DIOCESI DI TERMOLI-LARINO Sussidio biblico-pastorale « Uniti nel Verbo Incarnato per edificare la Chiesa» ITINERARIO MATTEANO DELLA LECTIO DIVINA PER LE SETTIMANE DI AVVENTO E NATALE 2007-2008 CARISSIMI, “S See ffiioorriissccee llaa PPaarroollaa,, ffiioorriissccee llaa CChhiieessaa”” scriveva Lutero. Non posso che condividere questa affermazione: basta scorrere la storia della Chiesa per coglierne la verità; quando uomini e donne si sono riaccostati al Vangelo con piena disponibilità e adesione “sine glossa”, è fiorita la santità, la comunità ecclesiale è risultata rinnovata a beneficio dell’intera umanità. Faccio solo dei nomi: Antonio il grande, Benedetto, Francesco, Caterina da Siena….. Il motivo è presto detto: “Attraverso la comunicazione della Parola passa il pensiero divino, passa il Verbo, il Figlio di Dio fatto Uomo. Si potrebbe asserire che il Signore si incarna dentro di noi quando accettiamo che la sua parola venga a vivere dentro di noi” (Paolo VI). Infatti “il vangelo non è un discorso solo informativo, ma operativo,non è solo comunicazione, ma azione, forza efficace, che entra nel mondo salvandolo e trasformandolo.” (Benedetto XVI, in Gesù di Nazareth). Rendo grazie a Dio, perché nella nostra chiesa particolare è attiva da tempo una prassi seria e costante di rapporto con la Parola di Dio: attraverso la diffusione della prassi della lectio divina che in alcune comunità parrocchiali ha cadenza settimanale, in altre viene attivata durante i tempi forti; attraverso la nascita di gruppi biblici e l’attenzione formativa, ormai quadriennale, agli animatori biblici. Vengo a ribadire una verità fondamentale: perché la Parola generi la vita e porti tutti i suoi frutti occorre accoglierla e viverla. Davanti al Verbo di Dio che parla e si comunica, la principale attività che ci è richiesta è quella dell'ascolto e dell'accoglienza. «Ascoltatelo» è, appunto, il comando che il Padre rivolge ai discepoli nei confronti del Figlio suo. È un ascolto fatto più col cuore che con le orecchie. La Parola, infatti, porta frutto soltanto se trova un terreno fertile, ossia quando cade in un «cuore buono e perfetto» (cf. Lc 8, 15). Ma non basta meditare la Parola di Dio, non basta penetrarla con la mente, pregare con essa, trarne qualche considerazione o qualche proposito. L'autentico ascolto della Parola si traduce in obbedienza, nel fare ciò che essa domanda. Occorre lasciarsi lavorare dalla Parola, fino al punto che essa arrivi a informare l'itero vissuto cristiano. Occorre applicarla a tutte le circostanze della nostra esistenza, occorre trasformarla in vita, come ammonisce san Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori» (Gc 1, 22). C’è un percorso da fare nel rapporto con la Parola di Dio. a) La vita viene prima della parola Nella seconda lettura di Clemente Romano ai Corinti, si legge: “Quando i pagani ascoltano dalla nostra bocca i detti di Dio, ne ammirano la bellezza e la grandezza; ma, quando poi si rendono conto che le nostre opere non corrispondono alle nostre parole, allora cambiano idea e cominciano a bere, dicendo che il cristianesimo è solo un mito e un inganno” E ancora Agostino: “Le sue parole rimangono in noi, quando facciamo quanto ci ha ordinato e desideriamo quanto ci ha promesso; ma quando invece le sue parole restano, sì, nella nostra memoria, ma non se ne trova traccia nella nostra vita e nei nostri costumi, allora il tralcio non fa più parte della vite, perché non assorbe più la vita della sua radice.” b) Viverla nel momento presente Il mondo ha bisogno di una cura di Evangelo perché solo la Buona Novella può ridargli quella vita che gli manca. Ecco perché è importante che la parola del vangelo cali nella nostra vita quotidiana e la illumini portandoci ad agire in un modo piuttosto che un altro. Fondamentalmente essa ci porta ad uscire dalle nostre vedute, dalla ricerca del nostro interesse, dalla ricerca del nostro tornaconto e ci spinge a decentrarci sull’altro, sui soui bisogni. E questo nel momento presente, che è l’unico che abbiamo a disposizione. La Parola di Dio, entrando in noi, contesta, infatti, il modo di pensare e di agire umano e ci introduce nel nuovo stile di vita inaugurato da Cristo. Chi vive il Vangelo può arrivare con Paolo ad avere «il pensiero di Cristo»; acquista la capacità di leggere i segni dei tempi con lo stesso sguardo di Cristo e quindi incide con creatività nella storia; sperimenta la vera libertà, la gioia, il coraggio della coerenza evangelica; trova una fiducia nuova nel Padre, un rapporto di autentica e sincera figliolanza e, insieme, un atteggiamento concreto e fattivo di servizio verso tutti. c) Così si comunica con il Signore Risorto “Ditemi, fratelli, - scrive Agostino - che cosa vi pare che valga di più: la parola di Dio o il Corpo di Cristo? Se volete rispondere il vero, dovete convenire che non è meno la parola che il Corpo di Cristo. E quindi, se quando ci viene amministrato il Corpo di Cristo usiamo ogni attenzione che non ne cada nulla dalle nostre mani per terra, allo stesso modo dobbiamo stare attenti che la Parola di Dio, quando ci viene sommministrata, non svanisca dal nostro cuore, perché parliamo o pensiamo ad altro. Non sarà meno colpevole chi avrà accolto negligentemente la parola Dio, che colui che per sua disattenzione avrà lasciato cadere il Corpo di Cristo”. d) Occorre poi dare quello che si è ricevuto, per poterlo avere realmente Non basta accogliere e vivere la Parola. Essa va condivisa. Lo facciamo nella catechesi, nelle omelie, nella predicazione degli esercizi. Quello che forse non sempre facciamo è donare il frutto della Parola. La Parola è un seme seminato nella nostra vita. Il terreno buono non restituisce il seme, ma il frutto. Così dovremmo comunicare non soltanto la nostra riflessione sulla Parola di Dio, ma soprattutto quello che essa ha operato una volta accolta nel terreno della nostra vita. Non è vero che sono più credibili i testimoni dei maestri, o i maestri se sono anche testimoni? Questo ci lascia intravedere pure qual è il tipico annuncio cristiano. Si tratta di comunicare una vita (la Vita), e quindi di testimoniare un'esperienza, come aveva ben capito la comunità giovannea: «Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato... noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1 Gv 1, 1-3). C'è una dinamica del Vangelo quando lo si prende in modo serio e lo si vive: dapprima la Parola illumina le singole azioni ( fatto tipico di questo periodo è la gioia che si sperimenta dopo la singola esperienza) in un secondo tempo diventa il filo d’oro che lega l'intera giornata (in questo periodo capita che la sera, rivedendo la propria giornata, si avverte, nell'anima, una Presenza mai sperimentata prima). Accade poi che, un giorno, rivedi tutta la tua vita legata da un filo d'oro: è l'Amore di Dio che vi è entrato attraverso la Parola vissuta. Infine è tutta la vita che sa di Vangelo: i santi dicono con Paolo: "non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me" Ecco, carissimi, auguro a ciascuno di poter percorrere fino in fondo il Cammino della Parola, esso ci porta a camminare con Gesù, ad essere altri Gesù. Buona strada, allora. La Vergine Santa, Donna dell’ascolto e dell’obbedienza, prima discepola, ci è sicuramente vicina e ci sprona con il suo “fate quello che Egli vi dirà” a coltivare in noi e nelle nostre comunità l’attenzione giusta alla Parola. + Gianfranco, vescovo PERCORSO DELLE SEI LECTIO E INDICAZIONI METOPDOLOGICHE Il percorso è composto di sei lectio divine, cadenzate secondo un ritmo settimanale. schematicamente la possibile tempistica, i testi biblici e il tema. settimana dell’incontro 1. sett. 26/11 - 2/12 2. sett. 3/12 - 9/12 3. sett. 10/12 - 16/12 4. sett. 17/12 - 23/12 5. sett. 24/12 - 3/12 6. sett. 31/12 – 6/01/08 testo biblico Indichiamo tema L’attesa fedele dello Sposo L’annuncio della conversione La parabola del seme Gesù è l’Emmanuele La famiglia di Gesù Gesù nella prova Mt 25,1-13 Mt 3,1-12 Mt 13,1-23 Mt 1,18-25 Mt 2,1-23 Mt 4,1-12 - Il percorso inizia nella settimana che precede l’inizio del tempo di Avvento e prosegue per tutto il tempo di Avvento e Natale fino alla Solennità dell’Epifania. - La presentazione dei brani tematici è articolata in 6 parti, segnalati da icone: A) IL TESTO BIBLICO: B) BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE: C) SPUNTI PER LA MEDITAZIONE: D) ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE: E) PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO: F) SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Per l’esercizio personale invitiamo a rileggere personalmente la pagina biblica con il seguente metodo scandito in otto punti: mi raccolgo immaginando il luogo dove Gesù (i protagonisti) sta operando e la situazione chiedo allo Spirito Santo nella preghiera di comprendere la profondità delle parole e di «fare l’incontro» con Dio nella pagina biblica mi fermo su alcune parole/espressioni che sollecitano maggiormente la mia attenzione e la mia vita in questo momento; mi chiedo perché sento di entrare in dialogo con Dio attraverso questa concreta espressione e quale situazione della mia vita sta richiamando sento che Dio vuole aiutarmi in questa particolare situazione e che Lui si rivela Dio di amore, di perdono e di speranza lo contemplo nel volto di Gesù così come questa pagina me lo rappresenta mi affido a Lui e gli chiedo di rinnovare me stesso e il mio impegno cristiano scelgo di vivere un atto/comportamento concreto in relazione a quanto ho meditato - Il sussidio è pensato per aiutare a sviluppare ed applicare il messaggio del testo alla situazione delle nostre comunità. Non vuole rispondere a tutte le domande bibliche, né fornire una documentazione completa a livello esegeticoteologico. Sarà compito delle comunità utilizzare al meglio la proposta, ampliando la presentazione dei testi, la meditazione e proponendo le applicazioni che si riterranno opportune; - il salmo finale è stato scelto sulla base dei collegamenti tematici con il testo di riferimento. - Abbiamo posto alla fine del sussidio un’essenziale bibliografia di riferimento per poter approfondire i temi trattati. 1. L’ATTESA FEDELE DELLO SPOSO & IL TESTO BIBLICO MT 25,1-13 1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. ? BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE L’avvento è tempo di fedeltà, di attesa e di vigilanza. La prima lectio del nostro percoso è contrassegnata dalla parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13). La narrazione implica due condizioni per il credente: essere nell’attesa di un compimento (in cammino verso lo sposo) ed essere aperti al futuro profetico. Fedeltà dice «vigilanza». Così la fedeltà è una virtù che guarda verso l’altro e verso l’avvento del Messia. Una figura simile, che collega fedeltà e vigilanza può essere individuata nell’immagine della «sentinella nella notte» (Sal 131,6; cf. Is 21,6). Il cuore fedele deve poter essere come «sentinella nella notte». E’ possibile cogliere nella simbologia della parabola delle dieci vergini il messaggio di fedeltà proposto nell’annuncio escatologico di Gesù. - Il racconto delle dieci vergini in Mt 25,1-13 rappresenta una delle parabole più suggestive e per insegnamenti e messaggi per ciascun credente. Soprattutto è opportuno avere presente l’idea che la vita cristiana è tutta protesa verso l’incontro fondamentale con il Padre e che in conseguenza di tale attesa, la condizione della fedeltà a questo appuntamento finale è centrale nella vita di ciascuna persona che cerca Dio. La parabola matteana delle «dieci vergini», legata al contesto narrativo precedente, è collocata tra due parabole che parlano della seconda venuta di Gesù, la parusia (il maggiordomo: Mt 24,45-51; i talenti: Mt 25,14-30). La narrazione si presenta con una formula introduttiva: «Allora il regno dei cieli sarà simile…», tipica del vangelo secondo Matteo, seguita da una presentazione dei personaggi e del contesto (dieci vergini che partecipano ad un corteo nuziale). - La storia viene presentata in tre scene importanti: nella prima scena si illustrano i preparativi che le vergini fanno per l’accoglienza dello sposo e la situazione di ritardo che fa addormentare le ragazze (vv. 2-6), nella seconda scena lo sposo arriva nel cuore della notte e si narrano gli ultimi preparativi per accoglierlo, con la constatazione che metà delle vergini non erano preparate all’arrivo dello sposo (vv. 7-9), nella terza scena si illustrano l’arrivo dello sposo e gli eventi che seguono fino alla conclusione (vv.10-13). - La vicenda assume connotati simbolici molto profondi ed attuali facendo emergere le diverse situazioni che caratterizzano le vergini protagoniste del racconto: le ragazze vengono definite già all’inizio in due categorie: «cinque stolte (môrai) e cinque sagge (phronimoi)». Occorre notare che tale distinzione è alla base del giudizio finale del cuore umano, in quanto l’aggettivo saggio designa una persona che ha cuore ed intelligenza (così l’uomo che costruisce la casa sulla roccia, cf. Mt 7,24) a differenza della stoltezza che è sinonimo di empietà e di negatività (l’uomo che costruisce la sua casa sulla sabbia). La parabola è percorsa dalla distinzione tra i due gruppi di vergini, il cui giudizio non si basa tanto sulle lampade, quanto sulla riserva di olio. Così il dinamismo del racconto verte essenzialmente sulla persona dello sposo, in cui trovano unità e soluzione le tre scene: nella prima scena lo sposo è presentato come «l’atteso che deve venire», nella seconda come «colui che sta arrivando» ed infine la terza come «colui che è arrivato». - Il punto culminante del racconto è l’incontro delle vergini con lo sposo, che rivela l’errore delle cinque vergini stolte: non aver considerato il ritardo dello sposo, senza prevedere un supplemento di riserva di olio per le lampade. Questa omissione che sembrerebbe a prima vista trascurabile e che appena emerge nella prima scena, di fatto diventa discriminante e motivo di assenza nel momento focale dell’arrivo dello sposo (seconda scena) e causa della triste esclusione dalla festa (terza scena). La sentenza finale: «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora» (Mt 25,13), inserisce questa vicenda nel discorso sulla fine dei tempi che Gesù rivolge alle folle e permette di applicare il messaggio contenuto alla vita dei credenti i quali probabilmente rinunciano alla perseveranza e alla fedeltà nella vigilanza, presumendo di conoscere tempi e modalità del loro incontro con il Signore che viene. - Si osservano alcuni importanti elementi della parabola: a) in primo luogo la parabola presenta il contesto di nozze. L’intera simbologia è riferita all’esperienza di una festa di matrimonio, dove la figura della sposa non viene menzionata (pochissimi testimoni introducono al v.1 «la sposa» come improbabile variante testuale) e in aggiunta si parla delle «vergini» che vanno incontro «allo sposo», alludendo simbolicamente alla metafora matrimoniale. Esse rappresentano concretamente l’atteggiamento della nostra vita, rivelano lo stretto rapporto che sussiste tra il credente e il regno di Dio, che è regno di amore ed esperienza nuziale. La figura dello «sposo» assume un valore metaforico: è Dio stesso, così come si rivela nell’Antico Testamento, che mediante il patto di alleanza con Israele invita alla festa e alla gioia sponsale. Così è possibile interpretare il valore del «Regno di Dio» in questa nuova prospettiva esistenziale: entrare nel regno significa interpretare la propria esistenza e quella della comunità intera (la valenza ecclesiale è data dal gruppo delle vergini) come un cammino verso l’incontro sponsale con Dio, la realizzazione dell’amore pieno e totale nella comunione con il mistero del Padre. b) Il simbolo principale è costituito dalle lampade alimentate dall’olio. L’olio non cedibile può essere ben collegato al valore della «fedeltà personale» (amore, fede, speranza …) di fronte all’imprevedibilità dei tempi di Dio. La fedeltà appartiene all’identità stessa della persona. Ecco perché le sagge non possono condividere l’olio con le stolte. In altre parole omettere la riserva di olio significa presumere di calcolare l’arrivo di Dio, quasi pretendere di condizionare alle proprie disponibilità l’incontro con il mistero ineffabile dell’Onnipotente. Tuttavia nel racconto come nella vita, non sono le vergine a dover determinare l’arrivo dello sposo; il momento della sua venuta dipende unicamente da Lui e non da coloro che lo vanno a ricevere. La lampada diventa il segno di questa fedeltà all’incontro imprevedibile con il Cristo che viene. Non tutte le vergini ne hanno tenuto conto; il loro errore consiste nel non aver saputo aspettare nella fedeltà lo sposo, credendo di poter disporre della sua venuta. c) Il ritardo della venuta dello sposo, descritto in termini antitetici alla parabola del servo spietato (Mt 24,4551), dove il ritardo del padrone induce il servo malvagio a maltrattare i suoi simili e a vivere in maniera dissoluta (kronizei: Mt 24,48), appare come il grande imprevisto, la prova inaspettata della fedeltà del credente, il dilemma dell’attesa che distinguerà il saggio dallo stolto mediante un giudizio inappellabile. L’imprevedibilità della venuta dello sposo è accentuata dal simbolismo del grido di gioia e di stupore nel «cuore della notte», che indica il superamento di ogni previsione umana dell’incontro con il Cristo. Emerge una importante verità: la parabola presenta Dio (sposo) come colui che viene incondizionatamente nella storia di ciascuno, fuori da ogni determinazione cronologica, da ogni presunto potere di calcolo o di previsione. Il giudizio sulle vergini consiste essenzialmente sul fatto di non aver accettato la logica della fedeltà verso «colui che è sempre imminente». L’invito alla vigilanza si traduce in appello alla fedeltà dell’ora presente, pur nel pericolo del sonno, delle distrazioni a motivo della lunga attesa. L’uomo fedele non è mai in ritardo, al contrario la durata della sua vita rappresenta un continuo appello a «cingersi i fianchi», secondo la raccomandazione di Gesù: «Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!» (Lc 12,35-38). d) Il discernimento si compie già nell’ora dell’attesa, nel buio della notte. Il dialogo tra le sagge e le stolte ha la funzione di mettere in evidenza la sostanziale differenza di fedeltà ai «tempi di Dio»: il diniego dell’olio non va considerato in chiave egoistica, ma letto nella prospettiva matteana in base alla responsabilità personale di ciascuno (cf. Mt 16,27) di determinare l’esito della propria vita. Per ciascun cristiano il tempo dell’attesa è «adesso»: la valenza progettuale della propria vita inizia dalla consapevolezza che è arrivato il tempo di stare pronti, di vivere nella prospettiva irripetibile dell’incontro con Dio che viene, di interpretare nel mistero della fedeltà l’attesa operosa e vigilante del credente maturo che si sottrae ad ogni calcolo. Si tratta di imparare dalla ricchezza di questa parabola un nuovo modo di rapportarsi con Dio e con il mondo, in quanto tale consapevolezza ci insegna a non fuggire il tempo presente né le responsabilità della nostra storia. Così insegnandoci a saper vivere l’attesa di Dio senza calcoli né pretese, da questa parola di Gesù impariamo anche a saper vivere l’attesa nei confronti degli uomini, mediante il compimento dell’amore nel presente storico della nostra esistenza. La fedeltà a Dio si traduce in «fedeltà all’uomo», come l’annuncio del Regno chiede a ciascun cristiano di compromettersi fin da ora con il dono della propria vita. e) L’immagine della festa di nozze per le vergini sagge si trasforma in una scena di tribunale per le stolte, così come Cristo dalla figura di sposo atteso e celebrato, diviene giudice inesorabile per coloro che hanno mancato l’appuntamento della loro vita. Impressiona la radicalità dei termini, la perentorietà della chiusura delle porte, il tono del rifiuto verso le vergini stolte espresso nella brevità del racconto, che richiama altri contesti evangelici (cf. Mt 7,21-22; 25,37.44) nella prospettiva del giudizio finale. La festa dell’amore, simboleggiata dalle nozze del Figlio indica che fin dal momento presente incomincia l’attesa del regno e ciascun credente è chiamato alla fedeltà di Dio, che si traduce nella fedeltà quotidiana della croce in vista della resurrezione (probabile allusione al sonno e al risveglio delle vergini). L’invito a tenere le lampade accese implica ulteriori significati biblici: l’invito alla vigilanza in uno stato di pellegrinaggio, a camminare vincendo le tenebre in attesa di Cristo (2Pt 1,19). Impegnarsi con Cristo è comunque essere nella fedeltà delle vergini sagge. Æ SPUNTI PER LA MEDITAZIONE La ricchezza dei messaggi contenuti nella parabola delle dieci vergini ci induce a riflettere sul significato e sui modelli della fedeltà del cristiano. Il richiamo pressante alla vigilanza è invito alla fedeltà di una comunione vitale. Emergono in sintesi tre prospettive della fedeltà: - La fedeltà all’incontro con Cristo. L’appuntamento della nostra storia è dato dall’incontro con il Signore risorto. La vita interpretata in questa prospettiva non può essere banalizzata da una semplice parabola cronologica, ma chiede di essere compiuta nell’attesa dell’incontro determinante e progettuale di Dio con l’uomo. Nella parabola evangelica questa verità è simboleggiata da un corteo festivo «verso lo sposo» e il credente è paragonato alla vergine nella gioiosa e luminosa attesa di raggiungere la meta della sua esistenza. L’incontro finale ha come condizione l’esperienza della fiducia che Egli possa raggiungerci mentre nella notte rimaniamo pronti e fedeli. - La fedeltà al momento «presente». Infatti l’invito alla vigilanza non è da interpretare nel senso della paura dell’ira di Dio, ma alla luce del mistero pasquale esso conferma l’importanza del «tempo presente», dell’oggi della salvezza. Per questo gli amici dello sposo non possono digiunare quando lo sposo è con loro (Mc 2,19), in quanto la vicinanza del Regno annulla ogni determinazione spazio-temporale ed afferma che il tempo dell’attesa di Dio è adesso. Essere fedeli all’ora presente significa non lasciarsi sfuggire l’incontro con l’Eterno, che ci chiede di incontrarlo «qui ed ora» nella concretezza della nostra vita e nella libertà della nostra coscienza. Il cristiano possiede la consapevolezza dell’impegno «dentro la storia», perché nell’attesa dell’incontro con Dio egli vive la pienezza dell’incontro con i fratelli, momento per momento. - La fedeltà all’uomo e al suo destino di felicità. La fedeltà all’uomo è parte integrante dell’incontro con il Padre, così come l’amore per Dio è posto accanto a quello per il prossimo. La parabola delle «dieci vergini» chiede a ciascuno di noi la responsabilità di un’attesa comunitaria che possa annunciare il «vangelo della fedeltà» per ogni uomo. Imparare a costruire «insieme» le condizioni perché le nostre comunità sappiano vivere il tempo dell’attesa come un «dono» e un «impegno» voluti da Dio. ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE - La parabola delle dieci vergini ci fa comprendere la «responsabilità» di condividere l’attesa del Regno e dello Sposo che viene: come viviamo nelle nostre comunità questa attesa? - L’atteggiamento delle vergini non è uguale: le stolte sono impreparate, mentre le vergini sagge sanno prepararsi a questo incontro: come fare per prepararsi all’incontro con il Dio che viene? La preparazione implica un cuore docile alla Parola e alla grazia: come favorire l’incontro con Dio nella nostra vita? - Il giudizio del Signore è sempre aperto alla misericordia: la parabola vuole farci entrare nella dinamica della misericordia di Dio. Comprendiamo l’importanza di vivere la misericordia? PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO Fermati a meditare su alcune parole-chiave della pagina evangelica: dieci vergini, cinque erano stolte e cinque sagge lampade, olio, lo sposo tardava, si assopirono, un grido, si destarono e prepararono le loro lampade che non abbia a mancare arrivò lo sposo la porta fu chiusa Non i conosco Vegliate SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Salmo 131 Ricordati, Signore, di Davide, di tutte le sue prove, 2 quando giurò al Signore, al Potente di Giacobbe fece voto: 3 «Non entrerò sotto il tetto della mia casa, non mi stenderò sul mio giaciglio, 4 non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, 5 finché non trovi una sede per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe». 6 Ecco, abbiamo saputo che era in Efrata, l'abbiamo trovata nei campi di Iàar. 7 Entriamo nella sua dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi… 2. L’ANNUNCIO DELLA CONVERSIONE & IL TESTO BIBLICO MT 3,1-12 1 In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, 2 dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». 3 Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! 4 Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. 5 Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; 6 e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. 7 Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? 8 Fate dunque frutti degni di conversione, 9 e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. 12 Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile». ? BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE - La seconda lectio presenta l’annuncio della conversione svolto da Giovanni Battista in Mt 3,1-12. Siamo invitati ad entrare nella comunità dei credenti, accogliendo l’invito alla conversione e il segno del battesimo di penitenza. Il tempo dell’avvento è tempo di verifica e di purificazione della nostra vita. Giovanni Battista si presenta come il «profeta» della conversione e dell’annuncio della Messia. - Mt 3,1-12 si articola un due unità: vv. 1-6 la figura di Giovanni Battista: vv. 7-12: l’appello alla conversione. Nei vv. 13-17 si narra del battesimo di Gesù. Si tratta di una tradizione letteraria e teologica riportata da tutti gli evangelisti: questo aspetto conferma l’importanza della figura del Battista e della sua predicazione profetica. Essa è segnalata tra le attese dell’Antico Testamento, nel quadro della «teologia dell’esodo» in Is 40. Al v. 2 si riporta l’annuncio della conversione (che sarà ripreso successivamente da Gesù in Mt 4,17). - L’evangelista si mostra particolarmente attento al compimento delle Scritture e le «personifica» nella missione del «profeta escatologico» all’inizio del vangelo. La prima parola del Battista è «convertitevi» (metanoeite): di fronte all’inizio del tempo nuovo del Regno, la preparazione del cuore deve cominciare dalla «conversione». - «Conversione»: il verbo indica un cambiamento radicale del modo di pensare e di essere (meta /nous). Ma indica anche un dinamismo, un «ritorno» (teshûvah, dall’ebraico: shûb – ritornare). La dinamica della «critificazione» è espressa bene n Paolo: abbiate il «pensiero di Cristo» (cf. 1Cor 2,16). Così la conversione è un «percorso di unità» con Cristo: diventare uno «in Lui», mediante la sua grazia. - «Il regno dei cieli si è fatto vicino» (eggiken ē basileia tōn ouranōn). Il nucleo del messaggio battesimale è concentrato sul significato del «Regno dei cieli». Il Regno è il tema ricorrente nel vangelo. Esso è stato diversamente interpretato, avendo presente il senso della metafora dell’Antico Testamento. Regno indica la «signoria», la presenza trasformante di Dio che si prende cura del suo popolo. Si tratta di una immagine che evoca la storia di Israele e il tempo della monarchia. Questo Regno ha avuto diverse letture parziali: a) interpretazione politica, secondo al quale il Messia sarebbe equiparato ad un leader politico-militare in grado di rifondare l’autonomia del regno israeletico; b) interpretazione etnica, in base alla quale il regno costituirebbe la «comunità ebraica» dispersa e perseguitata lungo la storia; c) interpretazione legalistica, per la quale il regno implicherebbe l’adesione all’alleanza e ai comandamenti della Legge mosaica -Tuttavia l’annuncio della conversione e della venuta del Regno assume una chiara interpretazione messianica. Le promesse di Dio si realizzano nella «storia» di Israele e nell’avvento di un Regno celeste. Ma cosa è il Regno? Presente/passato/futuro. Idea o persona? Energia spirituale e potere storico? La lettura dell’intero vangelo sottolinea la dimensione «trinitaria» del Regno dei cieli: esso è essenzialmente è l’amore trinitario di Dio. La stessa persona di Gesù è espressione dell’amore trinitario che «porta a compimento» le attese del popolo (Gesù = autobasileia, affermava Origene). - Nei vv. 4-6 Il Battista è presentato come «profeta della fine dei tempi»: si nota la singolare descrizione del vestito e del vitto. Giovanni appare come l’uomo dell’essenziale. Le immagini sono volutamente forti e si collegano alle attese della gente: il profeta che verrà dal deserto, è il nuovo Elia, annuncerà la venuta del Messia con radicalità. Questa radicalità è espressa nelle invettive contro gli scribi, i farisei, i sadducei (cf. anche il capitolo Mt 23). - In tal modo tutti, anche coloro che si sentivano «giusti», sono chiamati alla conversione. La predicazione del Battista annuncia la conclusione dell’esilio e il «giudizio» definitivo del Signore. Per tale ragione occorre impegnarsi a fare «frutti degni di conversione» (v. 8), evitado di strumentalizzare la fede dei padri e la figura di Abramo. Già da queste parole «forti» si nota la sottolineatura della comunità: costruire la comunità significa vivere lo stile di una nuova famiglia, non più segnata da differenze etniche, ma aperta alla grazia e alla fede in Dio. - Giovanni propone il Battesimo con «acqua», che richiama il simbolismo lustrale dei gruppi essenici. Il motivo biblico dell’acqua assume un forte simbolismo per i credenti: l’acqua è elemento di purificazione e di fecondità. Immergersi nell’acqua del Giordano, vuol dire iniziare un «cammino di liberazione» per entrare nella «nuova terra promessa», che è rappresentata dalla Chiesa. L’elemento lustrare si collega al movimento battista, che usava l’acqua come purificazione da ogni forma di impurità rituale. - Nei vv. 11-12 Giovanni è presentato come «precursore»: egli non è degno di portare i sandali del suo Signore; chi viene è «più potente». Conviene fermarsi su questa straordinaria figura evangelica, che lungo il tempo di Avvento viene proposta come modello di attesa e di conversione. La persona di Giovanni, colui che Gesù chiamerà «profeta più grande di tutti i figli di donna» (cf. Mt 11), diventa per noi un esempio di vita. - Giovanni è l’umile credente, che «riconosce» in Gesù il Figlio di Dio e nel battesimo lo testimonia in modo solenne. La sua testimonianza sarà poi confermata con il martirio, che riceverà per mano di Erode (cf. Mt 14,1-12). Giovanni diventa il «discepolo» del regno e la sua persona anticipa il compimento messianico delle promesse di Dio al suo popolo. SPUNTI PER LA MEDITAZIONE - Il tempo dell’avvento diventa per noi un «tempo giovanneo»: ci viene chiesto di vivere il deserto e rifare il cammino battesimale per accogliere il Signore che viene. Ci viene chiesto di disporci all’essenziale, di entrare nella sapienza dell’attesa e dell’ascolto di una Parola di speranza. Ci viene chiesto di uscire dal nostro egoismo e di entrare nella vita della comunità: con-dividere, con-sperare, con-seguire l’amore di Dio che si rivela nell’annuncio del Regno imminente. - Un aspetto significativo della presentazione giovannea è quello del «deserto». Sappiamo l’importanza simbolica del deserto nella storia di Israele. Esso costituisce una dimensione importante del processo di liberazione e di alleanza del popolo eletto. Come per l’annuncio del Battista, il tempo di avvento è un «entrare nel deserto»: siamo chiamati a fare esperienza dell’essenzialità contenuta nel deserto. - Il motivo del Regno domina non solo questa presentazione, ma l’intero itinerario della predicazione matteana. Regno di amore e di pace: ma esso implica il «farsi violenza» per entrare (cf. Mt 11,12), cioè un cammino di conversione e di ripensamento della propria vita. Si può anche pensare al regno nei termini farisaici. La predicazione del Battista ci mette in guardia: non dobbiamo mai strumentalizzare l’annuncio del Regno ed escludere dalla nostra esistenza la «novità» della venuta di Dio. L’attesa vigilante del Regno implica la totale disponibilità del nostro cuore. - Giovanni annuncia il regno e «battezza con acqua». Ecco il secondo aspetto del nostro cammino comunitario: annunciare la Parola e vivere le esigenze del nostro battesimo. Il percorso essenziale che caratterizza l’itinerario dell’avvento è una strada di purificazione e di preghiera, di attesa vigilante e di impegno operoso nella carità. Siamo chiamati a «costruire insieme» la comunità, condividendo il cammino battesimale e la responsabilità della carità vergo gli altri fratelli, soprattutto verso i più deboli e bisognosi. ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE L’inizio del racconto di Mt 3 riassume le attese dell’Antico Testamento. Quali sono le attese della tua vita? Puoi definirti una «persona che sta spettando» la venuta di Dio? Quali sono i segni dell’attesa nella tua quotidianità? Giovanni Battista si presenta come il «testimone fedele» del Signore che viene: sei in grado di vivere anche tu la testimonianza «fedele» nei diversi luoghi dove vivi? Perché oggi è così difficile testimoniare il Vangelo? Le «parole forti» del profeta escatologico ci riportano all’essenzialità della nostra fede. Cosa dobbiamo fare per cogliere l’essenziale di Dio in noi? In questo tempo di Avvento, guardando alla figura della vergine Immacolata, possiamo fare alcune scelte personali che ci aiutano ad «andare all’essenziale»? Quali? Il battesimo «con acqua» per la purificazione prepara al Battesimo nello Spirito: come vivi il tuo battesimo nella comunità cristiana? Ti senti responsabile nella costruzione della tua comunità parrocchiale? PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO Fermati a meditare su alcune parole-chiave della pagina evangelica: deserto Convertitevi Preparate … raddrizzate Confessando i loro peccati Frutti degni di conversione Abramo…figli di Abramo Uno dopo di me, più potente di me Vi battezzerà in Spirito santo e fuoco Raccoglierà…brucerà SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Salmo 72 21 Quando si agitava il mio cuore e nell'intimo mi tormentavo, 22 io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia. 23 Ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra. 24 Mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella tua gloria. 25 Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. 26 Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre… 3. LA PARABOLA DEL SEME & IL TESTO BIBLICO MT 13,1-23 1 Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. 2 Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. 3 Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9 Chi ha orecchi intenda». 10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». 11 Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. 14 E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. 15 Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani. 16 Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. 17 In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono! 18 Voi dunque intendete la parabola del seminatore: 19 tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, 21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. 22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta». ? BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE - La terza Lectio ha la funzione di aiutare le nostre comunità ad «ascoltare la Parola» perché possa portare frutto nel nostro cuore. Si tratta della più importante parabola del vangelo: la parabola del seme, o anche detta dei «quattro terreni». Siamo in Mt 13, il terzo discorso matteano, definito «parabolico». Gesù sceglie di rivelare i misteri del regno a «quelli di fuori» mediante la narrazione di parabole. - Il metodo parabolico è un modo di parlare mediante racconti semplici ma profondi che implicano una riflessione ed una ricerca personale del «senso» del messaggio del testo. Viene chiesto ai credenti di entrare nel messaggio della parabola e di cogliere la comprensione mediante una circolarità ermeneutica che dal testo và alla vita e dalla vita si apre al Regno. Imparare a leggere la parabola significa imparare a guardarsi dentro, a conoscere il proprio cuore ed interpretare la propria storia in relazione al dinamismo del Regno. - E’ opportuno segnalare come l’intero capitolo di Mt 13,1-52 sia circoscritto da una cornice (vv. 1-2; vv. 51-52) e composto da sette parabole: vv. 3-9 (il seme e i quattro terreni); vv. 24-30 (il seme buono e la zizzania); vv. 31-32 ( il granello di senapa); v. 33 (il lievito); v. 44 (il tesoro nel campo); vv. 45-46 (il mercante di perle); vv. 47-50 (la rete). Il nostro testo si sofferma sulla prima storia (vv. 1-9), con le rispettiva spiegazione allegorica (vv. 18-23), intramezzata dall’esplicazione sul modo di parlare in parabole (vv. 10.16). - Nei vv. 1-2 si riporta il contesto in cui Gesù racconta la parabola: Egli si siede lungo il mare (il lago di Genezareth), un luogo di lavoro quotidiano e subito la gente si raccoglie accanto a Lui. La gente «ha fame» della Parola di salvezza. Egli sale insolitamente sulla barca (strumento di lavoro per la pesca e di viaggio) e inizia il suo insegnamento. - Il testo si articola in tre unità: il seme con i quattro terreni (vv. 3-9); Gesù parla in parabole (vv. 10-17); spiegazione della parabola del seme (vv. 18-23). Nei vv. 3-9 si riporta l’azione del seminare e la condizione dei terreni che ricevono la semina. Il linguaggio è semplice e profondo: il «seminatore» esce per seminare. Si tratta di un’azione piena di speranza, che si apre al futuro. Va notato come del seminatore non si faccia più menzione nel prosieguo del racconto. - Il soggetto è sempre il «seme»: il seme «cade» e questo cadere implica una risposta, un’accoglienza, una disponibilità. La parabola sottolinea le diverse condizioni del terreno. La prima è la strada, che a quel tempo era un terremo duro e segnato dal passaggio. Sulla strada non si può seminare: essa è il luogo di passaggio e non è fatto per essere arato e coltivato. Ecco perché il seme resta sulla terra e diviene preda degli uccelli. - La seconda condizione è la terra con le pietre. Anche questo secondo terreno è difficilmente coltivabile: prima bisogna togliere le pietre perché la seminagione possa andare in profondità. Se invece il seme resta in superficie, appena coperto dal poca terra, sarà bruciato dal primo sole. Così avviene: rimanere nella superficialità significa perdersi alle prime difficoltà. - La terza condizione è la terra piena di spine. Si tratta di una terreno «non pulito», in cui imperversano spine ed erbacce che non permettono una coltivazione adeguata. L’esito della seminagione è rischioso: quando il seme germoglierà, il suo frutto sarà vanificato dalla presenza soffocante delle spine. Infine il seme cade in terra «buona/bella». E’ questa terra a produrre in diversa misura un frutto buono (30), eccellente (60), straordinario (100 %). Il v. 9 conclude la parabola con l’invito ad «ascoltare» e ad accogliere il messaggio del racconto. - La parabola propone una importante dimensione teologica che i credenti devono avere chiara: la necessità dell’ascolto religioso della Parola di Dio per la salvezza. Infatti il testo sottolinea il tema dell’ascolto (e richiama non solo gli interlocutori storici di Gesù ma tutti noi alla necessità di un ascolto nella fede per portare frutto. - Colpisce l’atto di insegnare di Gesù: la gente (tanta folla) ha fame del cibo materiale, ma ha ancora più fame della novità del Vangelo. Gesù diventa così il maestro della vita che trova risposta in primo luogo a partire dalla sete delle domande del cuore dell’uomo. - La centralità della Parola di Dio nella vita dei credenti nasce dall’incontro con il mistero del suo amore. Infatti la seminagione è un atto libero e gratuito del Signore che fa cadere la sua Parola su tutte le situazioni della vita e su tutti gli uomini in modi e forme diverse. Dio vuole che tutti siano salvati. - Nei vv. 10-17 l’evangelista riporta un importante testo sul senso profetico del «parlare in parabole». Il testo si presenza complesso per la sua interpretazione e il suo riferimento alla missione e alla predicazione di Isaia (cf. Is 6,910). Gesù parla in parabole per esprimere il misteri del regno non attraverso l’intelligenza dei sapienti, ma attraverso la fede dei piccoli e dei poveri. I sapienti di questo mondo pur ascoltando le parabole «non comprenderanno» con la loro mente e non accoglieranno la Parola nel loro cuore. I discepoli sono invece «beati» perché possono vedere con gli occhi e udire con le loro orecchie il compimento di questa Parola di salvezza. Essa richiede la fede. - Nei vv. 18-23 viene riportata la spiegazione allegorica della parabola, definita «del seminatore». Si tratta di una interpretazione suggestiva, che nasce dalla tradizione antica della comunità e che vuole invitare i destinatari a vivere la Parola che hanno ascoltato con frutto. Così ripercorrendo i «quattro terreni» si applicano quattro aspetti della vita dei credenti: la strada indica l’indifferenza rispetto alla Parola di Dio (il seme). Tale indifferenza produce la sterilità ed è preda del demonio. Il terreno con le pietre allude alla superficialità dell’ascolto, che non consente alla Parola di penetrare nel cuore dell’uomo. Alle prime difficoltà della vita, la Parola viene bruciata come un tenero seme sotto i raggi del sole. Il terreno con le spine simboleggia una situazione di vita tutta presa dalle preoccupazioni e dalla ansie: le spine sono i compromessi della vita che non vengono eliminati. In tal modo quando il credente accoglie la Parola e non «fa spazio» nel suo cuore al dono celeste, accade che la Parola viene pian piano soffocata da altre situazioni della vita. - L’intero racconto sottolinea la responsabilità che il credente deve assumere di fronte all’annuncio del Regno: Gesù viene per seminare in noi il «mistero del suo amore», perché porti frutto per vita. SPUNTI PER LA MEDITAZIONE - La parabola del seme e dei quattro terreni ci apre al mistero del Regno, annunciato da Giovanni Battista. In questo tempo di avvento siamo chiamati a «fare posto alla Parola di Dio» nel nostro cuore. La parabola ci vuole dire che Dio semina la Parola in ogni situazione della vita. Il seme non va sprecato, ma accolto. Ecco la speranza che Dio annuncia in questa immagine dinamica della semina: la Parola viene a noi per la nostra salvezza. - Il racconto presente le situazioni di negatività e gli ostacoli: l’indifferenza, la superficialità (le debolezze della nostra fede) e le preoccupazioni della vita che ci rubano il necessario. Il cammino della fede incomincia dall’ascolto della Parola. Il tempo di avvento è un tempo opportuno per purificare il cuore, ascoltare ed interiorizzare il seme fecondo di Dio in noi. E’ facile domandarsi «in quale situazione» oggi si trova la nostra vita: quale terreno ci è più vicino e ci chiede di aprire maggiormente il nostro cuore. - La parabola segna un dinamismo e fotografa una situazione diversificata: il terreno fecondo può diventare infecondo, mentre quello infecondo può diventare fertile: dipende dalla generosità della risposta umana. Fondare la propria vita sulla parola di Dio significa costruire sulla roccia la propria esistenza (cf. Mt 7,24-27). - Il «cammino» del seme implica la necessaria «morte» nella terra per portare frutto. Si tratta di una metafora che Gesù utilizzerà parlando della sua morte (cf. Gv 12,24). La responsabilità della Parola è data oggi a noi: dobbiamo essere capaci di «ascoltare» e di «incarnare» questa Parola di grazia, soprattutto per far crescere la nostra comunità nell’unità. - Portare frutto significa costruire «unità» intorno a noi, gettando un ponte con le persone che sono lontane. Il cammino dell’unità inizia proprio dalla nostra terra: essa richiede una preparazione perché possa accogliere la ricchezza della Parola che viene nel mondo! ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE - E’ forte il messaggio della parabola che vuole dirci come la nostra storia non può che risultare dalla nostra personale risposta a Dio! Che terreno siamo? - La parabola dei «quattro terreni» ti aiuta a verificare in quale situazione si trova oggi il tuo cuore. La storia del seme dipende dalla tua risposta. Come stai rispondendo all’annuncio della Parola? - Secondo te quali sono gli ostacoli principali che l’uomo di oggi oppone alla Parola di Dio? Perché? PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO Fermati a meditare su alcune parole-chiave della pagina evangelica: uscì di casa si sedette sulla barca il seminatore uscì a seminare vennero gli uccelli e la divorarono terreno sassoso cadde tra le spine ove il centro, il sessanta, il trenta chi ha orecchi intenda conoscere i misteri del regno beati i vostri occhi perché vedono intendete la parabola viene il maligno e ruba non ha radice in sé la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Salmo 126 Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. 2 Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia. Allora si diceva tra i popoli: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro». 3 Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia. 4 Riconduci, Signore, i nostri prigionieri, come i torrenti del Negheb. 5 Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. 6 Nell'andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni. 4. GESÙ È L’EMMANUELE & IL TESTO BIBLICO MT 1,18-25 18 Ecco come avvenne la genesi di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». 22 Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. 24 Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, 25 la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù. ? BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE - Con la quarta lectio entriamo nel mistero della Nascita di Gesù, preparata dalle settimane di Avvento, sostando sul messaggio teologico contenuto nei racconti matteani. In questa lectio affrontiamo il racconto di Mt 1,18-25 e nella successiva lectio leggeremo la vicenda della famiglia raggiunta dai magi e delle vicende legate alla persecuzione di Erode e alla fuga in Egitto (cf. Mt 2). - I due capitoli sono così articolati: dopo la genealogia (1,1-17), si trova la descrizione della nascita di Gesù (1,18-25) e l’adorazione dei Magi (2,1-12),a cui segue la fuga in Egitto (2,13-15), il massacro dei bambini di Betlemme (2,16-18) e il ritorno della santa famiglia a Nazareth (2,1923). - Il racconto matteano del Natale è costruito intorno a due centri geografici: Gerusalemme, dove si trova la reggia di Erode e Betlemme, dove è nato il bambino, meta finale del viaggio dei tre sapienti orientali. Le due città rappresentano come due poli contrastanti su cui si gioca la tensione narrativa del racconto e il clima emotivo dell’annuncio natalizio. - Il vangelo secondo Matteo sottolinea fin dall’inizio la «genesi» della storia della salvezza. Lo stesso vangelo si apre con l’espressione «libro della genesi di Gesù Cristo» Mt 1,1) e introducendo il racconto natalizio parla della «genesi» della nascita di Gesù. L’intenzionalità del testo è quella di presentare il «nuovo inizio» della storia si Israele, che è costituito dalla persona di Gesù, l’uomo nuovo. - La lunga genealogia, calcolata secondo tra generazioni di quattordici patriarchi e segnata dalle figure di Abramo e di Davide, permette di collegare il filo della storia dell’alleanza di Dio con Israele, da Abramo a Cristo. Si tratta di figure che hanno assunto un ruolo importante nei libri dell’Antico Testamento. Tra di esse vi sono anche personaggi non ebrei, che mostrano come Dio ha posto all’interno della discendenza abramitico-davidica uomini e donne scelte secondo il suo progetto di amore. - E’ interessante vedere come la genealogia culmina con Giuseppe, «sposo di Maria» e la figura mariana è presentata come «madre» di Gesù chiamato Cristo (v. 17). «Tutte le generazioni», segnate dal numero 14, culminano con Gesù Cristo, che è la pienezza. La simbologia numerica ha avuto diverse interpretazioni: a) Gesù sarebbe il «figlio di Davide» (il nome DVD corrisponde al numero ebraico 14); b) secondo i calcoli apocalittici 14x3 indicherebbe il numero 7 (settimane) moltiplicato per 6 (sei settimane = imperfezione) che vede nella nascita di Cristo «settimo elemento» l’avvento della pienezza. - Al v. 18 si presenta l’evento dell’incarnazione per opera dello Spirito Santo (cf. anche il v. 20). Non si parla dell’annunciazione a Maria (cf. Lc 1,26-38), ma si presenta la situazione della Vergine, promessa sposa di Giuseppe, già in attesa del Figlio. - L’evangelista pone in evidenza la figura di Giuseppe (Jôseph – Dio ti rende fecondo). Si può affermare che in Matteo il Natale è visto attraverso la vocazione e la risposta fedele di san Giuseppe: è lui infatti a vivere in prima persona l’annuncio di salvezza. Egli è presentato come il «giusto» (dikaios), che di apre nella fede alla volontà di Dio. Per la sua obbedienza e il contesto dei sogni e della persecuzione di Egitto, numerosi commentatori hanno accostato la figura di Giuseppe a quella di un altro Giuseppe, il figlio di Giacobbe (cf. Gen 37-50). - Giuseppe è lo «sposo di Maria». Va notato come il racconto mostri la «fatica» che quest’uomo deve fare per «entrare» nel progetto di Dio. Egli vive il turbamento della scelta: combattuto tra due pensieri, ripudiare Maria secondo le indicazioni della legge e accoglierla per proteggerla e sostenerla, secondo l’amore del suo cuore. Giuseppe si trova di fronte ad una situazione difficile, apparentemente impossibile a risolversi. - Nel v. 20 si presenta la rivelazione divina attraverso l’intervento dell’angelo: «Giuseppe, figlio di Davide». Le parole angeliche collegano la figura di Giuseppe alla storia di Davide: l’uomo giusto deve saper leggere nella sua storia il progetto di Dio. Egli è collocato in una discendenza profetica e deve lasciarsi guidare da Dio. - «Non temere»: l’espressione che si ripete lungo la storia di Israele! Dio chiede all’uomo di affidarsi con tutte le forze al suo amore. La «giustizia» necessita della «fede»: il giusto vivrà per la sua fede (Ab 2,4). Giuseppe riceve la chiamata di Dio: «prendere Maria e il bambino con sé» perché la storia di amore è «storia di Dio». Egli è chiamato a fidarsi e ad entrare nel progetto di Dio: elo che è generato in Maria «viene dallo Spirito Santo» (v. 20). - Chi sarà Gesù? Il nome «Gesù» rivela anche la missione: Gesù sarà colui che «salverà il suo popolo dai suoi peccati» (v. 21). Dare il nome indica il ruolo «paterno» che Giuseppe è chiamato a svolgere. Padre senza «essere padre»: vivere una paternità spirituale e giuridica che permette a Dio di entrare nella storia del’umanità e di Israele. Come Maria, Giuseppe è chiamato ad essere «servo della Parola», è chiamato a fidarsi di Dio. In queste parole dell’angelo si cela la chiamata di Dio. Di fronte al progetto di amore, Giuseppe deve scegliere senza timore: egli ascolta con umiltà, vive il silenzio del cuore, accoglie il mistero comprendendo il senso di questo messaggio. - Nei vv. 22-23 l’evangelista introduce la profezia di Isaia. L’inciso riveste un’importanza notevole per il racconto del Natale e più in generale per l’intera narrazione evangelica. Questo avvenimento non accade a caso, ma rientra nella profezia antica che qui trova il suo «compimento»: Gesù è quell’Emmanuele profetizzato in Is 7,14 e Maria è la «vergine» che concepisce e partorisce il Dio-con-noi. In tal modo Dio porta a compimento le promesse fatte ad Israele: Dio entra nella storia degli uomini per portare la salvezza. - Giuseppe «si desta dal sonno»: ricevuta la rivelazione Giuseppe obbedisce. Egli accoglie Maria come sua sposa e senza concorso umano, la Vergine dà alla luce il bambino. L’evangelista non si attarda nella descrizione del Natale, non parla di un censimento (come in Luca), ma sottolinea come la nascita di Gesù avviene per un’obbedienza profonda di Giuseppe e di Maria. In tal modo il Signor entra «umilmente» nel tempo, attraverso una semplice e povera famiglia: quella di Giuseppe e di Maria. - Il Natale di Dio si presenta come l’evento più semplice e povero dell’umanità: Gesù nasce dalla Vergine per opera dello Spirito Santo, accanto a due figure «piccole»: Giuseppe, uomo giusto e Maria, madre semplice e «silenziosa» nella fede. Il racconto presenta la famiglia di Gesù nel nascondimento di un piccolo paese della Palestina: Betlemme. E’ Betlemme che diventerà luogo dei successivi avvenimento evangelici. SPUNTI PER LA MEDITAZIONE - La «genesi» della nascita del Signore introduce il lettore in una «storia di amore» fatta di semplicità e di fede. I nomi indicati dalla lunga lista genealogica ci aiutano a leggere le vicende della storia di Israele in una luce profetica: Dio ha voluto costruire lungo la storia degli uomini una «storia di salvezza». Gesù è venuto per salvare il suo popolo dai suoi peccati» (v. 21). Dio nasce in mezzo agli uomini per portare la salvezza. - Il progetto di Dio ha bisogno del «si» dell’uomo. La figura di Giuseppe costituisce una straordinaria testimonianza di questa dinamica spirituale. Giuseppe rappresenta la nostra stessa vita e le nostre fatiche nella fede: egli è di fronte ad un dilemma che appare senza soluzione. Si ripete la parola dell’angelo a Maria in Lc 1,30: nulla è impossibile di fronte a Dio. Lo sposo di Maria deve «rispondere» con la fede di fronte al progetto di Dio. Giustizia e fede non sono contrapposti, ma uniti nel «si» di Giuseppe. - «Non temere»: l’invito di Dio rivolto ai grandi personaggi della Bibbia: Abramo, Mosè, Samuele, Davide, Isaia, Geremia, Ezechiele, Maria di Nazaret. Anche Giuseppe sente questo invito ed accoglie nella speranza la Madre con suo Figlio. Giuseppe crede nell’azione di Dio e dello Spirito: la sua fede compie la sua giustizia. Egli sa abbandonarsi alla provvidenza del Padre e proprio questo abbandono fiducioso gli consente di «diventare padre»: egli vive fino in fondo la paternità spirituale, donando se stesso per amore. - Gesù è l’Emmanuele, il Dio con noi (cf. Is 7,14). L’evangelista sottolinea la «pienezza della Scrittura» in questo avvenimento. La promessa profetica che Dio fa al suo popolo al tempo di Isaia, ora viene realizzata nella nascita di Gesù. In tal modo la storia dell’Antico Testamento acquista senso a partire dalla storia di Giuseppe, Maria e Gesù. Il bambino nato per opera dello Spirito Santo è il Dio-con-noi. E’ giunto il momento del «si di Dio»: Dio non abbandona il suo popolo, ma si mostra fedele alle sue promesse. Il Natale del Signore può considerarsi come la «pienezza della fedeltà di Dio»! ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE Entrare nella «storia della salvezza» attraverso l’obbedienza della fede: il Natale ci spinge a riflettere sulla maturità della nostra fede. Come stai vivendo il tuo cammino di fede? Sei capace di obbedire al Signore anche nei momenti più delicati e difficili della tua vita? Giuseppe è un uomo giusto, ma la sua giustizia si apre al progetto di Dio: la tua vita è aperta al progetto e alla volontà di Dio in te? Gesù è l’Emmanuele e l’avvenimento del Natale è il capolavoro di Dio: come vivi il Natale nella tua famiglia, nel tuo lavoro, nella tua comunità? Senti Dio vicino a te? PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO Fermati a meditare su alcune parole-chiave della pagina evangelica: ecco come avvenne la genesi di Gesù Cristo per opera dello Spirito Santo Giuseppe era giusto Figlio di Davide, non temere Lo chiamerai Gesù Salverà il suo popolo Si adempisse Sarà chiamato Emmanuele Prese con sé la sua sposa Egli chiamò Gesù SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Salmo 71 Dio, da' al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia; 2 regga con giustizia il tuo popolo e i tuoi poveri con rettitudine. 3 Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. 4 Ai miseri del suo popolo renderà giustizia, salverà i figli dei poveri e abbatterà l'oppressore. 5 Il suo regno durerà quanto il sole, quanto la luna, per tutti i secoli. 6 Scenderà come pioggia sull'erba, come acqua che irrora la terra. 7 Nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace, finché non si spenga la luna. 8 E dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra. 5. LA FAMIGLIA DI GESÙ & IL TESTO BIBLICO MT 2,1-23 1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele». 7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». 9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. 13 Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». 14 Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, 15 dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio. 16 Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. 17 Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: 18 Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più. 19 Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20 e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino». 21 Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele. 22 Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea 23 e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno». ? BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE - Proseguendo il racconto del Natale, in questa quinta Lectio ci soffermiamo sulla famiglia di Gesù e sugli episodi che caratterizzano Mt 2. Si tratta della venuta dei magi (Mt 2,1-12), la persecuzione di Erode e la fuga in Egitto (Mt 2,1318) e il ritorno della santa famiglia dall’Egitto a Nazaret (Mt 2,19-23). - Il racconto dei magi dall’Oriente è ricco di una serie di messaggi teologici, che illuminano il significato del Natale. Dopo la nascita di Gesù a Betlemme, alcuni magi giunsero dall’Oriente seguendo «una stella» con il desiderio di «adorare il Re dei Giudei». - Il cammino di questi uomini venuti da lontano si contrappone alla staticità di Erode e della sua corte, così come la luce della stella si oppone all’oscurità e alla mistificazione della corte erodiana. Malgrado l’essenzialità dei dati e la stringatezza della narrazione, l’evangelista riesce ad esprimere bene la profondità teologica dei personaggi che ruotano nella scena: i magi, Erode, i capi dei sacerdoti, il bambino e la Madre. - Il viaggio di questi personaggi è finalizzato all’adorazione del Re bambino, visto nella prospettiva della fede, come Dio che è nato sulla terra. I magi si caratterizzano per essere «uomini della ricerca», aperti all’incontro con il Signore, pronti a mettersi in discussione di fronte all’avvento di Dio e del suo Regno. Il clima di semplicità e di amore pervade la lunga strada dei sapienti orientali, che rappresentano i popoli pagani che si aprono alla fede. - A fare da contrappunto alla figura dei magi è Erode con la sua corte. Il turbamento di fronte a quella richiesta di informazione (v. 3) e la paura di sentirsi destituito dalla nascita di un nuovo re, caratterizzano l’intero ambiente di Gerusalemme. La domanda implicita che ritorna nel brano è: chi è il «vero re dei Giudei»? Ritroveremo questa indicazione nell’ora della passione di Gesù, durante il giudizio del sinedrio e perfino nel titolo della croce. - Alla domanda dei magi non solo si turba Erode ma tutta la città santa: l’evangelista mette in rilievo come il popolo delle promesse, che attende da secoli la venuta messianica reagisce con la paura e il turbamento, la derisione e l’ignoranza. Il responso degli scribi è unanime: nascerà il Messia a Betlemme di Giudea (cf. Mi 5,1). La citazione del testo profetico sottolinea che il capo che uscirà da Betlemme «pascerà» il popolo di Israele. Matteo sottolinea la dimensione pastorale del messia, del re davidico (cf. Sal 23; Ez 34,23; 37,24). - Nei vv. 7-8 Erode invita i magi ad informarsi sul luogo della nascita e a riferirne la notizia per poter adorare il Re bambino. Il sanguinario di Gerusalemme, che da lì a poco provocherà la strage degli innocenti, si mostra in vesti mansuete, in tutta la sua oscurità e violenza. - I magi superano l’oscurità di Gerusalemme e seguono la stella che li conduce a Betlemme. Il segno luminoso nel cielo riveste, oltre all’attestazione cosmica, anche un simbolismo teologico. Il tema della stella ritorna nella tradizione biblica come annuncio della gloria di Dio (Sal 19,2-7), rivelazione della potenza del Creatore (Sap 13,1-9). In modo particolare la stella è collegata alla profezia di Balak, in vista della speranza messianica, attraverso l’episodio narrato in Nm 24,1519. - Ai pagani Dio si rivela e fa da guida: a coloro che lo cercano con semplicità di vita e amore per la verità; mentre su Erode e la sua corte corrotta Dio stende un velo di oscurità e di turbamento. Erode rimane nella notte, chiuso nel suo egoismo e nelle sue paure! - Nei vv. 9-12 si narra dell’arrivo dei magi, della «gioia grandissima» nel vedere la stella posarsi sul luogo della natività. Il cammino è al temine: i sapienti orientali entrano nella casa, «vedono» il bambino con Maria sua Madre, e «prostratisi» lo adorano! Il racconto è essenziale, sintetico ma sufficiente per descrivere l’evento della rivelazione di Dio a tutti i popoli, rappresentati dai magi di Oriente. - Essi riconoscono Gesù, il bambino povero di Betlemme, come il Re – Messia nato per noi. Essi «adorano» Dio nella carne di Gesù, ripieni di gioia e di luce. La notte si trasforma in luce: questa luce è l’anticipazione del fulgore della risurrezione. Infine i doni dell’oro, dell’incenso e della mirra rappresentano ed anticipano l’identità misteriosa del piccolo venuto al mondo: egli è il Re, egli è Dio, egli offrirà se stesso per la salvezza del mondo. Il ritornare per un «altra strada» indica il «cambiamento del cuore» che questi uomini pagani hanno vissuto nell’incontro con il Diobambino. - Nei vv. 13-18 si presentano due scene: la rivelazione che Dio fa a Giuseppe di prendere il bambino e di fuggire in Egitto (cf. la citazione di Os 11,1) e il massacro dei bambini innocenti a Betlemme per ordine del re Erode. Ancora una volta Giuseppe è chiamato ad accogliere l’annuncio di Dio e a proteggere la santa famiglia «perseguitata» da Erode. - L’evocazione dell’Egitto e della persecuzione collega la storia del Natale a quella dell’esodo di Israele. La famiglia di Gesù è perseguitata: egli deve fuggire lontano per scampare alla morte. Fin da bambino Gesù vive la persecuzione e nella morte dei bambini innocenti, viene prefigurata la sua futura morte «innocente». - La malvagità del re Erode tocca il suo vertice nel dramma del sangue innocente. Il crudele tiranno raffigura la malvagità del potere usato senza scrupoli e fine a se stesso. Quando l’esercizio del potere non è a servizio della giustizia e della solidarietà, diventa violenza e sopruso. A pagare sono sempre e solo gli innocenti. La citazione profetica di Ger 31,15 sottolinea il dolore della maternità e della paternità di fronte al dramma della morte dei bambini di Betlemme. - Nei vv. 19-23, una terza rivelazione di Dio invita Giuseppe a «ritornare» nel paese di Israele. Questo ritorno nella pace evoca il cammino del popolo attraverso il deserto verso la terra promessa. Così Giuseppe «si alza» e si rimette in cammino. La santa famiglia vie il suo esodo, ritirandosi nella Galilea e prendendo dimora a Nazaret. Gesù sarà chiamato «nazaneno» (cf. Gdc 13,5.7: nazoreo = consacrato). Una seconda interpretazione è data dall’assonanza con «nazir» (germoglio, cf. Is 11,1): Gesù è il germoglio della radice di Iesse. Inizia così il «ritiro di Gesù» nella famiglia di Nazaret, la sua lunga preparazione che lo porterà alla predicazione pubblica. SPUNTI PER LA MEDITAZIONE - L’analisi sintetica che è stata proposta offre diversi spunti di meditazione e un aiuto per poter sostare davanti a Cristo, nato per noi. In primo luogo siamo chiamati ad essere «uomini e donne del mistero adorante di Dio». E’ proprio dalla ricerca del Signore nello nostra vita che deve nascere il rinnovato bisogno di incontrare Dio e di adorarlo. - La figura dei magi si impone in questa splendida pagina matteana come «protagonisti di un cammino di fede», segno dell’apertura della salvezza verso tutti gli uomini. Nel testo emerge con forza l’idea della missionarietà, che deve costituire la forza trainante della nostra esperienza cristiana in «un mondo che cambia». L’immagine dei sapienti orientali che cercano il Re- Messia traduce bene la ragione del nostro impegno di evangelizzazione dei popoli. - Al contrario la figura di Erode e del popolo eletto viene presentata in tutta la sua ambiguità e chiusura. Pur possedendo e conoscendo le Scritture, nessuno dei maestri della Legge è in grado di fare «il salto della fede» e mettersi alla ricerca di Gesù. La città di Gerusalemme si chiude all’annuncio della salvezza così come avverrà nei giorni della passione del Signore. - Chi rappresenta oggi Erode? Quali passi dobbiamo compiere per superare l’egoismo e la chiusura alla fede di tanti nostri fratelli? Alla gioia dei magi si contrappone il turbamento del re iniquo di Gerusalemme. - La stella e il suo splendore nella notte. Ripensiamo al suo simbolismo profetico-messianico (Balak, un pagano benedice le tende di Giacobbe e annuncia il sorgere della stella messianica: cf. Nm 24) e valutiamo le «nostre notti». Il Salvatore è prefigurato dalla stella che indica la sapienza aperta di fronte alla rivelazione. La stella scompare di fronte a Gerusalemme e riappare a Betlemme («casa del pane»). - La ricerca si conclude con la gioia, l’adorazione e l’offerta dei doni, a cui segue il ritorno «per un’altra strada». In questo racconto si presenta il «natale dell’anima» (Meister Eckhart): la nascita del credente in Dio e di Dio nel credente. Si tratta anzitutto di fare una profonda esperienza spirituale: il Natale non può che essere vissuto così. - Riassumiamo in cinque momenti il cammino dei magi, figura del cammino del credente: a) la risposta sincera al bisogno di Dio ti porta a seguire la stella; b) la Scrittura svela colui che cerchiamo ed aspettiamo; c) la gioia del cuore mostra dove Lui è nato; d) l’adorazione è espressione della fede in Dio che si è fatto bambino per la nostra salvezza; e) i doni riassumono i segni della fede cristologica e implicano il dono di se stessi per il Regno di Dio. - Le vicende legate alla persecuzione della santa famiglia fanno pensare alla situazione di sofferenza di tanti popoli e di tante famiglie di oggi. Anche la famiglia di Gesù ha subito la sofferenza e la persecuzione da parte dei potenti. Si tratta di un «esodo» sempre attuale, che implica una presa di coscienza della nostra responsabilità di fronte ai drammi della società. Vivere e servire la famiglia oggi: ecco la responsabilità che ci viene affidata da questi racconti evangelici. ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE - La narrazione dei magi ci aiuta a cogliere la dimensione universale della nascita di Gesù: egli è venuto per salvare l’umanità. Tutti gli uomini sono chiamati a cercarlo e a trovarlo. Mentre Erode vive nella paura di perdere il suo potere, i magi «camminano» seguendo la stella. Come stai vivendo il tuo «cammino di ricerca» di Dio? Qual è la tua «stella» che sta illuminando la tua ricerca di fede? - Emerge con tutta evidenza il contrasto tra i sue modelli di fede: da una parte la semplicità del Natale di Betlemme e dall’altra la chiusura e la violenza della corte di Erode e di tutta Gerusalemme. Quale modello di famiglia privilegi? Come stai vivendo la responsabilità della tua famiglia? Di cosa senti maggiormente il bisogno per vivere relazioni di aiuto e di solidarietà all’interno della tua famiglia? - La persecuzione, la morte, l’esodo: sono esperienze vissute da Gesù ma anche avvenimenti di cronaca quotidiana. Senti nel tuo cuore la responsabilità di creare condizioni di pace e di accoglienza? Di fronte al fenomeno delle famiglie in difficoltà, dei migranti,m dei profughi, di tante situazioni di disagio e di chiusura: quale messaggio deriva da questa Parola? PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO Fermati a meditare su alcune parole-chiave della pagina evangelica: dov’è il re dei giudei che è nato? La sua stella Siamo venuti per adorarlo Da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo Israele Provarono una grandissima gioia Prostratisi lo adorarono Offrirono oro, incenso e mirra Alzati…fuggi in Egitto Nella notte fuggì Rachele piange i suoi figli Andò ad abitare in una città chiamata Nazaret Sarà chiamato Nazareno SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Salmo 2 6 «Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte». 7 Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. 8 Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. 9 Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi di argilla le frantumerai». 10 E ora, sovrani, siate saggi istruitevi, giudici della terra; 11 servite Dio con timore e con tremore esultate; 12 che non si sdegni e voi perdiate la via. Improvvisa divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia. 6. GESÙ NELLA PROVA & IL TESTO BIBLICO MT 4,1-11 4,1 Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. 2 E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. 3 Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane». 4 Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». 5 Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio 6 e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». 7 Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo». 8 Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: 9 «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». 10 Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». 11 Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano. ? BREVE CONTESTUALIZZAZIONE E SPIEGAZIONE - In questa ultima Lectio siamo chiamati a vivere la «prova di Gesù» iniziando così il tempo ordinario, dopo il Natale e la solennità dell’Epifania. Ferminamoci sul racconto delle tentazioni per cogliere il senso della maturità della fede. - Il racconto delle tentazioni è riportato per intero in Mt e Lc, mentre è citato in Mc. Fermiamoci ad analizzare il testo matteano. La ricostruzione della narrazione di Mt 4,1-11 è così articlata: nei vv. 1-2 vi è la presentazione dei protagonisti: Gesù che digiuna per quaranta giorni e quaranta notti, il diavolo che lo tenta e il contesto del deserto. Nei vv. 3-10 si colloca il dialogo delle tre tentazioni e nel v. 11 la conclusione che descrive l’allontanamento del diavolo e la venuta degli angeli. - Nella scena introduttiva domina il tema del «deserto», senza alcuna determinazione geografica. L’evangelista finalizza il soggiorno di Gesù nel deserto all’esperienza delle tentazioni: il Signore è sottoposto alla prova della sua figliolanza divina, alla verifica dell’obbedienza al Padre. L’esperienza della tentazione non appartiene solo all’esordio del ministero, bensì accompagna la predicazione di Gesù (cf. Mt 16,1; 19,3; 22,18.35). - Il «digiuno nel deserto» appartiene alla pratica della tradizione religiosa antica che indica in questa privazione dell’essenziale la dipendenza dell’uomo da Dio, datore di vita (cf. Dt 8,3). L’evangelista sottolinea che Gesù digiuna per «quaranta giorni e notti», ponendo in stretta connessione la figura del Cristo con quella di Mosè al Sinai (Es 34,28; Dt 9,9) e con la successiva missione del profeta Elia sull’Horeb (1Re 19,8). - Allo stesso modo del popolo (cf. Is 63,14) anche il Signore è condotto dallo Spirito nella solitudine del deserto. Dunque Gesù «rifà il cammino del deserto» segnato dalla tentazione e dalla sfiducia di Israele: assume su di sé la debolezza e i peccati del suo popolo, caduto molte volte nella solitudine e nella incredulità. Alla fine, proprio nel momento di maggiore bisogno e di stanchezza, il tentatore si accosta (il diavolo è denominato con tre espressioni: diavolo [separatore], tentatore e Satana). - Osserviamo il dialogo delle tre tentazioni, che indicano tre sequenze del dramma, disposte in ordine decrescente secondo il Deuteronomio (8,3; 6,16.13) e rilette nella successione narrativa del cammino dell’esodo: a) la tentazione del pane (vv.3-4) evoca la manna nel deserto (cf. Es 16); b) la tentazione del tempio (vv. 5-7) ricorda l’episodio dell’acqua dalla roccia (cf. Es 17,2-7); c) la tentazione del potere (vv. 8-10) richiama il tema del dono della terra (cf. Dt 34,1-4). - Una chiave di lettura delle tre tentazioni è senz’altro il modello messianico proposto dal diavolo a Gesù: un messianismo «orizzontale», che si contrappone alla paternità di Dio. Nella prima tentazione si fa leva sul tema della liberazione dalla schiavitù economico-sociale del popolo. Gesù viene provocato dal tentatore a vivere un messianismo di tipo socio-economico, sullo sfondo delle attese e delle aspettative giudaiche, mediante avvenimenti prodigiosi e miracolistici (cf. At 21,38). La fame nel deserto del mondo deve essere sfamata con una trasformazione prodigiosa di pietre in pane: solo così Gesù può mostrare di essere «Figlio di Dio». - La risposta del Signore è un appello alla centralità della promessa di Dio: «non di solo pane vive l’uomo» (cf. Dt 8,3). Gesù insegna a rimettere Dio al primo posto, dando fiducia solo alla sua provvidenza. Il giusto che vive la fede nell’attesa della venuta del Cristo non può che seguire questa strada, superando la tentazione del miracolismo e di una visione religiosa spettacolare e meramente esteriore. - La seconda tentazione riguarda la sfera sacrale del tempio e del sacerdozio, contestualizzati nella città santa di Gerusalemme. Il demonio spinge Cristo ad avvalersi della copertura religiosa (citazione di Sal 91,11-12) per «servirsi di Dio» e controllarlo. Anche il popolo di Israele volle tentare il Signore nel deserto con la magia e i miracoli (cf. Dt 32,15-18; il peccato tipico richiamato nella tradizione ebraica della tentazione a Massa e Meriba»: cf. Dt 9,22; 32,51; 33,8; Sl 78,18; 95,8; 106,32). - La risposta di Gesù al demonio è perentoria: Non tentare il Signore Dio tuo! (cf. Dt 6,16): la conversione al Signore passa attraverso l’abbandono fiducioso nella sua provvidenza e non sopporta un messianismo pretestuoso ed arrogante, travestito da segni sacerdotali e templari. - L’ultima tentazione è quella del potere politico sul mondo, che richiama la lotta insurrezionalista nella regione palestinese. Già nella tradizione messianica dell’AT al messia sono promessi i regni della terra (Sal 2,6.8; 110,1-2). La condizione posta dal tentatore è profondamente idolatrica, che ha come conseguenza l’infedeltà radicale a Dio, unico Signore. Ma Gesù comanda al demonio di riconoscere l’unico Dio (shemah Israel in Dt 6,5.13; cf. Es 32,1), indicando la via della fedeltà al Padre, come unica strada per la realizzazione delle promesse di salvezza. Sul monte della tentazione, come nuovo Mosè, Gesù riafferma l’unica signoria della storia: quella di Dio, a cui solo dobbiamo volgere lo sguardo adorante. - Nel deserto, luogo della prova, Gesù vince le tentazioni affidandosi completamente nell’obbedienza filiale al Padre. Allo stesso modo egli insegna a noi, che camminiamo nel deserto delle nostre giornate, ad affidarci alla promessa di Dio e alla sua misericordia. L’esito positivo della triplice tentazione viene messo in rilievo con l’allontanamento del diavolo (v.10) e con la presenza degli angeli che si mettono a «servizio del Figlio» (v.11). - La pagina iniziale delle tentazioni rimanda alla grande ed ultima del Getsemani (Mt 26,36-56), preludio della passione di Cristo. In questa luce l’obbedienza al Padre si fa completa, mediante la consegna di se stesso alla morte in croce (cf. Fil 2,6-11). SPUNTI PER LA MEDITAZIONE - Il racconto delle tentazioni di Gesù non va considerato come un «incidente iniziale» del ministero pubblico del Signore, bensì come lo stile mediante il quale il credente deve vivere nel mondo. - Ci collochiamo anche noi, mossi dallo Spirito nel contesto del deserto. E’ singolare questa situazione: Gesù, ricevuto il Battesimo, avrebbe dovuto apparire in tutta la sua gloria agli uomini, magari, con una strategia vincente e gloriosa. Invece no: «quel Figlio amatissimo» viene sottoposto alla grande tentazione da parte di Satana. Ricordiamo l’ammonizione del saggio nel Siracide: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione» (Sir 2,1). - Spicca l’immagine del deserto. Il deserto, luogo inospitale, invivibile, che fin dall’Antico Testamento accompagna con la sua presenza il cammino dei credenti: Adamo sperimenta la solitudine (Gn 2-3); Abramo è nella prova (Gn 22); Israele vive il peccato (Es 16); la predicazione profetica e l’annuncio messianico si realizzano nel cambiamento del deserto in giardino (Is 35). Il deserto ti richiama l’essenziale, la verità di te stesso e della tua vita, ti consente di purificare il tuo cuore per ascoltare la Parola di Dio e rifare alleanza con Lui (Es 24). Il deserto è una «zona di mezzo», tra te e Dio, tra il tuo territorio e la terra promessa: sei chiamato a passare attraverso il deserto! - Quando si è soli, si sperimenta la lotta contro Satana, che avviene dentro noi stessi: dunque il vero nemico è dentro di noi e siamo chiamati a fare i conti con lui. Al centro della pagina matteana c’è la figura di Gesù: chi è per noi oggi Gesù? Le tentazioni subite e superate ci aiutano a «riscoprire» il volto «agonico» del Figlio. Gesù è colui che lotta per Dio! - Se guardiamo alla tre tentazioni possiamo individuare una serie di correlazioni per comprendere la dinamica spirituale: l’uomo è segnato da queste tre fondamentali esigenze che diventano per lui un assoluto. Il pane indica il bene economico che può trasformarsi in un idolo a cui sottomettiamo la nostra volontà; il pinnacolo del tempio è l’uso e la strumentalizzazione del sacro per controllare e sottomettere gli altri; la proposta del potere sul monte altissimo, che sovrasta i regni della terra è l’espressione del dominio anziché di servizio e della donazione agli altri. - La pagina ci aiuta a cogliere la dimensione «agonica» del cristianesimo: dopo aver contemplato il mistero del Natale e la vita della Santa Famiglia di Nazaret, siamo invitati ad entrare in un cammino spirituale che ci vede pienamente impegnati a lottare per la fede e la verità. La nostra unione con il Padre e il nostro impegno costruire la comunità non devono mai venire meno nelle scelte quotidiane. Dio non ci abbandona nel nostro cammino vero di Lui: egli ci sostiene in ogni momento della vita, soprattutto nell’ora della prova. ALCUNE DOMANDE PER LA RIFLESSIONE - La pagina delle tentazioni va considerata come l’ora della prova a cui nessuno può sottrarsi: sei consapevole dell’importanza della prova «che matura» il tuo cuore? Come vivi le prove della tua vita? - Considerando le «tentazioni» che Satana rivolge a Gesù, mentre è debole ed affamato, quali sono le tentazioni più ricorrenti nella tua vita? Quali sono le tentazioni più frequenti nelle nostre comunità? - La tentazione demoniaca tende a «dividere» il Figlio dal Padre: se Gesù avesse accolto l’invito di Satana avrebbe «costruito» una propri divinità escludendo il Padre. Ma Gesù ci dimostra l’unione profonda con il Padre. Guardando la nostra vita possiamo dire di vivere la tensione verso l’unità? Come costruiamo lì’unità nella nostra famiglia, con i nostri vicini, in rapporto alla nostra comunità? PAROLE-CHIAVI PER AIUTARE A PREGARE CON IL TESTO Fermati a meditare su alcune parole-chiave della pagina evangelica: fu condotto dallo Spirito nel deserto esser tentato dal diavolo ebbe fame; pane/pietre/parola «Se sei Figlio di Dio» Non di solo pane vivrà l'uomo, Non tentare il Signore Dio tuo» prostrandoti, mi adorerai» «Vattene, satana! Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto» il diavolo lo lasciò angeli gli si accostarono e lo servivano. SALMO DI RIFERIMENTO PER «PREGARE IL TESTO» Salmo 90 1 Tu che abiti al riparo dell'Altissimo e dimori all'ombra dell'Onnipotente, 2 di' al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido». 3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge. 4 Ti coprirà con le sue penne sotto le sue ali troverai rifugio. 5 La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte né la freccia che vola di giorno, 6 la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno. 7 Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra; ma nulla ti potrà colpire. ORIENTAMENTI BIBLIOGRAFICI A. LANCELLOTTI, Matteo, NVB 33, Paoline, Roma 1975; AA.VV., «Matteo il vangelo della Chiesa», Credere Oggi 5-6(2001). E. SCHWEIZER, Matteo e la sua comunità, SB 81, Paideia, Brescia 1987 G. BOSCOLO, Il vangelo di Matteo, Messaggero, Padova 2001; I. GARGANO, Lectio divina sul vangelo di Matteo, Dehoniane, Bologna 1989. J. ERNST, Matteo. Un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1992; J. GNILKA, Il vangelo di Matteo, I-II, Paideia, Brescia 1990-1991; J. RADERMAKERS, Lettura pastorale del vangelo di Matteo, Dehoniane, Bologna 1992; J.D. KINGSBURY, Matteo. Un racconto, Queriniana, Brescia 1998 K. STOCK, Gesù annuncia la beatitudine. Il messaggio di Matteo, ADP, Roma 1989; ORTENSIO DA SPINETOLI, Matteo. Commento al vangelo della Chiesa, Cittadella, Assisi 1971; R. FABRIS, Matteo. Traduzione commento, Borla, Roma 1982; S. FAUSTI, Una comunità legge il vangelo di Matteo, I-II, Dehoniane, Bologna1999; S. GRASSO, Il vangelo di Matteo, Dehoniane, Roma 1995 V. FUSCO, La casa sulla roccia. Temi spirituali di Matteo, Qiqaijon, Magnano 1994.