Jazz e... dintorni
Questi appunti vogliono essere un aiuto a quanti si avvicinino al jazz attraverso le risorse web.
Giusto per evitare che il navigare si traduca in affogare...
Possiamo (molto schematicamente) dire che il jazz nasce all’inizio del XX secolo (non stiamo qui a
fare la storia, che può essere facilmente letta altrove) come risultato dell’incontro e la fusione di
molti elementi preesistenti, fra cui musica vocale, come worksongs (wk1, wk2), blues, spirituals,
strumentale, come marce militari, musica popolare (irlandese, messicana... ), e forme pianistiche,
come cake walk, ragtime.
Fra le prime espressioni jazz troviamo quelle legate al cosiddetto stile di New Orleans e a
personaggi leggendari come King Oliver e Louis Armstrong (il “Re del jazz”, interprete di brani
famosissimi, fra i quali il celeberrimo “When the saints go marchin’ in”, personaggio popolarissimo
in tutto il mondo, basti pensare al suo intervento, in Italia, al festival di Sanremo ‘68), e al
Dixieland. E’ questa anche l’epoca della prima incisione jazz su disco. La crescente popolarità di
questa musica e la sua prorompente carica ritmica determina i primi legami con danze, come nel
caso del charleston.
Negli anni ‘30-’40 la Swing Era si caratterizzò per la dimensione orchestrale delle esecuzioni ed
una maggiore standardizzazione dei brani, aderendo alle esigenze del grande pubblico, tanto nella
dimensione dell’ascolto quanto in quella del ballo: è l’epoca in cui si affermano grandi artisti,
accompagnati dalle loro big band: Duke Ellington, Glenn Miller, Benny Goodman, Count Basie.
Questi musicisti sono spesso esecutori nei concerti ma anche band leader (cioè
compositori/direttori/arrangiatori): sono loro a determinare l’arragiamento del pezzo e a scrivere le
parti alle sezioni (trombe, tromboni, sax). Anche artisti già affermati, come Louis Armstrong e Billy
Holiday, sono spesso chiamati ad esibirsi come solisti di importanti big bands.
Appartengono allo swing style brani divenuti classici come “In the mood”, “Take the “A” train”,
“The Pink Panther theme”, o, in tempi più recenti “Moondance” di Michael Bublé.
Allo swing sono pure legati strumenti meno comuni in ambito jazzistico, come il violino (nel
celebre “Minor swing” di Django Reinhardt), il flauto, la voce (non solo per l’esposizione del tema
ma nelll’improvvisazione!)
Per fare chiarezza: swing
Swing è anche detto il tipico andamento dondolante del ritmo che caratterizza buona parte della
musica jazz: “avere swing” è, per i musicisti jazz, sinonimo di “essere portati per la musica”, “avere
carattere”, “saperci fare”, “suonare bene”.
Swing è la tipica base ritmica della batteria, eseguita sul piatto ride o sul charleston, ma anche, con
le spazzole, sul rullante.
Per fare chiarezza: blues
Come si può notare, in ambito jazz molti brani hanno nel titolo la parola blues (“Basin street blues”,
“Blues Alley”, “Sobbin’ blues”...). Non si deve per questo concludere che jazz e blues siano
sinonimi!
Il blues è originariamente una forma vocale, un tipo di canzone a strofe. Queste strofe hanno una
lunghezza fissa di 12 battute e una struttura tipica per quanto riguarda la successione degli accordi:
il “giro di blues” (da 3.44).
Il “giro di blues” (anche con qualche modifica) è stato da sempre molto usato nella musica jazz,
anche per brani totalmente strumentali. Prova a individuare l’impiego del “giro” di dodici battute in
questo “vero” blues, in un brano swing dal titolo “Honky-tonky train blues”, nel brano bebop “Blue
Monk” (da 0.20), in un esempio di rock’n roll.
Negli anni ‘40, i muisicisti di colore reagirono allo swing dando vita ad un movimento che
intendeva riportare il jazz verso le sue radici più “nere”, attraverso l’impiego di fraseggi
volutamente frammentati e nervosi, e ritmiche spesso spinte a livelli forsennati: il bebop. Artisti
come Charlie Parker, Dizzy Gillespie e più tardi Miles Davis, rappresentano le punte di diamante di
questa corrente, fondamentale per l’avvento del jazz moderno.
Gli eccessi di questo stile si stemperarono successivamente nel cool jazz di Miles Davis,
approdando a sonorità più ricercate anche guardando con interessi altri ambiti, come la musica
classica e quella brasiliana (bossanova).
In questo stesso periodo iniziano a prodursi numerosi altri “incontri” stilistici, “fusioni”, come ad
esempio con il blues di Roy Charles, con il rock’n roll di Elvis Presley (uno degli elementi da cui
nascerà poi il moderno rock).
Il filone più “puro” della ricerca jazzistica (la corrente principale, o mainstream), vede, dagli anni
‘50, avvicendarsi diverse correnti: l’hard bop (ideale continuazione del bebop), il jazz modale, il
free jazz (corrente che estremizza l’uso dell’improvvisazione, anche in forma collettiva) e, dagli
anni ‘60 il jazz rock (noto anche come fusion), con artisti quali Herbie Hancock, Billy Cobham e
Keith Jarret.
Per fare chiarezza: le funzioni degli strumenti nel jazz
Fondamentale nel jazz è l’improvvisazione.
Ma cosa vuol dire ciò?
Ciascun musicista è libero di fare ciò che vuole?
Certamente no.
Innanzitutto occorre definire il brano da suonare (i jazzisti direbbero il “tema”).
Il brano inizia suonando il tema (qualche volta preceduto da una breve introduzione o da un breve
“giro” armonico); quindi si passa alla sezione più ampia, quella delle improvvisazioni dei solisti; il
brano viene chiuso con la ripresa del tema.
Ma “chi” fa “cosa”?
Scopriamolo provando a “smontare” un brano jazz.
Ed ora... le domande in ordine sparso!
Il jazz si suona solo con tromba, trombone, sax, contrabbasso, piano, batteria?
No. Ecco, ad esempio
Violino
Chitarra
Flauto
Oboe
Vibrafono
Pianoforte
Cosa vuol dire improvvisare?
Prova a sentire. E poi... prova anche tu! Base1 Base2
Perchè nel jazz si batte le mani in modo diverso dalla musica europea?
Non solo il jazz, ma gran parte della musica di radice africana/afroamericana (blues, ragtime, swing,
bossanova, reggae...) ha un pulsare ritmico “antitetico” al nostro, per natura. E’ un altro modo di
“sentire” il ritmo. Se nella musica europea il battito delle mani cade spontaneamente sui “tempi
forti” (UNO, due, TRE, quattro), la musica “nera” accentua invece quelli “deboli” (uno, DUE, tre,
QUATTRO) creando un caratteristico andamento in “controtempo” (“sincopato”, come si usa dire
in musica).
Perchè si dice che il jazz è una musica “profonda”?
Innazitutto: c’è jazz e jazz...
Originariamente non si può non scorgere in questa espressione una grande vitalità e desiderio di
affermazione da parte della gente di colore. Questa forma espressiva originale ha nella creatività
estemporanea e nella ricerca della novità un principio cardine. Originariamente quindi il jazz è tutto
fuorchè musica “scontata”, “banale”.
Anche di fronte alle “briglie” imposte dalla Swing Era, i jazzisti hanno saputo reagire, dimostrando
il desiderio di autenticità. E tutta l’evoluzione che è seguita dice quanto sia sempre viva una sete di
verità in questi musicisti.
Ascoltando questa musica, soprattutto negli assoli, ma spesso anche nell’enunciazione
personalizzata dei temi più famosi, si possono percepire grinta, poesia, sofferenza, vigore, fierezza,
malinconia, agitazione, allegria, spensieratezza, lotta, libertà.
Al di là di una tecnica strabiliante (un esempio su tutti l’indimenticato Michael Petrucciani) è
questo ciò che conta in ogni arte: esprimere la grandezza del cuore umano.