EJJP European Jews for a Just Peace P.O. Box 59506 1040 LA Amsterdam Paesi Bassi +31 20 67955850 [email protected] http://www.ejjp.org Gentile signora Beate Winkler, Direttore Centro di monitorizzazione europeo sul razzismo e la xenofobia (EUMC) A – 1060 Vienna Austria A proposito della “Definizione operativa di antisemitismo’ 13 ottobre 2005 Gentile signora Beate Winkler, Alla conferenza tenuta a Londra nel settembre del 2005, EJJP (Ebrei Europei per una Pace Giusta, una federazione di organizzazioni pacifiste ebraiche di nove Paesi europei) rilevò che l’EUMC aveva presentato una “Definizione operativa dell’antisemitismo” molto discutibile. Abbiamo due osservazioni da fare, una sul metodo ed una sul contenuto. Sul metodo Ci preoccupa il metodo seguito per formulare la Definizione operativa, e chiediamo rispettosamente all’EUMC di chiarirlo e di spiegarlo. È estremamente importante che il pubblico europeo – e in particolare quegli individui e quei gruppi di cui cercate la collaborazione – percepiscano il metodo come trasparente ed equo. Purtroppo questo non è il caso della “Definizione operativa dell’antisemitismo”. Il documento afferma che sono state consultate “organizzazioni ebraiche, come il Congresso ebraico europeo, l’American Jewish Committee, altre importanti ONG ebraiche ed accademici di rilievo”. Noi, tuttavia, benchè siamo una federazione di organizzazioni ebraiche europee, non siamo stati consultati (mentre lo è stato l’American Jewish Congress); sappiamo anche di altre ONG e di importanti accademici – compresi gli esperti citati favorevolmente nel vostro rapporto del marzo del 2004 dal titolo “Manifestazioni di antisemitismo nella UE nel 2002-2003” – che avrebbero dovuto essere consultati ma che non lo sono stati. Così pure non è chiaro come siano state aggregate insieme, per ottenere l’attuale Definizione operativa, le “consultazioni” (che possiamo presumere abbiano espresso punti di vista diversi su come impostare una definizione operativa). Questo in particolare lascia perplessi, visto che la Definizione operativa ha un tono significativamente diverso rispetto alla definizione data nel vostro rapporto del 2004; a nostro parere, la nuova versione non è d’aiuto, quando non è decisamente fuorviante (vedi sotto, in “Sul contenuto”). Negli interessi della trasparenza, vorremo chiedere alcune informazioni molto specifiche: quali organizzazioni ebraiche sono state consultate? Quali ONG? Quali accademici? Inoltre, chi precisamente ha elaborato la definizione operativa, sulla base di queste consultazioni? Definizioni operative dell’antisemitismo – come dell’islamofobia e del razzismo in genere – riguardano tutti (se così non fosse, in effetti, l’EUMC non avrebbe alcun fondamento logico per il proprio lavoro). Vorremmo sottolineare, pertanto, quanto sia importante che non siano percepite come partigiane o parziali. Sul contenuto I problemi iniziano già con la “definizione operativa” che si fornisce. È evidente che l’antisemitismo è “una certa percezione degli ebrei” – ma quale percezione? Questo non si discute in nessuna parte, ma la chiave di qualsiasi definizione operativa dell’antisemitismo non è proprio questa, quali percezioni sono ammissibili e quali inaccettabili? La definizione precedente dell’EUMC riconosceva che il contenuto ideologico di tale percezione è fondamentale per il significato usuale del termine “antisemitismo”, e delineava tale contenuto. Escludendo questo dalla definizione, si dà spazio alla confusione, perché si manca di distinguere fra diversi tipi – e fonti – di ostilità verso gli ebrei oggi. La definizione aggrava il problema che dovrebbe risolvere. Un’ulteriore difficoltà viene dall’elenco di “esempi contemporanei di antisemitismo”, dato che questi sono tutti preceduti dalla spiegazione che “potrebbero, tenendo conto del contesto generale”, esserne esempi. Parimenti, si può supporre, potrebbero non esserlo. Tuttavia il fatto stesso di includerli tutti nell’elenco in quanto esempi appare a prima vista prova di antisemitismo – altrimenti, perché sono lì? Questo primo elenco è poi seguito da un altro elenco che contiene non meno di cinque esempi di come “l’antisemitismo si manifesta nei confronti dello Stato di Israele, tenendo conto del contesto generale”. Alcuni punti del secondo elenco sono molto discutibili: contro di essi dobbiamo protestare con vigore. Per esempio: “Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione” presuppone che tutti gli ebrei oggi considerino l’autodeterminazione equivalente al sionismo. Non solo questo non è vero oggi, ma non lo è mai stato. Vi è una lunga e rispettata tradizione, nella storia e nella cultura ebraica, fra tutti coloro che hanno desiderato o desiderano oggi un’autonomia religiosa e culturale o altre forme di autonomia, ma non uno stato ebraico; alcuni sono per uno stato binazionale in Palestina, come Martin Buber ed altri; o per la soluzione di uno stato unico, qualunque forma esso possa assumere – un’idea minoritaria oggi in Israele, certo, ma che è sostenuta da diversi ebrei rispettati. Presupporre che tutti gli ebrei abbiano le stesse idee è di per sé una forma di antisemitismo. “Usare due pesi e due misure, esigendo da esso un comportamento che non ci si attende o non si richiede a nessun’altra nazione democratica”. Questa è una formulazione che permette di respingere ogni critica ad Israele per il fatto che non è simultaneamente applicata a tutti gli altri stati che nello stesso tempo trasgrediscono ai loro obblighi. Come sostenitori militanti di una pace giusta in Medio Oriente, possiamo affermare che la frase viene proposta, lo si voglia o meno, per soffocare tutte le critiche, tranne le più limitate, agli atti del governo israeliano che violano palesemente una proposizione dopo l’altra della 4a Convenzione di Ginevra. O ancora, la norma democratica secondo cui tutti i cittadini di uno stato debbono essere trattati in modo uguale talvolta non è in accordo con alcune concezioni di Israele come “stato ebraico”; non è antisemitico far notare questo, o proporre che Israele debba essere veramente lo “stato di tutti i suoi cittadini”. “Ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni dello stato di Israele”. Questa è l’altra faccia della posizione, frequentemente espressa dal Primo Ministro Sharon e da molti sionisti, che rifiuta di fare qualsiasi distinzione fra gli interessi di Israele e quelli degli ebrei di tutto il mondo. Perché a loro sia permesso ignorare questa distinzione, ma sia prova di antisemitismo quando sono altri a farlo, non è chiaro. Potrebbe persino costituire una prova dell’esistenza di due pesi e due misure… In realtà è troppo spesso la retorica sionista a fondere il concetto degli interessi di Israele con quelli degli ebrei di tutto il mondo, alimentando così ciò che lo EUMC identifica (a parità di altre condizioni) come un potenziale indicatore di antisemitismo. Con questo non vogliamo negare che vi siano circostanze in cui le critiche allo stato di Israele potrebbero davvero essere antisemita. Ma non si dovrebbe dare per scontato che lo siano: questo dev’essere dimostrato caso per caso. Così come è formulato, questo elenco incoraggia a pensare che tutte le persone che criticano lo stato di Israele in ogni modo legittimo siano in effetti nascostamente antisemite. Noi ci consideriamo parte di queste persone, e rifiutiamo vigorosamente, nei termini più forti possibili, l’implicazione che siamo o antisemiti o ebrei che odiano se stessi. Nella nostra esperienza, queste accuse vengono usate per soffocare critiche legittime: la formulazione dell’EUMC, dando credito a tali modi di vedere, rende un cattivo servizio alla lotta autentica contro l’antisemitismo. Questo documento è estremamente politicizzato, e riflette un riversarsi sull’Europa dei conflitti mediorientali. Tutto ciò potrebbe essere semplicemente un fatto accademico, se non si specificasse che il vero “scopo di questo documento” è quello di “fornire una guida pratica per riconoscere i casi, raccogliere i dati, e sostenere la realizzazione e l’applicazion di una legislazione riguardante l’antisemitismo”. Questa definizione operativa non è in grado di assumersi una simile responsabilità. Se non verrà messa in discussione, il suo effetto sarà di istituzionalizzare confusioni teoriche a livello pratico. Pertanto noi, Ebrei Europei per una Pace Giusta (EJJP), non siamo disposti ad accettare la “Definizione operativa dell’antisemitismo” dell’EUMC come base adeguata su cui procedere; chiediamo all’EUMC di riaprire la questione, se non vuole che il suo lavoro perda credibilità fra molti di coloro che si impegnano a lottare contro tutte le forme di razzismo e di xenofobia, antisemitismo compreso. Dror Feiler Chair EJJP European Jews for a Just Peace è una rete costituita da gruppi dei seguenti Paesi: Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera