverse, che
appartengono tutte alla stessa voce lessicale e ne conservano intatto il significato.
I suffissi veri e propri si inseriscono fra la radice e la desinenza ed entrano nel corpo
della parola e ne mutano il significato originario, dando vita ad unità lessicali autonome:
libro  libraio, libreria
La parola primitiva viene chiamata la parola costituita dalla sola radice unita alla
desinenza.
Partendo da una parola primitiva si possono derivare scambievolmente nomi,
aggettivi, verbi, avverbi mediante l’aggiunta all’elemento radicale di precisi suffissi, che non
mutano il concetto di base, ma denotano morfologicamente la funzione che la parola
normalmente svolge all’interno della frase: quella appunto di nome, di aggettivo, ecc.:
da natura derivano: natur-ale, natur-almente, natur-alizzare
da facile derivano: facil-mente, facil-ità, facil-itare
I suffissi offrono, per la formazione di parole nuove, dei veri e propri schemi
compositivi, i quali hanno una tale produttività che rappresentano uno degli espedienti più
attivi e più economici nel rinnovamento e nell’arricchimento del lessico.
Il lessico di una lingua si arricchisce di continuo in due modi:
- attingendo parole di provenienza straniera e di questo si occupa la lessicologia;
- creando nuove parole da una base lessicale già esistente secondo modelli formativi
ben determinabili. Questo meccanismo si colloca a metà tra lessico e grammatica.
Si possono distinguere i seguenti procedimenti di creare delle nuove parole:
- la suffissazione che consiste nel modificare una base mediante un affisso che segua
la base stessa (affisso chiamato appunto suffisso):
foresta  forestale
- l’alterazione che è una particolare forma di suffissazione con la quale il significato
della parola di base non muta nella sua sostanza, ma soltanto per alcuni aspetti (quantità,
qualità, giudizio del parlante):
ragazzo  ragazzetto
- la prefissazione che consiste nell’aggiungere un affisso davanti alla base (affisso
chiamato appunto prefisso):
felice  infelice
- sviluppo di formazioni parasintetice. Si tratta di parole (quasi solo verbi) che
utilizzano contemporaneamente il meccanismo della prefissazione e della suffissazione
partendo da una base nominale o aggettivale.
barca  sbarcare
- composizione che è la combinazione di due o più parole distinte che danno vita a una
parola nuova: aspirapolvere.
I primi quattro procedimenti costituiscono nel loro insieme la derivazione, rispetto alla
composizione la differenza fondamentale sta nel fatto che la prima associa una parola
autonoma a un elemento che non potrebbe sussistere da solo (-ale di nazionale), mentre la
seconda riunisce due parole che hanno corso di per sé (aspira(re) e polvere) oppure che, pur
non potendo usarsi autonomamente, sono portatrici di un preciso significato lessicale (come
cerebro “cervello” in cerebrolesco).
La suffissazione
È un meccanismo di derivazione che consiste nell’aggiungere un affisso dopo la base.
Nella suffissazione fondamentale è il passaggio da una categoria di parole ad un’altra:
un verbo può dar luogo a un nome o a un aggettivo, un aggettivo a un verbo o a un nome e
così via.
La suffissazione si ha anche all’interno della stessa categoria di parole: da un nome ad
un altro nome, da un verbo a verbo, ecc. (si tratta dell’alterazione).
Tutti i suffissi possono classificarsi secondo due punti di vista:
- denominali, deaggettivali deverbali, deavverbiali, a seconda che la base di partenza
sia un nome, un aggettivo, un verbo o un avverbio.
- nominali, aggettivali, verbali, avverbuali, a seconda che la parola d’arrivo sia un
nome, un aggettivo, un verbo o un avverbio.
Per esempio, -aio di giornalaio è un suffisso nominale perché giornalaio è un nome,
denominale, perché la base è giornale, un altro nome; -abile di amabile è un suffisso
aggettivale deverbale (la base è amare); -are di saltare è un suffisso verbale denominale (la
base è salto)
SUFFISSI
NOMINALI
AGGETTIVALI
VERBALI
AVVERBIALI
DENOMINALI vino  vinaio
DEAGGETTI-
noia  noioso
bello  bellezza blu  bluastro
VALI
DEVERBALI
respirare 
amare  amabile
respirazione
salto 
ginocchio 
saltare
ginocchioni
grande 
veloce 
grandeggiare
velocemente
mordere 
ruzzolare 
mordicchiare
ruzzoloni
DEAVVER-
pressappoco 
sopra  soprano
indietro 
insieme 
BIALI
pressappchismo
(antiq. si trova in
indietreggiare
insiememente
toponimi come
(antiq.)
Petralia Soprana)
Nel passaggio da una base a un derivato possono intervenire alcune modificazioni
fonetiche:
- nella consonante finale della radice: amico – amicizia, sociologo – sociologia,
sapiente - sapienza, borghese – borghesia;
- le alternanze dovute alla conservazione nel suffissato di caratteri presenti nel latino:
figlio (< lat. filium) – filiale; mese (< lat. mensem) – mensile;
- l’alternanza dittongo / vocale (il cosiddetto dittongo mobile): nuovo – novità.
In tutti questi casi come in altri (per es. i prestiti dal greco crisi – critico) si parla di
base modificata.
Le linee principali della suffissazione
1. Dal nome al verbo
La trasformazione N – V può essere ottenuta con i suffissi:
-are, -ire: arma – armare, canto – cantare, pittura – pitturare, sci – sciare, custode –
custodire, veste – vestire.
Si possono considerare come varianti di -are sia -iare (differenza – differenziare) sia icare (neve – nevicare).
-eggiare: alba – albeggiare, onda – ondeggiare, scena – sceneggiare, schiaffo –
schiaffeggiare.
-izzare: alcol – alcolizzare, canale – canalizzare, lotto – lottizzare, scandalo –
scandalizzare.
-ificare: nido – nidificare, pane – panificare, persona – personificare, pietra –
pietrificare.
Un caso particolare di derivazione è rappresentato dai verbi parasintetici, nei quali si
ha l’intervento simultaneo di un prefisso e di un suffisso:
cappuccio – in-cappucci-are
bandiera – s-bandier-are
Distinguiamo i parasintetici secondo i prefissi:
a- + raddoppiamento della consonante: bottone – abbottonare, casa – accasare, fetta –
affettare, punta – appuntire.
Davanti a base che inizia con vocale si ha la forma eufonica ad-: esca – adescare,
opera – adoperare.
de-: caffeina – decaffeinare, cappotta – decappottare.
in- (i-, inn-, il-, im-, ir-): amore – innamorare, bottiglia – imbottigliare, lume –
illuminare (base modificata secondo il latino lumen, genitivo luminis “lume, luce”), ruggine –
irrugginire, scatola – inscatolare, scheletro – ischeletrire.
Vì è anche il doppio prefisso re- + in- = rin- (rim-): faccia – rinfacciare, patria –
rimpatriare.
s- privativo: buccia – sbucciare, gozzo – sgozzare, natura – snaturare, polpa –
spolpare.
s- intensivo: bandiera – sbandierare, facchino – sfacchinare, forbice – sforbiciare.
di-: ramo – diramare, vampa – divampare.
dis-: bosco – disboscare, colpa – discolpare, sangue – dissanguare, sete – dissetare.
tra-, tras-, trans-: vaso – travasare, bordo – trasbordare, morte – tramortire (valore
attenuativo), sostanza – transustanziare (base modificata secondo il latino substantia
“sostanza”).
2. Dall’aggettivo al verbo
La trasformazione A-V può essere ottenuta con i suffissi:
-are, -ire: attivo – attivare, calmo – calmare, gonfio – gonfiare, chiaro – chiarire,
marcio – marcire.
-izzare: formale – formalizzare, fraterno – fraternizzare, stabile – stabilizzare, vivace
– vivacizzare.
-eggiare: bianco – biancheggiare, grande – grandeggiare, largo – largheggiare,
scarso – scarseggiare.
-ificare: beato – beatificare, dolce – dolcificare, intenso – intensificare, solido –
solidificare.
Numerosi sono i verbi parasintetici che derivano da aggettivi:
aspro – in-aspr-ire
bizzarro – s-bizzarr-ire
Anche qui distinguiamo i parasintetici secondo i prefissi:
a-: largo – allargare, profondo – approfondire, simile – assimilare, vicino –
avvicinare.
di-: magro – dimagrire, rozzo – dirozzare.
in-: aspro – inasprire, brutto – imbruttire, grande – ingrandire, pallido – impallidire.
s- privativo: folto – sfoltire, paziente – spazientire.
s- intensivo: bizzarro – sbizzarrire.
dis-: acerbo – disacerbare, acido – disacidare.
r(i)-: allegro – rallegrare.
Spesso è unito ad un alto prefisso: caro – rincarare, giovane – ringiovanire, sereno –
rasserenare.
Il parlante di oggi considera rallegrare e ringiovanire come tratti direttamente da
allegro e giovane, cioè come dei parasintetici; per lo storico della lingua, invece, questi verbi
derivano da allegrare e ingiovanire (oggi non più in uso) e sono perciò dei prefissi verbali
non parasintetici.
3. Dal verbo al nome
I nomi deverbali si distinguono in due specie:
- nomi che indicano l’azione: insegnare – insegnamento;
- nomi che indicano l’”agente”, cioè la persona o la cosa che compie l’azione:
lavorare – lavoratore, potare – potatoio.
I nomi deverbali che indicano l’azione possono essere ottenuti con i suffissi:
-zione: circolare – circolazione, lavorare – lavorazione, esportare – esportazione,
operare – operazione.
Si può considerare una variante di -zione il suffisso -sione, che comporta un
mutamento nella base (la base è costituita dal participio passato o da una forma colta):
accendere – accensione, aggredire – aggressione, dividere – divissione, invadere – invasione.
-aggio: atterrare – atterraggio, montare – montaggio, lavare – lavaggio, riciclare –
riciclaggio.
-mento: cambiare – cambiamento, insegnare – insegnamento, censire – censimento,
nutrire – nutrimento.
-ura (la base è data dal participio passato): chiudere – chiusura, fornire – fornitura,
cuocere – cottura, leggere – lettura.
-anza, -enza: abbondare – abbondanza, somigliare – somiglianza, diffidare –
diffidenza, adunare – adunanza, dipendere – dipendenza, compiacere – compiacenza.
-ìo (indica azione continuata): calpestare – calpestio, cigolare – cigolio, mormorare
– mormorio, ronzare – ronzio.
-ato, -ito, -ata, -uta, -ita ecc. (trasformazione mediante la forma del participio passato
maschile o femminile): tracciare – tracciato, udire –udito, cadere – caduta, ululare – ululato,
ruggire – ruggito, nevicare – nevicata, telefonare – telefonata, cadere – caduta, spremere –
spremuta, dormire – dormita, schiarire – schiarita, attendere – attesa, condurre – condotta,
leggere – letta, sconfiggere – sconfitta.
suffisso zero, cioè senza suffisso: abbandonare – abbandonato, comandare –
comando, deliberare – delibera, rettificare – rettifica.
Talvolta accanto al deverbale con suffisso zero ce n’è un altro con suffisso pieno:
accumulo – accumulazione, delibera – deliberazione, prosieguo – proseguimento, rettifica –
rettificazione.
I nomi deverbali che indicano l’aggente possono essere ottenuti con i suffissi:
-tore, -trice: giocare – giocatore, giocatrice; investigare – investigatore,
investigatrice; lavorare – lavoratore, lavoratrice.
Spesso la base è data dal participio passato: correggere – correttore, correttrice;
dirigere – direttore, direttrice; leggere – lettore, lettrice.
Il suffisso -tore, -trice è frequente in nomi del linguaggio tecnico – scientifico
indicanti un apparecchio, uno strumento, una macchina ecc.: amplificare – amplificatore;
trasformare – trasformatore, calcolare – calcolatore (calcolatrice), mitragliare –
mitragliatore (mitragliatrice); copiare – copiatrice, trebbiare – trebbiatrice.
Variante di -tore è il suffisso -sore, che comporta un mutamento nella base (la base è
costituita dal participio passato o da una forma colta):
difendere – difensore; invadere – invasore; opprimere – oppressore; comprimere –
compressore; percuotere – percussore.
Spesso i nomi in -tore, -trice e in -sore sono usati anche come aggettivi: lo studente
lavoratore, agenzia investigatrice, l’avvocato difensore, un apparecchio amplificatore, una
macchina copiatrice.
-ante, -ente: cantare – cantante, insegnare – insegnante, commerciare –
commerciante, supplire – supplente. Tra i nomi di cosa: colorare – colorante, disinfettare –
dissinfettante, assorbire – assorbente.
-ino: arrotare – arrotino, spazzare – spazzino, imbiancare – imbianchino. Tra i nomi
di cosa: colare – colino, frullare – frullino, temperare – temperino.
-one (ha valore accrescitivo – spregiativo): accattare – accattone, chiacchierare –
chiacchierone, brontolare – brontolone, mangiare – mangione.
-toio (forma nomi di strumenti e anche nomi di luogo): appoggiare – appoggiatoio,
galoppare – galoppatoio, essiccare – essiccatoio, potare – potatoio.
-torio (ha prevalentemente valore locativo): consultare – consultorio, dormire –
dormitorio.
-eria (ha valore locativo): distillare – distilleria, fondere – fonderia.
4. Dal verbo all’aggettivo
La trasformazione V-A può essere ottenuta con i suffissi:
-ante, -ente: abbondare – abbondante, incoraggiare – incoraggiante, compiacere –
compiacente, diffidare – diffidente.
Spesso gli aggettivi in -ante e in -ente sono soggetti a nominalizzazione: calmante,
dipendente, lavorante, militante, partecipante, scioperante.
-tore, -trice (si rimanda ai nomi deverbali che indicano l’agente).
-bile (forma aggettivi di senso passivo esprimenti possibilità): giustificare –
giustificabile (= che può essere giustificato); ossidare – ossidabile, realizzare – realizzabile.
-evole (forma aggettivi con valore passivo e con valore attivo): ammirare –
ammirevole (= che deve essere ammirato), biasimare – biasimevole, lodare – lodevole, girare
– girevole (che gira), mutare – mutevole.
-ivo (la base è data dal participio passato o da una forma colta): detergere – detersivo,
eludere – elusivo, fuggire – fuggitivo.
5. Dall’aggettivo al nome
La trasformazione A-N può essere ottenuta con i suffissi:
-ezza: alto – altezza, lungo – lunghezza, bello –bellezza, triste –tristezza, grande –
grandezza.
-ìa: allegro – allegria, cortese – cortesia, folle – follia, geloso – gelosia.
-ia: concorde – concordia, insonne – insonnia, misero – miseria, superbo – superbia.
-izia: amico – amicizia, furbo – furbizia, avaro – avarizia, giusto – giustizia.
-ità, -età, -tà: breve – brevità, bonario – bonarietà, capace – capacità, caparbio –
caparbietà, felice – felicità, fedele – fedeltà.
-itudine: alto – altitudine, grato – gratitudine, solo – solitudine.
-ura: alto – altura, bravo – bravura, fresco – frescura.
-ore: grigio – grigiore, gonfio – gonfiore, rosso – rossore.
-aggine (ha valore negativo – spregiativo): cocciuto – cocciutaggine, balordo –
balordaggine, lungo – lungaggine, sfacciato – sfacciataggine.
-erìa: fantastico – fantasticheria, furbo – furberia, spilorcio – spilorceria.
-ume (ha valore collettivo e si unisce per lo più ada aggettivi di senso spregiativo):
putrido – putridume, sudicio – sudiciume, vecchio – vecchiume.
-anza, -enza (formano nomi derivati dai corrispondenti aggettivi in -ante, -ente):
arrogante – arroganza, elegante – eleganza, decente – decenza, paziente – pazienza.
Spesso gli aggettivi di base hanno alle spalle un verbo: (abbondare) abbondante –
abbondanza, (somigliare) somigliante – somiglianza, (compiacere) compiacente –
compiacenza, (dipendere) dipendente – dipendenza.
In questi casi il nome può essere considerato sia deaggettivale sia deverbale.
-ismo, -esimo (formano nomi indicanti un movimento, un’ideologia, una disposizione
dell’animo, un atteggiamento): ateo – ateismo, fatale – fatalismo, sociale – socialismo,
cristiano – cristianesimo, urbano – urbanesimo.
suffissi zero (è un settore molto importante e riguarda sia gli aggettivi sia i participi): il
bello, il giusto, l’imponderabile, il (la) finale, la tangenziale, l’amante, il fabbricante, il
ricavato, la sopraelevata.
6. Dal nome all’aggettivo
La trasformazione N-A può essere ottenuta con i suffissi:
-ato: accidente – accidentato, fortuna – fortunato, dente – dentato, velluto – vellutato.
-uto: baffi – baffuto, pancia – panciuto, occhiali – occhialuto, punta – puntuto.
-are: crepuscolo – crepuscolare, saluto – salutare, popolo – popolare, secolo –
secolare.
-ario: ferrovia – ferroviario, testamento –testamentario, finanza – finanziario, unità –
unitario.
-ale: commercio – commerciale, musica – musicale, industria – industriale, posta –
postale.
-ano: diocesi – diocesano, mondo – mondano, isola – isolano, paese – paesano.
Si noti che molti aggettivi in -ano, come per esempio isolano e paesano, hanno subìto
un processo di nominalizzazione.
-aceo: carta – cartaceo, erba – erbaceo, perla – perlaceo.
-aneo, -ineo: cute – cutaneo, femmina – femmineo, istante – istantaneo, fulmine –
fulmineo.
-igno: ferro – ferrigno, sangue – sanguigno.
-ile: febbre – febbrile, giovane – giovanile, primavera – primaverile, signore –
signorile.
-ino: bove – bovino, capra – caprino, mare – marino.
-izio: credito – creditizio, impiegato – impiegatizio, reddito – redditizio.
-iero: albergo – alberghiero, costa – costiero, battaglia – battagliero, petrolio –
petroliero.
-esco (ha per lo più un valore spregiativo): avvocato – avvocatesco, bambino –
bambinesco, carnevale – carnevalesco, polizia – poliziesco.
-evole: amico – amichevole, colpa – colpevole, amore – amorevole, onore –
onorevole.
-ivo: abuso – abusivo, furto – furtivo, oggetto – oggettivo.
-ico: atomo – atomico, nord – nordico, igiene – igienico, panorama – panoramico.
In alcuni derivati -ico sostituisce il suffisso della base: difterite – difterico, esotismo –
esotico, prosodia – prosodico.
In alti derivati si ha una modificazione della base; il caso più frequente è -(at)tico:
diploma – diplomatico, dramma – drammatico, problema – problematico; alcune varietà
possono essere esemplificate con: analisi – analitico, energia – energetico, farmacia –
farmaceutico, architettura – architettonico.
-istico, -astico: arte – artistico, carattere – caratteristico, entusiasmo – entusiastico,
orgia – orgiastico, calcio – calcistico.
Molti aggettivi in -istico derivano dai corrispondenti nomi in -ismo; in questo caso si
ha la sostituzione del suffisso: automobilismo – automobilistico, giornalismo – giornalistico,
idealismo – idealistico, realismo – realistico.
Si noti che aggettivi come artistico, automobilistico, giornalistico, idealistico ecc.
possono anche considerarsi formati con il suffisso -ico qualora si prendano come base i nomi
artista, automobilista, giornalista, idealista ecc.
-ifico: pace – pacifico, prole – prolifico.
-torio (-sorio): diffamazione – diffamatorio, infiammazione – infiammatorio, divisione
– divisorio, preparazione – preparatorio.
Essendo presente un verbo dietro ognuna di queste trasformazioni (diffamare –
diffamazione – diffamatorio), si può considerare l’aggettivo sia come denominale sia come
deverbale.
-oso: aria – arioso, muscolo – muscoloso, noia – noioso.
Gli aggettivi tratti da nomi geografici si formano principalmente con i suffissi -ano,
-ino, -ese: Africa – africano, Parigi – parigino, Bologna – bolognese, America – americano,
Perugia – perugino, Francia – francese, Roma – romano, Tunisia – tunisino, Milano –
milanese.
7. Dal nome al nome
I nomi denominali si distinguono in 5 specie:
- nomi che indicano un’attività considerata con riferimento all’agente: benzina –
benzinaio;
- nomi che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio, ecc. e il luogo dove si
svolge tale attività: acciaio – acciaieria;
- nomi che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili: dito – ditale;
- nomi che esprimono una quantità o hanno valore collettivo: cucchiaio – cucchiaiata;
- nomi scientifici: polmone – polmonite.
I denominali che indicano un’attività considerata con riferimento all’agente possono
essere ottenuti con i suffissi:
-aio: benzina – benzinaio, bottega – bottegaio, giornale – giornalaio, orologio –
orologiaio.
-aro: campagna – campanaro, scuola – scolaro, zampogna – zampognaro.
-ario: biblioteca – bibliotecario, milione – milionario, proprietà – proprietario,
visione – visionario. Alcuni nomi in -ario, come per es. milionario e visionario, sono usati
anche come aggettivi.
-aiolo: arma – armaiolo, bosco – boscaiolo, barca – barcaiolo, donna – donnaiolo.
-iere: banca – banchiere, infermo – infermiere, giardino – giardiniere, magazzino –
magazziniere.
-ista: auto – autista, bar – barista, dente – dentista, piano – pianista.
Per i nomi di mestiere il suffisso -aio appare in declino: i neologismi ricorrono
prevalentemente a -ista (elicotterista, standista, vetrinista, visagiata) e, per attività meno
specialistiche o comunque considerate subalterne, a -tore (verniciatore, imbrogatore).
Nei casi in cui i suffissi -aio, -ista sono aggiunti alla stessa base possiamo avere una
differenziazione semantica (giornalaio – giornalista) o dar luogo a due forme concorrenti
che indicano lo stesso mestiere, ma con diversa sfumatura connotativa (fioraio – fiorista).
Anche in termini che, pur non indicando propriamente un mestiere, si riferiscono a
persona, il derivati in -aio ha generalmente connotazione negativa: guerrafondaio, parolaio.
Molti nomi in -ista derivano dai corrispondenti nomi in -ìa e in -ismo; in questo caso
si ha la sostituzione del suffisso: economia – economista, fisionomia – fisionomista, altruismo
– altruista, comunismo – comunista, femminismo – femminista.
Vi sono poi dei nomi in -ista che formalmente rinviano ad un aggettivo, ma in realtà
hanno per base un’espressione costituita da un nome e un aggettivo: (diritto) civile – civilista,
(conto) corrente – correntista, (medicina) interna – internista, (corsa) veloce – velocista.
-ano: castello – castellano, guardia – guardiano, sagrestia – sagrestano.
suffisso zero: biografia – biografo, lessicologia – lessicologo, pedagogia – pedagogo.
Si noti che nomi come biografo, lessicologo, possono considerarsi non solo derivati
dalla biografia e lessicologia, ma anche composti da bio- e -grafo, lessico- e -logo.
I denominali che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio, ecc. e il luogo
dove si svolge tale attività possono essere ottenuti con i suffissi:
-erìa: acciaio – acciaieria, falegname – falegnameria, birra – birreria, orologio –
orologeria.
-ificio: calzature – calzaturificio, pasta – pastificio, maglia – maglificio, zucchero –
zuccherificio.
-aio (indica un luogo destinato a contenere o custodire qualcosa): bagaglio –
bagagliaio, grano – granaio, pollo – pollaio.
-ile (indica il luogo destinato a contenere o custodire qualcosa): campana – campanile,
cane – canile, fieno – fienile.
-ato (indica dignità, carica, ufficio, stato): ammiraglio – ammiragliato, commissario –
commissariato, console – consolato, provveditore – provveditorato.
Per estensione indica anche il luogo dove si esercita la carica, l’ufficio: il
commissariato è la sede del commissario.
I denominali che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili possono
essere ottenuti con i suffissi:
-ale: braccio – bracciale, gamba – gambale, dito – ditale, schiene – schienale.
-ario: formula – formulario, scheda – schedario, lampada – lampadario, vocabolo –
vocabolario.
-iere: bilancia – bilanciere, candela – candeliere, brace – braciere, pallottola –
pallottoliere.
-iera: antipasto – antipastiera, insalata – insalatiera, cartuccia – cartucciera, tè –
teiera.
I denominali che esprimono quantità o hanno valore collettivo possono essere ottenuti
con i suffissi:
-ata (ha diversi valori):
a. cucchiaio – cucchiaiata (il contenuto di un cucchiaio), pala – palata, secchio –
secchiata;
b. fiaccola – fiaccolata (insieme di fiaccole), figlio – figliata, scalino – scalinata;
c. bastone – bastonata (colpo inferto con un bastone), coltello – coltellata, pugnale –
pugnalata.
Sovente due di questi valori (a, c) si possono riscontrare in uno stesso nome: borsata
significa sia quello che può essere contenuto in una borsa, sia colpo inferto con la borsa.
d. buffone – buffonata (atto proprio di un buffone), canaglia – canagliata, pagliaccio
– pagliacciata.
Talvolta ha valore intensivo: fiamma – fiammata, onda – ondata.
Si noti la serie costituita con basi temporali: anno – annata, giorno – giornata, mattina
– mattinata, notte – nottata, sera – serata.
-eto, -eta (indica un luogo dove si trovano determinate piante o colture oppure dove
c’è abbondanza di qualcosa): agrume –agrumeto, pino – pineta, canna – canneto, sasso –
sasseto, frutto – frutteto.
-ame: bestia – bestiame, pelle – pellame, foglia – fogliame, scatola – scatolame.
-aglia: bosco – boscaglia, muro – muraglia, sterpo – sterpaglia.
Talvolta al valore collettivo si aggiunge un senso spregiativo: gente – gentaglia, plebe
– plebaglia.
-iera: costa – costiera, raggio – raggiera, scoglio – scogliera.
-erìa: argento –argenteria, fanale – fanaleria, fante – fanteria.
Alcuni nomi in -eria hanno, oltre al valore collettivo, anche un valore un valore
locativo: cristalleria può significare sia insieme di oggetti di cristallo, sia negozio di oggetti
di cristallo.
Per quanto riguarda i denominali del linguaggio scientifico i suffissi più comuni in
alcune discipline sono:
- nel vocabolario medico, il suffisso -ite significa “infiammazione acuta”, il suffisso osi vale “infiammazione cronica”, il suffisso -oma sta per “tumore”. La base (spesso costituita
da un nome greco) indica la parte del corpo soggetta a un processo morboso: polmone –
polmonite, tendine – tendinite, fibra – fibroma;
- nel vocabolario delle scienze naturali, il suffisso -idi indica una famiglia di animali,
il suffisso -ini, una sottofamiglia: cane – canidi, bove – bovini.
Il suffisso -acee, indica una famiglia di piante, il suffisso -ali un ordine, il suffisso -ine
una classe: rosa – rosacee, mirto – mirtali, felce – filicine (base modificata secondo il lat.
filix, genitivo filicis = felce).
- nel vocabolario della mineralogia, il suffisso più diffuso per indicare un minerale è ite; la base può essere costituita da un nome greco, dal nome del luogo dove è stato scoperto
per la prima volta il minerale, dal nome dello scopritore, ecc.: antracite (dal greco anthrax =
carbone), bauxite (dal nome della località Les Baux, in Provenza), dolomite (dal nome del
geologo D. de Gratet de Dolomieu).
L’alterazione
È un particolare tipo di suffissazione, con la quale il significato della parola di base
non muta nella sostanza, ma soltanto per alcuni particolari aspetti (quantità, qualità, giudizio
del parlante).
Così, per esempio, la parola casa ha gli alterati casetta, casona, casaccia, i quali
disegnano sempre una casa, ma ci dicono nel contempo che si tratta di una casa piccola,
grande, brutta.
In nessun caso l’alterazione comporta il passaggio a una categoria di parole diversa
rispetto a quella della base; si hanno infatti esclusivamente trasformazioni all’interno della
stessa categoria di parole:
- N – N: libro – libretto;
- A – A: bello – bellino;
- V – V: cantare – canticchiare.
Nel determinare l’uso degli alterati ha un ruolo fondamentale l’affettività, cioè la
disposizione emotiva, il sentimento personale di chi parla. Tuttavia non bisogna confondere il
significato generale e il significato occasionale di un alterato: il primo è valido in tutti i
contesti e per tutti i parlanti, mentre il secondo dipende dalla carica affettiva che il singolo
parlante può attribuire in particolari contesti a un certo alterato.
Ha grande importanza la distinzione tra alterati veri e alterati falsi. I secondi, che
derivano dai primi, sono parole con un significato proprio, specifico: per es. fantino,
cavalletto, manette, non sono un piccolo fante, un piccolo cavallo, delle piccole mani.
Si definisce lessicalizzazione degli alterati il processo per il quale un alterato diviene
un’unità lessicale autonoma, deviene cioè una parola fornita di un significato specifico.
Proprio perché sono unità lessicali autonome, questo tipo di alterati appaiono nei dizionari
come vocaboli a sé stanti; troveremo quindi corpino con la definizione “Parte superiore
dell’abito femminile”.
Si parla di alterati falsi perché non siamo di fronte ad alterati, ma a veri e propri
derivati, cioè a parole di significato completamente diverso (nella sostanza, non soltanto in un
aspetto particolare) rispetto alle parole di partenza. Rimane la possibilità di usare corpino
come alterato vero con il senso di piccolo corpo, ma si tratta di una possibilità piuttosto
remota, limitata fra l’altro dal rischio di fare confusione con i significati più comuni.
Nella produzione di alterati si ha qualche restrizione di carattere formale. In genere si
evita la successione della stessa vocale nella base e nel suffisso: da tetto si può avere tettino,
tettuccio, ma non tettetto.
Tipi di alterati
La differenza di significato degli alterati rispetto alla base riguarda la quantità e la
qualità: da una parte c’è un valore dimonutivo/accrescitivo, dall’altra un valore
positivo/negativo. Questi valori non si escludono, anzi si richiamano a vicenda: alla
piccolezza si riferisce la delicatezza e la gentilezza (casuccia, rondinella) oppure la debolezza
e la meschinità (donnetta); alla grandezza si riferisce la forza e il valore (ragazzone,
dottorone) oppure la bruttezza e l’incapacità (piedone, facilone).
Distinguiamo gli alterati in due categorie principali: i diminutivi e gli accrescitivi,
indicando i casi in cui si ha la prevalenza del valore di simpatia (vezzeggiativi) o del valore di
disprezzo (peggiorativi). A parte vengono considerati gli alterati verbali.
Alterati diminutivi
Possono essere ottenuti con i suffissi:
-ino: mamma – mammina, pensiero – pensierino, bello – bellino.
Possiede anche due varianti con interfisso (elemento inserito tra la base e il suffisso): (i)cino e -olino: bastone – bastoncino, libro – libric(c)ino, topo – topolino, freddo –
freddolino, magro – magrolino.
Nella lingua parlata appaiono anche avverbi alterati: presto – prestino, tanto – tantino,
tardi – tardino.
Il suffisso alterativo -ino è quello con il quale si ha più frequentemente il cumulo dei
suffissi: casa – casetta – casettina, gonna – gonnella – gonnellina.
-etto: bacio – bacetto, lupo – lupetto, piccolo – piccoletto.
È frequente il cumulo dei suffissi: scarpa – scarpetta – scarpettina.
-ello: albero – alberello, asino – asinello, povero – poverello.
Ci sono varianti con interfisso: -(i)cello e -erello: campo – campicello; fatto –
fatterello; informazione – informazioncella.
Si ha spesso il cumulo di suffissi: storia – storiella – storiellina; buco – bucherello –
bucherellino.
-uccio (ha valore peggiorativo o più comunemente vezzeggiativo): avvocato –
avvocatuccio, casa – casuccia, cavallo – cavalluccio, caldo – calduccio.
Variante di -uccio è -uzzo: pietra - pietruzza.
-icci(u)olo: asta – asticci(u)ola, festa – festicciola, porto – porticciolo.
Talvolta ha anche senso peggiorativo: donna – donnicci(u)ola.
-ucolo (ha valore peggiorativo): donna – donnucola, poeta – poetucolo, maestro –
maestrucolo.
-(u)olo: faccenda – faccenduola, poesia – poesiola, montagna – montagn(u)ola.
Consideriamo qui anche l’alterazione con -olo che si ha per lo più in combinazione
con un altro suffisso: nome – nomignolo, via – viottolo, medico – mediconzolo (valore
peggiorativo).
-otto: contadino – contadinotto, pieno – pienotto, giovane – giovanotto.
Indica un animale giovane in: aquila – aquilotto, lepre – leprotto, passero –
passerotto.
-acchiotto (ha valore diminutivo-vezzeggiativo): lupo – lupacchiotto, furbo –
furbacchiotto, volpe – volpacchiotto.
-iciattolo (ha valore diminutivo-peggiorattivo): libro – libriciattolo, fiume –
fiumiciattolo, febbre – febbriciattola.
Alterati accrescitivi
Possono essere ottenuti con i suffissi:
-one: febbre – febbrona (febbrone), libro – librone, pigro – pigrone.
Si ha spesso cumulo di sufissi: uomo – omaccio – omaccione, pazzo – pazzerello –
pazzerellone; talvolta il passaggio intermedio non è vivo nell’italiano di oggi: buono –
bonaccione.
-acchione (ha una connotazione ironica): frate – fratacchione; volpe – volpacchione;
furbo – furbacchione; matto – mattacchione.
-accio: ha valore peggiorativo; a volte ha la variante -azzo: coltello – coltellaccio;
libro – libraccio; voce – vociaccia; avaro – avaraccio; amore – amorazzo; coda – codazzo.
-astro (ha valore peggiorativo quando la base è costituita da un nome, mentre ha
valore attenuativo quando la base è costituita da un aggettivo): medico – medicastro; poeta –
poetastro; politico – politicastro; bianco – biancastro; dolce – dolciastro; rosso – rossastro.
Al pari degli aggettivi in -astro, esprimono una qualità attenuata (soprattutto riferita ai
colori) anche altri alterati aggettivali, formati con i suffissi: -iccio, -igno, -ognolo, -occio:
bianco – bianchiccio; rosso – rossiccio; sudato – sudaticcio; aspro – asprigno; giallo –
gialligno; amaro – amarognolo; azzurro – azzurrognolo; bello – belloccio; grasso –
grassoccio.
Alterati verbali
L’alterazione V – V produce verbi frequentativi, diminutivi e accrescitivi; il suffisso
alterativo serve a indicare un aspetto del verbo di base: ripetizione, intermittenza, assenza di
continuità, saltuarietà, attenuazione.
Gli alterati verbali possono essere ottenuti con i suffissi:
-(er/ar)ellare: bucare – bucherellare; giocare – giocherellare; saltare – saltellare –
salterellare; trottare – trotterellare.
-ettare, -ottare: fischiare – fischiettare, piegare – pieghettare, scoppiare –
scoppiettare, parlare – parlottare.
-icchiare, -acchiare, -ucchiare: cantare – canticchiare; lavorare – lavoricchiare,
rubare – rubacchiare, mangiare – mangiucchiare.
La derivazione mediante prefissi – la prefissazione
La prefissazione consiste nell’aggiungere un affisso all’inizio della base di una parola.
I prefissi svolgono un ruolo di primaria importanza nel meccanismo produttivo della
lingua.
I prefissi non possono mutare la categoria grammaticale delle parole alle quali si
pongono davanti: i nomi restano nomi, i verbi restano verbi e così via:
fare (vb.) – rifare (vb.)
capace (agg.) – incapace (agg.)
campionato (nome) – precampionato (nome)
Il compito specifico dei prefissi è quello di modificare il significato della parola
originaria, a volte precisandolo, delimitandolo, a volte addirittura capovolgendolo. Per es., da
porre derivano: apporre, comporre, deporre, contrapporre, frapporre, imporre, sottoporre,
sovrapporre, supporre, riporre, esporre, tutte voci che aggiungono precisazioni diverse
all’idea fondamentale espressa dalla radice.
D’altro canto utilizzando altri tipi di prefissi avremo: da felice – infelice, da lecito –
illecito, da occupato – disoccupato, da onesto – disonesto, da morale – immorale, amorale.
In questi casi il prefisso ha l’effetto di rovesciare il significato della parola di partenza.
Ci sono però dei prefissi che possono assumere entrambi i significati. Per es. il
prefisso in- ha valore rafforzativo in parole come: in-formare, in-dire, mentre ha valore
negativo in parole come: in-stabile, in-coerente.
Si deve osservare che alcuni prefissi terminati in consonante, a volte, assimilano
questa alla consonante iniziale della radice alla quale si congiungono. Si spiega così come mai
si ha illecito invece di in-lecito, irresponsabile invece di in-responsabile.
Si osserva anche che i prefissi contra-, fra-, sopra-, sovra-, esigono il raddoppiamento
della consonante iniziale della parola a cui si uniscono: contrapporre, frapporre, sopralluogo,
sovraffollato.
I prefissi sono per lo più dei morfemi che hanno una loro esistenza anche in forma
libera nella lingua, dove svolgono la funzione di preposizioni o do avverbi. Alcuni di essi
(quelli che originariamente in latino o in greco erano vere e proprie parole autonome)
funzionano solo come prefissi inseparabili: inter- (tra), trans- (al di là), ante- (prima), post(dopo), ipo- (sotto), para- (presso), pro- (davanti), peri- (attorno). Questi conservano ancora il
loro significato originario, che come tale entra a far parte del significato complessivo del
termine derivato: inter-nazionale; trans-atlantico; ante-guerra; post-operatorio; ipo-tensione;
para-universitario; pro-muovere; peri-metro.
Ci sono dei prefissi che, pur essendo dotati di un significato abbastanza preciso e
concreto, già nelle lingue classiche non figuravano mai in forma autonoma, ma avevano
esclusivamente la funzione di morfemi modificatori:
- mis- con valore di negazione o peggiorativo: miscredente, misfatto;
- dis- con valore di negazione o di separazione: disperdere, disordine, distanza;
- re-, ri- con valore di ripetizione: revisione, ritornare, rivedere.
Prefissati nominali e aggettivali
Nell’ambito dei prefissati nominali e aggettivali si distinguono tre generi di prefissi:
prefissi provenienti da preposizioni e avverbi, prefissi intensivi e prefissi negativi.
Prefissi provenienti da preposizioni e avverbi
Si distinguono i seguenti tipi di prefissi:
- avan(ti)-, ante-, anti-, pre-, che esprimono l’anteriorità spazio-temporale:
avantielenco, anteguerra, anticamera, preavviso;
- post-, retro-, che esprimono la posteriorità spazio-temporale: postoperatorio,
retromarcia;
- dis-, che esprime allontanamento (questo significati rientra in quello di valore
negativo): dismisura, disfunzione;
- circum-, anfi-, peri-, che significano “intorno”: circumnavigazione, anfiteatro,
pericardio; a volte i prefissi anfi- e peri- hanno anche altri valori: anfi- significa “da due
parti”: anfiprostilo; peri- indica in astronomia il punto di maggiore vicinanza a un astro:
perielio.
- cis-, chesignifica “al di qua”: cisalpino, cispadano;
- con- (co-, col-, com-, cor-), sin-, che significano “insieme”: coabitazione,
connazionale, compaesano, collaterale, correo, sintonia;
- contro-, contra-, anti-, che esprimono opposizione: controcorrente, contraccolpo,
antifurto;
- trans-, dia-, che significano “attraverso”: transalpino, diacronia;
- sopra-, sovra-, super-, che esprimono superiorità: soprannaturale, sovrabbondante,
supervisione;
- extra-, fuori-, che indicano esteriorità: extracomunitario, fuoriprogramma;
- intra-, entro-, endo-, che significano all’interno”: intramuscolare, entrobordo,
endoscopio;
- inter-, che significa “in mezzo”: intercostale, interplanetario; Da questo significato
fondamentale si è sviluppato quello di associazione, di comunanza: interdisciplinare,
internazionale. In molti casi si ha uno specifico valore di reciprocità: intercomunicante,
interdipendente.
- oltre-, ultra-, meta-, iper-, che significano “al di sopra, al di là”: oltretomba,
ultrasuono, metalinguaggio, iperspazio;
- para-, che indica affinità: parapsicologia;
- sotto-, sub-, infra-, ipo- significano “sotto, al di sotto”: sottopassaggio, subacqueo,
infrarosso, ipocentro;
- vice-, pro-, che significano “in luogo di”: vicedirettore, proconsole;
Il prefisso pro- indica indica anche gli ascendenti e i discendenti nei nomi di
parentella: progenitore, pronipote.
Prefissi intensivi
Servono ad esprimere il grado di una base nominale o aggettivale, la loro funzione,
entro certi limiti, può essere considerata analoga a quella del comparativo e del superlativo.
In base al significato, si distinguono i seguenti gruppi di prefissi:
- archi-, arci-, extra-, super-, stra-, ultra-, che esprimono il grado superiore di una
gerarchia o il grado superlativo di una qualità: archidiocesi, arciprete, extrafino,
supermercato, stracarico, ultrarapido;
- iper-, sur-, che significano “al più alto grado” o indicano eccesso: ipersensibile,
suralimentazione;
- ipo-, sotto-, sub-, che esprimono inferiorità: ipocalorico, sottosviluppo, subnormale;
- mezzo-, semi-, emi-, che significano “mezzo, a metà”: mezzaluna, mezzobusto che
sono nomi composti; semiautomatico, emisfero;
- ben(e)-, mal(e)-, eu-, caco-, che esprimono valutazione: beneamato, benpensante,
maldicente, eufemismo, cacofonia;
- bi(s)-, che significa “due, due volte”: bilinguismo, biscotto; indica anche, in nomi di
parentela, un grado più remoto: bisnonno; in altri casi indica un grado successivo: biscroma;
talvolta ha valore peggiorativo: bistorto.
Prefissi negativi
È un settore della prefissazione che riguarda in primo luogo che riguarda in primo
luogo gli aggettivi.
Hanno valore negativo i prefissi:
- in- (il-, im-, ir-): illogico, immangiabile, incapace, irresponsabile.
Con la nominalizzazione di questi aggettivi si ottengono sostantivi prefissati:
impossibile – impossibilità, irresponsabile – irresponsabilità. Sono più rari i nomi non
deaggettivali: successo – insuccesso.
- s-: scontento, scortese.
Molto frequenti sono i casi di nominalizzazione dell’aggettivo negativo: scortese –
scortesia; più rari sono i nomi non deaggettivali: proporzione – sproporzione.
- dis-: disamore, disonore, discontinuo. Si può avere la nominalizzazione di molti di
questi aggettivi: discontinuo – discontinuità.
- senza-, a- (an-): senzapatria, amorale, analfabeta;
- non-, che è produttivo nella lingua di oggi con nomi e aggettivi: il prefissato può
essere scritto in grafia unita (nonconformista, nonsenso), o più spesso, in grafia staccata (non
aggressione, non credente).
Prefissati verbali
Nell’ambito dei prefissati verbali non parasintetici si distinguono due generi di
prefissi: prefissi intensivi e prefissi con valore di aspetto e di modo.
Hanno valore intensivo i prefissi:
- s-: cancellare – scancellare; beffeggiare – sbeffeggiare.
- stra-: cuocere – stracuocere, fare – strafare;
- r(i)-: addolcire – raddolcire, empire – riempire.
I prefissi verbali con valore di aspetto e di modo, in base al significato, si distinguono
nei seguenti gruppi:
- r(i), r(e)-: che significano “di nuovo”: fare – rifare, inserire – reinserire.
Vi sono varie estensioni di significato: movimento all’indietro (rimandare, rispedire),
recupero di ciò che si è perso (ritrovare, riacquistare), opposizione (reagire), reciprocità
(riamare).
- de-, di-, dis-, s-, che hanno valore negativo: colorare – decolorare, armare –
disarmare, ubbidire – disubbidire, congelare – scongelare;
- contro-, contra-, che esprimono opposizione: battere – controbattere, dire –
contraddire;
- inter-, (in)fra-, che significano “in mezzo”; da tale significati derivano alcune
estensioni semantiche (collegamento, comunanza, reciprocità): agire – interagire, porre –
interporre, mettere – (in)frammettere, mischiare – frammischiare.
Insieme a (in)fra-, consideriamo anche (in)tra- che significa “dentro” e tra(s)-, che
significa “attraverso, oltre”: mettere – intramettere, formare – trasformare, forare – traforare,
passare – trapassare.
Ci sono anche altri prefissi verbali che hanno valore di aspetto e di modo: a-, in-, s-,
co(n)-: consentire – acconsentire, mischiare – immischiare, parlare – sparlare, piangere –
compiangere, abitare – coabitare.
La composizione
Consiste nell’unire almeno due parole in modo da formare una parola nuova.
Il nuovo termine prende il nome di composto o parola composta. È uno dei mezzi principali di
cui l’italiano moderno si serve per accrescere dall’interno il proprio lessico.
Ci sono dei composti con elementi indigeni: cassaforte, o composti con elementi in
tutto o in parte esogeni (quasi soltanto greco-latini).
Gli scienziati chiamano le parole che compongono i composti: forme libere:
asciuga(re) – mano – asciugamano; in questo caso si ha la successione verbo + nome, o
forme non libere: antropo (dal gr. anthropos “uomo” + fago (dal gr. phagein “mangiare”) –
antropofago “chi mangia carne umana”; in questo caso si ha la successione nome + verbo, le
due parole rappresentano due elementi colti greci.
Composti indigeni formati da un verbo e da un nome
L’elemento verbale è seguito da un sostantivo con funzione di c. oggetto singolare:
copricapo, o plurale: coprivivande;
Altri tipi di composti con base verbale: cartasuga, dove il verbo è in seconda
posizione, batticuore, con sostantivo in funzione di soggetto.
I composti di questa serie risultano: da un verbo di I coniugazione: portalavori;
II coniugazione: perditempo; o di III coniugazione: apriscatole, che di solito sono privi di
articolo.
Dal punto di vista semantico possono riferirsi ad una persona (portalavori), o ad una
cosa (spremilimoni).
Ecco alcune basi verbali: accendi – accendisigari, appendi – appendiabiti, asciuga –
asciugamani, aspira – aspirapolvere, attacca – attaccabottoni, bacia – baciamano, batti –
battipanni, buca – bucaneve, cambia – cambiavalute, canta – cantastorie, cava – cavadenti,
conta – contachilometri, copri – copritermosifone, ferma – fermacravatta, gira – giramondo,
guarda – guardacaccia, guasta – guastafeste,
lancia – lanciafiamme ecc.
Molto rari sono i composti con due elementi verbali (spesso della pubblicità
automobilistica: lavatergilunotto, tergilavalunotto).
Dunque ci sono tre tipi di composti con base verbale:
- entrambi i costituenti hanno forma italiana: porta – portacenere;
- entrambi i costituenti hanno forma colta (si tratta in genere di elementi di origine
greca). In questo caso la successione è nome + base verbale: -fagia/-faggo “mangiare” –
antropofagia, antropofago.
- la base verbale che è il secondo elemento del composto ha forma italiana, mentre il
primo elemento ha forma colta: auto- “se stesso” – autocontrollo.
Composti indigeni formati da nomi e aggettivi
I composti di questo tipo possono essere suddivisi nella:
- coordinazione delle componenti: pescecane;
- subordinazione, attraverso una preposizione: a: pallavolo; di: capodanno;
- giustapposizione dei due elementi: agopuntura „puntura con l’ago”, capostazione
„capo della stazione”.
Tra i composti coordinativi si possono distinguere quelli costituiti con:
- aggettivo + nome: bassorilievo, gentildonna;
- nome + aggettivo: girotondo, pastasciutta;
- nome + nome: cartamoneta;
- aggettivo + aggettivo: sociopolitico, surdomuto;
- avverbio + aggettivo: l’aggettivo può essere un participio presente o passato;
l’avverbio può essere un aggettivo con valore avverbiale: altoparlante.
Composti scientifici con elementi greco-latini
L’elenco dei composti in cui l’elemento fisso è anteposto o posposto:
greco + greco
greco + latino o italiano
auto (da se): autografia
autofinanziamento
filo (amore): filantropo
filofrancese
idro (acqua): idrolisi
idrorepellente
lito (pietra): litofita
litoincisione
miso (odio): misantropo
misostorico
mono (un solo): monoteismo
monocamera
piro (fuoco): pirofilo
piroscissione
Tra i primi elementi di origine latina:
quadri: quadridimensionale, quadrilatero;
ovi: ovidotto, oviforme;
roto: rotocompressore, rotonave.
Secondi elementi:
greco + greco
latino (o italiano) + greco
crazia (potere): democrazia
partitocrazia
fagia (mangiare): aerofagia
fobia (terrore): agorafobia
claustrofobia
fonia (suono): stereofonia
-
grafia (scrittura): dattilografia
-
logia (studio): zoologia
sociologia
mania (fissazione): megalomania
eroinomania
metria (misurazione): stechiometria
planimetria
patia (sofferenza): cardiopatia
vasculopatia
scopia (osservazione): microscopia
radioscopia
Come secondi elementi di origine latina:
-cida: – moschicida
-colo: – tericolo
-ficio: – calzaturificio
-forme: – aeriforme
-voro: – carnivoro.
Da alcuni composti possono ricavarsi serie compositive autonome. Accanto all’autodi,
autografia, esiste un altro auto estratto da automobile, che è presente in formazioni quali:
autocisterna, autoraduno.
Altri esempi:
- foto (luce) – fotografia
foto (fotografia) – fotoamatore
- fotosintesi
-
Conglomerati e acronimi
Le associazioni di parole del tipo saliscendi, toccasana, fuggifuggi, dormiveglia
formano i cosiddetti conglomerati. Si trata di veri e propri spezzoni di frase i quali, per l’uso
costante e ripetuto che se ne fa, si sono fissati fino a divenire unità a se stanti (di solito
maschille invariabile).
Alcuni conglomerati possono essere scritti alternativamente in grafia congiunta o in
grafia staccata: un nonsoché – un non so che.
Per acronimi intendiamo quelle formazioni ottenute dalla giustapposizione di parti
staccate di parole, unite in modo imprevedibile: cantautore – cantante e autore, econologia –
economia e ecologia, palacongressi – Palazzo dei Congressi.
Nomi di animali immaginari: l’elepardo – animale che combina le doti di potenza
dell’elefante e di agilità del leopardo; il rinovallo – rinoceronte + cavallo; il leoguro – leone
+ canguro ecc.
DOMANDE
Cosa è la parola.
Cosa sono le parole primitive.
Cosa sono le parole derivate.
Come si arricchisce il lessico di una lingua?
Definire la derivazione.
Definire la suffissazione.
Come si possono classificare i suffissi?
Come avviene la suffissazione dal nome al verbo?
Come avviene la suffissazione dall’aggettivo al verbo?
Come avviene la suffissazione dal verbo al nome?
Come avviene la suffissazione dal verbo all’aggettivo?
Come avviene la suffissazione dall’aggettivo al nome?
Come avviene la suffissazione dal nome all’aggettivo?
Come si distinguono i nomi denominali?
Descrivere i denominali che indicano un’attività considerata con riferimento all’egente.
Descrivere i denominali che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio ecc.
Descrivere i denominali che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili.
Descrivere i denominali che esprimono quantità o hanno valore collettivo.
Descrivere i denominali del linguaggio scientifico.
Definire l’alterazione.
Descrivere gli alterati diminutivi.
Descrivere gli alterati accrescitivi.
Descrivere gli alterati verbali.
Definire la prefissazione.
Descrivere i prefissi provenienti da preposizioni e avverbi.
Descrivere i prefissi intensivi.
Descrivere i prefissini nagativi.
Descrivere i prefissati verbali.
Definire la composizione.
Descrivere i composti indigeni formati da un verbo e da un nome.
Descrivere i composti indigeni formati da nomi e aggettivi.
Descrivere i composti scientifici con elementi greco-latini.
Cosa sono i conglomerati.
Cosa sono gli acronimi.