MALATTIE INFETTIVE Prof. Tamburrini 16 novembre 2006 14:30-15:30 TOXOPLASMOSI La toxoplasmosi è una malattia infettiva causata da Toxoplasma Gondii. Solitamente essa è asintomatica, può quindi persistere tutta la vita senza dare segni di malattia, ma è importante conoscerla bene in quanto esistono due ambiti in cui essa è pericolosa e assume particolare rilievo: - nei soggetti immunodepressi: ad esempio negli affetti da HIV, nei portatori di malattia oncologica o in quelli soggetti a trapianto - nelle donne gravide: per via della trasmissione verticale al feto che, a seconda del periodo di gravidanza in cui avviene, può portare a conseguenza più o meno gravi. Il Toxoplasma è un protozoo a parassitismo endocellulare obbligato, molto diffuso in natura, il cui ospite definitivo è il gatto. EPIDEMIOLOGIA È una delle malattie infettive più diffuse al mondo. Il Toxoplasma può essere acquisito con molta facilità in relazione ad abitudini alimentari o a condizioni climatiche e ambientali, in particolare in zone con climi temperati o caldi e alle basse altitudini: questi fattori spiegano la maggiore frequenza di tale infezione in paesi quali Francia e Italia. La frequenza globale è di circa il 13%, ed è nell’età adulta che è più frequente venire in contatto con il Toxoplasma. Relativamente alle modalità di contagio, il gatto acquisisce tale parassita esclusivamente per via delle sue abitudini carnivore. L’uomo, al contrario, può contagiarsi in diversi modi: per ingestione di carni infettate da T.gondii o di oocisti fecali di gatto tramite mani o cibi contaminati, per trasmissione transplacentare, e, più raramente, in seguito a trapianti d’organo. Il 15-30% delle carni che noi ingeriamo, in particolare carni di maiale, contengono cisti del Toxoplasma; queste sono invece meno frequenti nelle carni bovine. Un altro aspetto importante è che mediamente l’1% dei gatti elimina, mediante le feci, cisti di Toxoplasma. CICLO VITALE: Il gatto elimina nell’ambiente le cisti, che possono venire in contatto con suini e bovini. L’uomo, come abbiamo già detto, può infettarsi sia venendo a sua volta in contatto con le oocisti fecali del gatto, sia ingerendo le carni contenenti le cisti tissutali. QUADRI CLINICI Se ne distinguono tre: - toxoplasmosi acquisita (nel soggetto immunocompetente): è asintomatica nel 90%dei casi - toxoplasmosi opportunistica (nel soggetto immunodepresso) - toxoplasmosi connatale E’ fondamentale quindi, ai fini dello sviluppo di un quadro o l’altro, la stato immunitario del soggetto, ovvero la sua capacità di rispondere al Toxoplasma. Elementi di qualche rilievo sono anche l’età del paziente e la sua suscettibilità ad acquisire il parassita. In particolare: Toxoplasmosi acquisita: La toxoplasmosi acquisita, nel soggetto immunocompetente, è nella stragrande maggioranza dei casi (90%) asintomatica. Nei soggetti sintomatici, invece, si possono presentare: - linfoadenomegalia (testa e collo) - astenia - febbricola - raramente corioretinite Nel soggetto con toxoplasmosi il linfonodo ingrossato non è dolente nè ricoperto da cute iperemica e si muove benissimo. La linfadenite è anche una manifestazione della mononucleosi infettiva: per capire quale delle due malattie ne sia la causa è necessario fare riferimento alle caratteristiche della febbre, elevata nel caso della mononucleosi, bassa (l’avevamo definita febbricola) nel caso della toxoplasmosi in un soggetto immunocompetente. Ulteriore differenza sta nell’interessamento dei linfonodi, sistemico nella mononucleosi e isolato a testa e collo nella toxoplasmosi. Toxoplasmosi opportunistica: Nell’ambito dei soggetti sottoposti a trapianto, i gradi di immunosoppressione possono essere diversi a seconda del tipo di trapianto e dell’organo trapiantato. Il fattore di rischio maggiore lo hanno i trapiantati di cuore, seguiti dai trapiantati di rene e di fegato. In tali soggetti immunodepressi l’infezione è chiaramente più grave che in quelli immunocompetenti: l’infezione andrà ad interessare più di un organo (“coinvolgimento multi-organo”) fra cui soprattutto polmone, cuore e fegato. Nei soggetti con malattia da HIV si può verificare la cosiddetta “encefalite da Toxoplasma”, caratterizzata dalle tipiche “lesioni a focolaio”. Diversamente dalle infezioni da Citomegalovirus, in questo caso non sono presenti focolai emorragici. Nel caso siano riscontrate manifestazione neurologiche che facciano pensare ad una lesione a focolaio, è necessario eseguire una diagnostica per immagini, quindi una TAC o una risonanza magnetica. Qualora questo tipo di indagine confermi il sospetto, si ricorre alla sierologia per capire se si tratta di una lesione dovuta al Toxoplasma o ad altro. Si possono presentare a questo punto i casi in cui: - la sierologia è negativa: il soggetto risulta non avere gli anticorpi anti-Toxoplasma, e lo si può ritenere esente da tale tipo di infezione. Questo discorso è valido perché generalmente, nel soggetto immunodepresso, la toxoplasmosi cerebrale non è dovuta ad una nuova acquisizione (cioè acquisita durante lo stato di immunodepressione), ma è la riattivazione della malattia in un soggetto che l’aveva già acquisita precedentemente in maniera asintomatica e che, quindi, dovrebbe avere gli anticorpi anti-Toxoplasma. Serve a questo punto indagare oltre sulle possibili cause alternative dell’attuale situazione: diagnosi differenziali possono essere quelle per linfoma cerebrale primitivo, tubercolosi cerebrale, e Criptococco - la sierologia è positiva: è necessario in questo caso iniziare l’adeguata terapia e l’eventuale risposta positiva del paziente alla terapia stessa costituisce una conferma rispetto alla vostra diagnosi (qualora la risposta non sia adeguata, si impone anche qui la necessità di proseguire con le indagini e porre diagnosi differenziale). Toxoplasmosi connatale: La severità delle manifestazioni dell’infezione, in questo ambito, dipende dal momento della gravidanza in cui la madre si infetta. Nella diagnostica prenatale la ricerca degli anticorpi anti-Toxoplasma, nel caso in cui la donna sia anticorponegativa, va effettuata in maniera periodica, ogni mese. È necessario inoltre fornire alle pazienti tutte le informazioni utili perchè evitino di contrarre l’infezione. Nella toxoplasmosi connatale esistono due aspetti problematici: 1) il passaggio del Toxoplasma dalla madre al bambino, ovvero il rischio di infezione del feto 2) la manifestazione di questa infezione E’ necessario quindi distinguere il rischio di infezione del bambino e la severità del danno che il bambino potrà subire: PERIODO GRAVIDANZA Iº trimestre IIº trimestre IIIº trimestre - RISCHIO TRASMISSIONE 10-15% 25-40% > 60% INFEZIONE FETO Severa- morte Sequele non fatali Asintomatica Dalla tabella si può apprezzare che se la toxoplasmosi venisse acquisita nel primo trimestre di gravidanza, il rischio di trasmetterla al feto sarebbe basso (10-15%), ma una sua eventuale infezione porterebbe a conseguenze gravissime. Se invece l’infezione fosse acquisita durante il terzo trimestre di gravidanza, si avrebbe un rischio di trasmissione particolarmente elevato (>del 60%), ma il bambino avrebbe un’infezione generalmente asintomatica, come in un adulto sano. Le manifestazioni più severe sono a carico del sistema nervoso centrale e sono: idrocefalo calcificazioni cerebrali corioretinite DIAGNOSI Se la malattia è disseminata, nell’immunodepresso e nel neonato, si può andare a cercare il Toxoplasma; negli altri casi invece si cercano gli anticorpi anti-Toxoplasma. Gli anticorpi si positivizzano circa due settimane dopo l’infezione e possono perdurare 1-2 anni. La ricerca diretta del Toxoplasma si effettua o tramite esame nei tessuti per visione diretta dei tachizoiti, o tramite PCR. Un soggetto IgG negativo è un soggetto che non è mai venuto a contatto con il parassita, viceversa uno IgG positivo. Per datare approssimativamente un’infezione si controllano, oltre le IgG, anche le IgM: - nel caso di IgG positive e IgM negative si tratterà di un’infezione di vecchia data, precedente di almeno un anno. - Nel caso di IgG positive e IgM positive, si tratterà di un’infezione recente. Le informazioni riguardanti il momento della avvenuta infezione, per i motivi prima esposti, devono tuttavia essere più precise nel caso delle donne in gravidanza: si testa a questo punto l’avidità delle IgG: - Se l’avidità è alta vuol dire che l’infezione si è avuta al di fuori della gravidanza e quindi non costituirà un problema. - Se l’avidità è bassa vuol dire che è un’infezione recente. Ovviamente, in questo caso, c’è poi il problema di ottenere dei campioni per vedere, volta per volta, come aumenterà l’avidità nel tempo e quindi successivamente confermare queste ipotesi. TERAPIA Nei soggetti immunocompetenti la toxoplasmosi può non essere trattata, ad eccezione delle donne in gravidanza. Nei soggetti immunodepressi si somministrano Pirimetamina con Sulfadiazina per 6-8 settimane, mentre successivamente si esegue un controllo clinico e radiografico per vedere se il soggetto risponde bene e se quindi le lesioni cerebrali sono regredite. Nell’ambito della toxoplasmosi connatale, la madre viene trattata e il feto viene controllato mediante monitoraggio ecografico per evidenziare l’eventuale presenza di calcificazioni o idrocefalo. Il trattamento si effettua somministrando Spiromicina, che ha il limite di non essere in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e non è quindi molto utile nel caso di lesioni neurologiche, o sulfamidici Per valutare se il feto sia infetto o no, è possibile mettere in evidenza la presenza di materiale genomico di Toxoplasma nel liquido amniotico, tramite PCR. PROFILASSI Si richiede di evitare i fattori che espongono al rischio di infettarsi, quindi non mangiare carni crude e lavarsi le mani dopo esserne venuti in contatto, non convivere a stretto contatto con i gatti, lavare accuratamente delle verdure (che potrebbero essere venute in contatto con feci di gatto), bere latte pastorizzato e altri ancora. Rispetto alla trasmissione verticale dell’infezione, l’immunità della madre, se acquisita prima del concepimento, è protettiva nei confronti del feto. Nel soggetto che deve essere sottoposto a trapianto è opportuno effettuare uno screening per verificare che siano presenti anticorpi anti-Toxoplasma: qualora il risultato sia negativo e l’organo da trapiantare provenga da un donatore positivo, si necessita di un trattamento specifico del ricevente per due mesi. In pazienti HIV positivi, il risultato negativo dell’analogo screening comporta esclusivamente la necessità di porre attenzione per evitare l’esposizione al parassita e dei controlli periodici; un risultato positivo prevede, al contrario, l’inizio di una chemioprofilassi qualora i linfociti CD4+ siano meno di 100/mm3. E’ preferibile trattare questi pazienti mediante profilassi sistemica e non aereosolica, al fine di evitare l’insorgenza di infezioni opportunistiche, soprattutto la polmonite da Pneumocistis carinii. E’ stato notato che un trattamento con pentamidina per via aereosolica difendeva il paziente con HIV dalla pneumocistosi, ma si rivelava insufficiente contro la toxoplasmosi. Chiara Piccininni