COMUNICATO STAMPA La Galleria degli arazzi Epifanie di tessuti preziosi Galleria degli Uffizi 20 marzo – 3 giugno 2012 La Galleria degli Uffizi inaugura la stagione espositiva del Polo Museale Fiorentino Firenze 2012. Un anno ad arte con una mostra dedicata agli arazzi, i “manufatti che forse meglio di ogni altra tipologia rappresentano la magnificenza delle corti europee del Rinascimento maturo” (Soprintendente, Cristina Acidini), conservati agli Uffizi. Tra le collezioni della Galleria, quella degli arazzi, che per decenni sono stati esposti nei corridoi – oltre che nel Corridoio Vasariano, in alcune sale, nei vestiboli e in Tribuna, dove tutt’ora rimangono tre soprapporte – è pressoché ignota ai più, essendo stata rimossa nel 1987. “La mostra - dice infatti il Direttore degli Uffizi, Antonio Natali - consentirà così ai visitatori di apprezzare un settore prezioso delle collezioni, la cui fama - antica e nobile - è andata declinando a causa dell’assenza degli arazzi, per ragioni conservative, dai luoghi aperti ai visitatori oramai da decenni”. Gli arazzi sono infatti opere d’arte che il tempo consuma impietoso, assai più d’altri manufatti. La luce, la polvere, la trazione e la gravità conseguente all’appendimento, sono le cause principali della degenerazione del loro stato conservativo. Al pari delle opere su carta, gli arazzi, come i tessuti in genere, non possono essere esibiti per lassi di tempo troppo lunghi, pena un degrado che porta a un progressivo sbiadimento dei colori. Chi abbia avuto la ventura d’essere ammesso a un laboratorio di restauro d’arazzi e abbia pertanto avuto l’agio d’osservare da vicino il rovescio di quei panni, sarà rimasto sbalordito al cospetto della cromia accesa che li caratterizza, essendo – il rovescio – naturalmente scampato all’ingiuria della luce, coi colori che ancora quasi si offrono alla stregua d’un tempo; e avrà del pari provato sconcerto constatandone il divario col recto; divario tanto più brusco, quanto più lunga sia stata l’esposizione di quell’arazzo alla luce. Quel vigore smagliante dei colori percepibili anche in mostra dove è esposto sul rovescio uno degli arazzi delle Feste dei Valois. Per queste ragioni gli arazzi nel 1987 furono rimossi dai corridoi della Galleria degli Uffizi, dove davvero rappresentavano un tratto d’eleganza magnifica, e collocati nelle stanze della riserva. E finché non saranno disponibili le nuove sale al piano terreno dell’edificio – appositamente progettate per ospitare gli arazzi sia pure in una ragionata turnazione nel tempo – queste opere superbe rimarranno confinate in quei locali, attrezzati per la loro migliore conservazione. Non si perderà tuttavia occasione perché nel frattempo siano godute dal maggior numero possibile di visitatori. Come proprio in questo caso s’è fatto esponendo diciassette arazzi scelti da otto ragguardevoli serie delle collezioni del museo. Sei panni di manifattura fiamminga del Cinquecento, desunti dalle serie delle Storie di Giacobbe, delle Feste alla Corte dei Valois e delle Battaglie di Annibale e altri nove di manifattura fiorentina del Cinquecento e del Seicento scelti da quelli devozionali del ciclo del Salviati, dalle serie delle Storie fiorentine, delle Cacce, delle Storie di Fetonte e della Passione di Cristo , oltre a due Portiere con stemmi medicei. Esempi della celebrata tradizione fiamminga si confrontano con altri di produzione fiorentina, che volle introdurre Cosimo I nel 1545, per l’ambizione di creare un’autonoma manifattura chiamando valenti maestri fiamminghi, Niccolò Karcher e Giovanni Rost, giunti da Mantova e da Ferrara dove lavoravano per i Gonzaga e gli Este, con il compito di istruire tessitori locali. Purtroppo, con la fine della dinastia medicea che l’aveva fondata, la manifattura fiorentina fu chiusa nel 1738 dalla Reggenza lorenese. La famiglia Medici condivise nell’arco di più generazioni la passione per gli arazzi fiamminghi: erano presenti nelle collezioni di Piero e Giovanni de’Medici, di Lorenzo il Magnifico e del duca Alessandro, dalla cui vedova, Margherita d’Austria, Cosimo I acquistò un buon numero di arazzi, ricomponendo un patrimonio disperso alla morte dello stesso Lorenzo. Anche i doni, così come le eredità, arricchirono nel tempo la collezione di arazzi fiamminghi in possesso dei Medici. Vittoria della Rovere, sposa di Ferdinando II nell’aprile 1637, portò in dote dalla corte urbinate i preziosi arazzi della serie Storie di Giacobbe, che erano appesi a Pitti già dal 1642 nella camera del futuro Cosimo III, di cui in mostra è uno dei più begli esemplari; Cristina di Lorena, nipote di Caterina de’ Medici, analogamente portò al marito Ferdinando I la bellissima serie Feste dei Valois, otto arazzi valutati nell’inventario del 1589 ben 3520 scudi - di cui in mostra ne sono esposti cinque - e il non meno prezioso nucleo di tre panni, noti come Battaglie di Annibale, tessuti da Cornelis de Ronde intorno al 1560 - raffiguranti episodi della seconda guerra punica – di cui in mostra è l’esemplare con Episodi delle battaglie del Ticino e della Trebbia. Degli arazzi di produzione fiorentina esposti in mostra annoveriamo l'Ecce Homo su disegno del Salviati, tessuto per Cosimo I e la sua corte nei primi anni di attività della manifattura; due panni dei trentasei dalla Serie delle Cacce progettata da Giorgio Vasari, su richiesta dello stesso Cosimo, per l’arredamento di venti stanze della Villa di Poggio a Caiano; due di soggetto mitologico con scene dalla storia di Fetonte; tre dalla serie della Passione di Cristo, progettata, su disegno di Alessandro Allori, per Ferdinando I nel 1587 dopo i suoi anni romani di carriera cardinalizia: l’Ultima Cena, Cristo nell’orto dei Getsemani, Cristo davanti a Erode, l’unico su disegno e cartone di Ludovico Cigoli ed esposto per prima volta a Firenze dopo il restauro. Come ricorda la curatrice della mostra Giovanna Giusti, Giorgio Vasari nel proemio alle Vite incluse la tessitura di arazzi tra le arti “congeneri” che la pittura abbraccia, evidenziando così la loro peculiarità di ornamento per cui prestarono la loro invenzione grandi pittori quali Raffaello, Salviati, Bronzino, Allori, – per citarne solo alcuni – con disegni e cartoni che venivano poi tradotti in arazzo da abili artisti della tessitura. Tuttavia questi raffinatissimi panni avevano nelle nobili dimore anche la funzione di proteggere dai passaggi d’aria nei rigidi inverni: ricordiamo in particolare le portiere di cui in mostra una con lo stemma mediceo e l’altra sempre con lo stemma Medici inquartato con quello dei d’Orleans. Ma non solo questa era naturalmente la loro funzione e vanto. La corte granducale fiorentina esponeva le sue pregevoli serie come apparato d’arredo urbano di Firenze in occasioni di solenni cerimonie, feste cittadine o dell’ingresso in città di ospiti illustri. Tuttavia già consapevoli del valore e della fragilità di tali preziosi manufatti, la corte medicea aveva disposto degli armadi nella Guardaroba dove gli arazzi, a rotazione, riposavano protetti dalla luce, dalla polvere e dalla trazione, cause del loro degrado. In catalogo, edito da Giunti, alle schede di Lucia Meoni, autorevole studiosa della materia, frutto di ricerche e studi aggiornati, si affiancano quelle di Grazia Badino che ha approfondito aspetti iconologici. La restauratrice Carla Molin Pradel ha coordinato il lavoro condotto Opera Laboratori Fiorentini, dando conto degl’interventi più recenti; a cui si uniscono quelli condotti dal Laboratorio restauro Tessile di Beyer e Perrone Da Zara e di Gianna Bacci per l’Opificio delle Pietre Dure. La mostra è completata da una parte didattica, nella quale sono spiegate, corredate da materiale esplicativo, le tecniche di tessitura degli arazzi ed illustrati i restauri realizzati negli anni più recenti, oltre all’impegnativo lavoro di manutenzione cui è annualmente sottoposta la collezione nel Deposito della Galleria. Due schermi multimediali a contatto consentiranno, oltre una visione generale e in dettaglio degli arazzi, anche la consultazione della documentazione di restauro di alcuni degli arazzi in mostra, così che il pubblico possa prender coscienza anche della complessità d’ogni intervento e della maestria della scuola di restauro fiorentina, una delle migliori al mondo. La mostra è stata promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizì, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.