La città globale secondo Sassen: 1. Frutto di un doppio movimento: crescente dispersione geografica delle attività economiche che si sviluppano dopo il fordismo/crescente integrazione delle funzioni centrali che riunisce in un unico luogo ( la global city) i centri direzionali e il “sistema nervoso centrale” di imprese globali estese sull’intero pianeta. 2. Le funzioni centrali sono talmente complesse che le imprese globali a loro volta le decentrano mediante out – sourcing (alimentazione esterna), che spingono fuori dall’impresa l’approvvigionamento di funzioni vitali quali la logistica, ricerca e sviluppo.. in continuo via vai di funzioni tra impresa-madre e imprese fornitrici, 3. Le imprese specializzate nei servizi avanzati (finanza, pubblicità, comunicazione, consulenza e direzione, ecc.) sono a loro volta soggette a economie di agglomerazione che le spingono a “stare insieme”. 4. Ciò libera le imprese globali verso possibili multi-localizzazioni, per cui può essere conveniente per le imprese globali ricorrere alle funzioni finanziarie offerte a Londra o alle ricerca e sviluppo californiane, o ai servizi logistici olandesi. 5. Tra le imprese specializzate di servizi si creano veri e propri network transnazionali di città, per cui le imprese globali tendo a localizzarsi in un numero limitato di città globali o di città nodi di reti globali. 6. Entro le città globali la crescita di figure professionali ad alta qualificazione (professionals) e l’aumentato peso delle imprese di servizi specializzati aumentano le disuguaglianze e la polarizzazione sociale, creando mercati del lavoro divisi in segmenti incomunicabili anche se complementari ( mercato di facoltosi professionisti, mercato di servizi alla persona, servizi domestici, intrattenimento…) 7. Effetto di questi processi: crescita dell’economia informale in queste città , svolta da popolazione immigrata spesso priva di protezione e di diritti di cittadinanza adeguati, accanto all’economia superiore e direzionale (strutturazione sociale a clessidra). Città globali come assemblaggi provvisori, dominati dall’incertezza, di cui non è ancora chiaro l’assetto finale, che può sempre cambiare.