STUDIO TEOLOGICO "S.ZENO" - VERONA
AFFILIATO ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE
DI ROMA
LA GUARIGIONE DEL LEBBROSO
(MC 1,40-45 e paralleli)
(Esercitazione scritta per il baccellierato in teologia)
Studente: VALLI PIERPAOLO
Professore: BARBI D. AUGUSTO
VERONA - ANNO ACCADEMICO 1993-1994
-2-
INDICE
SIGLARIO .......................................................................................... 4
INTRODUZIONE .................................................................................... 5
I - MC 1,40-45: ANALISI REDAZIONALE................................................. 8
1- Problemi di critica testuale .............................................................. 8
2- Contesto di Mc 1,40-45 ................................................................... 10
3- La struttura del testo ....................................................................... 15
4- Analisi e commento dei vv.40-45 ..................................................... 19
A - La guarigione del lebbroso (vv.40-42) ........................................ 19
a- La venuta del lebbroso e la richiesta d'aiuto (v.40) ................... 19
b- La risposta di Gesù al lebbroso (v.41) ...................................... 25
c- La constatazione dell'avvenuta guarigione (v.42) ...................... 31
B - Il divieto e i suoi effetti (vv.43-45) .............................................. 31
a- Il comando di tacere e di presentarsi al sacerdote
(vv.43-44) ................................................................................... 31
b- La trasgressione del comando e i suoi effetti (v.45) .................. 40
5- Prospettiva teologica di Mc 1,40-45 ................................................. 43
A - L'exousia di Gesù, culmine della sezione dei miraco li
(vv.40-42) ....................................................................................... 44
B - Il segreto messianico (vv.43-44) ................................................. 45
C - La funzione teologica del termine "Kerussein" (v.45) .................. 49
-3-
II - I RACCONTI PARALLELI DI MATTEO E LUCA .................................. 52
1- Marco 1,40-45 e Matteo 8,1-4 ......................................................... 52
A - Diversi contesti .......................................................................... 52
B - Mt 8,1-4: rielaborazione letteraria di Mc 1,40-45 ......................... 55
C - La valenza teologica della rielaborazione letteraria ..................... 58
D - Prospettiva teologica differente .................................................. 63
2 - Marco 1,40-45 e Luca 5,12-16 ....................................................... 66
A - Contesto di Lc 5,12-16 ............................................................... 66
B- Lc 5,12-16: rielaborazione letteraria di Mc 1,40-45 ...................... 69
C- Prospettiva teologica lucana ....................................................... 71
CONCLUSIONE ..................................................................................... 75
BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 77
-4-
SIGLARIO
BZ
Bibl. Zeitschrift
GdT
Giornale di Teologia
GLNT
Grande Lessico del Nuovo Testamento
JTS
The Journal of Theological Studies
NRT
Nouvelle Revue Théologique
NTS
New Testament Studies
PAF
La Parola per l'Assemblea Festiva
RBibIT
Rivista Biblica dell'Associazione Bibl. Italiana
Salm
Salmanticensis
-5-
INTRODUZIONE
L'analisi e l'approfondimento di un testo biblico mi ha particolarmente
affascinato nel corso di questi anni di studi teologici e la scelta di un lavoro
di carattere esegetico risponde proprio a questa passione. Raggiun gere
questo obiettivo non è stata certamente cosa facile, ma questo mi ha
permesso di scoprire, ancora una volta la ricchezza e la bellezza della Parola di Dio e di porre in luce i suoi sconfinati orizzonti di riflessione.
La scelta di un testo su cui lavorare, tra la varietà di quelli che la Bibbia
ci propone, non è stata affatto casuale. Lo sforzo è stato quello di trovare
un brano che più si confacesse alla mia spiritualità camilliana e che portasse ad una riflessione sul modo con cui Gesù ha affrontato la difficile
problematica della malattia e del dolore.
Quale testo allora, più di quello preso in esame dal mio elaborato, pote va rispondere meglio a queste esigenze?
La guarigione del lebbroso (Mc 1,40-45; Mt 8,1-4; Lc 5,12-16), sembra
essere infatti uno dei racconti nei quali Gesù manifesta la sua potenza
salvifica e la sua capacità di guarire da mali apparentemente insanabili.
Inoltre nel nostro brano sono presenti altre importanti prospettive teologi che, tra cui il segreto messianico, che meritano una attenta riflessione.
L'analisi esegetica si concentrerà in modo approfondito sulla redazione
marciana, tenendo conto delle indicazioni dell'esegesi moderna, che considera il testo di Marco la fonte principale su cui gli altri sinottici hanno
costruito i loro racconti.
Il lavoro avrà come principale obiettivo quello di mostrare lo sviluppo del
testo di Marco, mettendo in evidenza i vari aspetti di critica esegetica, che
-6permetteranno di arrivare ad alcune prospettive teologiche che sotto stanno
al racconto stesso.
Questo tipo di approccio al testo, lascia certamente al margine tutta la
problematica che nell'esegesi moderna si è imposta e che ha avuto molta
attenzione da parte di vari studiosi. Si osserva infatti che nell'esegesi mo derna "emerge prepotentemente il problema della ricostruzione dell'epis odio originario, di cui non viene data più per scontata, come nell'esegesi
antica, l'identità del racconto attuale. L'approccio diacronico prevale deci samente su quello sincronico; di fronte alle difficoltà del testo, gli Autori si
rivelano inclini a ricercarne la spiegazione in qualche elemento originario
andato smarrito nel racconto attuale. Di qui tutta una serie di ipotesi, a
volte altamente congetturali, gran parte delle quali a nostro avviso nasce
semplicemente dal non aver prestato la debita attenzione al testo attua le" 1.
Proprio per non cadere in queste difficoltà, il nostro obiettivo sarà quello si
soffermarci, in modo esclusivo, sul testo attuale. Privilegeremo, cioè, un
approccio di tipo sincronico ad uno di tipo diacronico.
Per svolgere questo tipo di approccio, saranno seguiti quei criteri fon damentali di analisi esegetica che ci permettano di comprende re e capire il
senso e la portata del testo marciano.
Dopo aver affrontato alcuni problemi di critica testuale, verrà po sto in
luce il contesto in cui va inserito il racconto della guarigione del lebbroso.
1
V. FUSCO, "Il segreto messianico nell'episodio del lebbroso (Mc 1, 40-45)", RBibIt 29
(1981), 279. L'autore presenta in questo suo articolo alcune di queste ipotesi di
approccio diacronico. Rimandiamo ad esse per un approfondimento.
-7Evidenziati questi due aspetti, che possiamo definire introduttori, l'attenzione si sposterà in modo approfondito sul testo. Verrà così chiarita la
struttura del racconto e l'analisi dettagliata dei versetti 40 -45.
Tutto questo permetterà di arrivare a delle conclusioni di carattere teo logico che chiariscono la prospettiva secondo la quale l'autore del secon do
vangelo ha redatto questo racconto di guarigione.
Una seconda parte del lavoro sarà occupata dal confronto sinottico. Si
cercherà di mostrare come Matteo e Luca, ispirandosi al testo marciano,
hanno operato alcune modifiche, seppur lievi, che nascondono un diffe rente orizzonte teologico e che evidenziano esigenze che na scono
dall'ambiente e dal periodo diverso in cui i vari redattori scrivono.
-8-
I - MC 1,40-45: ANALISI REDAZIONALE
1- Problemi di critica testuale
In questo testo marciano risulta molto importante, come del resto in ogni
racconto biblico, analizzare alcune varianti testuali che esprimono esigen ze
e prospettive interessanti.
Un primo problema riguarda il severo allontanamento del miracolato nel
quale, alcuni codici eliminano Sys ), altri
 (e) e altri ancora l'intero versetto 43 (W b c
aur).
Ma la variante che, più di ogni altra, ha avuto una grossa considerazione
da parte degli esegeti, è quella contenuta nel v.41. la variante è precisamente  (adiratosi), che il codice D e alcuni manoscritti della
vetus latina e forse già il Diatessaron di Taziano, leggono al posto dello
 attestato invece dalla maggior parte dei codici e da
Clemente Alessandrino 2.
Se le edizioni critiche, fondandosi su considerazioni di critica esterna,
preferiscono
,
gli
studiosi
recenti
sembrano
d'accordo nell'affermare che il termine originale fosse .
Gioca a favore di quest'ultimi il criterio della lectio difficilior. Sembra infatti
più verosimile che la lettura (adiratosi), troppo ruvida e strana nel contesto,
sia stata cambiata nell'altra (mosso a compassione), rispetto al contrario 3.
Oltre a ciò, gli studiosi che sostengono questa ipotesi, osservano che lo
2
Cf. Ibid., 276.
3
Cf. V. TAYLOR, Marco. Commento al vangelo messianico, Assisi 1977, 182.
-9stesso , e non , risulta coerente col
successivo  del v.43.
I motivi addotti da questi, però, non sembrano convincere tutti 4 . Se
guardiamo un po' più da vicino questi argomenti non sembrano realmente
esaustivi.
La
pretesa
contraddizione
tra

e
l' del v.43, "viene a cadere ove si consideri che
le due notazioni psicologiche si collocano in due momenti diversi del
racconto, l'una prima della guarigione, l'altra dopo, con diversa funzione:
mentre il severo allontanamento esprime la decisa contrarietà di Gesù alla
divulgazione del miracolo, il moto
di compassione alla vista dell' infelice
spiega come mai Gesù, pur avendo dei motivi per essere contrario, abbia
tuttavia acconsentito alla richiesta di guarigione" 5 . A supporto di questa
considerazione va osservato che in Marco, un miracolo fatto pe r sradicare
la sofferenza o per operare un miracolo, scaturisce varie volte, dalla
compassione di Gesù 6, e testi come Mc 6,34-42; 8,2-8; 9,22-27 confermano
questa affermazione. Qui infatti Gesù opera dei miracoli dopo aver provato
compassione per la situazione di bisogno che è chiamato a colmare.
Oltre a ciò, va notato, come in altri due episodi (Mc 3,5;10,14), Marco ci
presenta Gesù arrabbiato e indignato. Coma mai in questi due casi i copisti
non hanno modificato i termini come avrebbero fatto in 1,41?
4
Due
di
questi
sono:
V.FUSCO,
"Segreto
messianico",
277 -278
e
S.
KUTHIRAKKATTEL, The Beginning of Jesus "Ministry according to Mark's Gospel
(1,14-3,6), A redaction critical Study, Roma 1990, 160-161.
5
V.FUSCO, "Segreto messianico", 277.
6
Cf. S. KUTHIRAKKATTEL, Beginning of Jesus, 166-167.
-10Risulta altrettanto problematico, inoltre, il criterio sostenuto da alcuni
studiosi della lectio difficilior. "A volte l'espressione che a noi sembra più
facile e più ovvia può aver fatto difficoltà ad un copista antico, e viceversa.
Qui per esempio: per un copista che si fosse posto il problema della tra sgressione della Legge commessa dal lebbroso accostandosi, potrebbe
essere stata difficilior proprio la lezione " 7.
Per
questi
motivi
la
tesi
di
molti
studiosi,
che
considerano
la lettura originale, non è più così sicura e certa come
può a prima vista sembrare.
2- Contesto di Mc 1,40-45
Per determinare il senso e la portata di questa pericope m arciana, occorre collocarla in modo preciso nel suo contesto.
Gli studiosi recenti sono abbastanza d'accordo nel collocare questo te sto
tra 1,14-39 e la sezione 2,1-3,6.
Da uno sguardo attento alla struttura del vangelo di Marco, ci si accorge
che la sezione che va da 1,14 a 3,6, costituisce un complesso autonomo e
una sequenza narrativa di forte intensità teologica. Questa affermazione
appare più evidente se guardiamo ad alcuni aspetti che questa sezione
rivela.
Inanzitutto, si colgono due parti diverse ma collegate tra loro. Un primo
blocco (1,14-45) è costituito da alcune narrazioni che manifestano l'auto rità
di Gesù nel guarire e compiere miracoli. Qui l'autore ha composto i suoi
materiali, attraverso un movimento narrativo molto significativo.
7
V.FUSCO, "Segreto messianico", 277.
-11L'espressione "e subito..." posta all'inizio di vari episodi, rende questo
movimento incalzante e dinamico. Non solo, ma anche tutta la scena è resa
vivace da un movimento che possiamo definire "cardiaco". Si può infatti
notare, come ad un processo di contrazione corrisponda immediatamente
un altro di espansione. Ecco perché "cardiaco": il cuore ha in fatti un
processo di sistole e diastole che permette al muscolo cardiaco di contrarsi
e di distendersi, permettendo al sangue di circolare nel corpo umano 8.
Questo specchietto può chiarire quanto detto sopra:
Movimento di raccolta
14-15 (annuncio del vangelo)
Movimento di espansione
21-27: (Gesù insegna e compie l'esorcismo)
1° Movimento (16-20): i quattro discepoli di
1° Movimento (v.28): "la sua fama si diffuse
uniscono al Maestro
subito ovunque nei dintorni della Galilea".
2° Movimento (29-31): guarigione della
suocera di Pietro in casa sua
3° Movimento (35-38): ritiro di Gesù
a Cafarnao
4° Movimento (40-44): il lebbroso guarito.
2° Movimento (vv.32-34): "Tutti malati...Tutta la
città..
molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò
molti demoni..".
3° Movimento
Galilea..."
(v.39):
"E
andò per tutta la
4° Movimento (v.45): "...venivano a lui da ogni
parte".
Un secondo blocco, invece, molto più statico dal punto di vista della nar razione, è quello contenuto in 2,1-3,6, dove cinque dispute o diatribe occupano l'attenzione di colui che scrive. Quell'autorità che Gesù aveva
manifestato nella sequenza precedente (1,14-45), attraverso gesti miracolosi, ora viene contestata e portata al punto da mettere in pericolo la stessa
8
Cf. D. DIDEBERG - P. MOURLON BEERNAERT, "Jesus vint en Galilée. Essai sur la
structure de Mc 1,21-45", NRT 98 (1976), 311.
-12vita del Messia. E' allora evidente come tra le due sezioni ci sia un col legamento e una certa continuità.
Oltre a questa unità narrativa, è possibile coglierne un'altra, più di tipo
teologico. Nella prima sotto-sezione (1,14-45), infatti, si constata un
ripetersi di termini teologici importante. E' il caso del verbo "proclamare"
che ricorre in 1,14.38.45. La finalità del "venire" di Gesù in Galilea è
proprio quella del proclamare. In 1,45 sarà lo stesso uomo guarito a
divulgare ciò che è accaduto. La Galilea diventa così il luogo della
proclamazione del vangelo. Riprenderemo questo aspetto più avanti.
Un altro termine-chiave è il verbo "insegnare" e il suo sostantivo (cf. Mc
1,21.27). L'insegnamento di Gesù, fatto attraverso dei "segni" che manifestano l'irrompere dei tempi messianici nella storia degli uomini, mostra
Gesù come il "Maestro" per eccellenza, colui che espone una dottrina
nuova (1,21-28). Il termine precisa ulteriormente questo
aspetto; ormai la potenza stessa di Dio è pienamente presente nella
persona di Gesù.
Nella seconda parte di questa sezione, contenuta in 2,1 -3,6 questa
, questo insegnamento "nuovo", è ormai contestato. La novità
che questo insegnamento porta, contrasta con il giudaismo che pervade
tutte le cinque dispute narrate. Il culmine di questa contestazione è il v.6
del c.3, dove i farisei decidono di tenere consiglio per far morire Gesù. Non
è sufficiente infatti, sconfessare la dottrina insegnata da Gesù; occorre
togliere colui che la proclama.
All'interno dunque di queste due sotto-sezioni (1,14-45 e 2,1-3,6), e nel
loro punto di sutura, si inserisce la nostra pericope.
-13Questo non deve far cadere nell'errore di considerare Mc 1,40 -45, un
testo di "passaggio", come una "cerniera" tra queste du e sequenze narrative. Da uno sguardo più attento, infatti, si può arrivare ad affermare che il
nostro racconto può essere considerato sia in rapporto a ciò che precede
(1,14-39), sia in collegamento con ciò che segue (2,1-3,6).
Una prima funzione, che questa pericope svolge, è quella di essere introduzione a 2,1-3,6. "L'allusione alla Legge mosaica (v,44c) ed alle autori tà giudaiche (v.44d) trova riscontro nella sequenza successiva, costituita
dalle cinque controversie (2,1-3,6), che manifestano l'ostilità dei capi nei
confronti di Gesù, culminante nella decisione di farlo morire (3,6); tali con troversie vertono appunto sull'osservanza di varie prescrizioni della Legge
o della tradizione giudaica. La collocazione sembra dunque essere inten zionale: non nel senso che la nostra pericope sia da equipararsi alle se guenti, ma piuttosto nel senso che il rispetto qui manifestato da Gesù nei
confronti della Legge mette anticipatamente in luce la falsità delle accuse
di trasgressione che di lì a poco cominceranno ad essergli rivolte" 9.
Se questo è vero, è però altrettanto corretto osservare come il nostro
episodio sia soprattutto da ritenere la "conclusione e il culmine della sequenza precedente" 10 (1,14-39). Nel nostro testo, infatti, raggiungono la
massima intensità i temi già precedentemente sviluppati; uno di questi è la
vasta risonanza della predicazione di Gesù e dei suoi miracoli che va sem pre più crescendo. Basti pensare a come ci sia una progress ione straordi-
9
V. FUSCO, "Segreto messianico", 285-286.
10
Ibid., 286.
-14naria da 1,27 a 1,39 11, fino ad arrivare al v.45 dove il movimento di espansione raggiunge la sua massima intensità.
In 1,14-39 troviamo soprattutto Gesù che proclama e annuncia, nel no stro testo è il lebbroso a diventare il primo missionario e annunciatore.
Un ulteriore tematica, già svolta nella sequenza precedente (1,24s.34;
1,35s.39),
che qui viene sviluppata (v.45) è quella del volontario
nascondimento di Gesù e il suo sottrarsi alla folla. Anche nel nostro testo
questa dinamica di velamento e svelamento dell'identità di Gesù è
fortemente presente.
Oltre però a queste considerazioni e "allargando lo sguardo sul contesto
più ampio, è interessante notare che anche
gli altri miracoli provvisti del
'segreto messianico' risultano collocarsi alla fine di una sequenza di mira coli, come punto culminante di esse: la Resurrezione della figlia di Giairo
(5,21-43) a conclusione del ciclo 4,35-5,43. Notare come anche in
Lc.7,11-17 ed in Gv.11 spetta ad una resurrezione il compito di concludere
una sequenza di miracoli; il sordomuto ed il cieco (7,31 -37 e 8,22-26) da
considerarsi congiuntamente (cf. 8,14-21), a conclusione della 'sezione dei
pani ' (6,6b-8,26)" 12.
Da queste considerazioni importanti e corrette, possiamo dedurre che Mc
1,40-45 non è solamente un punto di passaggio tra due sotto-sezioni, ma
svolge essenzialmente una duplice funzione: da una parte costituisce
un'introduzione alla tematica della Legge svolta nella sequenza successiva
11
La progressione si coglie in questi passaggi: 1,27, "Tutta la Sinagoga..."; 1,28, "I
dintorni..."; 1,39, "Tutta la città..."; 1,39, "Tutta la Galilea"; 1,45 "...venivano a lui da
ogni parte".
12
V. FUSCO, "Segreto messianico", 286.
-15e dall'altra resta il culmine e l'apice della sezione dei miracoli che caratte rizzano la sezione che va da 1,14 a 1,45.
3- La struttura del testo
Per quanto riguarda la struttura letteraria di Mc 1,40 -45 cerchiamo di offrire alcune osservazioni che ci possano condurre a comprendere in modo
preciso, lo sviluppo tematico e teologico del racconto stesso.
Sembra abbastanza giustificata, l'ipotesi secondo la quale saremmo di
fronte ad una forma letteraria, tipica dei racconti evangelici, detta "struttura
concentrica" 13 . Questo tipo di "figura" letteraria mette in luce come tra i
singoli elementi che formano la struttura, quello che sta al centro
risulta
essere fondamentale per il senso e la portata del racconto.
Per spiegarci meglio, vediamo come il nostro testo sareb be strutturato
(v. pagina seguente):
13
Cf. S. KUTHIRAKKATTEL, Beginning of Jesus, 164-165.
-16A
(v.40):"E venne verso di lui un lebbroso: supplicandolo e
inginocchiandosi e dicendo a lui: 'se vuoi puoi mondarmi!".
B
(v.41): "E commosso, stesa la mano, lo toccò e dice a
lui: 'Lo voglio sii mondato".
C (v.42): "E subito la lebbra se ne andò da lui e fu
mondato".
B1 (v.43-44): "e fremendo con lui, lo cacciò subito e dice a
lui: 'vedi di non dir niente a nessuno ma va' a
mostrarti al sacerdote e offri per la tua
purificazione ciò che ha prescritto Mosè in
testimonianza contro loro".
A1 (v.45): " Quegli uscito, cominciò a proclamare molte cose e a
diffondere l'accaduto così che non poteva entrare
pubblicamente in una città ma fuori in luoghi deserti st ava. E
venivano verso di lui da ogni parte".
Secondo questo tipo di struttura, ci sarebbe una corrispondenza e una
inclusione evidente tra il v.40 e il v.45. Il verbo "venire" è il termine presen te sia nel v.40 che nel v.41 e tutta la scena, che ha il suo inizio nell'avvicinarsi del lebbroso a Gesù, trova il suo pieno sviluppo nel versetto finale,
quando è la folla che accorre verso il Cristo.
Una seconda corrispondenza si ha tra il v.41 (la cura del lebbroso da
parte di Gesù) e i vv.43-44 in cui viene descritta la proibizione di rendere
pubblico il fatto e di presentarsi dal sacerdote. In entrambi i momenti è
Gesù che opera. Nel v.41 opera la guarigione, quindi compie dei gesti; nei
-17vv.43-44 egli ordina al lebbroso di rispettare il silenzio e di metter e in pratica le prescrizioni della Legge.
Un terzo ed ultimo elemento, quello che costituisce il centro della narra zione, è costituito dal v.42 che descrive l'avvenuta guargione -purificazione
del lebbroso.
Il pregio di questa struttura è indubbiamente, quello di mostrare il parallelismo tra i vari elementi del testo. Ma essa ha anche il grosso limite di
non evidenziare a sufficienza, il grande dinamismo che accompagna l'in calzare degli avvenimenti presentati da Marco.
Cerchiamo allora, per ovviare a questo limite, di chiarire il dinamismo
che questo testo lascia intuire. Presentiamo, perciò, una nuova struttura
che mostra proprio questo aspetto letterario:
(v.40) E VENNE VERSO DI LUI un lebbroso
supplicandolo e inginocchiandosi
e dicendo a lui:
se VUOI puoi MONDARMI!(v.41) E commosso, stesa la mano, lo toccò
e dice a lui:
VOGLIO, SII MONDATO!
(v.42) E subito la lebbra se ne andò da lui
e FU MONDATO.
(v.43) E fremendo con lui, lo cacciò subito
e dice a lui:
(v.44) VEDI DI NON DIR NIENTE A NESSUNO
ma va' a mostrarti al sacerdote
e offri per la tua purificazione
ciò che ha ordinato Mosè
in testimonianza contro loro.
(v.45) Quegli uscito,
COMINCIO' A PROCLAMARE MOLTE COSE
E A DIFFONDERE L'ACCADUTO
così che non poteva entrare
pubblicamente in una città
ma fuori in luoghi deserti stava.
E VENIVANO VERSO DI LUI da ogni parte.
-18Questa nuova trascrizione della pericope, permette di notare alcuni ele menti-chiave per comprendere una struttura più dinamica del testo.
Un primo elemento è costituito dall'inclusione già evidenziata in precedenza tra il v.40 e il v.45. Con questa figura letteraria Marco ha voluto
sottolineare come il "venire" verso Gesù sia un dinamismo che si allarga e
aumenta sempre più. Dal "venire" di un uomo malato, si passa alla venuta
di più persone e soprattutto questo movimento di avvicinamento assume
come luogo di partenza un aspetto universale: "e venivano a lui da ogni
parte" (v.45).
All'interno di questa inclusione si notano in modo evidente, due mo menti:
da una parte si descrive l'avvicinamento del lebbroso verso Gesù
(vv.40-42) e dall'altra un movimento di allontanamento dello stesso uomo,
quando ormai egli è guarito dal gesto miracoloso di Gesù (vv.43 -44).
Se la venuta del lebbroso verso colui che lo guarirà è incentrat a sull'essere mondato (vv.40-42), la cacciata o allontanamento, invece, ruota attorno al divieto di mostrarsi alla folla e al comando di presentarsi al sacerdote
(vv.43-44).
Se ai vv.43-44 corrisponde una reale uscita e allontanamento da Gesù
dell'uomo guarito (v45a), non così avviene per il divieto che viene infranto.
L'ex-lebbroso comincia a proclamare molte cose e a diffondere l'accaduto
(v.45a).
Le conseguenze e gli effetti di questa trasgressione sono: l'impossibilità
per Gesù di entrare in qualunque città, il suo ritirarsi in luoghi deserti e
infine, l'accorrere a Lui, da ogni parte, di molte persone (v.45).
-19Questo tipo di analisi strutturale sembra che risulti più attinente al di namismo interno al testo e ancor di più, ha il pregio di chiarirne meg lio il
suo sviluppo.
4- Analisi e commento dei vv.40-45
Proporremo a questo punto un'analisi abbastanza approfondita del testo
nei suoi ricchi versetti, tenendo presente la struttura messa in evidenza
sopra.
A - La guarigione del lebbroso (vv.40-42)
Questi primi tre versetti della nostra pericope si concentrano, in maniera
evidente, sul fatto della guarigione del lebbroso.
Vediamo di commentare in modo dettagliato il senso e la portata di
questi versetti del testo.
a- La venuta del lebbroso e la richiesta d'aiuto (v.40)
La prima frase di questa pericope è incentrata sull'atteggiamento del
lebbroso. In essa si possono cogliere tre elementi strettamente connessi
tra di loro. Essi sono: l'introduzione alla scena di guarigi one, l'atteggiamento d'invocazione del lebbroso e infine, la supplica del malato a Gesù.
L'introduzione all'evento di guarigione, si concentra sull'irrompere nella
scena, di questo personaggio misterioso, malato di lebbra. Questi si avvi cina a Gesù. Il fatto costituisce qualcosa di caratteristico rispetto ad altre
circostanze in cui il malato viene portato da altri 14 o viene riportata a Gesù,
sempre da intermediari diversi, la situazione di bisogno di qualche per -
14
E' il caso di Mc 2,3;6,55;7,32;8,22;9,20.
-20sona 15. Solo in 1,40; 3,9-10: 5,27.33; 10,47-51 il malato si avvicina di sua
iniziativa a Gesù. Di queste quattro pericopi, solo in 1,40 vi è l'assenza
della folla. La lebbra imponeva, infatti, una segregazione to tale, sia sociale
che religiosa. "E' dunque perfettamente adeguata la circostanza che il
lebbroso, che deve tenersi lontano dalla gente, venga da s é e non sia
portato" 16 . A proposito della lebbra è bene soffermarci un po', per com prendere come essa venga concepita dall'Antico Testamento e nel mondo
giudaico.
Ciò che risulta problematico, da un esame approfondito sulla presenza
della lebbra nella Bibbia, è l'identificazione precisa di essa tra le varie
malattie 17 descritte nel testo sacro. Resta infatti ancora un se rio dubbio se
"tra le diverse specie di 'lebbra' indicate nella Bibbia sia compresa anche la
vera lebbra" 18.
Possiamo cogliere, dall'analisi di alcuni testi biblici, una serie di motivi
che aiutano a riflettere su questo problema d'identificazione di questa
malattia.
In Lev 13,47-59 notiamo che era considerata "lebbra", anche quella che
veniva denominata con "lebbra dei vestiti". In Lev 14, 33 -57 si evidenzia,
invece, come anche la cosiddetta "lebbra delle case" sia associata a questa malattia. Altre due citazioni ci possono aiutare a comprendere come
15
La richiesta di intermediari tra Gesù e il malato, è solitamente fatta in modo implicito
(1,29) oppure in maniera esplicita come in 5,22 -23:7,24.
16
R. PESCH, Il vangelo di Marco, I, Brescia 1980, 240.
17
La malattia è concepita inanzitutto come uno stato di debolezza e di fiacchezza (Sal
38,11). Le constatazioni sulle varie malattie si l imitano a ciò che si vede: affezioni della
pelle, ferite e fratture, febbre ed agitazione. La classificazione delle diverse affezioni
rimane vaga (è il caso della lebbra).
18
J.SCHMID, L'evangelo secondo Marco, II, Brescia 1961, 71.
-21questa malattia non aveva una identità definita. In Num 12,10 e 2Re 5,27 19
si osserva come coloro che sono colpiti dalla Lebbra sono "bianchi come
neve". Questo contraddice con il fatto che la lebbra si manifesta comunemente con una colorazione bruna della pelle. Risulta altrettanto sorpren dente come "nelle prescrizioni riguardanti il trattamento dei leb brosi (Lev
13-14), in quasi tutti i casi ricordati in quei luoghi, si presuppone la possibilità della guarigione (cf. anche Mc 14,3), mentre la vera lebbra fino a
pochissimo tempo fa era ritenuta inguaribile anche dalla medicina moderna" 20.
Accanto a questi motivi di non chiarezza sulla vera ident ità della malattia, possiamo vedere cosa la Bibbia ci dice di preciso, su di essa e sul
come veniva considerata. Le considerazioni seguenti spingono a pensare
che l'Antico Tesamento abbia una forte attenzione per questa malattia 21.
Il lebbroso "deve vivere segregato, deve ammonire chiunque egli incontri
di non avvicinarsi a lui, deve portare abiti stracciati e i capelli sciolti senza
copricapo e deve coprire la barba (cf. Ez 24/17); egli cioè, espulso dalla
comunità umana, è come un morto e porta su di sé tutti i se gni del lutto" 22.
19
Num 12,10: "..La nuvola si ritirò di sopra alla tenda ed ecco Maria era lebbrosa, bianca
come neve..".
2Re 5,27: "Ma la lebbra di Naaman si attaccherà a te e alla tua discendenza per
sempre. Egli si allontanò da Eliseo, bianco come la neve per la lebbra".
20
J. SCHMID, Marco, 71.
21
Sembra infatti che la lebbra sia considerata come uno dei mali peggiori che possano
colpire un uomo. Basti ricordare testi come Dt 28,35 oppure Es 9,8 -12 e infine 2 Sam
3,29. A questo proposito cf. J. GNILKA, Marco, Assisi 1987, 113.
22
J. SCHMID, Marco, 72.
-22Il fatto poi, che un testo biblico come il Levitico, riservi così tanta impor tanza a questa malattia non fa altro che rafforzare l'idea che la lebbra
venga tenuta in forte considerazione dal testo sacro.
Va però chiarito che la lebbra non è mai considerata dalla Bibbia, nel
suo aspetto medico o scientifico, ma nell'ottica religiosa e teologica. Il
lebbroso infatti, oltre ad essere colpito da questa sofferenza fisica, è anche
un uomo considerato colpevole di fronte a Dio. Egli ha subito questo castigo, in seguito a delle colpe commesse. Egli è un impuro e "trasmette
l'impurità non solo alle persone e agli oggetti che tocca, ma anche alla
casa in cui entra" 23.
Più che parlare di malattia, potremmo quindi, trattare la lebbra come uno
"stato" 24 da cui bisognava uscire. Questo "stato" di impurità rendeva im possibile ogni contatto con il sacro ed era necessario l'intervento di una
persona specializzata, come il sacerdote, per riammettere il malato nella
comunità religiosa e sociale. Si spiega in questo modo il comando, impo sto
da Gesù nel v.44, di mostrarsi al sacerdote e di presentare l'offerta di
purificazione.
Questo breve excursus sulla lebbra nella Bibbia dovrà essere tenuto in
forte considerazione nell'affrontare i singoli versetti della nostra pericope.
Ritornando al nostro v.40 occorre osservare, come l'irrompere del leb broso sulla scena, avviene in modo generico. Di lui, sappiamo so lo che è affetto dalla malattia descritta sopra, ma non sappiamo niente sul luogo, sul
tempo e sulla persona che viene verso Gesù. Questo carattere di ge nericità
e anonimato, spinge a considerare questo episodio in modo para digmatico.
23
Ibid., 71-72.
24
Cf. P.-M. GALOPIN, "Il lebbroso nell'antico Israele", PAF 34, 86.
-23Nel lebbroso cioè, possono essere comprese tutte quelle persone che sono
lontane da Dio, isolate nel loro peccato e che, incontrando Cristo, possono
essere riabilitate ad essere degni annunciatori e testimoni della Parola che
salva.
Un secondo elemento di questo primo versetto è costituito dall'atteggiamento di prostrazione e di supplica del lebbroso. E' la seconda azione
che qualifica il lebbroso, dopo quella del venire verso Gesù. Questa azio ne
è
descritta
con
tre
verbi,
usati
al
participio.
Essi
sono
"......" (v.40).
Il primo verbo, che significa "supplicare, implorare, ammonire...", è usato
da Marco solo in frasi attive con Gesù come diretto oggetto della supplica e
in modo esclusivo nel contesto di miracoli.
Il secondo , , usato abbastanza raramente nel NT e solo
in forme participiali 25, denota una posizione di supplica. Esso significa lette ralmente: "cadere in ginocchio, cadere davanti a uno". 26
Infine, il terzo verbo, introduce il discorso diretto nel quale il lebbroso
esprime il suo fervido desiderio di essere purificato (guarito).
Dopo aver descritto l'atteggiamento di supplica e di implorazione del
lebbroso nei confronti di Gesù, Marco passa a considerare la richiesta
specifica del malato, di essere mondato. Possiamo parlare a questo pro posito di una preghiera di risanamento 27. Questa supplica risulta molto interessante, perché il lebbroso nella sua richiesta manifesta anche la sua
fede. Sappiamo bene l'importanza che riveste la fede nei racconti di gua-
25
Ci sono solo quattro ricorrenze nel NT; Mt 17,15;27,29; Mc 1,40;10,17.
26
Cf. S. KUTHIRAKKATTEL, Beginning of Jesus, 165 e J. SCHMID, Marco, 181.
27
Cf. R.PESCH, Marco, 241.
-24rigione. L'esigenza della fede è un luogo comune in questi racconti ed essa
è "l'operatore del miracolo" 28. Per quanto riguarda Marco occorre osservare
a questo proposito che "l'insistenza è centrata sugli ostacoli da vin cere, che
rendono particolarmente difficile il miracolo: necessità di far passare il
paralitico di Cafarnao attraverso il tetto (Mc 2,4), l'annuncio della morte,
ormai sopraggiunta, della figlia di Giairo (5,35), il rifiuto opposto alla
Sirofenicia da Gesù (7,27), l'ingiunzione di silenzio im posta a Bartimeo dai
discepoli (10,48), sono tutti ostacoli supplementari che ren dono più forte
l'urgenza della fede" 29 . Nel nostro caso l'ostacolo è rappresentato dalla
lebbra che resta per la concezione semitica insormontabile con le forze
umane.
Ma ancor più interessante risulta essere l'identificazione che il lebbroso
opera, tra il volere e il potere di Gesù: "Se vuoi...puoi..". Il lebbros o in
questo modo apostrofa in maniera speciale la volontà e la potenza di Gesù.
Le radici di questa concezione che identifica volontà e potenza si possono
ritrovare già nell'AT. Vediamo infatti, che Dio ha creato tutto se condo la
sua volontà e fa tutto ciò che vuole. In Sap 12,18 viene detto che alla
volontà di Dio ubbidisce la potenza; in Is 55,11 si dice che la Pa rola del
Signore realizza tutto ciò che egli vuole e in altri passi viene sot tolineata
questo stretto rapporto tra potenza e volontà salvifica (Sap 11,23, Gb
10,13, Eccl 8,3). Non solo, ma anche il NT sa che a Dio tutto è possi bile
(Mt 19,26; Mc 10,27) 30.
28
X. LEON-DUFOUR, "Struttura e funzione del racconto di miracolo", in: I miracoli di
Gesù, a cura di X. LEON-DUFOUR, Brescia 1980, 258.
29
Ibid., 259-260.
30
Cf. R. PESCH, Marco, 241-242.
-25Se per la concezione giudaica solo Dio può guarire dalla lebbra e con siderato poi, che essa è uno dei mali che venivano considerati guaribili solo
nei tempi escatologici, è evidente che "il narratore orienta le sue
formulazioni a una cristologia che annuncia Gesù come pro feta dell'ultimo
tempo (cf. 2Re 5,8)" 31.
Un ultima considerazione va fatta, a proposito del v.40, sul verbo
"". La traduzione della CEI preferisce rendere questo
verbo con il termine "guarire". Il verbo significa invece: "purificare,
mondare". La preghiera del lebbroso può così venire presentata come
"preghiera di purificazione, riprendendo così il linguaggio dell'unica storia di
guarigioni dei lebbrosi dell'AT (cf. 2Re 5,10.12.13.14)" 32.
Il lebbroso in questo modo si rivolge a colui che solo può liberarlo dalla
sua malattia. Avvicinandosi e chiedendo a Gesù di essere mondato confida
pienamente nella sua potenza divina che di lì a poco si dispiegherà in tutta
la sua forza.
b- La risposta di Gesù al lebbroso (v.41)
Nel v.42 possiamo constatare la presenza di alcuni elementi tipici delle
storie di miracolo, contenute nei vangeli. Un primo elemento è costituito
dalla "commozione pneumatica" del taumaturgo. Il problema di critica
testuale, presente in questo versetto, è già stato trattato precedentemente,
quindi non lo riprendiamo in questo luogo.
Ciò che invece evidenziamo qui, è la reazione di Gesù alla supplica del
lebbroso. Questo essere mosso a compassione è un tratto tipico dei rac -
31
Ibid., 242.
32
Ibid., 242-243.
-26conti di miracolo e può essere visto anche in altri passi marciani. Possia mo, con l'aiuto di uno schema 33 evidenziare come, da una parte esistano
delle cause che provocano la compassione di Gesù e dall'altra lo stesso
Gesù che offre il rimedio:
Cause che provocano compassione
- Il lebbroso chiede di essere guarito
Gesù offre il rimedio
- Gesù lo esaudisce (1,41b-42)
dalla sua terribile malattia (Mc 1,40-41a)
- Le persone sono come pecore senza
pastore e sono affamate (Mc 6,34-36)
- Gesù in modo miracoloso le aiuta
(6,37-42)
- Le persone sono affamate (Mc 8, 2-3)
- Gesù soddisfa la loro fame (8,4-8)
- Richiesta di aiuto e pietà (Mc 9,22)
- Gesù esaudisce la supplica e guarisce
il ragazzo posseduto dallo spirito demoniaco (9,25-27)
Questo ci conferma che la compassione è una caratteristica attribuita a
Gesù, la quale innesca un processo di risanamento e di aiuto che acquista i
contorni del miracolo e del fatto straordinario.
Va inoltre osservato che "La commozione del taumaturgo segnala che
egli possiede o acquista forza...Egli possiede la forza necessaria a compiere il difficile miracolo di cui il lebbroso lo ritiene ca pace. Per gli uditori
del tempo, che conoscevano bene la terminologia delle descrizioni di mi racoli, questa espressione segnala la grandezza del miracolo" 34. Non solo,
ma questa commozione e questa partecipazione di Gesù all'evento umano
33
Cf. S. KUTHIRAKKATTEL, Beginning of Jesus, 166.
34
R.PESCH, Marco, 243.
-27che gli si è posto davanti, ci mostra anche la profonda umanità di Gesù, il
suo coinvolgimento nella storia dell'uomo, di qualsiasi uomo, ma in parti colare di quello più bisognoso. Egli altre volte manifesterà sentimenti tipicamente umani, come la rabbia (Mc 1,43;3,5), l'indignazione (10,14) la
tristezza, la paura e l'angoscia (14,33). Ma la compassione diventa quel
sentimento che innesca un processo di aiuto che egli stesso attuerà nel
gesto di guarigione.
Questo gesto è molto significativo ed è tipicamente biblico. Esso riveste
una straordinaria importanza ed esprime essenzialmente un dupli ce
aspetto: da un lato, quando si tratta di "imposizione delle mani", nella
Bibbia questo esprime potenza di guarigione, dall'altro, se si tratta di un
"tocco", di un contatto, questo dice trasmissione di una forza misteriosa.
Queste considerazioni meritano però, di essere ulteriormente precisate e
sviluppate.
L'imposizione delle mani 35 è un gesto che viene ricordato più volte anche
nell'AT. In esso l'espressione ricorre generalmente nel contesto di azioni
potenti compiute da Dio, specialmente quelle opere meravigliose che Dio,
attraverso Mosè, compie per liberare Israele dalla schiavitù.
Nella tradizione sinottica ricorre solo in questo testo marciano e nei paralleli (Mt 8,3; Lc 5,13).
35
Generalmente Gesù impone le mani per toccare gli ammalati che vuole guarire o i
bambini che benedice (Mc 6,5; 7,32-33; 8,22-25). Permette che sia toccato il suo
vestito (Mc 5,28-29; 6,56). Prende pure per mano la figlia di Giairo (Mc 5,41) e al
sordomuto mette le dita nelle orecchie e sulla lingua (Mc 7,33). Gesù usa anche la
propria saliva come in Mc 7,33, 8,2 e in Gv 9,6. Cf. G. GAIDE, "Guarigione di un
lebbroso", PAF 34, 104-105.
-28Il "tirar fuori" la mano quindi, sullo sfondo veterotestamentario, assume
la sfumatura della liberazione. Si stabilisce come un parallelo tematico e
teologico tra A. e NT. Infatti come JHWH ha liberato Israele dalla schiavitù
egiziana attraverso Mosè, così anche Gesù libera il lebbroso dalla sua
solitudine e schiavitù, restituendogli quello stato religioso e sociale che
prima aveva perduto 36.
L'imposizione delle mani opera dunque un processo di lib erazione e di
rinnovamento di colui sul quale essa viene operata. E questo è proprio
quello che avverrà del lebbroso.
L'azione del "toccare" invece è l'altro elemento tipico del gesto tauma turgico di Gesù. Il verbo toccare trova larghi riscontri nei sinot tici (30 v.),
quando si tratta di racconti di guarigione. Sembra allora che "queste gua rigioni adempiono in maniera completamente nuova e definitiva la profezia
di Is 6,5-7: il Signore tocca per es. i lebbrosi in maniera visibile con la
mano, ma è un contatto così profondo, che la loro impurità scompare com pletamente...Gesù toccando il sordomuto, chiuso nella sua sventura e se gregato da Dio e dagli uomini, è come se facesse propria la sua soffe renza,
al punto quasi da lottare visibilmente con la malattia che attanaglia
l'infermo prima di pronunciare l'effata' liberatore (Mc 7,33). La malattia è
espressione della miseria e della condizione mortale dell'uomo. Toccan dolo
e liberandolo, Gesù lo riscatta anche dalla malattia che lo ha conta minato
tutt'intero, e dalla malattia del peccato che conduce alla morte" 37.
36
Cf. S. KUTHIRAKKATTEL, Beginning of Jesus, 167: "As Yahweh liberated Israel from
slavery in Egypt through Moses, so also Jesus liberates the leper from his solitude and
religious slavery and reinstates him to the social and religious status of a person".
37
R. GROB, "Toccare", in: Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento , a cura di
L. COENEN-E.BEYREUTHER-H.BIETENHARD, Bologna 1976, 1875.
-29Questo gesto di Gesù può anche essere considerato un "gesto di rottura"
con la tradizione giudaica. Abbiamo visto cosa significhi per il mondo
semitico, parlare di lebbra e come un uomo colpito da questa malattia ve niva considerato un'intoccabile; pena la trasmissione dell'impurità rituale.
L'atto del "toccare" di Gesù assume dunque una sfumatura quasi polemica
e simbolica 38. Esso è un atto che rivela Gesù come "il Santo di Dio". La sua
potenza che tra poco invaderà il lebbroso non fa che confermare questa
rivelazione della divinità di Gesù. Non c'è più tempo per prescri zioni di
purità o per legislazioni sulla prevenzione dal contagio; ormai la salvezza è
un processo inarrestabile e il Regno di Dio sta irrompendo sulla scena della
storia.
Un ultimo aspetto da sottolineare, per ciò che riguarda il v.42, sono le
parole di Gesù. Nella loro brevità, tipica di Marco, queste p arole contengono una straordinaria ricchezza. "La parola risanatrice spiega il gesto
nell'affermazione di potenza 'Io voglio' (cf. 5,41: 9.,25; 'io ti dico, ti comando'); nei casi di risurrezione la parola risanatrice vera e propria è spes so
preceduta da particolari parole di potenza (cf. anche 2,11). La parola risa natrice 'sii purificato' (cf. 2Re 5,13) rappresenta anche il tratto d'unione che
conduce alla constatazione della guarigione (v.42) e alla dimostrazione,
collegata al  cultuale. Se si prendono a confronto le altre
espressioni di Mc. (cf. 2,10;3,5; 5,41; 7,34; 10,52), si riconosce facilmente
38
A
questo
proposito
risulta
estremamente
interessante
lo
studio
di
M.
W OJCIECHOW SKI, "The touching of the Leper (Mark 1,40 -45) as Historical and
Simbolical Act of Jesus", BZ 33 (1989), 118-119. Cf. anche G.GAIDE, "Guarigione",
104. L'autore scrive: "questo gesto, inoltre, sottolinea con straordinario vigore il ruolo
dell'umanità di Cristo. Il contatto con il suo corpo mette il fedele a contatto con la
divinità, e gli comunica la grazia".
-30la peculiarità di queste parole, che caratterizzano Gesù come il poten te
profeta dell'ultimo tempo, che agisce con la forza di Dio" 39.
In altri casi di guarigione, questa parola risanatrice, viene pronunciata da
Gesù, senza che ci sia la sua presenza fisica accanto al bisognoso; la sola
parola basta per guarire un malato anche a distanza. E' il caso di Mt.
8,5-13. Ma è altrettanto interessante vedere come anche il contat to senza
parole risulta sufficiente per compiere il miracolo (Mc 5,25 -29 e paralleli). In
genere, però, come nel nostro caso, i due aspetti vengono uniti perché il
segno sia più completo e l'incontro più pienamente umano 40. La parola di
Gesù spiega il gesto e il suo significato di salvezza e di liberazione , e il
gesto a sua volta da consistenza alla parola che senza di esso suonerebbe
vuota e senza un riscontro visibile.
39
R.PESCH, Marco, 244. Cf. anche M. W OJCIECHOW SKI, "Touching", 118 -119: "All
these circonstances lead to the conclusion, that touching the leper Jesus was
conscious of his special holiness and power in the sacral sphere. He was so close to
God that his touch could cleanse even the worst impurity. The touching of the leper
seems to be a symbolical act, an act of purification and an act revealing Jesus as the
"Holy One of God". According to the Gospel the leper was effectively cleansed; the
healing has confirmed this claim of Jesus and revealed his power".
40
Cf. G.GAIDE, "Guarigione", 105.
-31c- La constatazione dell'avvenuta guarigione (v.42)
Siamo a quello che si può considerare il momento culminante del rac conto, il momento in cui la volontà e la potenza salvifica di Gesù raggiun gono la piena manifestazione e visibilizzazione.
Questa constatazione è caratteristica, perché, come in altri passi mar ciani (cf. Mc 1,31; 2,12;3,5;5,29;7,35;8,25;10,52), l'azione efficace di Gesù
e la sua parola hanno un immediato effetto come esprimono molto bene sia
l'uso dell'avverbio  che la forma all'aoristo dei verbi.
Ormai ha
inizio l'era messianica. La lebbra sconfitta non ha più potere sull'uomo;
essa è stata vinta da colui che inaugura il tempo della salvezza definitiva.
"Il miracolo avviene secondo la parola di Gesù, la pre ghiera s'è adempiuta" 41.
B - Il divieto e i suoi effetti (vv.43-45)
In questa seconda parte del nostro racconto, più incentrata sul di vieto di
Gesù impartito all'ex-lebbroso, di diffondere la notizia dell'accaduto, si
coglie una preoccupazione tipica del secondo evangelista. E' quella che
molti chiamano la tematica del "segreto messianico".
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di esaminare in modo dettagliato
questi altri tre versetti.
a- Il comando di tacere e di presentarsi al sacerdote (vv.43 -44)
Se nel v.41 avevamo notato l'inizio di un processo di avvicinamento del
lebbroso verso Gesù, dal v.43 incomincia un dinamismo inverso. Gesù in
41
R. PESCH, Marco, 245.
-32modo sorprendente, caccia via l'ex-lebbroso ordinandogli di realizzare alcuni suoi precetti.
Un primo problema da risolvere, riguardo al v.43, è il senso da dare al
verbo greco . Esso sembra indicare un sentimento
intenso interno ad una persona. Il verbo originariamente doveva significare
"sbuffare, fremere", ma poi era passato a esprimere reazioni più umane di
sdegno e contrarietà. Sono varie le ipotesi a questo proposito, ma ciò che
risulta evidente è il fatto che questo verbo contiene in sé una certa severità
che non può essere negata. A noi interessa spiegare il motivo di questa
severità.
Occorre inanzitutto focalizzare un aspetto letterario determinante per
comprendere come mai il comando di Gesù si presenta con questo tono
severo. L'aspetto letterario che balza all'occhio da un attento esame del
testo originale, è che il participio  non risulta
essere il verbo principale. Il verbo principale di questa frase, infatti, è

mentre
il
precedente
è
solamente
una
qualificazione di questo. Non solo ma va anche notata la stretta
connessione che si instaura tra il verbo e ciò che viene
detto nel versetto successivo. Nel v.44, in cui viene comandato al lebbroso
di non dir niente a nessuno, ritorna l'idea che il verb o 
sottende e precisamente quella di una certa severità e di una certa
urgenza. Altrettanto interessante è notare l'uso dell'avverbio  che
rafforza questa idea.
Sembra poco convincente l'ipotesi secondo cui l'urgenza sarebbe det tata
dal comando di recarsi dal sacerdote perché la Legge non imponeva
l'adempimento della prescrizione con fretta.
-33Dal contesto in cui si inserisce la frase e dalle osservazioni fatte si può
concludere che
qui è in primo piano l'urgenza di allontanarsi da Gesù.
Alla luce poi del divieto che verrà dato nel v.44 e del ritirarsi in luoghi in
disparte descritto nel v.45, l'allontanamento non è spiegabile se non con
l'esigenza di impedire che il lebbroso, ormai guarito, venisse visto insieme
a Gesù e così l'avvenuta guarigione si divulgasse tra la folla 42.
Ecco allora che vedere in questo atteggiamento di Gesù un certo tono
minaccioso e severo non sembra affatto fuori luogo come alcuni pensano 43.
Si potrebbe obiettare che in altri casi di divieto vengono usati verbi me no
forti di quello usato nel v.43. Questo è indubbiamente vero, ma è altret tanto
corretto
notare
come
questi
verbi
(
oppure
 in 3,12; 8,30; 10,48) non potevano essere qui usati,
perché reggono il discorso indiretto 44; nel nostro testo "invece c'erano già
altri imperativi in discorso diretto ("Va', mostrati al sacerdote ed offri,
ecc."), che la narrazione popolare trova abbastanza difficile sostituire con
la costruzione indiretta. Forse proprio per controbilanciare la genericità di
quel

(assai
meno
forte
di
o
di
) si è avvertita l'esigenza di rafforzarlo col participio
 che recupera tale sfumatura di urgenza e di
imperiosità" 45.
42
Cf. V. FUSCO, "Segreto messianico", 289. Vd. anche KUTHIRAKKATTEL, Beginning of
Jesus,170: "The adverb '' possibly emphasizes the immediacy in sending him
away just after his being healed. Jesus did so because he did not want the public to
see himself in the company of a person who was perfectly healed by him from his
leprosy".
43
Così sembra pensare V.TAYLOR, Marco, 183-184.
44
Cf. V. FUSCO, "Segreto messianico", 290.
45
Ibid., 290.
-34Una conferma di quanto andiamo dicendo l'abbiamo appunto nel v.44, in
cui appare in modo evidente, questa esigenza di urgenza da parte di Gesù.
Dall'uso di verbi all'imperativo e dalla solennità del comando si comprende
che quanto Gesù ordina all'ex-lebbroso, riveste una straordinaria importanza.
Questo comando di segretezza è un elemento tipico, come vedremo, di
alcuni racconti di miracolo del vangelo di Marco.
Le analogie più immediate, con questo topico dei miracoli, sono gli ste reotipi comandi di segretezza dei papiri magici, con i quali si proibisce la
diffusione e la propagazione delle più importanti formule magiche 46.
Per sottolineare l'importanza e la severità che questo comando assume,
è utile, attraverso l'uso della tabella seguente, mostrare come in altri tre
racconti di guarigione, appare questa contrarietà alla divulgazione delle
opere compiute da Gesù.
46
Cf. R. PESCH, Marco, 245.
-35RACCONTI DI GUARIGIONI IN CUI E' PRESENTE
IL COMANDO DI SEGRETEZZZA
Mc 5,21-43
La resurrezione della figlia di Giairo
"E non permise a nessuno di seguirlo
fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni,
fratello di Giacomo" (i discepoli prescelti;
5,37).
"Ma egli, cacciati tutti fuori, prese
con sé il padre e la madre della fanciulla
e quelle che erano con lui, ed entrò dove
era la bambina" (5,40).
"Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse saperlo e ordinò
di darle da mangiare" (5,43).
Mc 7,31-37
La guarigione del sordomuto
"E portandolo in disparte lontano
dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e
con la saliva gli toccò la lingua..." (7,33).
"E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più
essi ne parlavano"(7,36).
Mc. 8,22-26
Il cieco di Betsaida
"Allora, preso il cieco per mano, lo
condusse fuori del villaggio e, dopo
avergli messo della saliva sugli occhi, gli
impose le mani e gli chiese..." (8,23).
"E lo rimandò a casa dicendo: 'Non
entrare nemmeno nel villaggio" (8,26).
Da questa tabella, risultano almeno due interessanti rilievi. Inanzitutto,
balza subito agli occhi, la severità con cui è fatto il co mando (5,37.43;
7,36). Infatti, "è nella natura delle cose che quando si comanda di con servare un segreto, il comando non possa essere formulato blandamente:
un segreto non può essere conservato solo parzialmente; se viene meno
anche solo in parte, è venuto meno completamente. E quanto più importante è il segreto stesso, tanto più severa è l'ingiunzione" 47.
In secondo luogo, va osservato, come in questi episodi emerge una du plice caratteristica del segreto: se da una parte, infatti, il miracolo non deve
essere visto e questo si concretizza nel compiere in disparte la gua rigione
47
V.FUSCO, "Segreto messianico, 291.
-36stessa (cf. 5,40;7,33;8,23), dall'altra il miracolo non deve essere nemmeno
udito e questo si constata nel divieto di farne parola ad alcuno ( cf.
5,43;7,36;8,26). Nel nostro caso non c'è nulla che faccia intuire esplici tamente l'ambientazione in disparte, ma il contesto e l'immediato allonta namento del lebbroso sembrano sostituire questo elemento tipo dell'in giunzione del segreto 48.
E' chiaro allora che siamo di fronte ad una prescrizione non casuale o
strana, ma ad un elemento che caratterizza in modo forte la manifestazio ne
e la rivelazione dell'identità messianica di Gesù. Affronteremo più avanti
questa tematica teologica del segreto messianico, che in Marco è
indubbiamente presente.
Il nostro v.44 non contiene, però, solo la problematica del segreto. Qui
infatti troviamo un secondo comando che sembra contraddire quello appe na dato da Gesù sul segreto stesso. Se prima infatti all'ex-lebbroso viene
comandato di tacere (velamento), subito dopo è mandato al sacerdote per
mostrare di essere guarito (rivelazione). Questo indica la tensione frequentemente presente in Marco, tra gli aspetti pubblici e il segreto della
persona e dell'attività di Gesù. Egli rifiuta di rivelarsi come Messia, ma
manifesta nelle sue parole e nei suoi atti la sua autorità e la potenza di Dio.
Ma al di là di questa osservazione, non priva d'interesse, cerchiamo di
fermarci un momento sul significato che aveva questa prescrizione nel
mondo semitico.
Il sacerdote era colui che aveva il diritto ufficiale per attestare che un
lebbroso era effettivamente guarito. Egli doveva attestare, con cerimonie
48
Cf. Ibid., 291.
-37abbastanza complesse, che la persona era nuovamente in grado di essere
reinserita nella comunità umana, sociale e religiosa.
Questa prescrizione, assume, all'interno di un racconto di guarigione, un
altro interessante significato. In altri casi infatti, in cui avvengono gua rigioni
c'è sempre un aspetto, un atteggiamento, una persona che testi moniano
l'effettiva guarigione. E' il caso del paralitico o della suocera di Pie tro e
della figlia di Giairo (Mc 2,12;1,31;5,43) 49 . Nel nostro caso è proprio il
sacerdote ad assumere questa importante funzione di attestazione e di
testimonianza che il fatto miracoloso si è veramente compiu to.
Oltre però a questa attestazione, l'ex-lebbroso dovrà compiere un'altra
azione. Egli cioè, offrirà qualcosa per la sua purificazione a testimonianza
per "loro" (cf. v.44c/d). Questa prescrizione che risponde, ancora una volta,
alle norme contenute nel libro del Levitico (cf. Lev 14,2-32), presenta due
caratteristiche essenziali.
Inanzitutto è interessante come la frase sembra fatta appositamente "per
tirar in ballo Mosè, nel suo ruolo di legislatore; sembra evidente l'in tento di
sottolineare qualcosa che va al di là dell'occasione immediata: un atteggiamento generale di rispetto da parte di Gesù nei confronti della
Torà" 50.
Se guardiamo poi agli altri casi in cui viene nominato Mosè ci accorge remo che avviene sempre in discussioni con gli scribi (cf. Mc 7,10; 10,3ss;
12,19.26.). Questo ci fa dire che
49
anche nel nostro caso la pro blematica
Cf. Mc 2,12 dove all'ex-paralitico è chiesto di alzarsi e con le proprie gambe di tornare
a casa tenendo il lettuccio sotto braccio; Mc 1,31 dove la suocera di Simone guarita
dalla febbre è invitata da Gesù ad alzarsi e subito può servire a tav ola; Mc 5,43 dove la
figlia di Giairo risorta miracolosamente si alza e incomincia a mangiare.
50
V. FUSCO, "Segreto messianico", 292.
-38della Legge è quella decisiva. Tanto più che nella sezione suc cessiva si
avrà una tensione fortissima tra Gesù e le autorità giudaiche (2,1-3,6).
Ma c'è sicuramente in questa espressione di Gesù un secondo elemento
che ha suscitato l'interesse e la discussione tra i vari studiosi. Si tratta
precisamente della formula .
Questa espressione ricorre nei vangeli, per esprimere l'idea che la predicazione, qualora venga rifiutata, diventa una prova a carico degli in creduli, nel giudizio finale 51. Troviamo questa espressione in Mc 1,44; Mt 6,11;
Mc 13,9; Mt 10,18 52 . Ciò che sorprende è che nel nostro testo non c'è
nessuna cosa da predicare, ma solamente si tratta di riferire una gua rigione avvenuta. Va ulteriormente notato che in nessun altro racconto di
miracolo questa formula trova posto. Nasce allora un problema: va attri buito ad essa il medesimo significato degli altri ricorsi o invece va ricer cato
altrove il suo vero senso?
Se guardiamo attentamente al testo e al suo contesto ci accorgeremo
che siamo di fronte a qualcosa di più di una semplice attestazione di gua rigione.
In primo luogo occorre affermare che le norme levitiche non parlano af fatto di "testimonianza". Questo è già un elemento decisivo per dire che
essa non è affatto equiparabile a quella attestazione ufficiale che il sa cerdote, di turno al tempio , doveva dare.
L'ipotesi secondo cui questa espressione indicherebbe un attestato che
dichiarava l'avvenuta guarigione e che l'ex-lebbroso doveva avere con sé,
51
Cf. Ibid., 292-293.
52
Idee analoghe a questa espressione si possono intravedere in Mt 10,14; 11,20 -24;
12,41; Lc 10,10; At 18,6; 20,26.
-39non sta in piedi. Sarebbe stato banale infatti, raccomandare a quell'uomo di
farsi rilasciare l'attestato, quasi fosse qualcosa di cui l'interessato po tesse
dimenticarsi 53. La posizione enfatica dell'espressione alla fine della frase, è
un ulteriore elemento che spinge a considerare questa formula in modo di verso dalla semplice attestazione di guarigione.
Sembra perciò preferibile leggere e capire questa formulazione sullo
sfondo degli altri ricorsi evangelici e del verbo affine  (atto di
mostrare). E' proprio con l'atto di mostrare se stesso e di raccontare l'acca duto che l'ex-lebbroso pone le autorità di fronte a qualcosa che giocherà a
loro sfavore in caso di incredulità. Occorre anche osservare che "la d ifferenza tra  che è al singolare (il sacerdote di turno) e
che è al plurale (come negli altri usi evangelici di questa
formula)" 54, non fa problema. Infatti la costruzione è ad sensum: si pensa
cioè a tutto il ceto sacerdotale, o più precisamente, a tutte le autorità del
popolo, al Giudaismo ufficiale e incredulo nei confronti di Gesù. Il
passaggio dal singolare al plurale si spiega, cioè, "per il fatto che la
testimonianza supererà l'individuo alla cui presenza sarà resa, per
raggiungere tutta la classe sacerdotale" 55 . Non tiene conto del contesto
narrativo, chi vede in quell' la
folla, perché proprio nel
momento precedente, Gesù aveva ordinato all'ex-lebbroso di non "dir
niente a nessuno" (v.44a).
Gesù dunque sembra affidare all'ex-lebbroso una missione come in altri
casi la affida ad altre persone guarite (Vd. l'indemoniato di Gerasa a cui
53
Cf. V. FUSCO, "Segreto messianico", 293.
54
Ibid., 294.
55
G. GAIDE, "Guarigione", 106.
-40viene affidata una missione tra i suoi. Cf. Mc 5,19). La guarigione dalla
lebbra era una forte segno messianico e il lebbroso guarito dovrà portarne
testimonianza ai sacerdoti. Per essi, Gesù fa un'eccezione; il segreto per
loro deve diventare rivelazione, manifestazione della potenza salvifica di
Dio che nel suo Figlio si è definitivamente dispiegata. Qualora, questa rivelazione venga rifiutata, allora la guarigione diventerà l'occasione per
mostrare l'incredulità nella persona del Messia.
b- La trasgressione del comando e i suoi effetti (v.45)
Se in un primo momento l'ex-lebbroso sembra ubbidire alle prescrizioni
di Gesù (si dice infatti "quegli uscito", in corrispondenza all'ordine di Gesù
di allontanarsi -v.43-), subito dopo ci si accorge di come egli non rispetti ciò
che gli è stato ordinato di fare.
L'ex-lebbroso si allontana e comincia a proclamare molte cose e a diffondere l'accaduto (v.45a). E' certamente sorprendente come all'improv viso, colui che prima era stato estromesso dalla comunità religiosa e so ciale, ora si trasformi in un divulgatore della fama di Gesù. Ma ciò che ri sulta ancor più originale, in questo passo marciano, è il modo con cui
Marco riesce a interpretare il comando di tacere descritto nel v.43. Si in travede cioè come il velare spinge necessariamente allo svelamento e al
'far conoscere'. Il tenere nascosto qualcosa, opera un forte movimento di
rivelazione che non si riesce ad arrestare. Sarà la stessa dinamica a ca ratterizzare il movimento della folla e quello di Gesù; egli si nasconde in
luoghi deserti (velare) ma la folla viene a lui da ogni parte (svelare).
Guardiamo ora, un po' più da vicino, il senso dell'espressione "e comin ciò a proclamare molte cose e a diffondere l'accaduto" (v.44a).
-41In questa frase alcuni 56 hanno visto la proclamazione della Parola da
parte dell'uomo guarito. Questa ipotesi non sembra però verosimile. Se
infatti guardiamo al verbo greco, , notiamo che esso
non
appartiene
assolutamente
alla
terminologia
della
predicazione
cristiana. Le ricorrenze di questo verbo, in altri due passi neotestamentari
(Mt 9,31;28,15), confermano che qui si tratta semplicemente di una divulgazione del fatto o della cosa accaduta ad una persona.
Ciò che riveste invece, una risonanza più "missionaria è il termine
. Questo verbo ha una portata teologica notevole nel
vangelo di Marco e soprattutto nella sezione che va 1,14 a 1,45. Va però
sottolineato con attenzione
che questa valenza missionaria del termine
non va intesa "nel senso che qui all'ex-lebbroso venga attribuita la
predicazione
dell'evangelo
(né
in
senso
cristiano,
né
nel
senso
dell'evangelo prepasquale dell'approsimarsi del Regno); piuttosto, come
avviene nell'episodio dell'indemoniata di gadareno (5,18-20), questa
divulgazione dell'accaduto da parte del miracolato, questo raccontare il suo
incontro di salvezza è formulato in maniera da evocare, allusivamente,
l'esperienza cristiana, senza per questo sganciare l'episodio dal suo conte sto narrativo prepasquale" 57.
Le conseguenze di questo annuncio si possono facilmen te intuire. La
scena è di una intensità e mobilità straordinarie. Tutto appare come un
eterno movimento di affluenza verso Gesù, un immenso accalcarsi di folla
che accorre per essere da lui soccorsa e aiutata. L'uso dell'imperfetto
56
Su questa linea: G. MINETTE DE TILLESSE, Le secret messianique dans l'Evangile de
Marc,
Paris
1968,
68s;
J
SCHREIBER,
Theologie
des
Vertrauens.
Eine
redaktionsgeschichtliche Untersuchung des Markusevangeliums , Hamburg 1967, 110.
57
V. FUSCO, "Segreto messianico", 294.
-42"venivano...", indica che questo afflusso di folla 58 era continuo e "la descrizione dell'affluenza mira a una sorta di acclamazione col comportamento (invece che con le parole)" 59.
Ma accanto a questo movimento di affluenza verso Gesù, vi è quello op posto di Cristo, che si ritira in luoghi deserti, lontano dalla folla. Viene in
questo modo, ancora una volta ribadita, la contrarietà di Gesù alla di vulgazione del miracolo compiuto e della sua vera identità.
Si intuisce dunque, che Marco ama il contrasto tra Gesù che si nascon de
e la folla che accorre a lui, tra il segreto messianico e lo svelamento di
esso, tra l'identità messianica nascosta e la sua piena manifestazione nelle
guarigioni e nelle opere in cui si rivela la potenza divina di salvezza.
Tutto questo costituisce un eccellente punto di arrivo del racconto marciano. Iniziato nel v.40 con l'avvicinarsi del lebbroso a Gesù per chiedere di
essere
guarito
dalla
sua
malattia,
si
conclude
con
l'affermazione
dell'identità messianica e con l'avvicinarsi a Gesù di molta gente per es sere
soccorsa. Al bisogno di uno si aggiunge il desiderio di molti, al "venire" di
una persona a Gesù corrisponde il "venire" a lui di molta gente, a un
movimento di raccoglimento iniziato in 1,35 segue un forte movi mento di
espansione (v.45) che porta la folla a scoprire la vera identità di Gesù.
5- Prospettiva teologica di Mc 1,40-45
Dopo aver analizzato attentamente il nostro testo, è facile intuire che in
esso sono presenti alcuni spunti teologici molto interessanti.
58
L'afflusso della folla è tra l'altro, un tratto ricorrente anche in altri episodi. Il parallelo
più
significativo
di
questo
1,35-38;3,20;4,1;5,21;2,1s;3,7s).
59
R. PESCH, Marco, 247.
testo
è
Mc
3,31 -34.
Altri
ricorsi
sono:
Mc
-43Questi spunti sembrano essere riconducibili a tre moment i diversi della
pericope stessa. Per quanto i vv.40-42, occorre osservare come in questo
ulteriore atto di guarigione di Gesù, si manifesta, nella sua pienezza, la sua
exousia. Essa giunge, nel nostro racconto, ad un apice, costituendo, in
questo modo il culmine della sezione precedente (1,21-39).
Nei vv.43-44, è presente invece, una seconda e fondamentale tematica
teologica, che va chiarita e specificata. Si tratta cioè del cosiddetto
"segreto messianico".
Infine, per ciò che concerne il v.45, va chiarito il senso e la funzione del
termine teologico  e il suo ruolo all'interno di questa prima
sequenza del vangelo.
A ben guardare questi tre aspetti non sono affatto disgiungibili. Per
esempio, la tematica del segreto messianico non è presente solo nei
vv.43-44 ma anche, con sfumature diverse, nel v.45. Così pure, il
"proclamare"
(),
nella
sua
funzione
rivelativa,
è
strettamente collegato con l'agire salvifico di Gesù manifestato nell'atto di
potenza della guarigione (vv.40-42).
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di precisare meglio, queste tre pro spettive teologiche.
A - L'exousia di Gesù, culmine della sezione dei miracoli (vv.40 -42)
Abbiamo già visto, parlando del contesto di Mc 1,40-45, come questo
testo, oltre ad essere un'introduzione alla sezione delle dispute galilaiche
(2,1-3,6), costituisce anche, e soprattutto, il culmine e l'apice narrativo
della sezione dei miracoli aperta da Marco in 1,21.
-44Questa osservazione acquista valore e conferma anche da un punto di
vista più strettamente teologico.
La guarigione del lebbroso è infatti, l'atto conclusivo di un momento della
vita di Gesù, in cui, attraverso gesti miracolosi, egli ha voluto rendere
visibile la sua potenza salvifica.
Se guarire un lebbroso, era come risuscitare un morto , comprendiamo
che con questo ulteriore atto di potenza, si è davvero giunti ad un apice
della rivelazione dell'exousia di Gesù. "Sullo sfondo di 1,39, che riassume
l'attività di Gesù in Galilea, questo gesto di guarigione assume un partico lare rilievo. E' un miracolo rivelatore della potenza di Gesù, ma soprattutto
dell'irrompere del regno di Dio nella sua persona" 60.
Questa potenza o autorità () di Gesù, che in 1,22.27 aveva
stupito i presenti nella Sinagoga di Cafarnao, ora è pienamente dispiegata
sulla persona colpita dalla lebbra. L'insegnamento "nuovo" (1,27) che opera
una rottura col passato, trova la sua manifestazione nei miracoli com piuti
da Gesù. Anche se nel nostro racconto non si fa un preciso riferi mento a
questo aspetto, la grandezza del fatto e il significato che il mondo semitico
attribuiva alla lebbra, spingono ad associare questa guarigione con gli altri
miracoli.
In Marco insegnamento e miracoli di Gesù sono strettamente collegati,
fino al punto da essere considerati una medesima manifestazione di po tenza divina. "Per Mt, Gesù si manifesta come avente autorità per mezzo
della sua dottrina (cf. Mt 5,21-48). Mc, invece, non s'interessa che a questa
60
R. FABRIS, "Il vangelo di Marco", in: I Vangeli, a cura di G. BARBAGLIO-R. FABRIS-B.
MAGGIONI, Assisi 1975, 649.
-45manifestazione, a prescindere dalla dottrina qui esposta" 61. Si può dire che
per lui la parola che istruisce e quella che caccia i demoni o che guarisce
un lebbroso, "sono un'unica parola, espressione di un unico potere divino.
Bisogna infatti intendere  nel senso forte di potere divino,
come in 3,15 e 6,7 dove si parla del potere dato ai Dodici di cacc iare i
demoni" 62.
La potenza di Dio che opera salvezza, ora è definitivamente presente e
visibile e il Regno di Dio è vicino. Il lebbroso, toccato da questa potenza
salvifica, non riesce a contenerla e si fa annunciatore per coloro che vo gliono conoscerla ed accoglierla (v.45).
B - Il segreto messianico (vv.43-44)
Questa seconda prospettiva teologica che emerge con evidenza nella
nostra pericope, occupa un posto d'interesse notevole, nella teologia di
Marco.
Da quando William Wrede 63, nella sua fondamentale ricerca sul secondo
vangelo, ha coniato il concetto di "segreto messianico", i vari autori hanno
combattuto o accettato questa teoria.
Ciò ha fatto sorgere una serie di problemi intorno a questa che, secondo
alcuni, sarebbe la "chiave interpretativa del vangelo di Marco e dell'intento
kerygmatico dell'evangelista" 64.
61
I. DELORME, "Aspetti dottrinali del secondo vangelo", in: Da Gesù ai Vangeli, a cura di
I. DE LA POTTERIE, Assisi 1971, 111.
62
Ibid., 111.
63
W . W REDE, Das Messiasgeheimnis in den Evangelien. Zugleich ein Beitrag zum
Verständnis des Markusevangeliums, Göttingen 1963 3 .
64
J. ERNST, Marco. Un ritratto teologico, Brescia 1990, 111.
-46Nascono così, tra gli studiosi alcuni interrogativi: il segreto messianico è
da attribuire all'evangelista o è piuttosto una costruzione premarciana? 65 E
addirittura: esiste il problema del "segreto messianico"?
Un altro problema riguarda l'estensione del segreto, non solo ai miracoli
(1,44; 5,43; 7,36; 8,26; 1,25.34; 3,12), ma anche alla cosiddetta "teoria
delle parabole" (4,10-12) e all"incomprensione dei discepoli" (4,40; 6,52;
8,18; 9,32). Scartata da tempo questa possibilità, secondo cui il segreto
messianico, sarebbe da estendere anche a questi materiali e scartata pure
l'ipotesi recente secondo cui questo concetto non sarebbe neanche pre sente nel vangelo, ci limitiamo a fare alcune osservazioni sul senso e il
significato di questo aspetto teologico, sicuramente importante per il
secondo evangelista. Al di là infatti, delle interminabili discussioni su
questo problema, resta "la giustificata sensazione che questa tendenza alla
conservazione del segreto si riallacci a un'idea dominante molto importante
per la volontà enunciativa di Marco" 66.
Evidenzieremo essenzialmente due prospettive, passibili di ulteriori svi luppi, che ci sembrano delimitino in modo preciso il campo di riflessione su
questa delicata tematica teologica.
Inanzitutto cerchiamo di precisare quale funzione hanno i comandi di ta cere nella varietà dei casi in cui essi si presentano alla nostra attenzione.
Nei casi in cui l'ingiunzione di tacere è rivolta da Gesù ai demoni e ai ma lati
guariti (cf. per esempio 1,25 e 1,43-44), c'è la netta sensazione che essa
ha come una "funzione orientativa". Marco non si oppone mai, con il
65
Un tentativo di risposta a questa domanda è presente in V. FUSCO, "Segreto
66
J. ERNST, Ritratto teologico, 114.
messianico", 297s.
-47segreto, "alla rappresentazione della storia del Figlio di Dio, bensì alla
distorsione del Vangelo. Chi rincorre i miracoli perdendo di vista il messaggio della Croce e della Risurrezione, adora falsi dei. Qualsiasi cosa
della vita di Gesù raccontata nel segno della Croce, deve sempre essere
udita e creduta nel segno della croce, tutto il resto non di discosta molto
dalla magia" 67.
Chi legge l'episodio della guarigione del lebbroso è così continuamente
rimandato ad esaminare la sua fede e la sua capacità di annunciarla agli
altri. Solo chi ha fatto veramente esperienza della potenza salvifica del
Figlio di Dio può anche annunciare, non tanto un miracolo, ma la salvezza
definitiva attesa per i tempi messianici.
Quest'ultima affermazione ci introduce alla seconda considerazione, a
mio avviso determinante, per comprendere il valore del concetto di "segreto
messianico".
L'episodio da noi analizzato fin qui, è il primo in cui Marco riferisce un
divieto di divulgazione del miracolo stesso 68. Gli altri tre casi (5,43; 7,36;
8,26) in cui ricorre questo divieto, si distinguono dal nostro, perché qui non
avviene il fenomeno della violazione del divieto (v.45a). Solo in 7,36 c'è lo
stesso fenomeno ma qui non c'è il ritirarsi di Gesù in luoghi deserti (v.45b)
e l'accorrere della folla verso di lui (v.45c).
"Il nostro dunque è l'episodio in cui più fortemente risalta quella dialetti ca
tra volontario nascondimento ed inarrestabile irradiazione, che è uno degli
aspetti più singolari di tutta questa problematica" 69.
67
Ibid., 115.
68
Anche nell'episodio dell'indemoniato in 1,21 -28 c'era un comando di tacere ma questo
non ha niente a che vedere con la contrarietà di Gesù alla divulgazione del miracolo.
69
V. FUSCO, "Segreto messianico", 273-274.
-48Ma al di là dell'importanza e della tipicità del nostro testo, vale la pena,
ancora una volta, ribadire come questi racconti si pongono come culmine e
apice di sezioni del vangelo che contengono miracoli compiuti da Gesù. E'
l'osservazione che facevamo a proposito del contesto di Mc 1,40 -45.
Questo fatto apre la via all'annoso problema sul come mai il divieto si
abbia soltanto in alcuni miracoli, mentre in altri è assente, anzi se n e presuppone una ambientazione completamente pubblica (cf. 1,32 -34; 3,7-12;
6,53-56). Sembra decisiva l'osservazione che i quattro miracoli in que stione
sono precisamente quelli che venivano ritenuti eminentemente messianici ,
come appare in Mt 11,4s/Lc 7,22:
....i ciechi recuperano la vista
....i lebbrosi sono mondati
....i sordi riacquistano l'udito
....i morti risuscitano 70.
In tutti e quattro i casi è evidente dunque, la forte carica di messianicità
che ha determinato l'inserimento del segreto. Ed è questa carica cristologica la chiave per comprendere il senso e la portata del comando impartito
da Gesù al lebbroso nei vv.43-44. Al lebbroso è intimato di tacere perché in
questo modo il mistero del Messia e del Figlio di Dio "viene pres ervato da
interpretazioni errate e conservato per l'aperta confessione del centu rione
pagano (!) sotto la croce (15,39)" 71. A questo punto non si può più tacere;
anzi la comunità di Marco deve e può parlare apertamente, nella sua
missione e nella predicazione, di questo incontro con Colui che solo può
salvare l'uomo nella sua pienezza.
70
Cf. Ibid., 287.
71
J. ERNST, Ritratto teologico, 114.
-49C - La funzione teologica del termine "Kerussein" (v.45)
Nel v.45 è presente quella dialettica di nascondimento e rivelazione che
prima dicevamo essere una caratteristica tipica di Marco. Ma ciò che qui
colpisce la nostra attenzione è la disubbidienza dell'ex-lebbroso al
comando di Gesù impartito nei vv.43-44. E' proprio questa trasgressione
del silenzio, che Gesù aveva raccomandato, ad essere la causa del
movimento di espansione che, con l'annuncio dell'ex-lebbroso, inizia a
realizzarsi (v.45b). Gesù allora si ritira in luoghi appartati, ma la gente
viene a lui da ogni parte.
In questo ricco versetto notiamo la presenza di un termine che pe r la
teologia
di
Marco,
riveste
un'importanza
tutta
particolare:
il
verbo
.
Va osservato come il verbo  (proclamare) ricorre per tre
volte (1,14; 13,10; 14,9) in riferimento al "vangelo" ma è usato anche in
altri casi.
In 1,4 il Battista "proclama" un battesimo di conversione e in 1,7 annun cia la venuta del più forte, il Cristo. Questa proclamazione sembra costi tuire l'evento tramite il quale Dio comincia a realizzare le sue promesse
(1,1-3).
1,14
segna
poi
il
compimento
del
 con
"proclamazione" del vangelo di Dio. In due casi (......)
la
"proclamare"
appare senza complemento e designa l'attività primaria di Gesù, il quale "è
uscito" per questo (1,38-39). Ma anche i Dodici, più avanti, sono designati
per "proclamare" a loro volta (3,14), "affinché la gente si converta" (6,12).
"E' facile osservare l'unità di questi testi: proclamare, o se si vuole essere
più precisi, proclamare il vangelo, o la conversione necessaria, caratterizza
-50il tempo della salvezza e significa l'intervento di Dio in mezzo a noi, da
Giovanni Battista ad ora" 72.
Questa teologia che possiamo definire "missionaria" si intravede anche
negli altri tre casi in cui ricorre il termine .
Sia in 5,20 che in 7,36, come nel nostro v.45, si tratta di proclamare al cuni fatti puntuali che dicono l'intervento salvifico di Dio in mezzo a noi (cf.
2,12; 5,19; 7,37). Marco sembra pensare al dovere "missionario" della
chiesa, anche a proposito dei beneficiari o dei testimoni dei miracoli 73.
In questo modo il nostro ex-lebbroso diventa un annunciatore, un
"missionario" che proclama un evento e un incontro che ha cambiato la sua
vita. La proclamazione dell'uomo guarito dalla lebbra, consiste in ciò che il
Cristo aveva realmente manifestato: la sua presenza, sperimentata come
forza illimitata d'attrazione, di liberazione, di unificazione. Tale proclama zione indica la fedeltà dell'uomo alla parola che l'ha colpito e penetrato, in
un incontro insolito che gli ha permesso di continuare a vivere. Diventato
profeta, egli proclama questa stessa parola. Non può raccontare ciò che
Gesù ha fatto di visibile, ma deve "proclamare" ciò di cui ha fatto esisten zialmente l'esperienza 74.
Il verbo  allora rimanda non tanto all'atto taumaturgico di
Gesù, ma a ciò che questo significa. L'ex-lebbroso diventa un profeta perché è fedele alla Parola divina ch'egli ha saputo cogliere. E' questa che il
profeta proclama, trasformandola per altri (v.45b), dopo averla lui stesso
sperimentata come Parola che salva.
72
Cf. I. DELORME, "Aspetti dottrinali", 107.
73
Cf. Ibid., 108.
74
Cf., A. PAUL, "La guérison d'un lepreux. Approche d'un récit de Marc (1,40 -45)", NRT
92 (1970), 599.
-51-
-52-
II - I RACCONTI PARALLELI DI MATTEO E LUCA
Siamo così giunti nella nostra analisi ad affrontare il co nfronto sinottico
di questo episodio evangelico. Gli altri due testi sinottici, che sono dipen denti da Marco 75, rivestono un'importanza fondamentale perché, le loro differenze rispetto al testo marciano, nascondono una precisa intenzione
teologica.
Nel procedere in questo ulteriore approccio all'episodio della guarigione
del lebbroso cercheremo di mettere in evidenza essenzialmente due
aspetti; uno più di tipo letterario e un altro più di carattere teologico.
Per ragioni di chiarezza affronteremo prima Marco 1,40 -45 in rapporto a
Matteo 8,1-4 e successivamente il testo di Marco confrontandolo con Luca
5,12-16.
1- Marco 1,40-45 e Matteo 8,1-4
A - Diversi contesti
Il testo di Mt 8,1-4 si inserisce nella cornice più ampia che va dal c.8 alla
fine del c.9. Questa sezione costituisce quella che gli studiosi chia mano
"sezione narrativa" o "sezione dei miracoli". Anche se Matteo in questa
sezione, non usa mai il termine miracolo, possiamo affermare con certezza
che questi capitoli "mostrano Gesù in azione lungo dieci gesti concreti, nei
quali la sua parola efficace si esprime con autorità (cf. 7,2 9)" 76.
75
Presupponiamo valida come ipotesi di lavoro la teoria sinottica delle "due fonti", per la
quale nei testi di triplice tradizione Mc costituisce la fonte di Mt e Lc.
76
J. RADERMAKERS, Lettura pastorale del Vangelo di Matteo, Bologna 1974, 167.
-53E' interessante, per comprendere la collocazione del nostro testo, mo strare in quale modo questi due capitoli (8-9) si collegano con ciò che li
precede. I capitoli 5-7, immediatamente precedenti, contengono il discorso
programmatico pronunciato sulla montagna e mostrano Gesù come colui
che insegna e ammaestra. E' allora evidente che si crea una corrisponden za tra un Gesù che parla con autorità (5-7) e un Gesù che agisce e mette in
pratica quanto ha detto e pronunciato (8-9). In questo modo parole e azioni
si corrispondono come la duplice espressione di un'autorità ( )
unica di cui il Cristo è rivestito (cf. anche Mt.4,23; 9,35).
Tuttavia queste considerazioni sul contesto ampio della nostra pericope
non devono farci cadere nell'equivoco di considerare in modo troppo rigido
questa schematizzazione. Se guardiamo infatti alla sezione dei cc.8 -9 ci
accorgiamo che accanto ai racconti di miracoli e inseriti tra una serie e
l'altra, si incontrano brani di altro genere: si rivela la presenza di due detti
sulla sequela (8,18-22) e di due discussioni sui peccatori e sul digiuno
(9,1-8) e ulteriormente nell'episodio della guarigione del paralitico, la parte
centrale è occupata da un'altra discussione sul potere di Gesù di concedere il perdono dei peccati. Come si può notare non è affatto vero che in
questa sezione (cc.8-9) manca l'insegnamento di Gesù. "Bisogna dunque
superare l'idea schematica della netta divisione tra una sezi one letteraria
caratterizzata dalle parole (cc.5-7) e una parte narrativa delle opere del
messia (cc.8-9). Tanto più che i racconti dei fatti prodigiosi si presentano
nel primo vangelo spesso specificati da una decisa prospettiva didattica: i
miracoli appaiono parole in atto, rivelazione celata nei fatti, messaggio
efficace e impressionante. Le opere di Cristo parlano. Matteo chiama la
sua comunità all'ascolto della voce che da esse viene per la maturazione
-54della fede cristiana" 77. Il nostro testo allora si inserisce in questo contesto
ampio, come il primo dei miracoli che evidenziano l'identità messianica di
Gesù.
Guardando ora al contesto più immediato possiamo considerare il no stro episodio in relazione con un nucleo formato da altri due miracoli.
Sembra infatti che una prima sequenza, di questa grande sezione, sia co stituita da tre miracoli (8,1-15) che sono accomunati da diversi elementi: la
collocazione topografica, Cafarnao, il fatto che si tratta di guar igioni e soprattutto la particolarità che i beneficiari sono degli esclusi e degli emargi nati. Si nota infatti come nel primo caso il lebbroso sia un segregato, un
escluso dalla vita sociale e religiosa (8,1-4), così come i pagani erano
tenuti a distanza per paura di contaminazione (8,5-13) e infine le donne
avevano diritti molto limitati nella comunità giudaica (8,14 -15). Ma ciò che
risulta molto significativo di questo primo nucleo è il fatto che "Matteo
conclude questa unità tematica con un sommario che ricorda molte
guarigioni operate da Gesù, ma soprattutto con la riflessione teologica che
nella figura del taumaturgo si è realizzata la profezia del servo di Dio,
caricatosi delle debolezze e infermità del popolo (8,16-17)" 78. La guarigione
del lebbroso inaugura quindi, questa unità tematica, mostrando che
nemmeno la lebbra può arrestare quel processo di rivelazione di Gesù
come il Servo di Dio, venuto a liberare gli uomini dal male che non
permette loro di vivere un'esistenza serena e gioiosa.
77
G. BARBAGLIO, "Matteo", in: I Vangeli, 214.
78
Ibid., 214.
-55B - Mt 8,1-4: rielaborazione letteraria di Mc 1,40-45
Il lavoro redazionale di Matteo, oltre che nella collocazione del nostro
episodio, lo si può cogliere anche nella rielaborazione letteraria che Mat teo
ha compiuto sul testo di Mc.
Con l'aiuto della sinossi 79, cerchiamo di mettere in evidenza la mano del
redattore Matteo nel nostro testo. Col grassetto mettiamo in luce le partico larità del primo evangelista:
Marco 1,40-45
E viene da lui un lebbroso, supplicandolo
e inginocchiandosi, dicendogli: "se vuoi puoi
mondarmi". Ed (egli) mosso a compassione,
stesa la mano, lo toccò e gli dice: "(Lo)
voglio, sii mondato!".
E subito andò via da lui la lebbra, e fu
mondato.
Ed (egli), ammonitolo severamente, subito
lo cacciò, e gli dice: " Bada di non dir niente a
nessuno, ma va', mostrati al sacerdote (Lev
13,49.14) e presenta per la tua purificazione
ciò che ha ordinato Mosè a testimonianza per
essi".
Ma egli, uscito, cominciò a proclamare
tutto e a divulgare la notizia, così che egli
non poteva più entrare palesemente in città,
ma stava fuori in luoghi deserti; e(ppure)
venivano a lui da ogni parte.
Matteo 8,1-4
Ora, quando discese dal monte, lo seguirono grandi folle. Ed ecco, essendosi
avvicinato un lebbroso, si prostrava
dinanzi a lui, dicendo: "Signore, se vuoi,
puoi mondarmi". Ed (egli), stesa la mano, lo
toccò dicendo: "(Lo) voglio, sii mondato".
E subito fu mondata la sua lebbra.
E gli dice Gesù: "Bada di non dir(lo) a
nessuno, ma va', mostrati al sacerdote (Lev
13,49;14) e presenta l'offerta che ha ordinato
Mosè, a testimonianza per essi".
Da un primo e superficiale sguardo a questo confronto sinottico, ci ac corgiamo subito di un dato lampante: il testo di Matteo è molto più corto e
succinto. Lo stesso risultato lo avremmo se confrontassimo questi due testi
con quello di Luca.
79
A. POPPI, Sinossi dei quattro vangeli, Padova 1983, 105.
-56Ma al di là di questa prima impressione, cerchiamo di evidenziar e, da un
punto di vista strettamente letterario, che cosa Matteo ha modificato del
testo marciano. Da queste differenza letterarie potremo, in seguito, trarre
alcuni interessanti spunti di riflessione teologica per comprendere l'oriz zonte di pensiero all'interno del quale Matteo scrive e rielabora i materiali
tradizionali.
Già nel primo versetto del testo, Matteo opera una grande e vistosa
modifica rispetto alla fonte marciana. Egli, cioè, crea una cornice letteraria
per operare, in questo modo, un passaggio tra la sezione appena conclusa
del grande discorso della montagna (cc.5-7) e la sezione successiva dei
dieci miracoli (8-9).
Una seconda differenza, sempre di carattere letterario, rispetto a Mc
1,40-45 è costituita da un termine tipico del vocabolario di Matteo. Si tratta
del verbo . E' significativo a questo proposito, osservare
come il primo evangelista "altera o amplia il testo di Marco non meno di
cinque volte per presentare espressamente come  l'atto di
colui che si avvicina a Gesù: il lebbroso (Mt 8,2; cf. Mc 1,40), Giairo (Mt
9,18; cf. Mc 5,22), i compagni di barca (Mt 14,33; cf. Mc 6,51), la cananea
(Mt 15,25; cf. Mc 7,25), la madre dei figli di Zebedeo (Mt 20,20; cf. Mc
10,35)" 80.
Caratteristico della rielaborazione letteraria di Matteo è anche l'introdu zione del titolo cristologico , assente nel testo marciano. Sempre
a questo proposito, va ulteriormente notato, come in Mt 8,1 -4, l'autore
abbia
attenuato
i
sentimenti
di
Gesù
che
invece
Marco
aveva
particolarmente evidenziato. Non si fa accenno più alla compassione (ira)
80
H. GREEVEN, "", in: GLNT, XI, Brescia 1977, 393.
-57di Gesù (cf. Mt 8,3; Mc 1,41) e viene anche tolto il suo severo
atteggiamento nei confronti del lebbroso al momento del comando di
segretezza (cf. Mt 8,4; Mc 1,43).
La stessa ingiunzione di silenzio, impartita nei confronti dell'ex -lebbroso,
riceve nel testo di Matteo una sfumatura diversa anche se molto tenue.
Questo schema può illuminare e chiarire questa osservazione:
Mc 1,44
Mt 8,4
"E gli dice: ' bada di non dir
"E gli dice Gesù: 'Bada di non
niente a nessuno, ma va'..."
dir(lo) a nessuno, ma va'..."
Le due versioni dello stesso comando ci testimoniano come Matteo
eliminando il termine ha attenuato di molto la categoricità del
comando di Mc 1,44 e ha percepito e riproposto questa ingiunzione con
minore durezza e severità.
Un'ultima sottolineatura circa le differenze di tipo letterario tra le due
pericopi evangeliche riguarda un'importante omissione che Matteo ha ope rato sul testo marciano. Egli infatti, eliminando completamente il v.45, che
in Marco costituiva l'apice narrativo e teologico della sezione sull'attività di
Gesù in Galilea (1,14-45), ha evidentemente risposto ad un'esigenza tipica
del suo modo di produrre teologia, che affronteremo successivamente.
Per ora basti concludere queste osservazioni di carattere letterario di cendo che il testo di Matteo appare molto più lineare e semplice rispetto a
quello marciano. La pericope è ridotta ai suoi elementi essenziali, ed elimi -
-58nando sensibilmente la parte più narrativa 81 (soprattutto il v.45), Matteo ha
incentrato tutto l'episodio sull'incontro-dialogo del lebbroso con Gesù 82.
C - La valenza teologica della rielaborazione letteraria
Le modifiche di tipo letterario che abbiamo cercato di evidenziare prece dentemente, sembrano nascondere un preciso interesse dell'autore che
possiamo definire "teologico". Come vedremo, Matteo opera alcuni ritocchi
che manifestano una prospettiva teologica diversa da quella di Marco. Ogni
modifica trova, cioè, nell'orizzonte di riflessione del primo evangelista,
un'adeguata spiegazione e giustificazione.
Una prima e fondamentale osservazione sul significato delle importanti
modifiche operate da Matteo riguarda la cornice redazionale contenuta in
8,1. Con essa, Matteo non crea solo una "cerniera" di tipo letterario tra due
sezioni, ma vuole perseguire un preciso interesse teologico. L'autore, collegando questo episodio in modo così stretto con il discorso inaugurale di
Gesù (cc.5-7), vuole stabilire tra i due fatti non tanto un ordine cronologico,
quanto un rapporto teologico.
Quel Gesù che aveva affermato di non
essere venuto ad abolire la Legge e i Profeti ma a dar loro compimento, ora
81
Questa riduzione della parte narrativa è un'operazione che Matteo compie altre volte
nel suo vangelo. Tipico a questo riguardo è l'episodio dell'indemoniato di Gadara, dove
il primo evangelista risparmia ai suoi lettori l'esposizione ingarbugliata e spettacolare
di Mc 5,3-5 (cf. S. LÉGASSE, "I miracoli secondo Matteo", in: I miracoli di Gesù, 186).
82
E' significativo a questo proposito affermare come questa amplificazione del discorso o
del dialogo, nei racconti di miracolo, sia una caratteristica peculiare del secondo
evangelista. Mt 10,6 è uno di quei testi in cui appare questa peculiarità di Matteo. Qui
la vicenda della Cananea, rescritta in forma tripartita e graduata, incorpora la sentenza
sulle pecore perdute d'Israele. Il dialogo cioè prende il sopravvento sul miracolo:
nessun dubbio che Matteo abbia pensato di farne il centro stesso della pericope (cf.
Ibid.,187).
-59ordina al lebbroso di mostrarsi al sacerdote dando così compimento ad una
delle prescrizioni legali 83.
Ma ciò che riveste un'importanza e una portata teologica notevole in
questo primo versetto della pericope di Matteo e che ricollega ancora una
volta questo episodio con ciò che precede è "la menzione delle folle" . "La
moltitudine che aveva ascoltato Gesù, attratta dall'incanto e dalla soav ità
della sua dottrina e della sua persona, lo segue mentre scende dalla mon tagna verso la città in cui aveva fissato la sua dimora, che era Cafarnao (cf.
4,13), come esplicitamente dice San Luca (7,1)" 84.
Le folle ormai, nella prospettiva ecclesiale di Matteo, saranno dei testi moni veri dell'efficacia salvante e guaritrice di Gesù. Esse rappresentano il
popolo di Dio, al quale si rivolge l'insegnamento e l'azione di Gesù. Queste
persone che accompagnano Gesù, preludono alla comunità dei credenti
che sono chiamati a seguire il Cristo per accogliere la parola e i benefici
della sua azione salvifica 85.
Dopo aver operato questa cornice d'ambientazione della sc ena, Matteo
mette in luce il personaggio del Lebbroso (v.2). Questo modo di procedere
nella presentazione della persona bisognosa,
nei racconti di miracolo, è
una schematizzazione usata da Matteo anche in altri episodi (8,16; 9,2;
12,22; 14,35; 17,16). Ordinariamente infatti ci sono delle introduzioni e
conclusioni redatte con termini quasi identici: l'impetrante si avvicina a
Gesù, si prostra davanti a lui oppure gli portano il malato. Queste forme
stereotipe, se da una parte rendono il testo meno vivace, dall'altra hanno il
83
Cf. G. GAIDE, "Guarigione", 107.
84
S. DEL PARAMO, Vangelo secondo Matteo, I, Roma 1970, 195.
85
Cf. R. FABRIS, Matteo, Torino 1982, 194.
-60grande pregio di favorire la trasmissione del messaggio e di mettere in
evidenza l'interesse teologico dell'autore. Sotto la penna di Matteo, i
racconti di miracolo diventano una vera e propria catechesi sui grandi temi
della vita cristiana 86.
Ma la caratteristica che riveste un'importanza fondamentale in questo v.2
e che manifesta una peculiarità del primo evangelista, è costituita dall'uso
del verbo . Nel NT ricorre in Ap (24v.), in Gv (11) e ben
13 volte in Mt. Il significato di questo termine viene desunto e ripreso
dall'AT
87
; solo che ora  è usato esclusivamente in
riferimento a Dio o a Cristo 88. Perciò la  viene spesso
congiunta alla richiesta di aiuto in una situazione di bisogno e rafforza
questa richiesta ad essere segno di una fede certa dell'esaudimento, oltre
che di semplice fede in colui che dovrà soccorrere 89.
In Matteo questo termine, a lui molto caro, non è mai utilizzato per gli
avversari ma è attribuito invece a persone vicine e in sintonia con Gesù e
che hanno con lui un rapporto positivo. Esso infatti è attribuito ai magi
(2,2.8.11), ai discepoli (14,33; 28,9,17; cf.18,26), e infine a persone che
chiedono l'aiuto di Gesù (8,2; 9,18; 15,25; 20,20). Altri due ricorsi sono
in
4,9.10 e sono appartenenti al racconto di tentazione.
Se confrontiamo attentamente questi testi ci accorgeremo di un dato co stante:
nel
primo
vangelo
il
verbo
descrive
la
86
Cf. S. LÉGASSE, "Miracoli", 186-187.
87
Qui è usato anche in riferimento a persone considerate di rango elevato e dotate di un
potere superiore alle quali è indirizzato quest'atto di omaggio e veneraz ione (cf. 2Sam.
18,21).
88
Mt 18,26 non costituisce un'eccezione perché qui il re è figura simbolica di Dio.
89
Cf. H. SCHÖNW EISS, "", in: Dizionario dei concetti biblici, 1401.
-61dipendenza confidente, oppure l'adorazione prestata a Gesù riconosciuto
come re (2,2), signore (Mt 8,2), figlio di Dio (14,33) che può agire con
potenza divina (14,33). Nel nostro caso specifico (8,2) questo termi ne
esprime la fiducia estrema del lebbroso nella potenza salvante di Cristo e
ormai, nel clima ecclesiale di Matteo, esso dice il riconoscimento di Gesù
come Figlio di Dio e Signore, da parte della Chiesa.
A supporto di questo nuovo orizzonte ecclesiale, nel quale l'autore scrive
il suo vangelo, sta l'aggiunta del termine  attribuito a Gesù (v.2).
Qui il termine non è una forma di mera cortesia ma un titolo cristologico di
forte pregnanza e valore teologico. Attraverso questo termine, Matteo pre senta il lebbroso come un modello per i cristiani che seguono la parola del
Cristo 90. "Nella sovrapposizione di piani storici Matteo presenta il lebbroso
che implora la 'purificazione' come modello dei credenti che si rivolgono al
Cristo Signore" 91. Non è difficile intravedere in questo titolo un certo sapo re
liturgico. Sembra infatti intuibile sotto a questo termine quell'invocazione
liturgica della professione di fede che ci proviene dalla chiesa prepaolina.
Con questa invocazione la chiesa neotestamentaria si sottopone al suo
Signore, professando così anche il suo dominio e potere sul mondo (cf.
Rom. 10,9; 1Cor.12,3) 92.
Un'altra sottolineatura di carattere cristologico riguarda l'omissione nel
testo di Matteo di quei tratti tipici di Mc 1,40-45 in cui vengono attribuiti a
Gesù sentimenti come la compassione (ira), lo sdegno e la severità (cf. Mc
1,41.43). Togliendo dal testo di Marco, tutte queste reazioni emotive difficili
90
Cf. S. KUTHIRAKKATTEL, Beginning of Jesus , 162.
91
R. FABRIS, Matteo, 195.
92
Cf. H. BIETENHARD, "", in: Dizionario dei concetti biblici, 1760.
-62da conciliare con la potenza e la trascendenza del Salvatore, Matteo
tradisce un suo interesse teologico. Al primo evangelista interessa infatti
presentare il Signore in tutta la sua potenza e signoria per cui sentimenti
troppo umani offuscherebbero questo aspetto divino della persona di Gesù.
Tutto appare, forse meno reale, ma certo risalta in tutta la sua solennità la
figura potente del figlio di Dio che di lì a poco dispiegherà la sua forza
divina sul lebbroso.
Per quanto riguarda invece, l'intervento redazionale sul comando di se gretezza, va osservato che in Matteo il tema del segreto non ha la portata
teologica che ha nel vangelo di Marco. Sembra invece che nel v.4 ciò che
ha una valenza molto marcata per il nostro evangelista sia la tematica della
legge. Questa prescrizione legale, che appariva anche in Mc 1,44, acquista
nel testo di Matteo un'importanza fondamentale. Ciò è evidenziato
dall'omissione del v.45 che in Marco costituiva un apice narrativo e teologico. Eliminando completamente questo versetto Matteo ha dato grosso
valore al v.4.
Il primo evangelista volle probabilmente evitare la disubbidienza del leb broso al comando di segretezza impartito da Gesù perché la tematica della
Legge è a lui molto cara. Ubbidendo ad essa l'ex-lebbroso conferma la
validità e l'importanza di essa nel piano salvifico di Dio. Gesù non è venuto
infatti ad abolire ma a portare a compimento la Legge (Mt 5,17 -20); la coerenza che Matteo vuole mantenere tra un Gesù che dispiega la sua potenza divina e una Legge che ha ancora il suo ruolo nella storia della salvez za,
è in questo modo evidente.
-63D - Prospettiva teologica differente
Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato attentamente il lavoro re dazionale di Matteo sul testo originario di Marco. Abbiamo visto come il
primo evangelista ha collocato questo episodio in un momento del vangelo
differente da quello marciano; operando alcuni ritocchi e modifiche Matteo
ha dato all'episodio un indirizzo diverso e una prospettiva nuova. Abbiamo
anche cercato di spiegare il significato e il valore teologico di questa collo cazione e di questi ritocchi redazionali. Ora il nostro obiettivo sarà quello di
mettere in evidenza la prospettiva teologica del testo nel suo i nsieme e
nella riflessione teologica globale dell'autore.
Se nell'ottica dell'evangelista Marco l'episodio della guarigione del leb broso metteva in luce alcune tematiche a lui molto care, come il dispiegarsi
dell' di Gesù attraverso gesti rivelativi della sua identità, il
tema del segreto messianico e il valore e la portata teologica del termine
 in Matteo sembra evidenziare un'altra prospettiva.
Tenendo in debita considerazione le osservazioni redazional i fatte in
precedenza, possiamo fare alcune considerazioni sul nuovo orizzonte in cui
il primo evangelista sembra muoversi.
Inanzitutto cerchiamo di chiarire quale tipo di cristologia scaturisce da Mt
8,1-4. Sembra abbastanza assodato che la preoccupazione di Matteo a
questo proposito sia quella di accentuare con forza la trascendenza di
Gesù. Tutto appare in questo testo come un tentativo di far risaltare questo
aspetto dell'identità di Gesù e in tutto il vangelo Matteo moltiplica le testi monianze della filiazione divina lungo il corso della vita terrena del Messia.
L'evangelista sembra fare ogni sforzo per centrare l'attenzione del lettore
-64sulla persona stessa di Gesù. L'uso stesso del verbo 
sottolinea ancora una volta la dignità del Figlio di Dio e l'origine trascendente dei suoi poteri. Non solo; alleggerendo il suo testo di tutto ciò che
egli ritiene inutile per il progetto che si è proposto, ripetendo a brevi inter valli il verbo 'essere purificato', Matteo ottiene un effetto impressionante :
preghiera di fede, comando e risultato immediato (Mt 8,2 -3) si succedono
senza transizione e mettono in piena luce il dominio di Cristo 93 sulla malattia 94 . Il Gesù di Matteo, insomma, pur perdendo un po' di realismo e di
umanità, acquista maggiormente i contorni del Figlio di Dio e del Messia
trascendente.
Ma la chiave teologica sicuramente più interessante per comprendere la
nuova prospettiva teologica del primo evangelista ci viene offerta da
quell'aggiunta che solo lui crea in 8,17. Essa conclude, come abbiamo già
detto, un ciclo di tre miracoli e costituisce perciò l'apice di questi racconti.
Essa è l'apice teologico perché mostra il significato e il senso dei gesti
miracolosi di Gesù.
Le guarigioni, e in particolare quella dalla lebbra, malattia che riveste
nell'ambiente semitico un posto più rilevante di altre, sono un'occasione per
esprimere uno dei temi più chiari alla cristologia di Mat teo: Cristo dà
compimento alle Scritture. E' quanto dicevamo
sopra a proposito
dell'aggiunta che Matteo fa quando cita Is 53,4 in 8,17. "Questo versetto
del IV canto del servo, è citato secondo l'ebraico, perché solo così quadra
con lo scopo che si è proposto l'evangelista. Ciò che egli ha con servato
93
Matteo ottiene lo stesso risultato sfrondando l'episodio della guarigione della suocera
di Pietro (cf. 8,15). Si ha come l'impressione di un'azione naturale di Gesù: per lui,
vincitore del male nelle sue svariate forme, è naturale davvero.
94
Cf. S. LÉGASSE, "Miracoli", 190-191.
-65non è soprattutto l'idea di sostituzione, bensì il fatto che Gesù, come il
Servo, 'prende', cioè 'toglie' le malattie degli uomini" 95. La visione matteana
presenta Gesù che guarisce nei tratti del servitore sofferente e glorioso di
Isaia, che si identifica con ogni infermità umana per farvi scatu rire una
potenza universale di salvezza, e opera ogni giudizio (cf. Mt 8,10 -12 e Is
53,12) 96.
"La corrispondenza che Matteo non cessa di stabilire tra le tappe della
vita di Gesù fin dagli inizi e il piano divino tracciato nelle Scritture, si veri fica, secondo il suo modo di vedere, anche quando si t ratta dell'attività
terapeutica del Salvatore. Così come veniva praticata da Gesù, questa
attività non poteva bastare a farlo riconoscere come Messia, secondo i
criteri dell'attesa giudaica. Ecco perché era importante colmare questo iato
attingendo dall'Antico Testamento gli annunci appropriati. Così, malgrado
un incontestabile effetto di artificio, viene resa più esplicita l'armonia del
piano divino, oggetto costante della fede cristiana" 97.
Oltre a questo aspetto dottrinale del suo pensiero, cioè il valore indiscusso dell'Antico Testamento e il suo significato profetico, è presente nel
nostro testo un'altra tematica teologica molto cara a Matteo. Si tratta del
ruolo della Legge e della sua perfetta osservanza. Abbiamo vis to che questo aspetto emerge dall'omissione del v.45 di Mc da parte del nostro
autore, che chiude così l'episodio con una parola sull'osservanza della
Legge, portando a compimento ciò che Gesù aveva detto in 5,17. La legge
è osservata, perché il lebbroso, a differenza di Marco non trasgredisce la
95
Ibid., 193.
96
Cf. J. RADERMAKERS, Lettura pastorale, 177.
97
S. LÉGASSE, "Miracoli", 193-194.
-66prescrizione legale, ma è anche allo stesso tempo portata a compimento e
superata. La legge non deve venir distrutta ma certo viene compiuta dal
Messia. E' compiuta nel modo più assoluto e radicale, dato che la ma lattia
a cui si riferiva la Legge è scomparsa e Dio ha ridonato sana e salva la
vita, vigilata nelle sue forma patologiche dalla Legge. Ormai Gesù,
attraverso questo atto di potenza, manifesta chi egli è: la realtà del regno
dei cieli realmente divenuta vicina agli uomini. Lo sguardo si rivolge
all'avvenire, quando sarà a tutti ridonata la vita nella sua pienez za e non
sarà quindi necessaria più legge alcuna 98.
2 - Marco 1,40-45 e Luca 5,12-16
A - Contesto di Lc 5,12-16
Se il contesto ampio di questa pericope, costituito dalla sezione del van gelo, che va da 4,14 a 9,50, non è molto illuminante per la nostra pericope,
significativo invece può essere il contesto più immediato (4,14-6,19).
Una prima sottosezione (4,14-4,44), di tipo cristologico, inaugura l'inizio
del ministero e del tempo di Gesù. Con il discorso programmatico di Nàza ret (4,14-30) ci troviamo nel cuore del compimento messianico. "Facendo
propria la citazione di Isaia, Gesù sembra proclamare un 'giubileo' straor dinario. Con l'annuncio di 'un anno di grazia del Signore', afferma che la
propria venuta realizza le speranze del popolo, intendendo con questo
termine un popolo non più particolare, ma universale" 99. Gesù si dichiara il
98
Cf. W . TRILLING, Commenti spitituali nel nuovo testamento. Vangelo secondo Matteo ,
I, Roma 1964, 162.
99
J. RADERMAKERS-BOSSUYT P., Lettura pastorale del Vangelo di Luca, Bologna
1983, 211.
-67profeta messianico annunciato da Is 61,1: il tempo dunque dell'adempi mento delle promesse inizia col suo ministero pubblico, come ci viene suggerito dall'uso del verbo di compimento (4,21).
La seconda parte di questa sottosezione (4,31-44) mostra che realmente
le parole di Isaia trovano realizzazione visibile e piena nell'agire di Gesù.
Qui infatti, mostrandoci la missione di Gesù a Cafarnao, Luca mette in
evidenza che la potenza salvifica di Gesù è ormai all'opera.
La finale di questa sequenza letteraria (4,43-44), presenta l'uscita di
Gesù verso un luogo deserto e un ampliamento del ministero del Messia:
"Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo
sono stato mandato".
Con 5,1 inizia la seconda sottosezione che possiamo vedere estesa fino
a 6,19. Fino a questo punto, Gesù è messo in scena da solo, senza alcun
discepolo, senza neppure una cerchia di simpatizzanti attorno a lui. Al
contrario di Marco infatti, "Luca non ha posto la vocazione dei primi disce poli all'inizio del ministero pubblico. Soltanto ora entrerà in scena il gruppo
dei discepoli; la parola e l'opera potente di Cristo precedo no la loro risposta
a seguire Gesù e la rendono più verosimile" 100.
In questa parte del Vangelo, Gesù percorre il paese dei Giudei, svol gendo la sua attività profetica in opere e in parole(Cf. At 1,1). É sig nificativo che al propagarsi della sua predicazione, corrisponda una estensione
dell'uditorio: dagli ascoltatori delle sinagoghe, alla folla numerosa che viene
a lui, fino ai peccatori. Infatti già in 5,2 viene sottolineato che la folla faceva
ressa attorno a lui per ascoltare la parola di Dio. Alla fine poi della
sottosezione, in 6,18, ritorna ancora una volta questo motivo: molte per 100
G. ROSSÉ, Il Vangelo di Luca, Roma 1992, 169.
-68sone vengono da tutta la Giudea per ascoltare ed essere guariti dalle loro
malattie.
Ma è soprattutto il gruppo dei discepoli, che si stanno costituendo attorno a Gesù, che interessa a Luca. In riferimento alle folle che vogliono
ascoltare la parola (5,2;6,18) e che prefigurano il futuro ambiente missio nario del tempo della Chiesa, Luca colloca all'inizio della sottosezion e
(5,1-11) la chiamata di Pietro e alla fine (6,12-17) la scelta dei dodici. Saranno questi i futuri "testimoni" che dovranno rispondere alle esigenze della
missione e fare da paradigma per i missionari del tempo lucano. In questo
modo
5,1-6,19
viene
a
ricevere
un
orientamento
profondamente
ecclesiale 101, a differenza della sequenza precedente che era di carattere
cristologico. Attraverso l'immagine di Gesù che si muove in tutta la Palestina, che insegna, guarisce e proclama la propria dottrina, traspare a poco
a poco l'immagine di una Chiesa profondamente unita al suo Signore, tra scinata dal suo movimento missionario, spinta ad aprirsi alle folle, ad en trare nelle case dei peccatori, e a guarire ogni sorta di infermità. 102
La guarigione del lebbroso è un segno per la futura Chiesa che ormai la
salvezza si è fatta visibile nella persona stessa di Gesù e i futuri discepoli
dovranno rifarsi a questi gesti salvifici per essere anche loro segni e stru menti dell'agire salvifico di Dio.
101
Cf. M. THEOBALD, "Die anfänge der Kirche. Zur Struktur von Lk 5,1 -6,19, NTS 30
(1984), 91-108.
102
Cf. Ibid, 169-170.
-69B- Lc 5,12-16: rielaborazione letteraria di Mc 1,40-45
Come abbiamo già fatto per Mt 8,1-4, presentiamo qui i due testi mettendo in evidenza le differenze delle due versioni:
Mc 1,40-45
E viene a lui un lebbroso supplicandolo e
inginocchiandosi, dicendogli: "Se vuoi puoi
mondarmi".
Ed (egli) mosso a compassione, stesa la
mano, lo toccò e gli dice: "(Lo) voglio, sii
mondato!".
Lc 5,12-16
E avvenne che mentre egli era in una
delle città, ecco un uomo pieno di lebbra;
ora, vedendo Gesù, cadendo sulla faccia, lo
pregò, dicendo: "Signore, se vuoi, puoi
mondarmi". Ed (egli), stesa la mano, lo toccò
dicendo: "(Lo) voglio, sii mondato!".
E subito la lebbra andò via da lui.
E subito andò via da lui la lebbra, e fu
mondato.
Ed (egli), ammonitolo severamente, su bito
lo cacciò, e gli dice: "Bada di non dir niente a
nessuno, ma va', mostrati al sacerdote (Lev
13,49;14) e presenta per la tua purificazione
ciò che ha ordinato Mosè a testimonianza per
essi".
Ma egli, uscito, cominciò a proclamare e a
divulgare la notizia, così che egli non poteva
più entrare palesemente in città, ma stava
fuori, in luoghi deserti; e(ppure) venivano a lui
da ogni parte.
Ed egli prescrisse di non dir(lo) a nes suno:
"Ma, andato (che tu sia), mostrati al sa cerdote (Lev 13,49,14) e presenta per la tua
purificazione come ha ordinato Mosè a
testimonianza per essi".
Ma la notizia a suo riguardo si diffondeva
sempre più, e grandi folle si riunivano per
ascoltarlo e per farsi guarire dalle loro in fermità. Ma egli si teneva ritirato nei deserti e
pregava.
Ad un primo approccio i due testi sembrano manifestare una somiglianza
abbastanza evidente. Luca è stato infatti molto fedele al testo originario di
Marco, anche se ha aggiunto alcune varianti.
Osserviamo che i ritocchi più evidenti, sono percepibili all'inizio e alla fi ne del testo di Luca.
All'inizio (nel v.12), Luca ci offre una indicazione molto vaga de l luogo in
cui si sarebbe svolto il fatto miracoloso. Marco rimaneva comple tamente in
silenzio su questo punto. L'indicazione "in una delle città" si riallaccia con
-70ogni probabilità a 4,43 103. Ulteriori aggiunte lucane sono l'espressione "ed
ecco" e la precisazione "pieno di lebbra" che qualifica la gravità della ma lattia.
Oltre a queste piccole precisazioni, Luca aggiunge, sempre nel v.12, un
termine cristologico, che già Matteo aveva inserito nel testo marciano. E' il
titolo  in cui emerge con evidenza la riverenza religiosa
dell'uomo malato che chiede di essere miracolosamente guari to 104. In Gesù
egli riconosce il esaltato al cielo che è presente ed opera
potentemente nella Chiesa. Lo stesso gesto di riverenza del lebbroso che
cade con la faccia a terra, dopo essersi inginocchiato, costituisce
un'ulteriore modifica dell'atteggiamento che Mc aveva evidenziato nel suo
testo.
Alla fine del racconto, invece, e precisamente nei vv.15 -16, Luca opera
alcuni ritocchi che mostrano la sua mano di teologo e narratore.
Inanzitutto nel v.15 possiamo notare che l'ex-lebbroso non disubbidisce
al comando di Gesù, come aveva fatto in Mc.
In secondo luogo Luca offre una motivazione diversa al fenomeno della
gente che accorre a Gesù. Le folle infatti, non vengono a lui perché attratte
dal fatto miracoloso, come lascia intravedere Mc. (1,45), ma per ascoltare e
successivamente per farsi guarire (Lc 5,15). L'accento lucano è dunque
ben diverso ed ha una valenza teologica che più sotto chiariremo.
103
"Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato
mandato".
104
Cf. J. ERNST, Luca, 258.
-71Infine, nel v.16 Luca introduce un tema a lui molto caro. Si tratta della
preghiera. Essa diventa in questo versetto il motivo determinante della fuga
di Gesù dalla gente, verso luoghi deserti.
C- Prospettiva teologica lucana
Le modifiche che Luca ha operato su Mc 1,40-45 non sono casuali. Con
esse, egli ha voluto trasmettere un messaggio alla sua comunità che atten tamente ascoltava gli eventi di salvezza compiuti da Gesù. Cerchiamo allora di spiegare perché il nostro evangelista ha operato questi ritocchi lette rari.
La precisazione geografica, "in una delle città" 105 , che prima avevamo
evidenziato, è certamente molto generale e assomiglia del resto a quella
indicata anche in Lc 4,44: "E andava predicando nelle sinagoghe della
Giudea". E' certamente strano come, con questa precisazione geografica,
Luca non tenga conto del fatto che un lebbroso non poteva entrare pubbli camente in una città. Ma in fondo pare che qui "Luca non persegue una
intenzione geografica ben precisa; il suo scopo è unicamente quello di
fondare, nel caso singolo e concreto, una narrazione esemplificatrice in cui
viene fatta una precisa asserzione. Ai fini della narrazione conta unicamente l'uomo nella sua situazione di bisogno" 106. Vanno in questo senso le
105
Ogni evangelista presenta una localizzazione diversa del fatto: infatt i Matteo (8,1) lo
ambienta ai piedi del monte delle beatitudini e Marco (1,39) in qualche luogo della
Galilea. Ciò significa che l'episodio circolava come unità letteraria indipendente (forse
come parte di una raccolta) che ogni evangelista pone dove gli c onviene, essendo
andato perso il contesto e le circostanze storiche. Questo non depone a favore della
non storicità del miracolo, anche se non ne abbiamo la descrizione oggettiva e la
localizzazione esatta, ma ci troviamo di fronte a un racconto schematizz ato a fine
prettamente teologico. Cf. G. ROSSÉ, Luca, 176.
106
J. ERNST, Luca, 258.
-72espressioni, "Ed ecco" che porta l'attenzione del lettore sul malato che
irrompe nella scena, e il ritocco lucano "pieno di leb bra",
che vuole porre
in evidenza la gravità della situazione in cui si trova quest'uomo.
Ma oltre a questo, l'indicazione che qui Luca, propone risponde a quel
movimento di ampliamento del ministero di Gesù che era iniziato in 5,1 con
l'accorre delle folle verso di lui. Ormai la salvezza sta dilagando in ogni
parte della Giudea e niente può arrestare il suo cammino.
L'espressione "cadendo sulla faccia" (v.12) rafforza ulteriormente il gesto
descritto nel testo marciano e mette in evidenza come sia in atto una forma
di sottomissione alla superiore potenza del divino che sta irrom pendo nella
scena. Va in questo senso l'esclusione di quei sentimenti che non
s'adeguano all'alta immagine del , come la rabbia di Mc 1,41 o il
fremere e cacciare di Mc 1,43. A Luca, come del resto abbiamo visto per
Matteo, preme evidenziare questo aspetto trascendente di Gesù che appa re in tutta la sua potenza e autorità. Ma se in Matteo il termine
aveva più una valenza pasquale e cristologica, in Luca esso
assume
una
sfumatura
ecclesiale.
Ormai
siamo
di
fronte
al
della Chiesa, di quella Chiesa che lui stesso dopo la Pasqua
inaugurerà con il dono dello Spirito (Cf. At 2,1s).
Una sottolineatura va fatta anche a proposito del comando di tacere con tenuto in 5,14. Anche se il testo rimane fedele al v.44 di Mc., qui, l'ordi ne
del silenzio non è più compreso nella prospettiva del segreto messianico 107.
"L'evangelista vi vede piuttosto una consegna di prudenza: sia in previsione
del ritirarsi di Gesù nel deserto (v.16), sia perché è meglio che il guarito
faccia constatare ufficialmente il suo stato nuovo dal sacerdote, secondo la
107
Cf. Ibid, 258.
-73prescrizione della Legge (Lev 14) che comporta anche l'offerta di un sacrifi cio; allora la notizia potrà essere resa pubblica e l'ex-lebbroso ottenere
l'integrazione sociale" 108 . Il lebbroso non trasgredisce questo comando
perché, nella prospettiva lucana, l'annuncio di ciò che è avvenuto si impone
da sé, senza l'aiuto di un cripto-missionario che invece Marco aveva
intravisto nella persona del lebbroso guarito.
La modifica che certamente riveste, più delle altre, un'importanza a livello teologico è quella che Luca opera nel v.15. Qui infatti le folle accor rono a Gesù, non tanto per il fatto miracoloso, quanto per ascoltarlo e suc cessivamente per farsi guarire. Lo schema è certamente poco realistico,
perché sarebbe più logico che sono le guarigioni a riscuotere tra la gente
successo, più che l'ascolto di un eccellente predicatore, ma Luca ha pro babilmente un fine ben preciso da perseguire. Ciò che gli interessa è la
"futura missione ecclesiale". Luca è preoccupato di evidenziare che è
importante cogliere, non tanto il fatto in se stesso, ma quanto le guarigioni
vogliono esprimere e significare. L'ascolto deve precedere la guarigione:
l'ascolto della Parola di Dio, infatti, è il solo che può illuminare anche il
significato teologico e salvifico dei fatti miracolosi nel tempo della missione
ecclesiale.
Infine è tipico della teologia di Luca, l'accenno alla preghiera, contenuto
nel v.16. Non è la paura della gente a costringere Gesù alla fuga in luoghi
deserti (Mc 1,45), ma la "coscienza della comunione col Padre" 109 . Nei
108
J. ROSSÉ, Luca, 177.
109
J. ERNST, Luca, 260.
-74luoghi deserti Gesù torna alla sua relazione comunionale col Padre, da
dove proviene la sua missione salvifica e la forza di essere-per-gli-altri 110.
Anche in questo suo ritirarsi in preghiera all'interno della sua attività
missionaria, Gesù può diventare esemplare per la futura attività dei testi moni ecclesiali.
110
Cf. G. ROSSE', Luca, 178.
-75-
CONCLUSIONE
Il lavoro che ho cercato di svolgere, pur nelle difficoltà che esso ha
comportato, mi è servito prima di tutto per approfondire maggiormente il
mio rapporto con il testo biblico e per conoscerne i contenuti e la fecondità
nella mia vita di credente.
All'arricchimento interiore si è aggiunta anche l'acquisizione di un meto do di analisi letteraria che mi ha permesso di capire quali differenze, a
prima vista non visibili, sussistano tra le varie redazioni dei vangeli. Tante
volte non avevo dato peso al fatto che uno stesso episodio venisse letto in
maniera diversa e secondo prospettive differenti dai vari autori e non avevo
scoperto come dietro a queste diversità si nascondesse una precisa
intenzione teologica.
A
conclusione
dell'analisi
prodotta,
è
possibile
evidenziare
sinteticamente, quali prospettive teologiche i tre sinotti ci hanno fatto
trasparire con i loro diversi racconti.
Marco ha composto il suo racconto, in modo tale da far risal tare due
tematiche essenziali della sua teologia: il segreto messianico e l'azione del
"proclamare".
Attraverso
la
prima
egli
ha
insistito
sul
pericolo
di
comprendere male il messianismo di Gesù e la salvezza che egli reca,
mentre con il secondo tema, Marco ha intravisto nell'ex-lebbroso il primo
annunciatore (cripto-missionario) della Parola, cioè colui che comunica il
messaggio racchiuso nel gesto di Gesù.
L'incontro con le opere prodigiose di Gesù può essere ambiguo e falso
come ogni tentativo di catturare e bloccare il regno di Dio in un'immagine di
potenza taumaturgica. Solo l'incontro con la persona di Gesù, che rimanda
-76ad una inesauribile scoperta della sua identità più profonda di Figlio di Dio
crocifisso, provoca ogni uomo a un'apertura che lo tra sforma tutte le volte
in un annunciatore del regno che viene 111.
Matteo dà alla guarigione del lebbroso un orientamento decisamente di verso da quello di Marco. Egli ha operato alcune modifiche, che manife stano la preoccupazione di chiarire il rapporto sussistente tra Gesù e la
Legge. A quegli "antinomisti" presenti probabilmente nella sua
comunità,
egli ricorda che Gesù non è venuto ad abolire la Legge e i profeti ma a
portarla a compimento (Mt 5,17). In 8,1-4 il primo evangelista insiste su
questa tematica mostrando che queste parole di Gesù si sono realizzate
(v.4).
Oltre a questa prospettiva, Matteo insiste anche sul rapporto tra G esù e
l'A.T. Mostrando Gesù come il compimento della profezia di Isaia (Is 53,4),
egli ha voluto indicarci la continuità del progetto salvifico di Dio, lungo tutto
l'arco della storia della salvezza.
Luca, infine, evidenzia maggiormente, rispetto agli alt ri due, il tempo
della Chiesa. Esso è stato preparato dal tempo di Gesù, in cui attraverso
parole ed opere, egli ha mostrato ai futuri discepoli un modello da seguire e
da imitare. Essi, chiamati ad essere continuatori dell'opera di Gesù, do vranno guardare al suo esempio, per essere degni testimoni della Parola
che salva ogni uomo malato nel corpo e nello spirito.
111
R. FABRIS, Marco, 651.
-77BIBLIOGRAFIA
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