V Domenica di Quaresima Antifona d'ingresso Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa contro gente senza pietà; salvami dall’uomo ingiusto e malvagio, perché tu sei il mio Dio e la mia difesa. (Sal 43,1-2) Colletta Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. PRIMA LETTURA (Ger 31,31-34) Concluderò un’alleanza nuova e non ricorderò più il peccato. Dal libro del profeta Geremìa Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore – : porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato. SALMO RESPONSORIALE (Sal 50) Rit: Crea in me, o Dio, un cuore puro. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Rit: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rit: Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Rit: SECONDA LETTURA (Eb 5,7-9) Imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza eterna. Dalla lettera agli Ebrei 1 Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono. Canto al Vangelo (Gv 12,26) Lode e onore a te, Signore Gesù! Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Lode e onore a te, Signore Gesù! VANGELO (Gv 12,20-33) Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto. + Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. Preghiera sulle offerte Esaudisci, Signore, le nostre preghiere: tu che ci hai illuminati con gli insegnamenti della fede, trasformaci con la potenza di questo sacrificio. PREFAZIO DI QUARESIMA V La via dell’esodo nel deserto quaresimale È veramente giusto benedire il tuo nome, Padre santo, ricco di misericordia, nel nostro itinerario verso la luce pasquale sulle orme di Cristo, maestro e modello dell’umanità riconciliata nell’amore. Tu riapri alla Chiesa la strada dell’esodo attraverso il deserto quaresimale, perché ai piedi della santa montagna, con il cuore contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza, convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola, e nell’esperienza gioiosa dei tuoi prodigi. 2 Per questi segni di salvezza, insieme agli angeli, ministri della tua gloria, proclamiamo nel canto la tua lode: Santo... Antifona di comunione “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. (Gv 12,24-25) Preghiera dopo la comunione Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo, poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue. Lectio Ci troviamo ad una settimana dall’inizio della Settimana Santa, la ‘Grande Settimana’ a cui tutte le altre si modellano: la Settimana della Passione di Gesù. Il testo che la liturgia del Rito Romano ci propone nella quinta Domenica di Quaresima ci proietta in modo forte nel mistero pasquale di Cristo che fra breve vivremo. Meditarlo, pregarlo, ruminarlo dentro di noi, cioè vivere la Lectio divina, implica quella dinamica che Gesù ci propone con l’immagine del seme che deve morire per dare frutto: dobbiamo lasciar cadere il seme della Parola nella terra del nostro cuore, della nostra mente, della nostra anima, lasciarlo macerare, e attendere che a suo tempo germogli e dia frutto così come è misteriosamente iscritto nella legge della vita. “Era vicina la Pasqua dei Giudei” Giovanni, che struttura tutto il vangelo in settimane ben scandite dal passaggio dei giorni, pone ciò che accade nel nostro brano a cinque giorni prima della Pasqua. Gli ultimi versetti del capitolo 11 ci collocano in prossimità della Pasqua, e ci dicono che molta gente si stava recando a Gerusalemme per purificarsi in vista della festa vicina (11-55-57). Il capitolo 12 prosegue il racconto con l’unzione di Betania, “sei giorni prima della Pasqua” (12,1). In questo giorno Maria, sorella di Lazzaro, compie un gesto di inaudita gratuità versando del preziosissimo olio di nardo sui piedi di Gesù, Gesto che Gesù stesso collega alla sua sepoltura, proiettando, in questo modo, l’episodio già nella luce della sua passione, della sua personale pasqua (12,1-8) Seguono tre versetti (12,9-11) in cui la folla inizia ad accorrere numerosa a causa di Lazzaro, resuscitato dai morti (11,1-44). I farisei e i sommi sacerdoti, invece, sono ormai decisi ad uccidere Gesù, come è chiaramente detto in 11,45-52. Il giorno seguente, appunto cinque giorni prima della Pasqua, Giovanni colloca l’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme, acclamato dalla folla più incuriosita dalla resurrezione di Lazzaro che assetata della salvezza che Gesù portava all’umanità. In questo stesso giorno avviene l’incontro dei Greci con Filippo, discepolo di Gesù, con cui inizia la pericope di questa Domenica: la loro richiesta di vedere Gesù ci porterà a conoscere quel Gesù che si renderà visibile a tutti quando sarà elevato da terra, cioè quando sarà inchiodato sulla croce e innalzato da terra sull’ignobile legno. È ormai vicina la sua Pasqua. Il vangelo di Giovanni ha caratteristiche proprie, diverse rispetto ai Sinottici. L’uso particolare del linguaggio e l’organizzazione tutta sua degli eventi ci permette di ricercare all’interno del vangelo stesso delle luci adeguate ad approfondire il nostro brano. Perciò, per praticità, per le citazioni fatte dal quarto vangelo, ometteremo la sigla “Gv” e inseriremo solo i numeri di capitolo e versetti. Quando le citazioni riguarderanno il brano di questa Domenica, saranno citati solamente i numeri dei versetti. 3 “Vogliamo vedere Gesù” Giovanni inizia la nostra pericope con la ricerca di Gesù da parte di alcuni Greci, che non sono di fede ebraica, non si sono convertiti né sono circoncisi. Erano simpatizzanti dei giudei, “saliti per il culto durante la festa”. Saliti dove? e per quale festa e quale culto? Se risaliamo di alcuni versetti, troviamo le risposte a queste domande: “Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti andarono dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?” (11,55-56). La “gran folla” presente in città vi era accorsa anche, dice Giovanni, per il segno che aveva compiuto risorgendo Lazzaro. Da costoro Gesù è appena stato acclamato Re di Israele, colui che viene nel nome del Signore nel suo ingresso messianico a Gerusalemme (12,12-19). È questa, dunque, l’atmosfera nella quale i Greci approdano. Forse non avevano fatto in tempo a vedere Gesù e ad acclamarlo, assieme al resto della folla, entrante in città sopra l’asinello, oppure lo avevano visto da lontano e avevano avuto il desiderio di incontrarlo. Forse anche questi Greci avevano sentito parlare di Gesù dalla testimonianza che a lui rendevano coloro che erano presenti “quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti” (12,17), e così anche loro, come molti altri, erano curiosi di vederlo. Rivolgendosi a un suo discepolo, speravano di riuscirci. “Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi andarono a dirlo a Gesù” Un’altra domanda che ci può suscitare il testo è: come mai questi greci si rivolgono proprio a Filippo, e accanto a lui Andrea? O meglio: come mai Giovanni ci presenta qui e non altrove, tra tutti i discepoli, proprio le figure di Filippo e di Andrea? Per cercare di rispondere a questa domanda possiamo andare un po' indietro nello stesso vangelo di Giovanni, esattamente ai versetti 35-51 del capitolo 1. Qui Giovanni ci descrive la vocazione dei primi discepoli: il Battista, “fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: Ecco l’Agnello di Dio!”; i due discepoli del Battista, sentendo questo, seguono Gesù il quale, vistosi seguito, si voltò e disse “Che cercate?”. A questa domanda, i discepoli rispondono chiedendo “Rabbì, dove abiti?”. La risposta di Gesù è: “Venite e vedrete”. Andrea era tra questi primi due, mentre Filippo no. Il suo nome viene fuori dopo qualche versetto nei quali Giovanni racconta la vocazione di Simon Pietro, fratello di Andrea. Filippo, ci viene riferito, era della stessa città di questi due fratelli, Betsaida, e Gesù gli rivolge il suo “Seguimi” quando già aveva stabilito di lasciare la Galilea, regione in cui si trovava questa città. Filippo, a sua volta, incontra un certo Natanaele al quale presenta Gesù come “colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti” proveniente da Nazaret, figlio di Giuseppe. Ai dubbi di Natanaele, Filippo risponde a con le stesse parole che Gesù aveva detto ai primi due discepoli del Battista: “Vieni e vedi”. Forse per questi richiami di situazioni e di verbi, Giovanni ci ripropone qui la figura di Filippo. Per cercare di approfondire ancora i tratti della figura di Filippo, lo cerchiamo nel contesto dell’ultima cena, al capitolo 14, versetti 1-11, in particolare dal versetto 8. Qui è Filippo stesso che, affascinato dal Maestro che parla loro del Padre, chiede di vederlo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Lui che a più riprese aveva avuto la possibilità di portare altri fratelli a “vedere”, ora per il suo slancio di conoscenza e di desiderio di visione riceve una risposta un po' sconcertante: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre”. E ancora: perché a questi Greci Filippo e Andrea non danno nessuna risposta? Perché non li invitano con un “venite e vedete”? Forse perché non sono della stirpe di Israele, essendo Greci, ci dice Giovanni, e quindi pagani simpatizzanti della fede nel Dio unico di Israele? “È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo” 4 I Greci, ci dice Paolo in 1Cor 1,17-25, cercano la sapienza, e Gesù subito risponde loro con la stoltezza: “È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo” (12, 23). “Gloria” fa pensare a ricchezza, potenza, riconoscimenti, acclamazioni ...: tutto ciò i Greci, e anche i giudei, si aspettavano dal Messia. Ma Gesù rovescia subito le prospettive: il chicco deve morire per portare frutto; la vita deve essere persa; bisogna mettersi alla sequela, seguire, non comandare. L’ “ora” e la “gloria” che Giovanni fin dai primi versetti del suo vangelo presenta come “personaggi principali” della vicenda di Gesù, finalmente, stanno divenendo presenze che si impongono e che impongono la loro inequivocabile e inarrestabile realizzazione: come un fiume che, raccolti tutti i suoi affluenti, si presenta inarrestabile, non più tenue sottofondo squillante ma assordante e sordo richiamo alla sua fluente potenza. Nel nostro brano l’ “ora” e la “gloria” sono i termini che si ripetono di più: “ora” tre volte; “gloria”, nelle sue varie forme verbali, quattro volte. Per quest’ “ora”, quindi, Gesù è venuto, e l’attende pazientemente. Più volte Giovanni attesta come non fosse ancora giunta la sua “ora”: a Cana (2,4). Così a Gerusalemme, quando i giudei cercano di arrestarlo (7,30). “Se il chicco muore, produce molto frutto” A cinque giorni dalla Pasqua Gesù riafferma chiaramente che “è giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo’”(12,23). Glorificato da chi? al versetto 28 capiamo chiaramente che è il Padre che glorifica il Figlio. Altrove Gesù amplierà e completerà il quadro della glorificazione: il Padre glorifica il Figlio, affinché il Figlio glorifichi il Padre (17,1). È una glorificazione reciproca, che si compie sulla croce. Ecco la gloria di Gesù: cadere in terra e morire per dare frutto; perdere la vita per “conservarla”. Nell’inno posto nella Lettera ai Filippesi 2,6-11, Paolo ci parla in modo sublime di questo totale annientamento e volontaria umiliazione del Verbo, a causa del quale il suo nome sarà esaltato da tutte le genti: Fil 2,6Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; 8 apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11 e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. Chi invece cerca la gloria degli uomini si rifiuta di morire, che ha paura di perdere. Ma costui non porterà frutto, anzi verrà tagliato e gettato nel fuoco, come Giovanni ci dice nella parabola della vite e dei tralci (15,1-10), e troverà una morte inutile, vuota. Costui è l’empio di cui il Salmo 1 dichiara l’infecondità, di fronte alla rigogliosità del giusto che si affida a Dio e che, piantato lungo corsi d’acqua, darà frutto a suo tempo. 5 Nel Salmo 16(15),9-10, invece, il salmista canta: “Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione”. “L’ho glorificato e ancora lo glorificherò” Al Padre Gesù chiede la glorificazione del suo nome. Il Padre, a cui il Figlio si abbandona così totalmente, fa udire la sua “voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!»” (v.28). La voce dal cielo è venuta per noi, ci dice Gesù. Per noi che ancora non sappiamo lanciare la nostra fede oltre il buio, oltre il nostro limite, oltre il nostro peccato, oltre la morte. Per noi che non possiamo immaginare che, per avere la vita, bisogna morire. “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” Giungiamo finalmente a raccogliere la risposta alla richiesta del Greci: “Vogliamo vedere Gesù”. Pilato e i giudei “fanno il gioco” di Gesù: mostrano a tutti, loro malgrado, il Salvatore. Al Calvario, solo chi avrà compreso la logica del chicco sotterrato e della vita persa, finalmente avrà occhi per vedere in Gesù, crocifisso come un malfattore, sfigurato, abbandonato, il vero e unico Re d’Israele. E la fede in lui lo salverà. Giovanni così prosegue: “Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire” (v.33). Innalzato indica il suo essere crocifisso. Crocifisso, davanti agli occhi di tutto il mondo, con la condanna scritta nelle tre lingue più parlate a quel tempo in modo che tutti potessero leggere (18,1720). Il preannuncio di questo innalzamento era già al capitolo 3 (v.1-15): Gesù sta parlando con Nicodemo che era andato a cercarlo di notte. Nella risposta alla sua ricerca della luce per vedere il Regno di Dio, Gesù dice: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (3,14-15). “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”: Giovanni ripresenta ancora la stessa immagine (19,37). A questo punto del vangelo, Gesù è già morto sulla croce, e ciò che dice l’evangelista diventa una firma di autenticità sull’esistenza di Gesù: ciò che aveva predetto fin dall’inizio del suo ministero, si è veramente compiuto. Egli è, quindi, veritiero e degno di fede, egli è il vero profeta che compie per potenza propria tutto ciò che dice: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura” (19,35-36). Appendice Tutto attirerò a me "E io, quando sarò levato in alto da terra, tutto attirerò a me" (Gv 12,32). Cos`è questo «tutto», se non tutto ciò da cui il diavolo è stato cacciato fuori? Egli non ha detto: tutti, ma «tutto», perché la fede non è di tutti (cf. 2Ts 3,2). Questa parola non si riferisce quindi alla totalità degli uomini, ma alla integrità della creatura: spirito, anima e corpo; cioè, quel che ci fa intendere, quel che ci fa vivere, quel che ci fa visibili e sensibili. In altre parole, colui che ha detto: "non un capello del vostro capo andrà perduto" (Lc 21,18), tutto attira a sé. Se invece vogliamo interpretare «tutto» come riferito agli stessi uomini, allora si deve intendere che con quella parola si indicano tutti i predestinati alla salvezza. In questo senso il Signore dice che di tutti questi nessuno perirà, come prima aveva detto parlando delle sue pecore. Oppure egli ha voluto intendere tutte le specie di uomini, di tutte le lingue, di tutte le età, senza distinzione di grado o di onori, di ingegno o di talento, di professione o di arte, al di là di qualsiasi altra distinzione che, al di fuori del peccato, possa esser fatta tra gli uomini, dai più illustri ai più 6 umili, dal re sino al mendico: «Tutto» - egli dice - «attirerò a me», in quanto io sono il loro capo ed essi le mie membra. (Agostino, Comment. in Ioann., 52, 11) La morte del Signore è la nostra somma gloria Per conseguenza, ebbe con noi con una vicendevole partecipazione una meravigliosa relazione; era nostro, quello per cui è morto, suo sarà quello, per cui possiamo vivere. In effetti, egli diede la vita, che assunse da noi e per la quale morì, e dette la stessa vita, poiché egli era il Creatore; ma prese quella vita per la quale con Lui e per Lui saremo vittoriosi, non per opera nostra. E per questo, per quanto riguarda la vita nostra, per la quale siamo uomini, morì non per sé ma per noi; infatti, la natura di Lui, per la quale è Dio, non può morire completamente. Ma per quanto riguarda la natura umana di lui, che egli, come Dio, creò, è morto anche in essa: poiché anche la carne egli creò nella quale egli è morto. Non soltanto, quindi, non dobbiamo arrossire della morte del Signore, nostro Dio, ma ci dobbiamo grandemente confidare in essa e aver motivo di somma gloria: accettando infatti, la morte da noi, che egli trovò in noi, sposò nel modo più fedele la vita che ci avrebbe dato, che noi non possiamo avere da noi. In effetti, colui che ci amò tanto, che ciò che meritammo col peccato, egli, senza peccato, patì per noi peccatori, come colui che giustifica non ci darà ciò con giustizia? Come non ci restituirà, i premi dei santi, colui che promette con verità, colui che, innocente, sopportò la pena dei colpevoli? Confessiamo, dunque, fratelli, coraggiosamente, ed anche professiamo: Cristo è stato crocifisso per noi: non vi spaventate ma siate nella gioia; proclamiamolo non con vergogna ma con gioia. Osservò così il Cristo l`apostolo Paolo e raccomandò tale titolo di gloria. Ed egli, avendo molti titoli, grandi e divini, che egli ricordasse del Cristo, non disse di gloriarsi delle meraviglie del Cristo, poiché, essendo anche uomo, come siamo noi, ebbe il dominio nel mondo; ma disse: Per me di non altro voglio gloriarmi, che della croce del Nostro Signore Gesù Cristo (Gal 6,14). (Agostino, Sermo Guelf., 3, 1-2) Perché nell'uomo c'è il desiderio di Dio? Dio stesso, creando l'uomo a propria immagine, ha iscritto nel suo cuore il desiderio di vederlo. Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa di attirare l'uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e di felicità, che cerca senza posa. Per natura e per vocazione, l'uomo è pertanto un essere religioso, capace di entrare in comunione con Dio. Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce all'uomo la sua fondamentale dignità. (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, 2) In che senso tutta la vita di Cristo è Mistero? Tutta la vita di Cristo è evento di rivelazione. Ciò che è visibile nella vita terrena di Gesù conduce al suo Mistero invisibile, soprattutto al Mistero della sua filiazione divina: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,19). Inoltre, anche se la salvezza viene compiutamente dalla Croce e dalla Risurrezione, la vita intera di Cristo è Mistero di salvezza, perché tutto ciò che Gesù ha fatto, detto e sofferto aveva come scopo di salvare l'uomo decaduto e di ristabilirlo nella sua vocazione di figlio di Dio. (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, 101) Perché Gesù manifesta il Regno attraverso segni e miracoli? Gesù accompagna la sua parola con segni e miracoli per attestare che il Regno è presente in lui, il Messia. Sebbene egli guarisca alcune persone, non è venuto per eliminare tutti i mali quaggiù, ma per liberarci anzitutto dalla schiavitù del peccato. La cacciata dei demoni annuncia che la sua Croce sarà vittoriosa sul «principe di questo mondo» (Gv 12,31). (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, 108) 7 L’amore comprende la totalità dell’esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l’amore mira all’eternità. Sì. amore è “estasi”, ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio: “Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà” (Lc 17,33), dice Gesù - una sua affermazione che si ritrova nei vangeli in diverse varianti (cfr. Mt 10,39; 16,25; Mc 8,35; Lc 9,24; Gv 12,25). Gesù con ciò descrive il suo personale cammino, che attraverso la croce lo conduce alla resurrezione: il cammino del chicco di grano che cade nella terra e muore e così porta molto frutto. Partendo dal centro del suo sacrificio personale e dell’amore che in esso giunge al suo compimento, egli con queste parole descrive anche l’essenza dell’amore e dell’esistenza umana un genere. (Papa Benedetto XVI, Deus caritas est) Ti scese morto Giuseppe dal legno, ti pose, o Verbo, nel suo monumento: risorgi, o Dio, e vieni a salvarci! Nuovo è il sepolcro in cui t’hanno deposto per rinnovare la nostra natura, divinamente sorgendo da morte. Ti sei nascosto sotterra, Signore, e della morte la notte ti copre: ma come Sole glorioso riappari! Grano sepolto in un lembo di terra, farai fiorire abbondante la messe, risuscitando da morte i tuoi figli! (da “L’ ‘Ora ‘della Madre”, Celebrazione Mariana ispirata alla Liturgia Bizantina) A GESÙ O dolce Amore morto, fammi con Te morire! O forte Amor risorto, fammi in Te rifiorire. La tua vita divina muta in bacio l’affronto, cambia in fiore la spina e in aurora il tramonto. La tua vita è la vita della vita, Gesù: nostra Pace infinita, nostra Pasqua sei Tu! (Maria Oliva Bonaldo, fondatrice delle Figlie della Chiesa) O Signore del Venerdì, teso allo spasimo sulla croce, o Signore che hai sofferto le percosse, le ferite, l’abbandono, su noi, protesi al riparo 8 della tua potenza, fa’ discendere questa notte il frutto dell’albero del Riscatto. (Antica preghiera irlandese) 9