n° 07 Dott Uroda - Lettera aperta ai colleghi e alla Federfarma

BOLLETTINO U.C.F.I. (UNIONE CATTOLICA FARMACISTI ITALIANI) – SEZIONE DI VERONA
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N. 7/01
Recente intervento del dott. Pietro Uroda
LETTERA APERTA AI COLLEGHI E ALLA
FEDERFARMA
“Il Punto” apparso sull’ultimo numero di “Farma 7” e
intitolato “Obiezione di coscienza tra diritti e doveri” ha
suscitato notevole interesse: numerosi, infatti, sono stati i
commenti inviati al settimanale sopra citato, che
testimoniano come l’articolo abbia registrato sia
consensi, sia pareri contrari. Tale fatto è peraltro
comprensibile, trattandosi di un tema che sollecita
motivazioni e giudizi non soltanto socio-sanitari, ma
anche di ordine morale. Qui di seguito è riportato un
intervento significativo del dott. Pietro Uroda, presidente
nazionale dell’U.C.F.I.
L’articolo comparso su “Farma 7” n° 27/28
ripropone
alcune
considerazioni
sull’obiezione di coscienza con logica più
politica che biologica e giuridica, discipline
che ci sembrano più opportune per trattare
l’oggetto. Innanzi tutto la questione non è un
problema di morale cattolica, ma è un
problema di morale anche laica, in quanto la
tutela del diritto della vita è divenuto
patrimonio morale di tutte le organizzazioni
civili. Il diritto alla vita non credo che debba
essere commisurato al peso della persona: se
ha cinquanta chili è un omicidio, a tre chili
idem, a due etti e mezzo si può fare con la
Legge 194, a livello della prima cellula senza
nemmeno la legge.
Il nodo centrale è dato dal tentativo di
spacciare come contraccettivo un prodotto che
per il tempo nel quale viene preso, e cioè
dopo l’avvenuto rapporto, serve soltanto a
sopprimere
il
frutto
dell’eventuale
concepimento; parlare di tempo di
annidamento quale inizio della gravidanza è
una forzatura di natura cavillosa contraddetta
da tutte le definizioni e ricerche scientifiche
sia di embriologia umana che veterinaria. Se
questo prodotto verrà riconosciuto come
abortivo – sono pendenti al TAR ricorsi sulla
legittimità della sua registrazione – la sua
distribuzione deve essere regolamentata
nell’ambito della Legge 194 e non è affatto
detto che sia la farmacia la corretta sede per la
sua erogazione.
La nostra professione, pur inquadrata come
servizio pubblico, ha la sua ratio nella
distribuzione di medicinali per curare le
malattie o di prodotti per la prevenzione delle
stesse: la gravidanza non può in nessun modo
essere considerata una malattia e pertanto il
prodotto non è un “farmaco” e non rientra
nella competenza specifica della nostra
professione né del servizio pubblico. Il fatto
che Ippocrate nel V secolo a.C., in un
ambiente pagano e politeista come il mondo
greco, abbia avuto la sensibilità di inserire nel
giuramento del medico che non avrebbe
aiutato la soppressione della vita, dimostra
che il desiderio di sbarazzarsi di una
figliolanza
indesiderata
è
comunque
antichissima, ma che il rifiuto morale sorge
dal cuore stesso dell’uomo prima ancora che
da Encicliche Papali, che queste istanze
confermano e difendono. Lo Stato laico non
può sfuggire ai principi morali e alla sua
motivazione di fondo: suo compito è la
ricerca del bene comune con una analisi
rigorosa dei diritti e dei doveri senza
cedimenti a inumane pretese di gestione del
diritto di terzi alla vita. L’affermazione che
“la pillola del giorno dopo” fosse già in uso
precedentemente in quanto alcune persone
ricorrevano a un dosaggio maggiore dei
prodotti ormonali già in commercio è
assolutamente insignificante, perché è
evidente la differenza fra il consegnare, dietro
regolare ricetta, un prodotto autorizzato per
certe malattie o scopi, poi utilizzato
nascostamente e abusivamente per altre
esigenze, dal fornire un prodotto il cui solo
scopo è quello di sopprimere l’eventuale
gravidanza.
Da ultimo bisogna chiarire che le leggi dello
Stato non sono sempre sacre e vincolanti, ma
che ci sono casi limite, fortunatamente rari, in
cui è richiesto ai cittadini, eticamente
determinati, di contrastare decisioni politiche
ingiuste: posso ricordare, come ho già fatto in
altre occasioni, le leggi razziali dello Stato
fascista: erano da rispettare ciecamente? Solo
perché stampate sulla G.U.? E allora, care
Federfarma
e
Fofi,
vi
chiediamo
espressamente di tutelare quei colleghi che
pochi o molti chiedono di essere esentati dalla
dispensazione di un prodotto che farmaco non
è e che non dovrebbe in alcun modo
coinvolgere la “istituzione farmacia”, ma
essere gestita da strutture individuate dalla
Legge 194. E a tutti i colleghi che sono su
questa lunghezza d’onda un invito a far
pervenire un segnale di presenza, un’adesione
di solidarietà in difesa di una professione che
rifiuta mercati di questo tipo e non vuole
piegarsi alle pretese di giovani immaturi o di
forze che non vogliono rispettare valori o
diritti fondamentali per la crescita di una
società civile veramente umana.
PIETRO URODA
Presidente Unione Cattolici Farmacisti
Italiani
(tratto da “Farma 7” del 27 luglio 2001)