Domenica di Pasqua Risurrezione del Signore Antifona d`ingresso

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Domenica di Pasqua
Risurrezione del Signore
Antifona d'ingresso
Sono risorto, e sono sempre con te;
tu hai posto su di me la tua mano,
è stupenda per me la tua saggezza. Alleluia. (cf. Sal 139,18.5-6)
Oppure:
Il Signore è davvero risorto. Alleluia.
A lui gloria e potenza nei secoli eterni. (Lc 24,34; cf. Ap 1,6)
Colletta
O Padre, che in questo giorno,
per mezzo del tuo unico Figlio,
hai vinto la morte
e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna,
concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione,
di essere rinnovati nel tuo Spirito,
per rinascere nella luce del Signore risorto.
PRIMA LETTURA (At 10,34.37-43)
Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea,
cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in
Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che
stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme.
Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si
manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e
bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti,
costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il
perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 117)
Rit: Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre». Rit:
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
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e annuncerò le opere del Signore. Rit:
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. Rit:
SECONDA LETTURA (Col 3,1-4)
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio;
rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà
manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Oppure
(1Cor 5,6-8: Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio,
per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi.
E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!
Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma
con àzzimi di sincerità e di verità.
SEQUENZA
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».
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Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.
Canto al Vangelo (1Cor 5,7-8)
Alleluia, alleluia.
Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.
Alleluia.
VANGELO (Gv 20,1-9)
Egli doveva risuscitare dai morti.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora
buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro:
«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e
due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i
teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e
il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti
non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Preghiera sulle offerte
Esultanti per la gioia pasquale
ti offriamo, Signore, questo sacrificio,
nel quale mirabilmente nasce
e si edifica sempre la tua Chiesa.
PREFAZIO PASQUALE I
Cristo agnello pasquale
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore,
e soprattutto esaltarti in questo giorno
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
È lui il vero Agnello
che ha tolto i peccati del mondo,
è lui che morendo ha distrutto la morte
e risorgendo ha ridato a noi la vita.
Per questo mistero,
nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
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e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria: Santo...
Antifona di comunione
Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
celebriamo dunque la festa
con purezza e verità. Alleluia. (1Cor 5,7-8)
Preghiera dopo la comunione
Proteggi sempre la tua Chiesa, Dio onnipotente,
con l’inesauribile forza del tuo amore,
perché, rinnovata dai sacramenti pasquali,
giunga alla gloria della risurrezione.
Lectio
Vieni Spirito Santo!
Con questa invocazione e con la fiducia nello Spirito ci accostiamo al brano che la Chiesa ci dona in
questa Santa Domenica di Pasqua.
v. 1 “Nel primo giorno dopo il Sabato”
Il breve racconto si apre con una annotazione di tempo. Maria Maddalena “di buon mattino,
quando era ancora buio”, questo sottolinea la tensione interiore che aveva Maria, il suo cuore
palpitava per il Signore; voleva visitare presto il sepolcro, anche se tutto era avvolto ancora dalle
tenebre della notte.
Il buio e la tenebra evocano l’assenza di Gesù che è “la luce del mondo” Gv 5,12.
Secondo il racconto di Giovanni, solo Maria va sepolcro; non come scritto nei tre Vangeli Sinottici
“in compagnia delle donne”. Arrivata alla tomba di Gesù scopre che la pietra è stata tolta.
v. 2:
Subito Maria corre ad avvertire Pietro e il discepolo amato da Gesù, dicendo: “Hanno
portato via il Signore …”. Senza saperlo, dicendo così, parla del Signore come un vivente. Questo
spiraglio è destinato a spalancarsi. Per ora, però, Maria resta al buio.
v. 3:
I due discepoli corrono al sepolcro dove arriva per primo il discepolo amato ma non entra,
accorda la precedenza a Pietro. Ricordiamo come Gesù nel Vangelo di Matteo 16, 17-19 aveva
detto a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra ecc…” e dunque entrò dopo di lui.
v. 5:
Anche senza entrare, vede là le bende utilizzate per la sepoltura.
vv. 6-7:
Pietro entra nel sepolcro, vede le bende e il sudario piegato che stava sul capo di Gesù.
vv. 8-9:
Il discepolo entra e vede quello che ha visto Pietro, ma solo lui fa una sorta di itinerario di
fede, perché passa dal vedere al credere; il testo dice al v. 8 “e vide e credette”.
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Confrontandoci con il racconto della risurrezione di Lazzaro Gv 11,44 aiuta a cogliere il rapporto
tra il vedere ed il credere del discepolo. Mentre Lazzaro esce dalla tomba con le bende e il sudario
sul volto, nel caso di Gesù i segni della sepoltura sono rimasti nella tomba. Il discepolo vede questo
“segno”, e crede: la sua fede non riguarda il fatto della risurrezione né come avvenuta. Egli crede in
Gesù Cristo Figlio di Dio.
L’esperienza presso il sepolcro di Gesù rappresenta il processo che va dal vedere al credere.
Maria vede la pietra che è tolta dal sepolcro e pensa: “Il Signore è stato sottratto”.
Pietro vede le bende e il sudario, ma non ha nessuna reazione.
Solo il discepolo amato “vide e credette”. I protagonisti fanno esperienza di conversione dal
semplice guardare, al vedere illuminato dalla fede.
Con il v. 9 conclusivo del brano termina l’approfondimento “Non avevamo infatti ancora
compresa la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”.
Voglio ricordare ancora, come nel Vangelo di Luca al c. 24,27 anche i due discepoli di Emmaus
non avevano ancora compreso e Gesù spiegò loro tutto ciò che si riferiva a Lui, nelle Scritture.
Appendice
Il primo giorno della settimana, Maria Maddalena si reca al sepolcro sul mattino, che era
ancora buio, e vede la pietra tolta dal sepolcro (Gv 20, 1). Il primo giorno della settimana è quello
che, in memoria della risurrezione del Signore, i cristiani chiamano "giorno del Signore", e che
Matteo, solo tra gli Evangelisti, ha chiamato primo giorno della settimana (Mt 28, 1). Corre allora
da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e dice loro: Hanno portato via il
Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'han messo (Gv 20, 2). In alcuni codici, anche greci, c'è:
Hanno portato via il mio Signore; particolare che mette maggiormente in risalto lo slancio affettivo
e la devozione di Maria Maddalena, ma che non si trova nella maggioranza dei codici che abbiamo
potuto consultare.
Pietro uscì allora con l'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Tutti e due correvano
insieme, ma l'altro discepolo, più svelto di Pietro, lo precedette e arrivò primo al sepolcro (Gv 20,
3-4). E' da notare e da sottolineare questo riassunto, e come l'evangelista abbia ripreso un
particolare tralasciato, aggiungendolo qui come se venisse di seguito. Egli infatti aveva detto prima:
si recarono al sepolcro, e poi precisa in che modo si recarono al sepolcro, dicendo che tutti e due
correvano insieme. Egli ci informa così che, portandosi avanti, al sepolcro arrivò primo quell'altro
discepolo, che poi è lui stesso, ma che parla di sé in terza persona.
E, chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che
lo seguiva, ed entrò nel sepolcro, e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul
capo, non per terra con le bende, ma piegato in disparte (Gv 20, 5-7). Credete che questo sia senza
significato? Io non credo. Ma passiamo ad altro, dove, a motivo di qualche difficoltà od oscurità
saremo costretti a soffermarci. Ricercare il recondito significato d'ogni singola cosa già di per sé
chiara, è certamente una delizia dell'anima, ma una delizia riservata a chi ha più tempo di noi.
Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto prima al sepolcro. Era giunto prima, ed
entrò dopo. Non è un particolare privo di interesse, ma non abbiamo tempo da dedicarvi. E vide, e
credette. Qualche lettore frettoloso ha creduto di trovare qui la prova che Giovanni credette che
Gesù era risorto; ma ciò che segue smentisce tale supposizione. Che vuol dire, infatti, l'evangelista
stesso con quanto aggiunge: Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, secondo la quale
doveva risuscitare dai morti (Gv 20, 8-9)? Egli non poteva credere che Gesù era risorto, dato che
ancora non sapeva che doveva risorgere. Cosa vide allora e a che cosa credette? Vide che il sepolcro
era vuoto, e credette a quanto aveva detto la donna, che cioè il Signore era stato portato via. Non
avevano infatti ancora compreso la Scrittura, secondo la quale doveva risuscitare dai morti. Il
Signore, è vero, aveva loro più volte parlato della sua risurrezione, anche in maniera molto chiara;
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ma essi, abituati come erano a sentirlo parlare in parabole, non avevano compreso, o avevano
creduto che egli volesse riferirsi ad altra cosa. (Sant’Agostino, dall’Omelia 120 vangelo di
Giovanni)
La Pasqua, passaggio di Cristo e dei cristiani
Per questo la solennità che da noi è chiamata Pasqua, tra gli Ebrei è detta Fase, cioè
passaggio. L’Evangelista attesta ciò quando dice: “Prima della festa di Pasqua, sapendo che era
venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre …” (Gv 13,1). A quale natura deve
attribuirsi l’imminente passaggio se non alla nostra, essendo inseparabilmente il Padre nel Figlio e il
Figlio nel Padre? Ma perché il Verbo e la carne è una sola persona, non si divide dall’assumente la
natura assunta; e l’onore di chi deve essere innalzato, si dice glorificazione di chi innalza, in
conformità delle parole già ricordate, dell’Apostolo: “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al disopra di ogni nome” (Fil 2,9). In questo brano viene assunto perché, indivisibilmente
congiunto con la divinità nelle sofferenze, sia anche coeterno alla divinità nella gloria.
Il Signore, perché i fedeli partecipassero a questo ineffabile dono, preparò per essi un beato
passaggio, quando, già prossimo alla passione imminente, non solo per i suoi Apostoli e discepoli,
ma per tutta la Chiesa supplicò dicendo: “Non prego per questi soltanto, ma anche per coloro che
crederanno in me per mezzo della loro parola, affinchè tutti siano una cosa sola come tu, Padre, sei
in me e io in te, affinchè anch’essi siano una cosa sola in noi”. (Gv 17,20-21) (San Leone Magno,
dal Secondo discorso sulla risurrezione del Signore, LXXII, IV)
La risurrezione, una progressiva e faticosa scoperta
Alla risurrezione si accede per grazia, e non senza qualche difficoltà. Lo vediamo, per
esempio, nel brano di Gv 20,1-10, dove i tre personaggi (Maria di Magdala, Pietro e, con tutta
probabilità Giovanni) mostrano, ciascuno dalla propria prospettiva, che la fede nella risurrezione
non si è imposta subito, né, tanto meno, facilmente. Maria di Magdala si reca al sepolcro e constata
che la pietra tombale è rimossa dal suo posto; non si dice che sia entrata e abbia constatato che il
sepolcro fosse vuoto. Il fatto della pietra ribaltata la fa correre da due discepoli, probabilmente
quelli più autorevoli, ad annunciare il trafugamento del cadavere. La visita alla tomba rimane
l’unico modo di Maria per prolungare la sua vicinanza con Colui che era diventato il senso della sua
vita e che pensa di incontrare solo come cadavere. La corsa dei due discepoli al sepolcro è motivata,
o almeno sollecitata, dall’intervento di Maria. Sono in due e questo avvalora, secondo un principio
giuridico ebraico, la loro testimonianza (cf Dt 19,15). Sono anche diversi, perché uno corre più in
fretta, forse perché più giovane (così Lagrange), forse perché era discepolo prediletto e l’amore lo
faceva correre di più (così Mollat) o forse perché, con una strategia narrativa, l’autore intende
preparare il lettore al “vide e credette” (così Fabris). Certo è che la loro fede riceve un contributo
dagli eventi di cui sono testimoni. Vedendo “le bende per terra e il sudario, che gli era stato posto
sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”, Pietro può arguire che il
cadavere di Gesù non può essere stato trafugato, perché eventuali ladri non sarebbero stati
interessati a slegare il cadavere e a lasciare le cose in ordine. Cad così la teoria della Maddalena e
bisognerà battere altre strade per spiegare il fatto del sepolcro vuoto. Per “l’altro discepolo”, qui
collegato per la prima volta con l’espressione “quello che Gesù amava” (cf. Gv 13,23; anche 19,25)
e dai più identificato con Giovanni, l’ingresso al sepolcro è connesso con la bella espressione “vide
e credette”; la forma greca potrebbe essere un aoristo incoativo con il significato di “incominciò a
credere”. Si tratta di quella fede iniziale, suggerita dal sepolcro vuoto, dalle bende e dal sudario ben
collocato: il vedere sfocia nel credere, secondo un pensiero caro all’evangelista (cf Gv 11,45). I
segni da soli, comunque, non permettono di concludere che Gesù sia risorto. Per arrivare a ciò
occorre la comprensione della Scrittura e questa viene solo dall’incontro con il Risorto stesso. Tale
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è il significato di “Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura”. (Dizionario Biblico della
Vocazione, voce: Risurrezione, pag. 801-802)
Cari fratelli e sorelle!
Dai tempi più antichi la liturgia del giorno di Pasqua comincia con le parole: Resurrexi et
adhuc tecum sum – sono risorto e sono sempre con te; tu hai posto su di me la tua mano. La liturgia
vi vede la prima parola del Figlio rivolta al Padre dopo la risurrezione, dopo il ritorno dalla notte
della morte nel mondo dei viventi. La mano del Padre lo ha sorretto anche in questa notte, e così
Egli ha potuto rialzarsi, risorgere.
La parola è tratta dal Salmo 138 e lì ha inizialmente un significato diverso. Questo Salmo è
un canto di meraviglia per l’onnipotenza e l’onnipresenza di Dio, un canto di fiducia in quel Dio
che non ci lascia mai cadere dalle sue mani. E le sue mani sono mani buone. L’orante immagina un
viaggio attraverso tutte le dimensioni dell’universo – che cosa gli accadrà? “Se salgo in cielo, là tu
sei, se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra…»,
nemmeno le tenebre per te sono oscure … per te le tenebre sono come luce” (Sal 138 [139],8-12).
Nel giorno di Pasqua la Chiesa ci dice: Gesù Cristo ha compiuto per noi questo viaggio
attraverso le dimensioni dell’universo. Nella Lettera agli Efesini leggiamo che Egli è disceso nelle
regioni più basse della terra e che Colui che è disceso è il medesimo che è anche asceso al di sopra
di tutti i cieli per riempire l’universo (cfr 4,9s). Così la visione del Salmo è diventata realtà.
Nell’oscurità impenetrabile della morte Egli è entrato come luce – la notte divenne luminosa come
il giorno, e le tenebre divennero luce. Perciò la Chiesa giustamente può considerare la parola di
ringraziamento e di fiducia come parola del Risorto rivolta al Padre: “Sì, ho fatto il viaggio fin nelle
profondità estreme della terra, nell’abisso della morte e ho portato la luce; e ora sono risorto e sono
per sempre afferrato dalle tue mani”. Ma questa parola del Risorto al Padre è diventata anche una
parola che il Signore rivolge a noi: “Sono risorto e ora sono sempre con te”, dice a ciascuno di noi.
La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino
alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti
aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce.
Questa parola del Salmo, letta come colloquio del Risorto con noi, è allo stesso tempo una
spiegazione di ciò che succede nel Battesimo. Il Battesimo, infatti, è più di un lavacro, di una
purificazione. È più dell’assunzione in una comunità. È una nuova nascita. Un nuovo inizio della
vita. Il passo della Lettera ai Romani, che abbiamo appena ascoltato, dice con parole misteriose che
nel Battesimo siamo stati “innestati” nella somiglianza con la morte di Cristo. Nel Battesimo ci
doniamo a Cristo – Egli ci assume in sé, affinché poi non viviamo più per noi stessi, ma grazie a
Lui, con Lui e in Lui; affinché viviamo con Lui e così per gli altri. Nel Battesimo abbandoniamo noi
stessi, deponiamo la nostra vita nelle sue mani, così da poter dire con san Paolo: “Non sono più io
che vivo, ma Cristo vive in me”. Se in questo modo ci doniamo, accettando una specie di morte del
nostro io, allora ciò significa anche che il confine tra morte e vita diventa permeabile. Al di qua
come al di là della morte siamo con Cristo e per questo, da quel momento in avanti, la morte non è
più un vero confine. Paolo ce lo dice in modo molto chiaro nella sua Lettera ai Filippesi: “Per me il
vivere è Cristo. Se posso essere presso di Lui (cioè se muoio) è un guadagno. Ma se rimango in
questa vita, posso ancora portare frutto. Così sono messo alle strette tra queste due cose: essere
sciolto – cioè essere giustiziato – ed essere con Cristo, sarebbe assai meglio; ma rimanere in questa
vita è più necessario per voi” (cfr 1,21ss). Di qua e di là del confine della morte egli è con Cristo –
non esiste più una vera differenza. Sì, è vero: “Alle spalle e di fronte tu mi circondi. Sempre sono
nelle tue mani”. Ai Romani Paolo ha scritto: “Nessuno … vive per se stesso e nessuno muore per se
stesso … sia che viviamo, sia che moriamo, siamo … del Signore” (Rm 14,7s).
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Cari battezzandi, è questa la novità del Battesimo: la nostra vita appartiene a Cristo, non più
a noi stessi. Ma proprio per questo non siamo soli neppure nella morte, ma siamo con Lui che vive
sempre. Nel Battesimo, insieme con Cristo, abbiamo già fatto il viaggio cosmico fin nelle
profondità della morte. Accompagnati da Lui, anzi, accolti da Lui nel suo amore, siamo liberi dalla
paura. Egli ci avvolge e ci porta, ovunque andiamo – Egli che è la Vita stessa.
Ritorniamo ancora alla notte del Sabato Santo. Nel Credo professiamo circa il cammino di
Cristo: “Discese agli inferi”. Che cosa accadde allora? Poiché non conosciamo il mondo della
morte, possiamo figurarci questo processo del superamento della morte solo mediante immagini che
rimangono sempre poco adatte. Con tutta la loro insufficienza, tuttavia, esse ci aiutano a capire
qualcosa del mistero. La liturgia applica alla discesa di Gesù nella notte della morte la parola del
Salmo 23 [24]: “Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche!” La porta della morte è
chiusa, nessuno può tornare indietro da lì. Non c’è una chiave per questa porta ferrea. Cristo, però,
ne possiede la chiave. La sua Croce spalanca le porte della morte, le porte irrevocabili. Esse ora non
sono più invalicabili. La sua Croce, la radicalità del suo amore è la chiave che apre questa porta.
L’amore di Colui che, essendo Dio, si è fatto uomo per poter morire – questo amore ha la forza per
aprire la porta. Questo amore è più forte della morte. Le icone pasquali della Chiesa orientale
mostrano come Cristo entra nel mondo dei morti. Il suo vestito è luce, perché Dio è luce. “La notte
è chiara come il giorno, le tenebre sono come luce” (cfr Sal 138 [139],12). Gesù che entra nel
mondo dei morti porta le stimmate: le sue ferite, i suoi patimenti sono diventati potenza, sono amore
che vince la morte. Egli incontra Adamo e tutti gli uomini che aspettano nella notte della morte.
Alla loro vista si crede addirittura di udire la preghiera di Giona: “Dal profondo degli inferi ho
gridato, e tu hai ascoltato la mia voce” (Gio 2,3). Il Figlio di Dio nell’incarnazione si è fatto una
cosa sola con l’essere umano – con Adamo. Ma solo in quel momento, in cui compie l’atto estremo
dell’amore discendendo nella notte della morte, Egli porta a compimento il cammino
dell’incarnazione. Mediante il suo morire Egli prende per mano Adamo, tutti gli uomini in attesa e
li porta alla luce.
Ora, tuttavia, si può domandare: Ma che cosa significa questa immagine? Quale novità è lì
realmente accaduta per mezzo di Cristo? L’anima dell’uomo, appunto, è di per sé immortale fin
dalla creazione – che cosa di nuovo ha portato Cristo? Sì, l’anima è immortale, perché l’uomo in
modo singolare sta nella memoria e nell’amore di Dio, anche dopo la sua caduta. Ma la sua forza
non basta per elevarsi verso Dio. Non abbiamo ali che potrebbero portarci fino a tale altezza. E
tuttavia, nient’altro può appagare l’uomo eternamente, se non l’essere con Dio. Un’eternità senza
questa unione con Dio sarebbe una condanna. L’uomo non riesce a giungere in alto, ma anela verso
l’alto: “Dal profondo grido a te…” Solo il Cristo risorto può portarci su fino all’unione con Dio, fin
dove le nostre forze non possono arrivare. Egli prende davvero la pecora smarrita sulle sue spalle e
la porta a casa. Aggrappati al suo Corpo noi viviamo, e in comunione con il suo Corpo giungiamo
fino al cuore di Dio. E solo così è vinta la morte, siamo liberi e la nostra vita è speranza.
È questo il giubilo della Veglia Pasquale: noi siamo liberi. Mediante la risurrezione di Gesù
l’amore si è rivelato più forte della morte, più forte del male. L’amore Lo ha fatto discendere ed è al
contempo la forza nella quale Egli ascende. La forza per mezzo della quale ci porta con sé. Uniti col
suo amore, portati sulle ali dell’amore, come persone che amano scendiamo insieme con Lui nelle
tenebre del mondo, sapendo che proprio così saliamo anche con Lui. Preghiamo quindi in questa
notte: Signore, dimostra anche oggi che l’amore è più forte dell’odio. Che è più forte della morte.
Discendi anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo moderno e prendi per mano coloro
che aspettano. Portali alla luce! Sii anche nelle mie notti oscure con me e conducimi fuori! Aiutami,
aiutaci a scendere con te nel buio di coloro che sono in attesa, che gridano dal profondo verso di te!
Aiutaci a portarvi la tua luce! Aiutaci ad arrivare al “sì” dell’amore, che ci fa discendere e proprio
così salire insieme con te! Amen. (Benedetto XVI, Omelia Veglia Pasquale 2007)
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