Gli stipendi dei nuovi professori associati Dalle tabelle del Decreto del Governo n. 402 “Disciplina del trattamento economico dei professori e ricercatori universitari”, risulta che non è più rispettato il vincolo del 70% tra lo stipendio tabellare del professore associato e quello dell’ordinario. E’ successo che i tecnici del Ministero (dell’Economia?), nell’abolire la possibilità di riconoscere i servizi pre-ruolo nella nuova carriera, hanno stabilito come livello di retribuzione di base quello del professore confermato con un’anzianità riconosciuta ai fini della ricostruzione di carriera pari a 3 classi per gli ordinari e a 1,5 classi per gli associati. Ciò equivale a dire che agli associati vengono riconosciuti in partenza solo tre anni di anzianità, contro i sei degli ordinari: il che non appare assolutamente giustificato, stante i perduranti lunghissimi tempi del precariato, e tenendo conto che la stessa Legge Gelmini prevede che la permanenza nelle due figure (pre-ruolo) di assegnista di ricerca e ricercatore a tempo determinato possa arrivare fino a 12 anni. La conseguenza è l’introduzione, rispetto al passato, di una sfasatura di una classe triennale nelle due carriere, con la perdita dell’aggancio percentuale sopra menzionato, e sancito dall’art. 36 del DPR 382/1980, non abolito dalla Legge Gelmini. Tale sfasatura non incide sui trattamenti economici dei professori in servizio, in quanto potranno transitare nella nuova carriera a parità di retribuzione, ma esprimerà i suoi effetti sulle retribuzioni dei professori futuri, quelli che entreranno con le procedure della nuova legge. Il risultato finale è una evidente svalutazione della carriera dell’associato rispetto all’ordinario, che a nostro avviso va vista come una svalutazione dell’intera categoria dei professori universitari, visto che in futuro gli associati saranno la netta maggioranza sul totale dei professori. Di fatto il rapporto del totale delle retribuzione dell’associato rispetto a quella dell’ordinario, che nel corso della vecchia carriera si attesta sul 74-75%, nella carriera nuova oscilla tra il 68 e il 71% portando tutti gli anni ad una rimessa stipendiale che oscilla tra i 2500 e i 5200 euro annui, che diventano un risparmio da parte dello Stato di circa 120000 euro nel corso di una carriera trentennale. Chiediamo al nuovo Ministro dell’Università di non avallare tale bozza di decreto, ma di far compilare tabelle che siano rispettose, oltre che dei vincoli formali imposti dal DPR 382/1980, anche dei vincoli sostanziali insiti nell’esercizio di fatto delle stesse funzioni didattiche e di ricerca da parte delle due fasce di professori, che indurrebbero semmai ad un avvicinamento ulteriore delle loro carriere economiche.