Rivelazione e studio dei raggi cosmici Stage estivo 2006 Lic. Scientifico Statale Pasteur : Ivan Girardi, Giovanna Lacerra Lic. Scientifico Statale Righi : Alessandro Calandri, Ludovico Rizzato Tutori INFN : M. Mirazita, W. Pesci Scopo dell’esperienza: Rivelazione di raggi cosmici attraverso l’utilizzo di un cristallo di ioduro di sodio NaI(Tl). Capitolo 1: I raggi cosmici Lo studio dei raggi cosmici è stato all’origine dello sviluppo della fisica delle particelle elementari e delle alte energie, prima della scoperta dei primi acceleratori di particelle era l’unico strumento disponibile per la ricerca scientifica in questo settore. L’atmosfera terrestre è continuamente soggetta al bombardamento di particelle di alta energia provenienti dallo spazio esterno che costituiscono la radiazione cosmica primaria, formata per l’ 80% da protoni, il 15% da particelle α, circa l’ 1% da elettroni ed il restante da nuclei pesanti. L’interazione della radiazione cosmica primaria con l’atmosfera produce particelle secondarie (fig.1) di vario tipo che costituiscono la radiazione cosmica secondaria, cosí come la si osserva ad una certa latitudine e ad una certa quota sul livello del mare. In prossimità del livello del mare la radiazione cosmica secondaria è costituita essenzialmente da o muoni (μ±) di massa 105 MeV, che con una vita media τ =2.2 · 10-6sec. decadono in e± accompagnato da due neutrini (fig.2). La loro energia è dell’ordine del GeV. Fig.1: Schema di produzione della radiazione cosmica secondaria Fig.2: Decadimento del μ μ+ e± + ν + ν Capitolo 2: L’apparato sperimentale I rivelatori di particelle hanno lo scopo di identificare una particella nello spazio e nel tempo, determinandone la cinematica e la massa, le interazioni e i decadimenti. Indipendentemente dal tipo di rivelatore scelto, il funzionamento è basato sulla capacità di una particella carica di cedere energia al mezzo che incontra grazie alle interazioni elettromagnetiche con gli atomi, producendo fotoni di qualche eV. La luce emessa viene poi raccolta mediante delle guide di luce ed inviata al fotocatodo di un fotomoltiplicatore (PMT) che converte la luce proveniente dallo scintillatore in un impulso elettrico analizzabile e misurabile da ulteriori strumenti elettronici. Il fotomoltiplicatore è formato da un fotocatodo, che genera il segnale con effetto fotoelettrico, e dai dinodi, ad alta tensione (migliaia di volt), che servono ad amplificare il segnale iniziale, generando un segnale d’uscita dell’ordine delle decine di mV (fig.3). Fig.3: Schema di un fotomoltiplicatore Nella nostra esperienza abbiamo utilizzato un contatore a scintillazione di natura inorganica, il cristallo NaI, con tre fotomoltiplicatori, e due scintillatori plastici con un fotomoltiplicatore ciascuno. Il cristallo NaI ha la forma di un settore circolare di 120o con un foro centrale. I due scintillatori servono a definire la direzione dei cosmici, mentre il cristallo ne misura l’energia persa. I rivelatori sono disposti secondo lo schema in figura 4. Fig.4: Disposizione dei tre rivelatori dei cosmici Scintillatore piccolo 31x5x1cm Cristallo NaI (Tl) 32,5cm lunghezza, raggio totale 21cm, raggio interno 3cm μ Scintillatore grande 31x20x1cm Capitolo 3: Il sistema di acquisizione Lo schema del sistema di acquisizione che abbiamo costruito è mostrato in figura 5. Il modulo principale del nostro sistema di acquisizione è un ADC (Analogical Digital Converter), che misura la carica generata dalla particella sul fotomoltiplicatore, che è proporzionale all’energia depositata dalla particella sul cristallo NaI(Tl). L’ADC è un modulo composto da 12 ingressi e un gate. Per acquisire il segnale dei cosmici rilasciato nel nostro rilevatore di NaI, abbiamo collegato le uscite dei tre PMT agli ingressi dell’ADC. Il gate serve per segnalare all’ADC i segnali da acquisire e la sua durata deve essere tale da contenere i segnali di ingresso. Per fare il gate abbiamo usato il segnale dei due scintillatori opportunamente formato dai seguenti moduli: - FIn / FOut; - Discriminatori; - Ritardi; - Unità logica. Il FI / FO è un modulo formato da quattro ingressi e quattro uscite, che permette di sommare due o più segnali in ingresso oppure di avere più di una uscita dello stesso segnale. I discriminatori ci danno un segnale in uscita quadrato quando il segnale d’ingresso supera una certa soglia. I ritardi (o Delay) ci danno un segnale in uscita uguale a quello in entrata ritardato di una quantità prefissata variabile. L’unità logica trasmette un segnale di uscita quando i segnali d’ingresso sono in coincidenza. L’uscita della coincidenza è ulteriormente allungata (1000 ns) tramite un discriminatore e poi collegata al gate dell’ADC. Fig.5: Schema del sistema di acquisizione Capitolo 4: Analisi Dati L’ADC è collegato al computer e i segnali acquisiti vengono letti tramite un programma chiamato LabView in grado di leggere il modulo. Una volta terminata l’acquisizione del numero di eventi che vogliamo studiare (run), è possibile utilizzare un ulteriore programma (Paw) per visualizzare degli istogrammi che descrivano gli eventi acquisiti. È necessario, per prima cosa, misurare il valore dei cosiddetti piedistalli, che equivalgono alla risposta dell’ADC a tensione 0. Abbiamo effettuato queste misure staccando gli ingressi dall’ADC. I valori ottenuti sono riportati nella tabella 1. Tab.1: Piedistalli degli ADC Piedistallo ADC0 60 ADC1 77 ADC2 66 ADC3 71 ADC4 69 ADC5 73 ADC6 81 ADC7 71 Nella prima acquisizione di cosmici che abbiamo analizzato (run 3) la tensione dei PTM è a 900 V e la soglia dei discriminatori a 30 mV. I risultati sono riportati in figura 6 dove si possono notare il picco del rumore di fondo (a sinistra), il cui andamento segue quello di una funzione esponenziale, e un picco minore, di forma gaussiana, che rappresenta il segnale dei veri e propri raggi cosmici. A questo punto, per sommare i segnali dei PMT 1 e 2, bisogna far coincidere la posizione dei picchi dei due ADC. Per fare ciò abbiamo dovuto abbassare la tensione del primo PMT, collegato all’ADC0. Nella tabella 2 è descritto il valore dei picchi dei cosmici al variare della tensione. La tensione di equalizzazione risulta 830V. Fig.6: Risultato dell’acquisizione del run 3 Tab.2: Posizione dei picchi al variare della tensione ADC0 ADC0-Pied ADC1 ADC1-Pied Run 3 (900V) 760 ± 20 700 ± 20 490 ± 20 413 ± 20 Run 9 (860V) 570 ± 20 510 ± 20 470 ± 20 393 ± 20 Run 10 (840V) 463 ± 20 403 ± 20 470 ± 20 393 ± 20 Run 12 (830V) 490 ± 20 430 ± 20 450 ± 20 373 ± 20 Dopo aver equalizzato i due PMT abbiamo acquisito la loro somma realizzata utilizzando un FI/FO. Per far rientrare questo segnale nel range dell’ADC, abbiamo dovuto farlo passare attraverso un attenuatore che ne ha ridotto l’intensità di un fattore 2. Il risultato è riportato nella fig.7. La curva blu rappresenta il fit del fondo esponenziale, mentre la curva verde è il fit gaussiano del nostro segnale; la rossa la somma delle due. Assumendo che i segnali buoni sono quelli successivi al canale 400 possiamo vedere che c’è comunque un contributo di fondo nella regione del segnale. Questo contributo è stato calcolato attraverso l’integrale della curva esponenziale: gli eventi di fondo nella regione dei cosmici sono 245 rispetto ai 2537 eventi totali, quindi il rapporto fra segnale e fondo è di circa 9,4. Fig.7: Risultato dell’acquisizione della somma dei due PMT nel run 12 Ringraziamenti: Ringraziamo i tutori ed i tecnici INFN per il lavoro che abbiamo svolto insieme e per la loro competenza professionale nel farci affrontare argomenti difficili con interesse e passione.