Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Servizio Documentazione
Cattedrale – Concelebrazione Eucaristica
Convocazione Giovanile Afro - Europea Scalabriniana
1° Febbraio 2005
L'invito di P. Beniamino Rossi,
Responsabile dei Missionari Scalabriniani d'Europa e Africa.
Il 23 aprile si avvicina a grandi passi... a circa due mesi e mezzo dall'evento di Piacenza, P.
Beniamino Rossi ha voluto mandare un messaggio per far riflettere sul valore della Convocazione e
invitare tutti i giovani che hanno incontrato il carisma scalabriniano a non lasciarsi scappare questa
grande occasione di incontro! Pubblichiamo, qui di seguito, la lettera di P. Beniamino.
A tutti i giovani che intendono accettare l'invito alla Convocazione giovanile
Piacenza, 1° febbraio 2005
Carissimi,
In questi anni avete incontrato lungo il vostro cammino di crescita e di ricerca del senso della vita la
figura di Giovanni Battista Scalabrini, morto cento anni fa.
Molti di voi, imparando a conoscerlo e ad amarlo, ne sono rimasti affascinati. Sentite che
quest'uomo ha qualcosa da dire anche oggi alla società europea su uno dei temi e dei problemi più
scottanti e di attualità: quello dei migranti.
Ed ha qualcosa da dire a voi giovani che siete la parte più sensibile della società e ne siete il nerbo e
la forza.
Senz'altro ha qualcosa da dire a me ed ai suoi missionari e missionarie, ai laici che si rifanno al suo
"carisma".
E, probabilmente, il suo carisma e la sua personalità possono affascinare e sedurre anche ciascuno
di voi. Per questo, a nome dei suoi missionari, vi invito a Piacenza, il 23-25 aprile prossimo: è la
città dove Scalabrini ha svolto per tanti anni il suo servizio di Vescovo e dove ha concepito la sua
passione per i migranti di allora ed ha lottato per i deboli e le vittime di quel secolo meraviglioso e
tremendo, che ha visto nascere la società industriale. A Piacenza può veramente dirci e dirvi
qualcosa di importante, che penetrerà nel vostro cuore e nel vostro spirito. Soprattutto perché ha
qualcosa da dirci e da dirvi a nome di Colui che è stato la sua passione più grande e che ha visto
presente e vivente in ogni sorella ed in ogni fratello: il Cristo Migrante.
P. Beniamino Rossi c.s.
Responsabile dei Missionari Scalabriniani d'Europa
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Programma della Convocazione
Sabato 23 Aprile:
• ore 16.30: ARRIVO nelle sedi assegnate ad ogni gruppo e ACCOGLIENZA in Casa Madre
• ore 19.00: CENA in Casa Madre
• ore 21.00: PER TERRE LONTANE - Il Musical Teatro Municipale
1
Domenica 24 Aprile:
• ore 9.00: momento di preghiera nella sala Arazzi del Collegio Alberoni
• ore 9.30: FORUM nella sala Arazzi del Collegio Alberoni
• ore 11.30: suddivisione in gruppi per i laboratori e trasferimento nelle sale
• ore 12.00: LABORATORI
• ore 13.00: PRANZO
• ore 14.30: LABORATORI
• ore 17.00: MESSA nel Duomo
• ore 19.30: CENA (il luogo è da stabilire)
• ore 20.30: SPETTACOLO nel Teatro Municipale
Lunedì 25 Aprile:
• ore 9.00: CELEBRAZIONE del MANDATO nella chiesa di S. Antonino
• ore 13.00: PRANZO
Le iscrizioni per i piacentini scadono il 28 febbraio 2005
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Cattedrale – Concelebrazione Eucaristica
24 Aprile 2004
Presiede Mons. Luciano Monari, Vescovo
450 i giovani presenti in Cattedrale.
Lettura Vangelo di Luca (10, 30-37).
Benvenuti
(tradotto in più lingue)
Giovane convegnista
Benvenuti a questa Celebrazione,
lodiamo insieme Dio cantando “Popoli tutti acclamate al Signore”.
Carissimi amici, ci siamo riuniti per un evento particolare nel quale non poteva non salire un
ringraziamento a Dio per averci voluti presenti in questi momenti.
Ci troviamo nella chiesa in cui mons. Scalabrini ha esercitato il proprio ministero, chiesa da lui
amata e dalla quale si è diffusa negli anni il pensiero profondo di unità con i migranti in tutto il
mondo.
Alla presenza del suo successore, al quale siamo grati per averci accolti, vogliamo festeggiare
attraverso questa Celebrazione di lode.
Introduzione
Mons. Luciano Monari, Vescovo
Un benvenuto affettuoso a tutti voi, quindi welcome, bienvenu… tutte le lingue che si possono
immaginare. Che il Signore vi accolga in questa chiesa che è stata del Beato Scalabrini con la
ricchezza della sua grazia.
Sono cent’anni che Scalabrini è morto, allora si fanno tutta una serie di manifestazioni in omaggio a
questo grande Vescovo e grande Padre.
2
Ma sono convinto che di tutti gli omaggi il più bello siete voi. Se Scalabrini fosse a guardare l’anno
che abbiamo preparato, che gli Scalabriniani soprattutto hanno preparato, credo che quello che lo
toccherebbe di più è la presenza di giovani come voi in questa Cattedrale per pregare, per cantare,
per dire la lode del Signore e il desiderio di impegnare la propria vita al seguito di Scalabrini. Non
so se vi rendete conto quanto siete belli, come è bella la realtà che c’è dentro al vostro cuore, e
quello che il Signore ci ha messo e quello che il Signore fa crescere. Ve lo auguro con tutto il cuore:
che sappiate guardarvi con gli occhi di Dio e sapere vedere quella ricchezza che Lui stesso il
Signore ha messo dentro al vostro cuore, per custodirla e per farla crescere e fruttificare in tutta la
vostra vita.
Con questi desideri, ci presentiamo davanti al Signore, chiediamo il perdono di tutti nostri peccati, e
ci prepariamo a Celebrare con gioia questa Eucaristia.
Omelia
Mons. Luciano Monari, Vescovo
–I–
La parabola del “Buon Samaritano”
1. Gli emigranti non facevano parte del programma di vita di Scalabrini, se li è trovati
davanti.
Gli emigranti non facevano parte del programma di vita di Scalabrini; se li è trovati davanti
senza essere andati a cercare, e ha dovuto cambiare i piani che aveva in mente.
Nelle visite pastorali ha incontrato la miseria della nostra montagna; la decisione di molti di cercare
fortuna lontano, in America, i disagi a cui queste persone andavano incontro: povertà, sfruttamento,
solitudine, lontananza dalla famiglia, allo sbaraglio, in una terra di cui non conoscevano la lingua e
gli usi, e dove erano guardati con sospetto… se li è trovati davanti.
Avrebbe potuto dire una preghiera e “tirare diritto”, non toccava a lui farsene carico. Era forse
ministro dell’interno o del lavoro o degli esteri?
Avrebbe potuto “tirare diritto” ed eventualmente scrivere un articolo sul giornale deplorando la
sofferenza di queste persone e accusando l’inerzia della autorità. Avrebbe forse ottenuto applausi; e
invece no.
Come il Samaritano della parabola (che abbiamo letto) “ha interrotto il suo viaggio”:
“Si è chinato sulle piaghe dell’uomo e le ha curate con olio e vino; ha portato il ferito
alla locanda e ha pagato il conto per lui”.
2. La carne dell’emigrato era carne di Scalabrini, e le piaghe invece di allontanare a
causa del ribrezzo attiravano a causa della Misericordia.
Chi glielo ha fatto fare? Mica era suo parente quell’uomo! Di lui non sapeva né il nome né l’origine
né la posizione sociale… niente… solo che era un uomo. Chi dunque glielo ha fatto fare?
La carne nell’uomo! Ha visto quella carne pestata, ferita, sanguinante e non ha voltato gli occhi da
un’altra parte.
Quella era carne sua, proprio così: la carne dell’emigrato era carne di Scalabrini; e le piaghe
invece di allontanare a causa del ribrezzo attiravano a causa della Misericordia.
Il sacerdote e il levita, che sono passati oltre guardando dall’altra parte, avranno avuti i loro motivi,
e chissà forse anche motivi validi.
3
3. La carne dell’uomo lo tormentava”. Ma era carne di Cristo, e non poteva certo
lasciarla languire lungo la strada.
Per Scalabrini doveri in senso stretto non c’erano: si è fermato perché “la carne dell’uomo lo
tormentava”.
Era carne sua, di Scalabrini, e non poteva fare finta di niente; ma soprattutto era carne di Cristo, e
non poteva certo lasciarla languire lungo la strada.
“Mi sono sporcato le mani con il sangue delle tue ferite, il mio olio ha tolto l’irritazione
delle tue ferite, e non me ne è rimasto per fare splendere la mia faccia. Il vino ha
purificato le tue piaghe e non ne ho più abbastanza per ubriacare il mio cuore. Tu sei
scampato dalla morte, ma io ho perso quel poco che aveva. Sono povero”.
Non c’è dubbio, l’amore è questo. Qualche volta è un sentimento esaltante che fa toccare il cielo.
Ma più spesso è una azione penosa che ti lascia povero e spossato, ma che fa rivivere l’altro.
–II–
Il Beato Scalabrini
1. Di Scalabrini vi dico quello che attira me: L’amore di quest’uomo e la sua libertà!
Mi chiedo:

Che cosa siete venuti a fare in questi giorni? Tre giorni di festa?

Che cosa siete venuti a vedere? Il corpo di un morto protetto con cera e paramenti?

Che cosa vi attira in un Vescovo morto cent’anni fa per una infezione?
Vi dico quello che attira me: L’amore di quest’uomo e la sua libertà!
La “libertà” con cui ha interrotto il suo viaggio nella vita per farsi carico di emigranti, di gente che
non aveva con lui vincoli di parentela, ma sul cui volto ha visto la gloria di Dio, nelle cui sofferenze
ha riconosciuto la croce di Cristo.
Non si può vedere la croce di Cristo, sapere che è la croce di Cristo, e continuare il cammino
imperterriti.
2. Ho bisogno di Scalabrini, ho bisogno di vedere che un uomo come me è stato capace
di mettere in gioco la sua vita per gli altri e che la sua memoria è ancora in grado di
muovere gente, di suscitare amore.
Il mio desiderio è questo. Vedere la faccia di Gesù. Lo so bene: la faccia di ogni povero è la faccia
di Gesù, la faccia di ogni sofferente. Lo so perché conosco a memoria la fine del cap. 25° di Matteo:
«Mi avete dato da mangiare (…) mi avete vestito (…) siete venuti a trovarmi (…) quello
che avete fatto al più piccolo di questi miei fratelli lo avete fatto a me (…) quello che
non avete fatto al più piccolo non l’avete fatto a me».
Con la testa lo so, e vi insegno, e ne sono convinto. Allora perché passo vicino a tante sofferenze e
non mi fermo?
La testa non basta, ci vuole un cuore, e il mio cuore è freddo, duro…
Ho bisogno di Scalabrini, ho bisogno di vedere che un uomo come me è stato capace di
mettere in gioco la sua vita per gli altri e che la sua memoria è ancora in grado di muovere
gente, di suscitare amore.
3. Ho detto che il mio cuore è duro, ma forse non è vero; dovrei dire meglio: è
distratto, è ingombro di molte cose. Forse Scalabrini può svegliarmi, o Dio può
svegliarmi attraverso Scalabrini.
Ho detto che il mio cuore è duro, ma forse non è vero; dovrei dire meglio: è distratto, è
ingombro di molte cose.
4

Se mi fermo e mi prendo cura del ferito non avrò il tempo per le mie abitudini, i miei giochi,
i miei programmi, le mie conoscenze, i miei libri, i miei week-end, la mia carriera… Non sono
cattivo, almeno non mi sembra di esserlo tanto… ma sono meschino… ho imparato a calcolare ogni
cosa.

Se perdo una giornata chi mi restituirà l’occasione perduta? E se perdo una vita chi mi darà
il contraccambio?

Guardo intorno e mi si offre un mondo seducente: salute e bellezza e forma, ricchezza e
carriera e successo, riuscita e potere e affermazione.

Dovrei rinunciare a tutto questo? Non sarebbe un morire prima del tempo?

Il mondo è bello, di cose da consumare, di esperienze da vivere, di emozioni da provare…

Dovrò rinunciare a vivere e prendermi cura di un pezzente sconosciuto che per caso è
capitato sulla mia strada?
Forse Scalabrini può svegliarmi. O Dio può svegliarmi attraverso Scalabrini. Dio lo sa bene
che la nostra vita nel mondo non è facile, stretti come siamo tra paura e lusinga:
«[41]Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Perché lo spirito è forte, ma la
carne è debole» (Mt 26, 41).
4. Riesco a ricevere davvero il dono solo donando a mia volta. Devo amare per ricevere
davvero l’amore!
Devo imparare a non cercare nidi, tane, rifugi. La vita non è una vacanza, ma è un viaggio; la sua
riuscita non si misura “sui gelati che ho leccato”, ma sui traguardi che ho superato. Mi serve anche
un gelato per camminare, ma non posso smettere di camminare per ingozzarmi meglio di gelati. È
più facile vivere di consumo e delle gratificazioni del consumo: musica e sport, moto e ragazze,
discoteca e fidnes… sono solo cose… belle, ma senza anima… non bastano.
Ho bisogno di calore, di simpatia, di amicizia, di attenzione. Ho bisogno che qualcuno mi sorrida,
mi faccia capire che la mia presenza gli è gradita, che gli rende più bello il mondo. Ho bisogno di
ricevere in dono quello che non posso comperare con i soldi e che non riesco a possedere con la
seduzione.
Ma qui è il paradosso! Riesco a ricevere davvero il dono solo donando a mia volta. Devo amare
per ricevere davvero l’amore!
–III–
L’Eucaristia
1. Tutti possono lasciare agli eredi solo quello che hanno: un appartamento, un libro,
un gioiello… Cristo ha lasciato quello che è: il suo corpo, il suo sangue, se stesso!
Tra poco farete la comunione: una piccola ostia da inghiottire con il colore e il sapore, poco, del
pane.
“È pane spezzato da mangiare, e ce lo ha dato Gesù il giorno prima di morire”, come se fosse la sua
eredità, quello che poteva lasciare agli eredi, ai discepoli, a noi. Tutto lì… non aveva altro da
lasciare, non aveva denaro in banca, non aveva immobili, non aveva titoli nobiliari… ma un pezzo
di pane, una coppa di vino, ma su quelli una parola: «questo è il mio corpo per voi, è il calice del
mio sangue per voi»; eredità magnifica.
Tutti possono lasciare agli eredi solo quello che hanno: un appartamento, un libro, un
gioiello… Lui ha lasciato quello che è: il suo corpo, il suo sangue, se stesso!
Lo ha potuto fare perché della sua vita aveva già fatto dono: la sua vita l’aveva deposta “per
chinarsi verso i suoi discepoli e lavare loro i piedi”, come se fosse uno schiavo, Lui che era invece il
Maestro.
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2. “Ho spezzato il mio corpo come fosse pane, e l’ho distribuito agli uomini. Erano
affamati e da molto tempo”.
Leggo nel diario di una ragazza ebrea, morta ad Auschwitz nel settembre del ‘43:
“Ho spezzato il mio corpo come fosse pane, e l’ho distribuito agli uomini. Erano
affamati e da molto tempo”.
Ha spezzato il suo corpo prendendosi cura di tutti nel campo di sterminio, per offrire un aiuto, una
parola, un servizio, un sorriso: “ho spezzato il mio corpo”. Dove avrà imparato questa arte
straordinaria? Dove avrà trovato la forza di donarsi? Non lo so!
Ma non c’è dubbio, questo è il senso dell’Eucaristia, il motivo per cui Gesù ce lo ha lasciato in
eredità: che diventi possibile a noi, a gente paurosa ed egocentrica come noi, di spezzare la nostra
vita, e di farne dono a chi ne ha bisogno.
–IV–
La Convocazione Scalabriniana
1. Fare un patto tra noi con il Signore di non sciupare la sua eredità, il suo dono, di
non permettere che la sua passione sia inutile.
Se ha un senso questa “Convocazione Scalabriniana” è per confermare il nostro desiderio di
prenderci per mano e fare un patto tra noi con il Signore: il patto di non sciupare la sua eredità,
il suo dono, di non permettere che la sua passione sia inutile.
Solo tre avvertenze:
1) Non pretendere di vedere dei grandi risultati. Gesù non ha visto in questo mondo se non
la vittoria del male. Ma la sua vita continua a donare speranza a una moltitudine di
persone. E come Lui i Santi, come Lui Scalabrini.
2) La scelta di spezzare la nostra vita come dono si fa in un attimo, ma la trasformazione
effettiva della nostra vita in dono è lunga e difficile e parziale. Vince solo chi sa
perseverare nonostante le delusioni, gli errori, le incertezze, le critiche, le prese in giro, le
opposizioni.
3) Quando devi fare una scelta non chiederti se una cosa è lecita o no, in questo modo tendi
alla sufficienza. Ma chiediti se quella scelta ti fa crescere e ti migliora, così tendi al
meglio, appunto come i Santi, come Giovanni Battista Scalabrini.
* Cv. Documento rilevato come amanuense dal registratore, scritto in uno stile didattico e con riferimenti biblici, ma
non rivisto dall’autore.
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