Attività e tossicità in vitro dei composti peptidomimetici biciclici come inibitori della proteasi di HIV-1. Paola Ronzi1, Pamela Tau1, Andrea Trabocchi2, Massimo Galli1, Stefano Rusconi1 1 Divisione Malattie Infettive, DIBIC Luigi Sacco, Università degli Studi di Milano; 2 Dipartimento di Chimica "Ugo Schiff", Università di Firenze, Sesto Fiorentino, Firenze, Italy Introduzione: Le infezioni fungine causate da C. albicans risultano particolarmente rischiose in individui immunocompromessi, come i pazienti affetti da HIV. Oltre alla concomitante ricorrenza di queste patologie è da sottolineare che i principali bersagli biologici di questi due patogeni sono enzimi appartenenti alla medesima famiglia di proteasi: la proteasi di HIV-1 e l’aspartil-proteasi di secrezione 2 di C. albicans (SAP2). SAP2 è una proteasi eucariotica che mostra una similarità strutturale notevole con la proteasi di HIV-1. Nonostante le differenze sia per le dimensioni che per la sequenza amminoacidica complessiva, esistono significative omologie nei rispettivi siti attivi dei due enzimi. Inoltre, già nel 1999 era stata riportata la prima dimostrazione di una inibizione diretta di proteasi da C. albicans da parte di farmaci inibitori di HIV-1 proteasi Su questa base sono stati selezionati, tramite high throughput screening di una libreria di peptidomimetici basati sulla struttura del 3-aza-6,8-diossa-biciclo[3.2.1]ottano, inibitori di SAP2 che hanno mostrato attività inibitoria sia in vitro che in vivo. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare la citotossicità e l’attività antivirale in vitro di 5 di questi composti (APG12, CCD246, CCD256, APG19 e ATR5) come nuovi potenziali inibitori della proteasi di HIV-1. Materiali e Metodi: La citotossicità di ogni farmaco è stata valutata su PBMC di donatori sani impiegando concentrazioni crescenti (0,04, 0,2, 1, 5, 10, 20 e 40 µM). I test sono stati eseguiti in triplicato. Il virus è stato ottenuto per espansione mediante la co-coltivazione di PBMC di pazienti HIV-1+ “wild type” e “drug resistant” con PBMC di donatori sani; il test TCID50 (50% Tissue Culture Infectious Dose) è stato effettuato per valutare la capacità virale infettante dell’isolato primario ottenuto precedentemente tramite co-coltura. La replicazione virale è stata valutata tramite la determinazione della quantità di antigene p24 nei surnatanti di coltura. L’attività antiretrovirale dei composti è stata valutata mediante test di suscettibilità: l’infezione è stata effettuata coltivando per 7 giorni le cellule di donatori sani in presenza del virus, precedentemente isolato e quantificato, e di dosi non tossiche dei farmaci. Sono stati allestiti dei pozzetti di controllo per la tossicità cellulare (senza il virus), di controllo infetto (senza il farmaco) e di carry over (solo virus senza farmaco né cellule). Il farmaco è stato supplementato nei rispettivi pozzetti al terzo giorno di coltura. La replicazione virale è stata valutata tramite determinazione della quantità di antigene p24 nei surnatanti di coltura. Risultati: Gli esperimenti condotti hanno indicato che tutti i composti sono in grado di inibire la replicazione dell’isolato virale in un range nM-μM. I composti APG12, CCD246 e CCD256 si sono rivelati citotossici alle concentrazioni 20 μM e 40 μM, mentre alle altre concentrazioni (0,04, 0,2, 1, 5 μM e 10 μM) i valori di IC50 sono stati rispettivamente 0,25 μM per APG12, 4,8 μM per CCD246 e 2,1 μM per CCD256. Il composto APG12 si è dimostrato essere maggiormente efficace rispetto agli altri nell’inibire la replicazione virale in vitro (valori di IC50 nel range nanoMolare).Infine, i composti APG19 e ATR5, analizzati alle concentrazioni di 5, 10, 20 e 40 µM, hanno dimostrato di avere rispettivamente un IC50 di 19 e 16 µM per l’isolato virale wild type, mentre di 22,6 e 39 µM per l’isolato drug resistant. Conclusioni: I dati attualmente a nostra disposizione ci suggeriscono che APG12 e ATR5 possiedono una buona efficacia a basso dosaggio ed il loro utilizzo in vivo potrebbe essere associato ad una bassa tossicità. Pertanto il loro impiego in sinergia con altri farmaci già in uso potrebbe rivelarsi una scelta vincente. Inoltre, l’utilizzo di questi composti, in considerazione anche della loro concomitante attività antimicotica, potrebbe rivelarsi utile nella cura di episodi di candidosi, purtroppo molto frequenti nei pazienti HIV sieropositivi. Bibliografia: 1. Trabocchi, A.; Mannino C.; Machetti, F.; De Bernardis, F.; Arancia, S.; Cauda, R.; Cassone A.; Guarna, A. J. Med. Chem., 2010, 53, 2502–2509 2. Calugi, C.; Guarna, A.; Trabocchi, A. J. Enzyme Inhib. Med. Chem. 2013, 28, 936943 3. Korting, H. C.; Schaller, M.; Eder, G.; Hamm, G.; Böhmer, U.; Hube, B. Antimicrob. Agents Chemother. 1999, 43, 20382042; 4. Cassone, A.; De Bernardis, F.; Torosantucci, A.; Tacconelli, E.; Tumbarello, M.; Cauda, R. J. Infect. Dis. 1999, 180, 448453.